Primo Atto, Linguaggio esplicito

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view post Posted on 11/9/2022, 21:33
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entropia.

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Ciao, fiorellini tutti!
Questa è una role aperta, quindi tutti possono postare per arricchire il gioco.
Dal punto di vista tecnico, queste sono le cose che dovete sapere:
- Nieve è mancata per un anno e mezzo;
- la ragione è che è venuta a conoscenza di una cosa molto grave (affrontata tramite quest: Parte 1 e Parte 2);
- la scoperta ha provocato cambiamenti fisici in lei, che è Metamorfomaga, cioè le iridi hanno assunto un colore argentato/bianco molto simile a quello della sclera;
- nel periodo trascorso lontano da Hogwarts, Nieve ha preso una brutta strada.

Molto probabilmente, questa role farà da spunto per l'apertura di role singole oppure sarà un modo per far conoscere i PG o, più semplicemente, un'occasione per essere presenti alla probabile rissa che si scatenerà con alcuni PG (qualcuno ha detto Thalia???).

Insomma, che postiate o non postiate, io vi fioro immensamente. :flower:



w5Lpd6X
chapter one: the first act
Le zampate leste di un ragno accarezzano la pietra secolare, sfiorandola appena, in una corsa verso l’ignoto — almeno per me che non ne conosco la destinazione. Tic tic tic tic tic tic tic tic. Scansa le mie scarpe lucide, passando attraverso la fessura lasciata dei miei piedi in parallelo, e continua la sua avanzata inarrestabile per i corridoi del castello. La sua libertà, che io immagino spensierata, mi provoca invidia. Ricordo di averla avuta in passato, ma di quel ricordo non rimane che una sfumatura di amarezza sul fondo della lingua. Non la speranza di poterla recuperare, né la pace di chi si sia ormai rassegnato. Solo sconforto, frustrazione e rabbia.

Sono trascorsi ventuno mesi dall’ultima volta che ho solcato questi stessi pavimenti — il primo luogo che abbia mai veramente sentito casa —, eppure adesso che sono tornata è come se fosse ricominciato tutto daccapo. Ho il cuore in gola, una sensazione di smarrimento che sovrasta tutto il mio essere, un Erumpent seduto sul petto e l’impressione che potrei svenire da un momento all’altro. È possibile sentirsi estranei in un posto che si conosce così bene?
Me ne sto nascosta dietro una colonna per non attirare l’attenzione. Sciocco da parte mia pensare di riuscirci, quando ho una criniera di capelli bianchi che brillano come fossero cosparsi di pietre preziose a ogni deflessione della luce. Specie se ho deciso di usarli come una tenda per nascondere l’altro bel regalo che la natura di metamorfomaga mi ha concesso: le iridi di luna, così chiare da confondersi quasi con la sclera.
Mi è concesso vomitare al mio rientro a Hogwarts, giusto?
Ma non è questa l’impressione che mi sono ripromessa di dare. Non se voglio sopravvivere, non se voglio proteggere le persone che amo. Guardo la fiala che stringo tra le mani, ora schiena a schiena con una statua ben incassata in una delle pareti del castello. La svuoto in un solo sorso e la nascondo nelle pieghe della gonna. L'occhio cade sulla camicia inamidata, che ho dovuto far stringere di quasi due taglie. Sorrido, avvertendo un allentamento delle tensioni.
Sono una Grifondoro, non è così? E, allora, testa alta e petto in fuori!

UNAlemT
long live the queen
Varco la soglia della Sala Grande con l’attitudine di una regina — un contegno di cui Astaroth sarebbe fiera, se solo potesse osservarmi dal tavolo degli insegnanti. La folta chioma di capelli bianchi cattura ogni barlume di sole e lo ridistribuisce sotto forma di brillio.
Non sto guardando nessuno. Non sto cercando nessuno, perché non ho bisogno di nessuno. Sono qui per togliermi di mezzo le incombenze burocratiche che la vita impone e per accontentare i nonni, dopo tutto quello che hanno fatto per me. In parte, sono qui anche perché devo ancora comprendere come vivere a Villa dei Gigli — come meritarmi di stare là dove tutto parla di lei — senza portare discredito alla sua memoria.

“Ma quella non sarà mica la Rigos?”
“Dici che è lei? È tornata?”
“Ti dico che è l’ex Prefetto Grifondoro!”
“Oddio, ma quella che cos’è! Guarda i suoi occhi! E i suoi capelli!”
“Da dov’è uscita? Dal libro Mostro dei Mostri?!”
“Al massimo da quello di Gaunt!”
“Ma è pelle e ossa!”
“Io me la farei lo stesso!”
“Conrad! Smettila! Sei un porco! Pensi sempre a quello!”

A mano a mano che procedo, i sussurri e le congetture aumentano. Nessuno si cura di essere abbastanza delicato da non farmi sentire. Del resto, la delicatezza non è una prerogativa di noi adolescenti… Che alcuni non mi riconoscano, però, è un sollievo! Una parte di me (stupida!) s’illude che possa accadere anche con le vecchie conoscenze. Certo, non ho via di scampo con i Grifondoro visto che avrò una stanza assegnata e le mie generalità saranno esposte in bella vista per testimoniare che quelle quattro mura mi appartengono e… Dio, i Grifondoro! Forse non ho calcolato quanto sia complicato appartenere a un gruppo coeso come il nostro.
Prendo posto al tavolo della mia Casa solo quando sono certa di essermi messa a discreta distanza dalla folla dei compagni, in un punto in cui vedo due o tre esemplari timidi sparsi e non troppo vicini tra loro. Sono sicura di non conoscerli, il che gioca a mio vantaggio. Continuo a illudermi — ora carica di una sicurtà e di un orgoglio che mi rendono quasi altèra, la versione nordica di me che non sono mai stata — che non verrò avvicinata dai concasati di un tempo, persuasa che mi abbiano dimenticata. Sostituita. Cancellata.

“Saranno veri quei capelli o se li è incantati?”
“Secondo me sono finti…”

Compio un giro studiato di centottanta gradi per fronteggiare i sussurratori, che arrossiscono di fronte all’evidenza di essere stati colti sul fatto. Il mio sguardo è tagliente, l’espressione sul mio viso come scolpita nel marmo.
«E, secondo me, avete rotto il cazzo.»
Torno a dedicare la mia attenzione al banchetto disposto sul tavolo dei Grifondoro, già dimentica dei due Tassorosso che ho brutalmente liquidato con poche non-troppo-gentili parole. L’idea di mangiare non mi alletta, ma la recita richiede che io mi mimetizzi con il resto della comunità. E cosa fanno i miei cari compagni di scuola se non strafogarsi con il cibo ogni sacrosanta mattina?
Mi verso un bicchiere di succo d’arancia e afferro una fetta di pane con burro e marmellata. Do un morso e mastico lentamente, molto lentamente.

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Edited by ~ Nieve Rigos - 12/9/2022, 01:05
 
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view post Posted on 14/9/2022, 13:15
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Jean Grey, Prefetto Corvonero - 16 anni - assonnata e poco amichevoleRipetizione. Gesti che vengono riproposti ogni giorno, allo stesso modo, negli stessi luoghi e con attorno lo stesso contesto. Ripetere le cose aiuta a impararle, ma anche a sopportarle. Avere una routine mattutina ben studiata era l’unica cosa che avesse mai aiutato Jean, da quando ne aveva memoria, a sopportare il fastidio estremo che provava nei confronti del mondo nella prima ora – abbondante – della giornata. A casa era più semplice. Nonostante la mamma fosse sveglia già da almeno due ore prima di lei ogni santo giorno, decisamente più carica di energie e pronta a scatenarle contro tutta la sua parlantina, col tempo aveva imparato a lasciarla stare finché non fosse stata lei a dire le prime parole di senso compiuto. Cosa che puntualmente accadeva dopo una serie ben definita di eventi: lavaggio della faccia, colazione abbondante con immancabile caffè, lavaggio denti. Prima che fosse compiuto questo ciclo, non era il caso di interagire con lei. Cara aveva iniziato a imparare ciò a suon di cuscinate, le prime volte che aveva provato a parlarle quando Jean era ancora a letto. Poi l’ha imparato a suon di sguardi accigliati e borbottii volgari al tavolo della colazione. Prima che il papà morisse non c’era mai stato il problema: Cara parlava con lui, lei era più piccina e meno insofferente, tutto andava bene. Crescendo, però, Jean aveva iniziato a non tollerare alcun suono al risveglio, e Cara per un periodo aveva cercato in lei la sua nuova interlocutrice di inizio giornata. Chiaramente non aveva avuto successo.

A Hogwarts, però, le cose erano decisamente più complicate. Avrebbe dovuto condividere, ogni giorno, ogni singolo giorno per sette anni, la tavolata con altre persone. Persone. A colazione. Persone che avrebbero parlato, magari anche con lei. Persone che avrebbero masticato vicino a lei. I primi anni non ci aveva dato troppo peso, tanto grande era la meraviglia di trovarsi in quel castello. Ma ormai, nel pieno dei turbamenti ormonali e dell’incazzatura repentina, la Jean mattiniera era una bomba a orologeria. Le sue compagne di dormitorio, così come i concasati che abitualmente si sedevano nella sua zona avevano imparato, chi più chi meno, come gestirla, e c’erano anche alcune persone molto simili a lei in questo senso, ma ancora c’era qualcuno che non riusciva proprio a tenere la bocca chiusa, in tutti i sensi. La routine di Jean, in quegli anni trascorsi tra le mura del castello, si era un po’ trasformata, ma non era poi così diversa da quella casalinga. Si alzava, correva in bagno prima di tutte le altre per avere silenzio, si faceva la doccia e si preparava per la colazione, poi scendeva a mangiare ancora mezzo rincretinita, e infine ritornava in camera a passo di lumaca per terminare di prepararsi per l’inizio effettivo della giornata. Doveva susseguirsi tutto in quell’ordine preciso, per forza. Era abitudinaria anche nel cibo mangiato a colazione: uova strapazzate spalmate su fette di pane abbrustolito, bacon croccantissimo, pane imburrato, caffè, succo o spremuta d’arancia, il tutto preceduto sempre da un bicchiere d’acqua, la primissima cosa che beveva ogni giorno. Finché la giornata iniziava in questo modo, tutto sommato poteva essere sopportabile.

