Provava sconforto nella consapevolezza di averlo sottovalutato e si vergognava sapendo di averlo deluso in modi che, all'epoca della loro separazione, non aveva potuto ritenere possibili. Sapeva anche di non potersi dare tutta la colpa, che le risposte non potevano nascere senza una domanda e che, dopotutto, erano stati soltanto dei ragazzini ingenui ed orgogliosi, pronti a cancellare quei sentimenti ancora così presenti.
Poteva riconoscere distintamente e consapevolmente le ragioni per cui aveva provato per Lucas un sentimento improvviso e contro ogni logica razionale e non percepiva quel sentimento come meno vero o poco importante per la sua natura effimera; si era sentita compresa perché quella difficoltà a camminare lungo una strada sicura e fedele alle sue idee era via via diventata sempre maggiore. Accompagnarsi a Scott le era sembrata la scelta più ovvia e la più efficace per continuare a sopravvivere, senza accettare davvero chi, in fondo, stesse diventando.
Lucas, però, non era Mike.
Non lo era per tante ragioni, ma provare a sovrapporre le due figure tra di loro, come stava assurdamente tentando di fare, era inutile e ingiusto.
Non poteva cercare perdono e comprensione continuando a fingere di aver fatto la cosa giusta solo per giustificare la sua immaturità. Si era creduta pronta ad affrontare un problema enorme convinta di avere le spalle abbastanza larghe a sostenere il peso delle scelte proprie e altrui; ora, sotto lo sguardo di Mike, si rendeva conto di quanto fosse fragile e sottile la linea che la separava dal crollo definitivo di ogni sua certezza.
Adagiò completamente la schiena lungo il tronco che la sosteneva, gli occhi rivolti alle fronde sopra le loro teste come a cercare una risposta là dove non poteva esistere. Tratteneva a stento il respiro affannoso di chi sia alla soglia del pianto, uno sfogo misero in confronto a quanto sarebbe potuto essere se solo le circostanze fossero state diverse; l'aria di festa e di trasgressione dalle regole sembrava lontana anni luce da quell'angolo in cui si erano rintanati per confessare le rispettive colpe, le mancanze e il bisogno di orbitare l'uno nello spazio dell'altra. Costringersi a resistere a quella spinta naturale a lasciarsi andare alle emozioni, quelle stesse sensazioni che la pervadevano e si ostinava a soffocare, era un supplizio che non voleva più assecondare.
Riabbassò lo sguardo, colpevole solamente di aver affogato il proprio sentire là dove non avrebbe potuto percepirlo neanche se avesse voluto. Sulla soglia di un malessere pronto ad esplodere con forza, Thalia sapeva di non poter evitare quanto sarebbe accaduto di lì a breve: Mike poteva mostrarsi comprensivo, ma quanto sarebbe stato disposto ad accettare di quella storia senza riferimenti chiari? Pareva essere lui, ora, a leggerle il pensiero in un'inversione di ruoli inaspettata: le sue prime parole gridavano convinzione e accettazione, ma la paura di disattendere le sue aspettative aveva su di lei l'impatto e la forza di acqua gelida gettata contro all'improvviso. Combatteva adesso contro l'illusione che lui le proponeva, quella di conoscerla davvero nel profondo, e la verità che ancora gli taceva; eppure non poteva fare a meno di lasciarsi andare a quel contatto mai divenuto sconosciuto per davvero. Assecondò quel movimento che l'attraeva verso di lui con una leggerezza tale da sembrare la perfetta conclusione, ad occhio esterno, di quanto non era accaduto nello spazio dei pochi attimi precedenti, prima che Eloise li interrompesse.
Per quanto desiderasse appoggiarsi a lui e farsi sostenere, fisicamente e metaforicamente, voleva anche opporsi con tutte le forze a quel bisogno viscerale di averlo accanto come un tempo. Le sembrava stupido vanificare la sofferenza di quell'ultimo anno, quando i loro sguardi si rifuggivano nei corridoi e il nome dell'uno non sfiorava le labbra dell'altra.
«
S-so che credi sia così…» sussurrò incerta, inspirando a fondo la fredda aria primaverile della sera e il
suo profumo. Averlo lì accanto, in quel modo, ancora le sembrava impossibile. La colpì quella realizzazione, come se la memoria si fosse all'improvviso risvegliata al passo con i sentimenti. Avrebbe voluto rannicchiarsi tra quelle braccia che parevano volerla accogliere senza tuttavia forzare i suoi tempi.
Si sentì ancora più colpevole nel realizzare quanto fosse stata meschina nei suoi confronti e di quanto lo avesse spinto, non del tutto ma in buona parte, ad odiarla e a dimenticarla - o almeno a provarci.
«
Vorrei dirti di più, ma non credo che… che sia il momento adatto.»
Guardandosi attorno avrebbe capito anche lui che quello non fosse il luogo e il tempo, ora lo comprendeva anche lei e forse per questo Mike stesso aveva inizialmente reagito con quell'espressione dubbiosa che tante volte in passato aveva visto originarsi sul suo viso. Non voleva nemmeno, però, rinunciare al contatto della sua mano, il palmo tiepido sulla pelle fredda della guancia; voleva che quel momento non finisse così com'era iniziato - in virtù delle circostanze e della casualità -, ma che si protraesse per un po', nello spazio di qualche istante, sufficiente a scacciare la nostalgia di quel rapporto andato perduto.
«
Vorrei… vorrei che fosse più semplice.» ammise, stanca di cercare di avere una forza che da tempo l’aveva abbandonata. Era come se tutto l’universo le stesse ricordando quanto andava perdendo, giorno dopo giorno, per una lotta che non aveva scelto e che - al contrario - le era capitata tra capo e collo. Provava ad immaginare, allo stesso tempo, l’idea che lui si era fatto da quelle poche parole e spiegazioni, ma non ci riusciva. Aveva violato la mente di Primrose Moran per necessità, questione di vita o morte, ma non avrebbe mai fatto a Mike ciò che lei aveva fatto alla prozia. Il solo ricordo di quelle urla bastava per scaturire un brivido profondo, capace di scuoterla tutta.
Inclinò il capo verso quella mano, ancora protesa a sfiorarle il viso, e una smorfia di imbarazzo le increspò le labbra, mentre una risatina - tra l’amaro e il divertito - rompeva il silenzio calato tra loro. Le mani cinte dietro la schiena premevano sulla corteccia dura, uno stimolo sensoriale sufficiente a mantenerla nel presente, affinché non scivolasse di nuovo con la mente alle memorie dei tempi andati, a quando quegli occhi sembravano accarezzarla in ogni momento e l’espressione seria mutava in un sorriso tenero. Poco prima che un bacio leggero chiudesse la distanza tra loro per un secondo. Se li ricordava bene quei momenti e non aveva dimenticato la ruga di preoccupazione che si formava sulla fronte del Serpeverde ogni volta che lei, imperterrita, turbava la sua quiete. Adesso quella ruga era tornata, un’espressione che mai avrebbe voluto riportare su quella fronte parzialmente nascosta da un ciuffo di capelli castani.
Fu l’istinto ad agire per lei, portandola a liberare la mano destra e a sollevare il velo sulla fronte:
eccola lì, si disse, sfiorandola con le dita,
la cicatrice di tutti i miei guai.
«
Speravo fosse sparita.» mormorò allora, lasciando che i capelli gliela oscurassero nuovamente alla vista «
Basta poco per tornare alle vecchie abitudini, non è vero?»
Quanta verità si celava dietro quelle parole… e quanta aspettativa in una risposta che non aveva saputo di volere.