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| Sometimes we fall downbecause there is something down therewe're supposed to find.
Chiuse gli occhi. Aveva percepito il cuore crollare dentro la gabbia toracica. Una fragile tazzina di porcellana spinta giù da un tavolo che si frantumava in mille pezzi. Nessuna colla, nessun Reparo, nessun maleficio sarebbe stato in grado di riassemblarlo. Era giusto così, in fondo. Casey aveva fatto i conti con tutto nei mesi passati. L'odio e la rabbia erano stati il suo carburante, leghe di uno scudo spesso in grado di proteggerla dal fuoco ch'ella stessa aveva attizzato. Erano ancora lì, a farle da pietra focaia nel petto, e li sentiva inseguirsi come cani randagi pronti a sbranarsi a vicenda. Però era stanca. Era tremendamente stanca. Si lasciò attraversare da quelle parole, fantasmi di momenti che trovarono la morte nel suo stesso odio. Perché davvero la odiava. Odiava Megan con tutta se stessa perché non aveva la minima intenzione di sedersi al suo fianco e di svelare piano piano quanto tutto, in quegli anni passati insieme, fosse stato per lei complicato. La odiava perché sapeva fosse abbastanza intelligente da poter comprendere. Solo non aveva intenzione di andare oltre la sua umiliazione.
La sigaretta dentro il pacchetto era rimasta intatta. Si era detta che avrebbe sigillato la sua ultima decisione, tanto procrastinata dal desiderio, dalla speranza di poter lasciarsi baciare ancora dalla nostalgia del ricordo di un qualcosa mai avvenuto. Una luce che era divenuta sempre più fioca fino a spegnersi sui volti delle persone che amava.
«[...] Fai i conti con i tuoi silenzi ora che è troppo tardi per tutto, questo lo hai voluto solo tu.»
Alzò gli occhi, finalmente. Dalla sigaretta solitaria alla ragazza. Ripercorrendo le trame del vestito, dal tessuto orlato della gonna ai fili ornati di gemme che piovevano sul petto fino alla vita. Le spalle lisce, il collo teso, l'ombra della mascella e del mento. Esitò prima di salire ancora più in alto, consapevole di ciò che non avrebbe visto. Invece, schiudendo le labbra secche, sorprese un fiore rosso sangue nascere dal totale oblio, i contorni curvilinei riprendere dominio sul volto scavato dal suo odio. Il blu affiorò dal bianco pallido e si contornò di lunghe ciglia nere, tremule per l'emozione. Non si oppose alla lacrima che le scese lungo la guancia, forse l'unica che Megan avesse mai visto della sua perenne tristezza. A un tratto la rassegnazione al lutto di quel rapporto si era congiunta all'estasi di poterla vedere di nuovo. Rimase nel più totale silenzio per un paio di minuti, fissandola.
«Mi dispiace che tu ci sia andata di mezzo» sussurrò a un tratto. Prese il pacchetto e ne estrasse la sigaretta, uscendo improvvisamente dall'immobilità. «Ho sempre voluto essere perfetta per te, pensando di farmi volere almeno bene e di non schiacciarti con la mia pesantezza. Avevi ben altro che ti schiacciava. Tanto che, a quanto pare, persino un fulmine mi ha colpita e non te n'è fregato niente. Una semplice questione di priorità.» Accese la sigaretta e la bocca si contorse in una smorfia di disgusto al pensiero del reale passato. «Ma ora so che non potrò mai cambiare, nemmeno per te. Anche se volessi.» Guardò la prima cenere formatasi sulla punta del tizzone, poi ancora Megan. «Io sono questo schifo, e non ho più intenzione di mascherarlo per nessuno.» Tirò un'altra boccata e il fumo le riempì i polmoni. Lo buttò fuori, e guardò la sigaretta contemplando la decisione ormai presa. «O con me, o contro di me, Megan» disse. «Mi sembra che tu abbia già inforcato la tua strada da tempo, quindi se hai un minimo di buon cuore lasciami da sola e non parliamoci mai più. Non sono più il tuo cagnolino.» Ebbe una fitta allo stomaco e un'altra lacrima sgorgò impunemente. Alla fine, si era sempre più convinta che tentare di venirsi incontro in quel rapporto aveva avuto lo stesso effetto di continuare a chiamare e a richiamare l'attenzione di un morto sdraiato sul suo capezzale. Era giunto il momento di seppellirlo, ora che finalmente era riuscita a dargli un volto.
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