Quella mattina era iniziata come di consueto. Aveva preso il suo solito posto nel tavolo Corvonero, vicino ai suoi compagni, e di fianco a lei c’era Megan. Ecco, Megan era l’unica eccezione che poteva tollerare alla sua pace mattutina. La sua amica un po’ la capiva, ma certe volte si lasciava anche andare a qualche chiacchiera. Per Jean, la sua Caposcuola era l’unica persona autorizzata a parlarle così presto, ma neppure lei doveva esagerare. Appena l’aveva vista quella mattina, le era sembrato di vedere qualcosa nel suo sguardo, una luce, che le aveva dato una sensazione ben precisa: aria di domande. Non seppe spiegarsi perché avesse avuto quella sensazione, magari si sbagliava. Ma mentre Jean addentava il suo primo pezzo di pane, la sua solita routine fu stroncata da uno strano avvenimento. Non ci aveva fatto caso subito, e forse non ci avrebbe nemmeno mai fatto caso se non fosse stato per il brusio improvviso che aveva appena colto l’intera Sala Grande. Si voltò, mandando giù un boccone, e vide che stavano tutti – o quasi – guardando una ragazza che percorreva il corridoio tra le tavolate. Non capiva cosa ci fosse di così curioso da bofonchiare in quel modo, disturbando in modo così evidente la sua colazione. Non ricordava di aver mai visto quella ragazza, e questo poteva essere strano dal momento che non sembrava affatto una primina, e sicuramente il suo aspetto appariscente la metteva in evidenza, ma Jean non era mai stata particolarmente fisionomista e di certo non conosceva tutta la scuola, e per quanto ne poteva sapere poteva essere chiunque. E non le importava. Ma la curiosità ebbe la meglio poco dopo, quando la ragazza dalla chioma bianca si girò, fulminando alcuni ragazzini e zittendoli con un’accurata scelta di parole. Jean sollevò le sopracciglia di fronte a quella scena, un po’ ammirata, un po’ perplessa. Non era riuscita a distinguere frasi sensate in mezzo a quel brusio terribilmente fastidioso, ma di certo aveva capito che le mancava qualche informazione. Ormai la sua routine era stata scossa, quindi decise di approfittarne per provare ad appagare la sua curiosità. Bevve un sorso di caffè, sentendo la gola subito riscaldata, e poi si voltò verso Megan, che probabilmente si sarebbe stupita di sentirla iniziare una conversazione di sua spontanea volontà. «Tu la conosci? Quella ragazza, dico». Appena ebbe fatto la domanda, usando non una parola in più del necessario, si voltò per un secondo a guardare di nuovo la sconosciuta, che ormai si era seduta nel tavolo Grifondoro, più o meno alla sua stessa altezza: cosa volevano tutti da lei? Non lo sanno che la gente la mattina presto va lasciata in pace?


L'interazione con Meganina bella, che ci raggiungerà presto, è stata concordata.

 
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view post Posted on 18/9/2022, 16:01
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Ocean eyes.

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MEGAN M. HAVEN
18 anni ▪ Corvonero ▪ stanca



Aprì gli occhi. La luce dell’alba carezzava i drappeggi blu che sfioravano il freddo lastricato. Il cobalto si scontrò con la semi-oscurità vagando per qualche istante attorno alla stanza.
Silenzio.
Megan sollevò il busto, trascinò i piedi fuori dalle coperte. Scostando il tessuto del baldacchino, un miagolio soave ai piedi del letto la costrinse a voltarsi. Damon aveva alzato la testa, chiedendo la sua buona dose di attenzione e lei non seppe fare a meno che accarezzare il morbido manto cinereo.
«Sei proprio fortunello» sussurrò al felino, che ricambiò l’affetto stringendo le palpebre per poi tornare a sprofondare nel sonno.
Megan si alzò sollevando le braccia verso l’alto stirandosi appena. Uno sbadiglio accompagnò quei gesti; la stanchezza, nonostante il lungo periodo di vacanze, non aveva smesso di attecchire il suo corpo lasciandola in balia di tutti i sintomi del caso. Il pallore del viso metteva in evidenza le profonde occhiaie che nemmeno un po’ di trucco riusciva a mascherare. Dinanzi allo specchio si passò una mano sul viso, stirando la pelle puntinata dalle miriadi di lentiggini che le costellavano il viso, successivamente corse a prepararsi prima di affrontare la lunga giornata.
«Oggi scendo più tardi, ti dispiace?» disse Grace sentendola uscire dal bagno. Megan si voltò in direzione del letto e gli sorrise. «Non preoccuparti, comunque oggi non avrei tempo di poterti dare una mano con Rune» rispose, mentre con delicatezza sistemava le ciocche corvine raccogliendole in uno chignon disordinato e lasciando due lunghi ciuffi di capelli a incorniciarle il volto.
«Vai in ufficio direttamente? Dovrebbe esserci del té giù in Sala. Stanotte sono scesa giù e ne ho fatto un po’» chiese la compagna. Megan finì di prepararsi infilando la gonna lungo le gambe nude e poi le scarpe, rassettando il colletto sotto al maglioncino di filo blu. «Farò un salto in Sala Grande, almeno per una colazione al volo. Ti ringrazio per il pensiero» finì per dirle avvicinandosi alla porta.
«Meg?» la chiamò Grace costringendola a voltarsi. «Grazie per ieri, mi darò da fare».
Megan si limitò ad alzare le spalle e ad abbozzare un sorriso sbieco, poi abbandonò i dormitori.

Lasciando la Sala Comune alle proprie spalle, la Corvonero giunse al piano terra trascinandosi a fatica e perdendosi tra quadri visti e rivisti nel corso degli anni. Qualche saluto di circostanza accompagnati da bisbigli fastidiosi ai quali era abituata e che ormai si lasciava scivolare addosso.
Varcò la soglia della Sala Grande, dirigendosi verso il tavolo Corvonero all’estremità della stanza. «Ti vedo riposata!» bisbigliò all’orecchio di Jean prima di sedersi al suo fianco. Si versò del tè con del latte, afferrò una fetta di pane spalmando sopra del burro e della marmellata. Un morso, due; poi venne catturata dall’entrata di Nieve Rigos e quasi non le venne un colpo.
Non la vedeva da ere e di certo non la ricordava così. I bisbigli e i commenti che accompagnarono i suoi passi le fecero ribrezzo, sapeva cosa significasse sentirsi al centro di giudizi e chiacchiere velenose. Ammonì alcuni concasati con un solo sguardo al solo udirne le risa divertite per quelle frasi decisamente fuori luogo.
«Tu la conosci? Quella ragazza, dico» chiese Jean.
«Sì, Nieve Rigos. Non si vedeva da un po’ qui al castello» non si volse verso Jean ma cercò con lo sguardo la ragazza alla quale avrebbe abbozzato un mezzo sorriso e accennato un saluto alzando leggermente il mento verso l’alto se l’avesse guardata. Ne avevano fatto di casino a Londra qualche anno prima, quel ricordo le lasciò scorrere un fremito piacere lungo la pelle.



MENZIONI: Nieve
INTERAZIONI: Grace e Jean

 
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view post Posted on 26/9/2022, 00:00
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entropia.

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chapter one: the first act
Emma Woodhouse. I suoi lineamenti infantili mi tornano alla mente, portati dal sapore dolce della marmellata sulle papille. Non ripensavo a lei da tanto, tantissimo tempo e ora mi ritrovo impreparata al cospetto del suo fantasma. È forse perché considero questo un nuovo inizio? Perché tornare a Hogwarts e ritrovarmi in mezzo a tante facce sconosciute mi ricorda la stessa sensazione di smarrimento di quel lontano Settembre? Non so rispondere, ma i miei occhi si fissano su una matricola occhialuta tutta intenta a leggere un trafiletto sulla Gazzetta del Profeta.
Rivoglio quella stessa innocenza, penso. È probabilmente la cosa che bramo di più dopo il ritorno in vita di Astaroth — voltarmi e trovarla seduta al suo posto, al tavolo docenti, che mi rivolge uno dei suoi sorrisi ammiccanti e, senza saperlo, mi provoca uno sfarfallio al cuore.
Nessuno potrà mai capire quello che mi ha legato a lei, nessuno. Alcuni potrebbero scambiarlo per l’amore lesbico tra una mentore e la sua prediletta. Altri per la cotta infantile di una studentessa per la propria docente. Taluni addirittura potrebbero arrivare a invocare l’abuso di potere ai danni di una giovane minorenne. E tutti loro sbaglierebbero.
Come si fa, del resto, a spiegare l’amore che s’intreccia al bisogno più disperato? Sia io che Astaroth avevamo entrambe la necessità di trovarci, di riempire un vuoto immenso: il mio lasciato dalla madre che non ho mai conosciuto, il suo da una storia che avrei tanto voluto apprendere. Avremmo potuto farcela insieme, se solo… se solo…

UNAlemT
long live the queen
Un lieve impatto contro i capelli disturba il flusso dei miei pensieri, forse proprio quando è giunto il momento di fermarsi.
Mi riscuoto. Gli occhi della Grifondoro davanti a me sono spalancati; mi osserva come in attesa di capire cosa abbia intenzione di fare. Come lei, altri allo stesso mio tavolo. Istintivamente, abbasso la mano che tiene la fetta di pane per riporla nel piattino e allungo quella opposta in direzione del punto dove ho sentito arrivare qualcosa; dove sento ancora la presenza di qualcosa.
Le mie dita toccano una sostanza molle, viscida e lievemente gelatinosa, mentre alcune risatine provengono dal pubblico alle mie spalle. Quando giungo a ispezionarla visivamente, mi rendo conto che è uno strano mix di marmellata e burro grossolanamente impastati. La bacchetta legata alla mia coscia comincia a scaldarsi in un riflesso incondizionato — non la uso da più di un anno, eppure continua a sentire il flusso di magia scorrermi nelle vene e rispondere alle mie emozioni.
Mi volto alla ricerca del colpevole, o dei colpevoli se dovessero essere più d’uno, con la stessa flemma che ho mantenuto finora. Trovo un ragazzo e una ragazza di non più di 15 anni, seduti al tavolo dei Tassorosso: il primo tiene in mano un cucchiaio (l’arma del delitto), la seconda un contenitore con la sbobba.

«Così, magari, ti addolcisci un po’.»

È questa la loro tesi, dunque. Vorrei che bastasse a placare la sensazione di odio che provo nei loro confronti o a farmi ridere quantomeno. Invece, non scalfisce neppure la superficie della mia empatia. A muovermi, adesso, è la stessa sfrontatezza che anni fa mi ha condotta a delinquere insieme a Megan — alla quale dovrei un drink, se solo sapessi della sua solidarietà —, la medesima che mi ha fatto accumulare tanti altri scheletri nell’armadio nell’ultimo anno e mezzo.
La bacchetta scalpita contro la coscia e le tempie bruciano per lo sforzo della magia trattenuta. Poi, d’un tratto, un rumore di ceramica infranta e un urletto stridulo annunciano l’avvenuto cambiamento: il bricco tra le mani della Tassorosso è esploso in mille pezzi. A trasformare la mia espressione da glaciale e tesa in velatamente compiaciuta, tuttavia, non è l’avvenimento in sé ma il cambiamento intervenuto sui volti dei due ragazzi. Il seme del timore ha germogliato nei loro occhi, oltre al risentimento per lo scherno cui sono ora sottoposti dagli amici.
«Dovreste fare attenzione: la ceramica non è l’unica a essere fragile.»
La vicenda ha attirato oramai l’attenzione della cerchia dei più vicini, che alla mia risposta si levano in un “uhhhhhh” di approvazione. Sebbene il tono sia rimasto neutrale, infatti, le parole hanno trasmesso un messaggio chiaro sotto la maschera del finto consiglio.
Il ragazzo si alza, ora indisposto dalla faccenda. In verità, realizzo, è innervosito dalla piega che hanno preso gli eventi. Pensava di cavarsela con una bravata, invece si è ritrovato coinvolto in una situazione di portata ben più grande del previsto.

«E questo che cazzo dovrebbe significare, eh? È una minaccia?»
«Sta’ zitto, Matt! Vieni a sedere!»

«Sì, Matt, mettiti a sedere» lo esorto, provocatoria. «Non vorrai fare arrabbiare mammina.»
Solo in questo momento rammento che la Caposcuola dei Tassorosso è Thalia, ma quanto sono alte le probabilità che sia proprio qui adesso?

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view post Posted on 3/10/2022, 21:32
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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F i r s t • A c t

Era seduta nel suo scompartimento quando Casey Bell l'aveva trovata. Pensava di aver dimenticato qualcosa durante la breve riunione nella prima carrozza con i Prefetti, ma sapeva perfettamente che non potesse essere quella la ragione del suo vagare; glielo dicevano gli occhi della Grifondoro che, dopo aver sbirciato attraverso il vetro delle porte scorrevoli, bussò per cortesia ed entrò, sedendosi di fronte a lei con l'aria di chi abbia da sputare un rospo grande quanto una montagna. Ignorò perfino sua sorella, che dormiva con la testa sulle sue ginocchia, ed il voluminoso romanzo babbano tra le mani della Tassorosso. La biondina le sfilò il libro dalle dita, incurante del titolo, lo appoggiò con decisione sul sedile accanto al proprio e sciorinò una verità sconcertante: Nieve non stava bene.
Nieve aveva dato di matto.
Nieve, probabilmente, era una drogata.
Non avrebbe saputo dire se fosse la sorpresa di sentire quel nome, pronunciato con costernazione e urgenza al tempo stesso, o se fossero tutti gli altri messaggi subliminali a farle partire una scarica elettrica lungo la spina dorsale capace di paralizzarla completamente.
Devi fare qualcosa. le aveva detto solenne, prima di uscire, e nemmeno a quell'esortazione trovò una risposta fisica. Era bloccata. Dentro, fuori... non sentiva il peso di Fiona sulle ginocchia, le sue braccia non volevano saperne di allungarsi e riprendere il libro, cercando di nuovo il punto che Casey le aveva fatto perdere. Non ricordava nemmeno di che cosa parlasse quella storia.
Rimase in quello stato limbico tra realtà e immaginazione, incapace di capire come muoversi. Fu l'irrigidimento della sorella, le sue braccia al cielo alla ricerca di un piacere fittizio all'alba del risveglio a darle la scossa necessaria a riportarla alla vita. Che cosa doveva fare con lei? Nulla di quello che aveva provato era servito. E forse non sarebbe mai stato abbastanza.

• • •

Aveva cominciato a credere che la Sala Grande fosse un grande calderone contenente una quantità spropositata e inimmaginabile di imbecilli. E non era solo il fatto che le matricole fossero più tonte di quanto non lo fosse stata lei al primo anno, ma le pareva che gli sguardi affascinati alla volta incantata della sala fossero un po' troppo ridondanti. C'era poi da considerare la cacofonia di voci, lo stridìo dei gufi alla consegna della posta e i tonfi dei voluminosi pacchi sui tavoli, le caraffe rovesciate e le lotte col cibo. Pareva che tutti questi eventi fossero all'ordine del giorno per una straordinaria coincidenza e che cercare posto là dove lo sguardo dei docenti bruciava di più - a ridosso del loro tavolo, dunque - fosse l'unica soluzione per essere lasciati davvero in pace.
Bramava i M.A.G.O. e la libertà della vita fuori dalle mura di Hogwarts, desiderava lasciarsi alle spalle i drammi adolescenziali e fare qualcosa, qualsiasi cosa, che rendesse la sua esistenza meno tediosa.
Le gite ad Hogsmeade risvegliavano ricordi molesti, così come il suo ruolo le imponeva di dare udienza all'unico Prefetto che le fosse rimasto: Camille Donovan, luce di Tassorosso e faro nella notte più oscura che la loro Casa avesse mai visto; ultimi in classifica non avevano bisogno di altre perdite - in termini di punti - per abbassare ulteriormente il morale.
«Stavo pensando di fare la ronda questa sera invece di domani, così magari organizziamo un piccolo torneo di Gobbiglie per sabato sera. O una festicciola in Sala Comune.»
Non voleva rovinare l'entusiasmo di Camille, ma era davvero convinta che un torneo e una piccola libagione non autorizzata dal Preside e dalla McLinder potessero risolvere lo stato di apatia generale? Si limitò a far spallucce, mentre osservava i cereali galleggiare nel latte come relitti di un naufragio accidentale. Le veniva la nausea solo al pensiero di dover restare sveglia a monitorare i concasati e se non fosse stato per il suo ruolo se ne sarebbe fregata alla grande.
Tutt'intorno il vociare confuso aveva cominciato a raggiungere volumi considerevoli, finché tra il caos generale un sussurro non aveva iniziato a serpeggiare.

Quella chi è?
Ma dai, non ci credo.
E' tornata!
Ma che ha combinato?
Oddio, è la Rigos!


Nessuno si voltò a guardare lei, ferma con il cucchiaio a mezz'aria. Il battito cardiaco aveva perso un colpo, ma era consapevole che avrebbe ricominciato il suo rassicurante tramestio nel petto non appena avesse osato prendere fiato.
Fece appena in tempo a scorgere la chioma bianca, prima che le innumerevoli teste voltate nella sua direzione gliela nascondessero alla vista.

S'impose di restare dov'era.
Non voleva vederla.
Non voleva sentirla parlare.
Non voleva restare nello stesso spazio in cui lei si muoveva.
Perfino l'idea di condividere lo stesso ossigeno le faceva mancare il fiato per la rabbia.

Non sapeva di averne covata così tanta da sentire il sangue pulsare nelle vene, nelle dita affusolate che ora tremavano e lasciavano cadere schizzi di latte ovunque.
Fece ricadere rumorosamente la posata nella scodella di ceramica e raccolse le mani in grembo stringendole come se dolessero. Era il suo corpo per intero a gridare di frustrazione e l'unico modo per non esplodere era quello di rannicchiarsi in se stessa, senza tuttavia poter scomparire. Le sarebbe piaciuto, ma era impossibile.
«Thalia?»
La voce di Camille le fece alzare lo sguardo e la ragazzina la ricambiò con uno sguardo di stupore misto a paura, o così le parve.
«Dovresti provare con la festicciola.» concesse alla fine, rilassando le spalle e appoggiando le braccia al tavolo come se quanto accaduto nello spazio di pochi minuti non avesse avuto luogo. Fingere, fingere ancora che nulla potesse sfiorarla e toccarla veramente.
«Dovrai chiedere il permesso alla McLinder, però. Io non ho tempo di farlo.»
Che cosa faceva Nieve a scuola?
Due anni. Due fottutissimi anni. Che cosa aveva fatto oltre a usare chissà quali diavolerie babbane per estraniarsi dal mondo che le faceva tanto schifo? Dov'erano finite le sue lettere, quelle che le aveva scritto ogni settimana, poi ogni mese e alla fine aveva smesso di inviare, conservandole una ad una nel baule?
Mai una risposta. E sua madre, Grimilde, non aveva voluto dirle dove fosse. Aveva preferito mentire - glielo aveva letto in faccia quanto le fosse costata quella bugia, pur di non ammettere di aver perso la presa su quella figlia ribelle - piuttosto che darle la pace di cui aveva maledettamente bisogno.
Quei pensieri la fecero innervosire ancora, più di prima, e fu solo quando il silenzio ripiombò nella Sala che Thalia si concesse il lusso di guardarla. Seduta al tavolo di Grifondoro, si toglieva qualcosa di appiccicoso dai capelli. Fili d'argento tra le dita e lo sguardo - non ben visibile da quella distanza, certo, ma chiaramente cambiato - rivolto alla sua tavola.
Che idioti. pensò stizzita, combattendo il desiderio di alzarsi e appenderli per le caviglie con un incantesimo ben assestato. In fondo, però, Nieve non era nuova ai soprusi: li aveva vissuti sulla pelle uno per uno, indossando le sue belle cicatrici come gioielli. Non se ne vantava, non prima della sua partenza improvvisa almeno, e tanto bastava a creare attorno a lei un vuoto che sapeva di libertà, nonostante tutto.
Si scoprì vulnerabile a quel pensiero, desiderando - ben oltre ciò che le imponeva il suo ruolo di Caposcuola - che fosse Nieve stessa a punire l'insolenza dei Tassorosso che l'avevano derisa. Si rese conto di voler vedere di che cosa fosse capace, ma allo stesso tempo di non volerla mettere alla prova.
Quella non era la sua Nieve.
Non lo era e basta.
La ceramica infranta le fece scoccare uno sguardo in direzione di Camille: era un ordine silenzioso, una chiamata alle armi. Le risse non erano contemplate tra le mura di Hogwarts. Un cenno con la testa verso i compagni indisciplinati e il silente monito che, ne era certa, la Donovan avrebbe compreso.
«Portali via.» mormorò allora, per assicurarsi che il momento passasse indenne. Il tempo di finire la colazione e prepararsi mentalmente a quello che sarebbe successo dopo.
Doveva ricordarsi di respirare.
Non era difficile, no?

Interazione concordata con Casey e Camille
Menzioni: Nieve



© Thalia | harrypotter.it

 
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view post Posted on 4/10/2022, 17:11
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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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Camille Donovan • Hufflepuff Prefect • 15 y.o

Qualche pergamena sparsa davanti a me sul tavolo, una brioche alla cannella a metà nel piatto, una tazza di caffelatte fumante ancora intozza. Il semestre non è iniziato nel migliore dei modi, la piuma verga delicatamente la carta per appuntare qualche idea su come poter risollevare gli animi dei concasati. Avevano assaporato la dolcezza della vittoria, ora il più aspro quarto posto resta loro indigesto.
Una breve lista, qualche ipotetica attività da svolgere in Sala Comune:

"Serata scacchi.
Impiccato rimpiccabile.
Torneo di Gobbiglie.
Pigiama Party."


Tiro una riga decisa su ciò che mi convince meno, cercando di capire come incastrare quello che rimane con i turni serali, le ore di studio pomeridiane ed il resto degli impegni – lavorare da Zonko, la Gazzetta, ecc... –. Porto intanto la tazza alle labbra, lascio che la bevanda calda scenda giù lentamente per la gola e che la caffeina faccia il suo dovere. Il viso poi s’inclina, si abbandona sulla mancina schiusa, sorretta dal gomito ben piantato sulla superficie lignea. Le dita sfiorano distratte una ciocca ribelle di capelli sulla nuca, sfuggita alla presa dell’elastico con cui gli ho legati di fretta prima di uscire dal dormitorio.
Quando sento di avere uno stralcio di soluzione in pugno mi volto verso Thalia, seduta al mio fianco, per esporgliela «Stavo pensando di fare la ronda questa sera invece di domani, così magari organizziamo un piccolo torneo di Gobbiglie per sabato sera. O una festicciola in Sala Comune.» spero possa avere un minimo di senso, anche se i margini di fallimento restano lì ad incombere. In ogni caso Alice mi avrebbe odiata a morte, per avviare il progetto dovrei chiedere la sostituzione ad O’Hara, quindi le toccherebbe sorvegliare il Primo Piano con la sua nemesi anziché con me.
Sospiro, assalita allo stomaco dal senso di colpa nei confronti dell’amica. Riprometto a me stessa che mi sarei fatta perdonare il prima possibile, magari le avrei offerto un paio delle famose burrobirre di Madama Rosmerta. Chissà se sarebbero servite a toglierle il broncio, o nel peggiore dei casi ad evitare qualche scherzo firmato Weasley da parte sua. Lo sbattere violento del metallo contro la ceramica mi richiama alla realtà facendomi sobbalzare, la Caposcuola ha fatto cadere di colpo il cucchiaio nella ciotola di cereali.
«Thalia?» il tono incerto. La guardo sorpresa, gli occhi leggermente spalancati. Non capisco cosa l’abbia scossa così tanto. Vorrei chiederglielo, ma vengo anticipata proprio da lei, che riporta il fulcro della conversazione sulle questioni burocratiche.
«D’accordo, passerò dal suo ufficio subito dopo le lezioni.» mi limito a rispondere accennandole un sorriso. Senza aggiungere altro mi accingo a raccogliere le mie cose, arrotolo le carte riponendole alla bell’è meglio nella tracolla scolastica.
Vorrei provare a terminare la colazione, ma il chiacchiericcio – che solitamente rimante un mero sottofondo – aumenta il suo volume tra il nostro tavolo e quello dei Grifondoro attirando inevitabilmente l’attenzione dei presenti. Non capto con certezza tutte le parole, ma il botto di un qualcosa che s’infrange quello sì. Lo percepisco forte e chiaro, ma mi trattengo dall’alzarmi di scatto. Mi trattengo finché non incrocio lo sguardo di Thalia, solo allora annuisco nella sua direzione e abbandono la panca per andare a riprendere i Tassorosso coinvolti.
«Forse non è ben chiaro che queste scenate comportano delle conseguenze!» mi rivolgo a Matt con voce ferma, senza alzarla – non voglio che lo show vada ancora avanti –, nel mentre mi posiziono esattamente di fronte a lui.
L’altro si acciglia.
«Non c’entro niente, è stata quella….» taglia la frase, sa che gli conviene di fronte ad un Prefetto. Il suo Prefetto.
«Ha cominciato lei.» rabbioso, ammicca alle mie spalle.
«Non m’interessa chi ha cominciato.» rispondo secca, la voce però ancora una volta non aumenta di un solo tono. Il sopracciglio si solleva minatorio. Nemmeno mi giro, così come non ho intenzione di dargli il tempo di replicare.
«E se proprio non vuoi tornare a sederti…» una piccola pausa, punto l’indice verso l’uscita della Sala Grande «…quella è la porta. La vedi?» non attendo nemmeno un cenno d’assenso o altro «Bene, imboccala a vai a sbollire in Sala Comune prima di andare in aula!» taccio. Matt borbotta qualcosa, non sono stupita e nemmeno ho voglia di riprenderlo oltre. Una concasata ci osserva, incerta se aprire bocca o meno. Abbassa gli occhi e si morde il labbro inferiore. Probabilmente la complice dell’accaduto.
«E fatti accompagnare da lei, così magari riflettete assieme sulle vostre azioni.» la indico con il capo. L’altra deve aver compreso, perché fa ciò che ho detto senza fiatare.
«Dovevi proprio comportarti così? Sei il solito idiota…» sentenzia velenosamente in direzione del compagno. Non s’intrattengono più del necessario, io li seguo con lo sguardo per accertarmi che ubbidiscano.

© Thalia | harrypotter.it





Edited by Camille Donovan - 5/10/2022, 08:40
 
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view post Posted on 7/10/2022, 12:58
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LTCmGRq La Sala Grande pullulava di studenti dai volti stropicciati che anelavano fare ritorno ai loro letti e immergere la testa nei soffici cuscini, anziché sui libri. Scariche elettriche attraversavano i loro corpi acerbi e un’energia invidiabile animava i loro moti incessanti. Lucien faceva scorrere pigramente lo sguardo qui e là senza interessarsi davvero a qualcosa, con la mente assorta in cupi pensieri. Percorse lo spazio attiguo al tavolo dei Grifondoro per sedere a quello riservato ai docenti, nell’ottica di assaporare una colazione più accattivante rispetto a quella che avrebbe imbastito nella capanna. Le lezioni erano riprese da poco e già sentiva quel pizzicore sotto ai piedi, silente invito a sfrecciare in sella alla bicicletta arcobaleno verso mete ignote. I segreti del castello non avevano rivelato ciò che di suo padre voleva scoprire, abile nel celare il mondo che aveva costruito quando calpestava quei corridoi; un mondo torbido che sibilava segreti appena udibili.
Dove lo avevano condotto, quei segreti? Lo avrebbe mai a scoperto? Il pugnale emerso grazie ad Horus, alcuni anni prima, puntava a lui come la zanna ricurva di un serpente assopito. Lucien aveva speso tanto tempo nelle sue ricerche ed era stufo di non riuscire a progredire, fosse solo per una piccola conferma o smentita.

Quelle mura lo avevano accolto, prima da ragazzino poi da uomo, e le avrebbe sempre sentite una seconda casa, forse la migliore che avesse mai avuto. Ma era tempo di anteporre le proprie necessità ai sentimenti, quali che fossero, per quello scrigno del sapere. Era una spinta incalzante quella che sobbolliva nel suo animo inquieto, stanco di una vita votata alla ciclica ripetizione di giornate ricalcate le une sulle altre. Aveva bisogno di raggiungere il proprio obiettivo poiché nient’altro sembrava godere di altrettanta importanza. Il brusio di sottofondo che animava la Sala Grande quella mattina raggiunse vette considerevoli tramutandosi in uno schiamazzo che, volente o nolente, catturò l’interesse del docente. Stava procedendo con il suo solito incedere sicuro e spedito quando una chioma argentata catturò il suo campo visivo. Vittima di spasmo di dolore, avvertì distintamente il movimento stentato del proprio cuore pompare sangue ad un ritmo sempre più rapido ed i ricordi degli accadimenti a Villa dei Gigli lo schiaffeggiarono con furente brutalità. Lasciò che uno sguardo stillante ansia vagasse su quei capelli fini, dove pochi mesi prima aveva lasciato scorrere i polpastrelli.
Nieve Rigos.
Era tornata a frequentare la scuola dopo due anni, quando lui si era adagiato nella comoda convinzione di sapersi protetto. E ora? Il suo posto di lavoro dipendeva dalla volontà, più che della capacità, della giovane di tenere la bocca chiusa quando quella notte era stato il suo ultimo pensiero?
Lasciando che una tacita promessa traboccasse in quello che restava della sua psiche provata, l’ex Corvonero mascherò i propri sentimenti senza tradire la compostezza granitica.

A intercedere fu la signorina Donovan, che Lucien aveva avuto già modo di apprezzare in più di un’occasione e la cui nomina a Prefetto calzava come un guanto di velluto. Con un’autorità che cozza con i suoi soliti modi briosi e amichevoli, mette in riga i due concasati artefici del danno alla Rigos. Quale che fosse il motivo scatenante di quelle angherie se n’è andato assieme ai suoi creatori. Non commentò ad alta voce la capacità della Tassa di esercitare in modo proficuo il ruolo assegnatole, non ritenendo ce ne sia bisogno e lieto che la questione fosse stata risolta in fretta. Ma, nel profondo, aveva davvero trovato fine nell’animo di chi poteva nutrire dubbi sulla correttezza di essere tornata in quel luogo? Per Nieve, Hogwarts sarebbe stata ancora la casa che aveva rappresentato per Lucien e per la miriade di studenti che l’affollava?
Mentre passava vicino a Camille, dalla tasca del mantello planò una piuma dì Augurey.
Fu quando raggiunse il figliol prodigo in gonnella plissettata che spezzò il mutismo perpetrato.
- Riprendere a nutrire la propria istruzione magica è sempre una buona scelta. Bentornata a Hogwarts, signorina Rigos. -
I capillari in evidenza parvero dardeggiare sotto la patina di rimedi che si era cacciato in corpo, i cui ingredienti avevano portato ad un effetto collaterale: la zazzera scarmigliata tipica del francese aveva assunto la stessa tonalità candida della luna.
Proseguì verso il tavolo degli insegnanti senza guardare altro che un puntino luminoso davanti a sé. Le mani, celate dalle tasche del mantello, erano serrate in pugni che gli sbiancavano le nocche.

Te l’avevo promesso <3
Menzione + regalo: Camille
Interazione: Nieve
 
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view post Posted on 24/10/2022, 16:03
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Jean Grey, Prefetto Corvonero - 16 anni - assonnata e poco amichevoleNieve Rigos. Era quello il nome della ragazza dai capelli bianchi che più persone stavano guardando storto. O comunque la stavano guardando. "Non si vedeva da un po' qui al castello", ecco spiegato perché non l'avesse mai vista. Jean vide Megan voltarsi a guardarla, a sorriderle perfino. Sicuramente si conoscevano, non sapeva quanto approfonditamente però. Passò i minuti successivi ad assistere allo spettacolo che si stava presentando, tra la nuova arrivata che perculava le stesse persone che la stavano insultando e la collega Tassorosso che entrando in berserk zittiva e cacciava alcuni dei suoi concasati rompiscatole. Nonostante il sonno, nonostante il solito malumore mattutino accentuato dal caos generale, la curiosità continuava ad avere la meglio. Qualche morso di pane e burro dopo, Jean non riuscì a trattenere altre domande. Non voleva, però, risultare indiscreta né nei confronti di Megan né della ragazza, le sembrava che quella Nieve avesse già una vita piuttosto pesante, non voleva mettersi in mezzo. Per cui, non chiese nulla riguardo il motivo della sua assenza, non erano fatti suoi. Avrebbe preso la questione da lontano. «Ma che vogliono da lei? Cioè, perché le stanno rompendo il cazzo?» Si rese conto di essere stata più sboccata del solito, ma non ci poteva fare niente: a quell'ora non riusciva a non essere scorbutica e volgare. Non conosceva Nieve Rigos, non sapeva come mai fosse stata assente da Hogwarts, e non le serviva saperlo per percepire che qualunque fosse stato il suo percorso non era stato semplice. E non le serviva mettersi nei suoi panni per provare fastidio nei confronti di chiunque la guardasse storto, la insultasse o sparlasse di lei. Nulla, nulla al mondo, per Jean, giustificava un comportamento simile. Prima che Megan le potesse rispondere, si lasciò andare all'ennesimo commento acido. «Si facessero tutti i cazzi propri... mah, che mondo.»


Interazione con Megan, menzioncina a Camille e ovviamente riferimenti a Nieve.
Post fatto giusto per proseguire e avere qualche info in più su Nieve. Se non dovessero esserci interazioni rilevanti con Megan, aspetterò che i veri protagonisti della role facciano le loro mosse prima di un'eventuale risposta successiva. Insomma, per ora sto da spettatrice :popcorn:

 
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view post Posted on 26/10/2022, 00:37
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entropia.

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w5Lpd6X
chapter one: the first act
Una cascata di ricordi plana dal soffitto della mia mente, d’un tratto, con la lentezza dei primi, timidi fiocchi di neve in inverno. È l’intervento composto della giovane Prefetto Tassorosso a innescare il meccanismo, piano e inesorabilmente. Nella sua fermezza scorgo così tanto di Thalia da sentirla d’improvviso vicina — in modo quasi disperato.
È qui, adesso lo so. Lo so per via di ciò che è appena accaduto; per la barriera protettiva che si è frapposta tra me e un possibile guaio — tra me e l’ennesimo sopruso. M’irrigidisco e neppure lo realizzo. Mentre osservo il breve dibattito tra Matt e il Prefetto, i miei occhi cominciano a vagare e i ricordi mi restituiscono le immagini della gita in Toscana con i nonni.
Percepisco il calore del sole sulla pelle, il disappunto della nonna per l’insolazione, le ore trascorse al buio con un rimedio casereccio per dare ristoro al corpo provato, la sensazione del vento tra i capelli in sella alla scopa, il suono delle nostre risate, il sapore del vino, noi due…
La trovo. Se ne sta seduta al tavolo della sua Casa, là dove i docenti possono tenerla d’occhio — non che ne abbia bisogno —, con la posa rigida e lo sguardo chino. Vuole evitare di incrociare il mio. Vuole evitare me.

UNAlemT
long live the queen
È così, dunque? Stringo i pugni e serro la mascella. Ce l’ho fatta. Sono riuscita a fare in modo che un anno e mezzo bastasse per cancellare il ricordo di me. Perché mi odiasse e non volesse più avere a che fare con la persona che sono diventata. A proteggerla dalla sciagura che rappresento.
Mentirei se dicessi che il dolore di vedere la mia migliore amica andare avanti non è straziante. Mentirei se dicessi che averla così vicina con la consapevolezza di non essere mai stata più lontana da lei non mi spezza il cuore. O se tentassi di sminuire il valore di ogni singolo abbraccio o momento trascorso insieme.
Sono costretta a mordere così forte l’interno della guancia che solo il sapore ferroso del sangue mi restituisce un barlume di lucidità. Allora, realizzo di avere gli occhi lucidi e di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo.
Addio, Thalia!
Distolgo lo sguardo, frastornata, per rendermi conto che la ragazzina ha liquidato i concasati con poche mosse, evitando peggiori conseguenze. Non può certo sapere che Matt questa sera stessa tornerà in Sala Comune con un occhio nero e io con le nocche arrossate e lo sguardo da bestiola fuori controllo. È iniziato il Dominio Rigos a Hogwarts e i soprusi non rimangono più impuniti: ogni azione ha una conseguenza.
«Ci sai proprio fare» le dico, schiarendomi la gola e smorzando l’espressione provata dall’addio a Thalia con un ghigno. «Hai l’attitudine del comandante. Qualcuno in casa tua fa lo sbirro? Perché ce l’hai proprio nel sangue, secondo me».
Ho l’espressione riflessiva. Sto effettivamente soppesando la questione. Del resto, benché odi il fatto di essere in debito con qualcuno — specie con qualcuno di potenzialmente vicino a Thalia —, è una persona che non sa nulla del mio passato. Non può giudicarmi.
Tabula rasa.
«Grazie, comunque. Sono in debito con te. Se hai bisogno di qualsiasi cosa, chiedi pure. Sono Nieve, a proposito. Nieve Rigos.»

È tutto ciò che ho il tempo di dire, prima che un cambio di prospettiva inatteso sopraggiunga a modificare toni e atmosfera. Batto le palpebre e ho il tempo di poggiare le iridi sul viso di una persona che ho conosciuto da vicino — molto da vicino. Un sorriso sbieco curva le mie labbra e un’emozione calda illanguidisce il mio sguardo, cospargendo di un borgogna tenue i miei zigomi.
«Grazie, professor Cravenmore. Spero di avere occasione di contare su di lei per orientarmi meglio, dopo questa lunga assenza» dico, la voce di un tono più basso, umettando le labbra.
Non seguo la sua sfilata, anche se vorrei. Oh, se vorrei!
C'è tempo per tutto, mi dico, e questo non è l'atto giusto.

I am being perfectly f u c k i n g civil


Avvisinatevi tutti. Fassiamo amicisssssia! <3


Edited by ~ Nieve Rigos - 26/10/2022, 01:57
 
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view post Posted on 5/11/2022, 15:02
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CASEY BELL
HE/HIM

jpgSi guardò allo specchio a lungo prima di uscire di casa per prendere l'Hogwarts Express. La lancetta dei minuti scandì il tempo che passò a contemplare con orrore la propria figura. Il volto scavato, le occhiaie perenni, i capelli distrutti dagli scolorimenti non c'entravano. Era tutto il resto a creargli un profondo disgusto.
Aveva deciso di porsi determinati obiettivi per quell'anno. Necessitava, bramava, agognava perfezione. Passò gli ultimi giorni d'estate a disporre attentamente i tasselli di un nuovo puzzle, nel suo tugurio a Nocturn Alley, lontano dalle voci, nel proprio silenzio, nel proprio catartico isolamento atto a disfarsi di tutto, di tutti. Se ora la mente era una placida lastra di ghiaccio su un mare immoto, sapeva che da lì a poche ore la scuola non avrebbe tentato altro che ridurlo ancora ad un ameba sopra il proprio letto.
Sentiva in cuor suo che gli occhi e le orecchie degli altri si sarebbero tesi in sua presenza, in attesa di un altro disastro. Sentiva anche che, forse, questa era un'arrogante proiezione della sua paura di perdere il totale controllo sulle cose.
Aveva fatto una lista delle cose importanti. Il suo ruolo, il suo percorso, la sua casata. Il rapporto con essi si era affossato per dar privilegio allo schifo del suo vissuto, all'odio, al panico generato dal cancro nella sua testa. Sentiva che così facendo aveva deluso grossa parte delle aspettative riposte dalla sua ambizione, e di chi gli diede tale fiducia.
Da quel momento in poi tutto sarebbe stato diverso. Da quel momento in poi il pugno di ferro si sarebbe abbattuto su lui stesso e sugli altri con maggiore vigore e alcuna remora. L'unica cosa davvero importante, adesso, era diventare quel leader che non era mai stato.

Il binder stringeva e torturava la schiena. Nascosto sotto i vestiti di foggia migliore che il nuovo lavoro gli permetteva, la spilla da Caposcuola e un mento alto, tuttavia, compiva il suo dovere alla perfezione. Nessuno se ne sarebbe accorto, a parte occhi più attenti, e forse si sarebbe solo notata un'andatura più composta, marziale e sicura in Casey Bell. Si era sforzato, all'inizio, di trovare un assetto migliore nel presentarsi; poi si era reso conto che il suo stesso corpo si muoveva in sintonia col suo pensiero, e che l'obiettivo della mente era quello dei gesti.
Si sentiva meglio, in realtà, nel non nascondersi. Nel non rimanere ricurvo per non far sporgere il seno o per non mostrare la propria cupezza. Parlava di sé al maschile e guardava negli occhi l'interlocutore con provocazione per scorgerne la reazione. Alcuni non se ne accorgevano nemmeno, e allora insisteva finché non cominciavano a porsi domande. Altri rimanevano accigliati, altri gli chiedevano cosa intendesse fare parlando di sé in quel modo. E lui rispondeva: «hai la facoltà di non rivolgermi più la parola se non riesci a tollerarlo.»
Così fu nel viaggio sull'Espresso, così il primo giorno. Anche se parte di quella nuova compostezza vacillò e vacillò in diversi momenti, costringendolo a estraniarsi per qualche minuto al fine di riprendere la ricostruzione del proprio sé da dove aveva lasciato. Si trattava in fondo di punti dolenti, mostratisi in un crescendo caotico di mancanza di appigli.
Rivedere Oliver, Gwen, Alice e Vivienne. Non poté non sorridergli, non chiedergli della loro estate.
White che mancava dal tavolo degli insegnanti al banchetto dell'1 settembre e l'avviso di Peverell dell'arrivo di un nuovo docente di Pozioni.
Nieve Rigos che risbucava dal nulla al tavolo dei Grifondoro. Senza dire niente a nessuno. Si era presa una camera singola in dormitorio e non aveva dato modo a nessuno di salutarla. Nemmeno a lui.
Pugno di ferro, Casey. Pugno di ferro.

Non aveva dormito quella prima notte. Non si era ancora abituato allo stato nervoso in cui lo gettava la sua nuova pretesa mentale. Dunque riuscì ad uscire dalla sala comune solo dopo l'inizio della colazione.
Gli premeva contro i polmoni l'idea di ritornare sotto tutti quegli sguardi, di ognuno dei membri del castello. Di rivedere il vuoto al posto del corpo di Sirius alla sua mensa. Di sentire i bisbigli.
Solo un caffè, come sempre. Sarebbe entrato, avrebbe camminato fino al primo posto libero, si sarebbe svuotato una caraffa nella tazza, lo avrebbe bevuto con mezzo cucchiaino di zucchero e un po' di latte caldo per risvegliare le dita intirizzite dal freddo e il petto, e sarebbe andato a lezione. Il tutto con disinvoltura e dignità. Senza crollare, senza respirare affannosamente, senza rompere le righe per la propria ansia.

Varcò la soglia della sala grande e crash. Si fermò un attimo a contemplare i pezzi di porcellana rotti in lontananza e poi riprese a camminare verso la fine della sua tavolata. Che cazzo sta succedendo?
Respirò profondamente e non si scompose. Camminò a passo lento guardando avanti a sé, con volto impassibile. Si sforzò di non voltarsi verso le altre tavolate per non far convergere gli occhi verso altri o, ancora peggio, verso sguardi mancati. Li puntò invece verso la tavolata degli insegnanti mentre il brusio di sottofondo lasciava spazio, mentre si avvicinava, alla voce acuta della Donovan incazzata. Sirius non c'era. Sentì una leggera fitta al cuore, e una ancora più grande e infuocata che riverberava nel suo corpo dal cuoio capelluto alla pianta dei piedi. Un istante dopo spostò le iridi sulla figura alta di Cravenmoore che si sollevava dalla tavolata Grifondoro per raggiungere quella degli insegnanti. Tentò di scorgere il concasato con cui si era fermato a cianciare, e solo a pochi metri di distanza vide la chioma bianca di Nieve. Il respiro gli bruciò nei polmoni, e ormai concentrato su di lei non si accorse del Tassorosso che gli urtò in velocità la spalla dirigendosi verso l'uscita della sala.
Casey rallentò e si voltò a fissarlo con severità per capire che diamine volesse, ma gliene importò poco più che niente. E senza alcuna esitazione raggiunse la porzione di tavolo occupata dalla Rigos e dall'ombra della Donovan.
Ancora in piedi e senza guardare nessuna delle due, afferrò una caraffa di caffè e la versò tutta dentro la tazza vuota accanto a Nieve. Si sedette e fece cadere a terra la tracolla, poi, lentamente, mise nella tazza mezzo cucchiaino di zucchero e girò. Infine vi mise un po' di latte caldo e girò ancora. Nel mentre lo stomaco si attorcigliava, poiché già da prima tutt'intorno i compagni si erano ammutoliti. Poi avevano preso a bisbigliarsi cose all'orecchio fissandolo. Paroline chiave si percepivano, articolate con dovizia sotto il brusio, e mordevano le sue carni. White, Congrega, Incendio, morto, pazza.
«Donovan, Rigos» salutò con distacco. Si voltò verso la concasata e le rivolse un leggero e artefatto sorriso sornione prima di girarsi verso il Prefetto. «Ditemi almeno che quel porco di Cravenmoor non ci romperà il cazzo sin dal primo mattino.»

Interazioni: Nieve e Camille.
Menzioni: Sirius e Lucien (tvb).

 
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view post Posted on 6/11/2022, 02:23
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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C90ANcF
Draven Enrik Shaw - Slytherin - 16 y.o.
Passi pesanti e veloci, grida e risate si mescolarono alle ultime immagini di un sogno già sbiadito. Evidentemente, i suoi concasati avevano entusiasmo da vendere di prima mattina. A differenza sua. Con uno sbuffo e gli occhi ancora socchiusi, ormai sveglio contro la sua volontà, si spostò su di un fianco per riuscire a raggiungere il comodino. Tastò alla cieca per qualche secondo, prima di riuscire a trovare ciò che cercava: strinse il quaderno e il lapis tra le dita, mentre si issò con il busto ad appoggiarsi di schiena contro il muro, poi lo aprì su una pagina vuota. Con una smorfia, si sforzò di tenere gli occhi aperti e iniziò a disegnare. Non ricordava quasi mai ciò che sognava, solo le sensazioni che i sogni, spesso incubi, gli lasciavano addosso. Forse per via del chiasso generato dai suoi concasati o, forse, perché dopo la pausa estiva sembrava aver dimenticato quanto gridassero le creature nel Lago Nero, si era svegliato sensibile ai suoni e con uno strano senso di costrizione nel petto. Quasi un’ora dopo, si ritrovò a fissare dei lunghi artigli affilati che manovravano una donna completamente bendata; aveva solo la bocca libera per parlare, ma imponeva silenzio.
Rimase a guardarla per qualche secondo, lo sguardo accigliato. C’era qualcosa, in quel disegno, che sembrava volerlo attirare a sé. Era inquietante come, del resto, gran parte di ciò che era solito disegnare, ma era anche… ammaliante.
Chiuse il quaderno con un rapido gesto stizzito e lo ripose sul comodino al suo posto.
Fino a quel momento non se n’era preoccupato e non ci aveva fatto caso, ma ora che era completamente sveglio si accorse del silenzio in sala comune. In camera non c’era traccia né di Mike, né del suo gatto Donut…
Era tardi.
Senza nemmeno prendersi la briga di guardare l’ora e verificarlo, si catapultò giù dal letto e si diresse veloce a fare una doccia. Riuscì a prepararsi in un quarto d’ora, evitando di asciugarsi i capelli per guadagnare tempo. Mentre li frizionò un’ultima volta con l’asciugamano, preparò i libri nella borsa scolastica.
Quando raggiunse il piano terra, si sentiva già stanco.

Per anni aveva portato avanti un’estenuante battaglia personale per evitare di dover condividere i pasti a orari obbligatori, che costringessero gli studenti a stare forzatamente tutti insieme nello stesso posto, ma era riuscito a elaborare un vero piano d’azione solo quando, qualche mese prima, la necessità di evitare alcune persone gli aveva fatto aguzzare l’ingegno. Arrivava in Sala Grande sempre al limitare della fine dei pasti, quando gli elfi erano in procinto di liberare i tavoli. Il rischio era di non fare a tempo a trafugare del cibo, ed era capitato più volte di quante volesse ammettere; perlomeno, così, non era costretto a socializzare. Un piccolo sacrificio per una grande causa.
Ma il non aver guardato l’ora prima di dirigersi così spedito al piano terra, si ritorse contro ogni suo principio. Si ritrovò sul ciglio dell’enorme portone spalancato della Sala Grande, con le mani nelle tasche dei pantaloni, a fissare il caos. I toni soavi di Camille Donovan, i cui decibel vivevano su una frequenza personalizzata del proprio udito, gli giunsero contro come una secchiata d’acqua gelata, ancor prima di riuscire a vederla. Davanti a lui la mandria di studenti praticamente per intero.
Alzò gli occhi al cielo, contemplando l’ipotesi di fare dietrofrónt e saltare la colazione, quando sentì lo stomaco brontolare.
Quel giorno gli spettavano sei ore di lezione la mattina, pausa pranzo ridotta e sei ore di turno da Sinister nel pomeriggio… Non avrebbe potuto vedere Megan per tutto il giorno. Sentì l'esigenza di concedersi almeno la gioia di una sana e meritata colazione, per cui si decise a entrare.
Nel brusio generato dalla mandria umana davanti a lui e che aveva tutta l’intenzione di ignorare, due Tassorosso attirarono la sua attenzione quando gli passarono vicino.

Già! Fa tutta la carina, ma appena fai qualcosa diventa un mostro!

Sì, però, ha esagerato! È stata la strana a reagire male. Era solo uno stupido scherzo.

È una vera stronza Camille.


Uno sbuffo divertito sfuggì dalle labbra del Serpeverde, nonostante l'espressione sul viso rimase fredda e senza alcun cenno di divertimento.

Non avete idea di quanto. – commentò tra sé, in un bisbiglio che non era rivolto né a loro, né a nessun altro. Una semplice constatazione che i due, però, avevano udito. Con la coda degli occhi, li vide fermarsi al suo fianco e alzare lo sguardo su di lui, terrorizzati. Volse appena il capo per poterli osservare meglio ed ebbe l’immediata impressione che, qualsiasi cosa fosse successa con Camille, li avesse in qualche modo provati.

Io… Non… Non intendevo…

Non le riferirò le vostre considerazioni. – pronunciò, interrompendo il ragazzo prima che potesse precipitare da quell’arrampicata sugli specchi, e accompagnò le parole con un gesto di stizza della mano per intimare lui e la sua amica ad andarsene.
Quelle acute osservazioni che aveva origliato dai due gli avevano appena dato una spiegazione, seppur irrisoria, del perché in un punto dei tavoli tra Tassorosso e Grifondoro sembrava essersi appena creata la più inquietante delle alleanze, con la Caposcuola Tassorosso più in disparte che sembrava aver ingoiato un vermicolo. Ipotizzando che “la strana” fosse la ragazza dai capelli chiarissimi in prossimità di Camille e Casey, Draven pensò bene di circumnavigare lateralmente tutta la Sala Grande pur di non ritrovarsi vicino a loro nemmeno per sbaglio, nel tragitto verso il tavolo dei Serpeverde.
Un’ottima scusa per passare dalle parti dei Corvonero. Visto che non aveva fatto così tardi, alla fine.
Con lo sguardo, passò in rassegna tutta la tavolata dei corvi finché non vide Megan, seduta tra la Prefetto dai capelli rossi e un’altra ragazza da cui sembrava tenersi più a distanza. Forse qualcuno con cui non aveva tanta confidenza. Tra di loro si era generato uno spazio naturale che faceva al caso suo; passando alle loro spalle, si soffermò proprio in quel punto e si chinò verso Megan.

Buongiorno, bellissima. - le bisbigliò all'orecchio, raddrizzandosi rapidamente con la schiena nel tentativo di passare inosservato dalle persone in prossimità. Ma se Megan si fosse voltata a guardarlo, lo avrebbe visto sorridere.
L'espressione tornò fredda e distaccata non appena riportò lo sguardo davanti a sé e riprese a camminare. Salutò i professori presenti con un cenno del capo e si diresse spedito verso il suo posto sotto la finestra, nel tavolo dei Serpeverde.


// Mi imbuco perché sono impicciona come una scimmia :fru: Se nel prossimo turno nessuno interagisce direttamente con Dravenino, lo lascio tra i serpini a fare colazione in pace mentre io osservo con piacere il drama :popcorn:
 
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view post Posted on 6/11/2022, 16:22
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Ocean eyes.

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MEGAN M. HAVEN
18 anni ▪ Corvonero ▪ stanca



I momenti che seguirono lo sguardo rapido su Nieve, smossero l’animo di Megan che si costrinse a trattenere il disgusto in un'espressione neutra. L’arrivo di Thalia le lasciò sfuggire un sospiro di sollievo inconsapevole del loro attuale rapporto. Lasciò tamburellare le dita sul tavolo per un singolo giro e si voltò verso la Jean.
«Non ne so niente… Te l’ho detto non si vedeva da un po’» rispose. «Sembrerebbe che la Moran possa gestirla però, sono» continuò bevendo un sorso di tè, «beh, erano molto amiche» abbassò lo sguardo verso il liquido ambrato, lasciando risuonare il cucchiaino sulla ceramica in un cerchio perpetuo.
«Hai finito?» Abigail era proprio davanti a lei. Non si era accorta dell’arrivo della ragazza.
«Non è proprio il massimo di prima mattina» continuò la compagna di stanza indicando il movimento. Megan alzò lo sguardo e la osservò accigliata: il viso stanco, la pelle pallida e i capelli arruffati.
«Mi piacerebbe chiederti dove sei stata questa notte» gli sorrise, «ma non lo farò. Spero solo che tu non ti faccia beccare» tornò a bere. «Jean, lei è Abigail la mia compagna di stanza posò la tazza e fece un piccolo cenno con la mano, liberandola finalmente dal cucchiaino.
«Piacere» avrebbe risposto la ragazza con distacco.
Così, dopo esigui minuti di silenzio, Megan portò lo sguardo in fondo alla sala; Lucien Cravenmoore sedeva dietro il lungo tavolo riservato ai docenti.
«Che ne pensate di Cravenmoore?» chiese tornando a guardare entrambe. Le sembrava un ottimo docente, aveva avuto l’opportunità di potersi relazionare con lui fuori dal castello e fu piacevole ricordarlo in quel momento. Tuttavia, voleva sapere il parere delle due concasate.
Diede un morso ad un tortino di zucca e bevve l’ultimo goccio di tè, lo sguardo rilassato e l’atteggiamento di chi avrebbe affrontato la giornata al meglio, o almeno così sperava.
«Si dice che sia un buon partito» intervenne Abigail.
«Per chi? Per la McLinder?» rispose lei con un sorrisino stampato in volto. La compagna sì bloccò nell’attimo in cui vide Draven arrivare. Un sussurro chiaro giunse alle orecchie di Megan. Le labbra si schiusero e il cuore mancò di un battito bloccandole il respiro. Si voltò scoprendo il Serpeverde regalargli un sorriso divertito. Lei si trattenne, le fossette spuntarono sulle guance leggermente arrossate, gli lanciò un’occhiata stupita. Poi quell’improvvisa ondata di calore provata si affievolì, lasciando in Megan una sensazione stabile. Non si era mai abituata ai suoi gesti e in cuor suo sperava di non farlo mai. Ogni qualvolta la sfiorava viveva un emozione che non lasciava altro spazio che al desiderio di non dimenticarne nemmeno un singolo dettaglio. Tempo. Era quello che aveva dato a se stessa eppure a volte le sembrava essere fin troppo lento.
Tornò a guardare in avanti e infine Jean.



MENZIONI: Nieve, Thalia
INTERAZIONI: Abigail (png), Jean, Draven

 
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view post Posted on 6/11/2022, 21:14
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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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Camille Donovan • Hufflepuff Prefect • 15 y.o

Tiro un sospiro di sollievo appena li vedo allontanarsi oltrepassando la soglia. I muscoli si rilassano, lascio che la calma li distenda completamente. Il peggio, apparentemente, è scongiurato.
Una voce richiama la mia attenzione, voltandomi nella sua direzione mi accorgo che è della Grifondoro che stava discutendo con i mie concasati. La osservo pochi secondi, una ragazza dai capelli argentati. Le iridi altrettanto chiare, due pozzi di ghiaccio in cui cerco di far perdere le mie.
«Figurati, non ho fatto nulla di che…» sono sincera «…non devi sentirti in debito, tranquilla.» lo sguardo si addolcisce, le rivolgo un sorriso e mi presento anch’io «Io sono Camille. Camille Donovan.»
Rimango spiazzata dalle sue parole, non credo che l’attitudine al comando mi calzi, anche se con la spilla al petto non lo do a vedere per ovvie ragioni «Ecco, ehm…mio padre, in effetti.» come lo dico, faccio altrettanto in fretta a confutare quanto ancora debba lavorare su me stessa in tal senso. Thalia in questo, per me, è un’ottima guida. Mi ha aiutato – e mi aiuta tutt’ora – nel mio percorso come Prefetto, a rendermi responsabile nei confronti dei miei concasati e a far loro da esempio concreto da seguire «Ma giuro che non sono sempre così minacciosa quando mi trovo a sottrarre punti o a dover rimproverare, soltanto non sopporto chi parla a sproposito.» ammicco verso l’uscita, dove poco fa sono spariti i due ragazzi «Prima o poi si troveranno di fronte qualcuno che sciacquerà loro la bocca con un MangiaLumache, allora capiranno.» faccio spallucce.
Intanto mi accingo a riparare al danno, la tazza in frantumi è ancora lì sul pavimento e i cocci rischiano di essere d’intralcio. Estraggo la bacchetta, rigorosamente riposta nella tasca della divisa, e la punto in direzione dei miseri resti. Niente movimenti particolari, solo l’immagine dell’oggetto che si ricompone come nulla fosse nella mia mente, spezzoni di film riavvolti all’indietro. «Calicis repàro.» un comando semplice e diretto. La raccolgo rapidamente da terra – ora che è tornata integra, senza cicatrici –, poggiandola sul tavolo.
Mi sposto appena e i miei passi, incrociando quelli del Professor Cravenmoore. Gli rivolgo un saluto educato, sperando non sia stato attirato dal caos precedente. Ci mancherebbe dover coinvolgere dei Docenti per una sciocchezza già risolta.
«Immagino questa non fosse l’accoglienza che ti aspettavi dopo un’assenza?» una domanda retorica, sorta dall'inevitabilità da parte mia di aver colto la conversazione tra lei e Lucien «Ti chiedo scusa a nome di quelle due lingue lunghe.» se era questo il motivo del loro sparlare, la loro vita doveva essere piuttosto noiosa per non concentrarsi su altro.
«Bentornata tra noi.» le labbra s’incurvano di nuovo, un gesto caloroso della braccia di poco allargate.
Il chiacchiericcio torna a sollevarsi come le onde, avranno trovato sicuramente altro con cui alimentarlo. Voci che accompagnano l'arrivo di una figura familiare «Ehy Casey, buongiorno.» buongiorno. Si fa per dire, no che sia iniziato nel migliore dei modi. Quello che il Caposcuola afferma dopo, però, mi porta ad assumere un'espressione incuriosita.
Perché quell’aggettivo? Porco.
Un sopracciglio s'inarca, gli occhi passano da lui a Nieve. Taccio, ma suppongo che l'interrogativo mi si legga in faccia senza filtri.
«Colpa dei Tassorosso, suppongo.» mi riscuoto, evitando d’impicciarmi oltre, magari era stato buttato lì a caso, senza un motivo particolare.

© Thalia | harrypotter.it



Interazioni: Nieve e Casey.
Menzioni: Thalia e Lucien

:fru: :<31:

 
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view post Posted on 9/11/2022, 15:54
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Jean Grey, Prefetto Corvonero - 16 anni - assonnata e poco amichevole«Non ne so niente… Te l’ho detto non si vedeva da un po’» le aveva detto Megan. Insomma, la sua insolita curiosità non sarebbe stata soddisfatta in quel frangente. Se ne poteva fare una ragione. Jean rivolse un altro sguardo verso gli altri tavoli: la Donovan, piccola ma spaventosa quando le girava male, stava cacciando dei ragazzini dalla Sala Grande; Nieve Rigos sembrava essersi acquietata, per il momento. Ora Jean poteva tornare alla sua colazione senza altri pensieri.
«Hai finito? Non è proprio il massimo di prima mattina». Una voce sconosciuta e vicina la fece nuovamente voltare verso il tavolo Corvonero. Ce l'aveva col tintinnio del cucchiaino di Megan sulla tazzina. Non avea torto, in effetti, ma la sacralità della colazione di Jean ormai era stata violata e tintinnio più o tintinnio meno non faceva più differenza. Non conosceva quella ragazza, non di persona almeno. Certo, bene o male le era capitato di vedere tutti i Corvi in giro per la Sala Comune quindi il volto non le era sconosciuto, ma non naveva idea di chi fosse. Ci pensò Megan a fare le presentazioni. «Jean, lei è Abigail la mia compagna di stanza». Tale Abigail bofonchiò un "piacere" poco sentito, del tipo "sticazzi". *Megan dorme con questa? Che culo*. Rispose con un cenno del volto e una leggera curvatura dei bordi delle labbra come sorriso, e poi ignorandola del tutto tornò al suo succo d'arancia e pane imburrato.
Sembrava che il silenzio stesse tornando a dominare quel lato del tavolo, quando Megan riprese a parlare. «Che ne pensate di Cravenmoore?» «Cravechecosa?» Jean la guardò un po' confusa. Si voltò a guardare dove i suoi occhioni blu si erano fermati, e capì a chi si stava riferendo. Il bell'ometto che si direzionava verso il tavolo degli insegnanti. Non se l'era mai filato perché non frequentava ancora il suo corso, sempre che poi l'avesse frequentato al terzo anno, ma sapeva che fosse un docente. E sì, i suoi occhi ci vedevano benissimo, per cui aveva notato già che fosse più che caruccio. Per quanto fosse bello, però, si poteva dire che quel docente avesse sia qualcosa di troppo sia qualcosa di meno rispetto ai suoi recenti gusti. E i capelli meno rossi. Megan e la simpaticissima Abigail si stavano beccando a riguardo, mentre Jean scrollò semplicemente le spalle. «Mah, diciamo che i miei occhi non si lamentano se lo guardo» si limitò a dire, voltandosi verso la sua amica. E rimase a gustarsi la scena che le si presentò davanti.
Il Prefetto Serpeverde Draven Shaw era appena passato dietro di loro. Per Jean quel ragazzo rappresentava talmente poco che non se ne sarebbe nemmeno accorta, non fosse stato per le vampate della Caposcuola Corvonero. Voltandosi a guardarla, Megan avrebbe visto nel volto di Jean le sopracciglia sollevate e le labbra incurvate in un sorriso da presa in giro. «Vuoi che ti lanci un Bryus?» Lo disse sottovoce per non far sentire alla sua compagna di stanza, ma comunque non riuscì a trattenere un risolino. La sera della festa nel bosco aveva intuito che Shaw non le fosse indifferente e che la cosa fosse reciproca, ma non aveva voluto approfondire per non risultare invadente, e gli impegni successivi non avevano nemmeno fornito l'occasione per parlarne. Che fosse quella la volta buona? Jean ammiccò più volte all'amica col movimento delle sopracciglia. Ora sì che quella mattina opaca iniziava a essere divertente.


Interazione con la bella Meganella e quel dito in c della sua compagna di stanza. Menzione a Nieve e riferimenti a Draven, Camille e al Guardiacaccia supersexy.

 
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view post Posted on 13/11/2022, 19:13
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entropia.

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w5Lpd6X
chapter one: the first act
Faccio dono a Camille del silenzio e dell’attenzione — due regali preziosi da ricevere da un interlocutore — e mi appassiono al suo racconto, ai suoi gesti, alla nostra estraneità. C’è un non so che di inebriante nelle infinite possibilità che ti offre un rapporto ancora da formare: assenza di pregiudizi, disponibilità all’ascolto e al perdono, curiosità reciproca e desiderio di donarsi all’altro spassionatamente. Non prevedo che accada nulla di tutto questo tra me e Camille Donovan, certo, eppure riesco a sentire distintamente le vibrazioni di ciò che potrebbe accadere, pronte a spalancarsi dinanzi a noi.
Il sorriso che ha raggiunto le mie labbra sottili appassisce nel momento stesso in cui i miei lineamenti riconoscono, non senza una certa sorpresa, Casey e i cambiamenti che sono intervenuti in lui. Una preghiera si leva in me — che scelga un posto lontano, fra tutti quelli disponibili nell’enorme sala — ma, rapida, perisce sotto il peso di una consapevolezza.
So che si fermerà qui, dove mi trovo io, e che non potrò evitarlo.
So che, con lui, si è appena infranta l’illusione di poter ignorare il passato.

UNAlemT
long live the queen
«Bell, illumini il mio mattino» dico in risposta al saluto di Casey, tirando su la maschera di leggerezza e indifferenza che ho deciso di portare. «In realtà, sono abituata proprio a questo genere di benvenuti, che tu ci creda o meno» continuo poi, riprendendo il discorso rimasto in sospeso con Camille e incatenando gli occhi innocenti di lei ai miei. «Non ho mai riscosso molto successo tra le persone. Da bambina perché ero un’orfana sudicia, cresciuta dalla pazza del villaggio. Adesso perché…» Faccio un gesto eloquente per indicare la mia intera figura. A risaltare, nel processo, sono gli occhi di latte e la criniera d'argento, certo, ma anche le cicatrici a raggiera che svettano sul dorso della mano destra. «Be’, penso che non ci sia bisogno di tante spiegazioni!»
La leggerezza con cui ho snocciolato parti sufficientemente crude della mia storia è l’unico motivo capace di stemperare l’altrimenti insopportabile cupezza della conversazione. Thalia mi ha sempre rimproverato e a tratti invidiato questa spassionata innocenza al limite con l’inconsapevolezza di sé — “Solo tu puoi tirare fuori certi argomenti e mettere a disagio una persona perché non si sente a disagio”.
Sto ancora sorridendo, le fossette visibili sulle guance. «Quindi, credimi se ti dico che ci sono andati abbastanza leggeri».
Vorrei aggiungere che non ho intenzione di perdonarli, ma credo che sia giusto non rovinare la sorpresa alla mia nuova, simpatica amica. Camille avrà modo di scoprirlo stasera, almeno per quanto riguarda Matt. L'altra Tassorosso, invece, riceverà un trattamento dilazionato nel tempo sul quale non ho ancora riflettuto.
Il commento di Casey su Cravenmore conduce la mia attenzione altrove, portandola lontano dalla vendetta e destandola in modi completamente nuovi. La definizione scelta dal Caposcuola è troppo precisa per non demarcare un’avversione mirata. Mi domando cosa sia accaduto e, soprattutto, con chi.
La deduzione immediatamente successiva è che Lucien abbia già sedotto altre studentesse, anche se, in tutta onestà, non sarebbe corretto attribuirmi il ruolo della vittima nel nostro incontro. Con o senza sostanze stupefacenti, vorrei fare a Cravenmore — e vorrei che lui facesse a me — tutto quello che è accaduto entro i confini di Villa dei Gigli e anche di più.
«C’è qualcosa che devo sapere sul professor Cravenmore?» chiedo con studiata curiosità, mentre prendo posto accanto a Casey e faccio segno a Camille di sedere con noi. «Sei mia ospite, se ti fa piacere» la invito, accompagnando le parole con un gesto della mano che la vuole accomodata al mio fianco. «Ha la cattedra di Cura delle Creature Magiche, giusto? Quando c'ero io era solo il guardiacaccia» dico a entrambe, facendo notare la mia scarsa preparazione in materia.

Uno strano compiacimento serpeggia nei meandri del mio io, giocando a tirare le fila delle mie relazioni. Dove la verità e dove la finzione?

I am being perfectly f u c k i n g civil


Edited by ~ Nieve Rigos - 25/11/2022, 13:23
 
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