Chapter 38, MDA - 1971, Privata.

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view post Posted on 2/10/2022, 20:02
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Presa in pieno.
Il colpo alla spalla la costringe a voltarsi verso il suo assalitore. Sguardo truce, una ciocca a coprirle perfettamente la riga del naso cosparso da efelidi.
Alza appena il mento, fiera, mentre inquadra il colpevole che, animato da un briciolo di ragione, le chiede scusa.
Non se n’è nemmeno accorto, dice, sta facendo tardi per la lezione e lei era proprio in mezzo al corridoio.
Perdonami, incalza lei, la prossima volta camminerò sui muri; aggiunge un inchino altezzoso, a mo’ di burla e scuote la testa; si promette di ricordarsi di quella cravatta giallo-nera e dello stemma di Tosca impresso sul maglioncino di fine estate dell’idiota. Passa oltre ma l’umore, già rovinato da un brutto risveglio, è peggiorato e sa che la lezione di Divinazione non l’aiuterà in questo; anzi. Brior le da’ una mano, per carità, ma non riesce a sostenere la sua presenza, così come quella di qualsiasi altra persona abbia avuto l’ardire di conoscere. Hogwarts le sta stretta al pari della gente che l'abitano e aver dovuto passare più di un’estate tra quelle mura, ha reso quel posto meno sopportabile di quanto potesse già esserlo a qualsiasi studente agli ultimi anni.
Se ne andrà però, si ripete mentre cammina nella direzione opposta rispetto alla folla, e dovrà farlo alla svelta.

Avrebbe compiuto il tragitto per arrivare ad Hogmeade passando per lo più inosservata. Non è più Caposcuola, non può più permettersi di giovare di alcuni privilegi che la carica le concedeva ma ha ancora la furbizia dalla sua; un’alunna di una certa data, dopotutto, saprà come svignarsela, no?
Un ragazzo la ferma, nel cortile. Fanno divinazione insieme? Una faccia così brutta l’avrebbe ricordata eppure il nulla sovviene quando le dice, imbronciato, che è strano non conosca il suo nome. Fa spallucce, ha altro da fare e forse l’espressione sul volto lo suggerisce. Lo studente aggiunge che la lezione sta iniziando ma Emily la salterà, pare che un primino sia scappato nel villaggio vicino, chissàcome, e il Caposcuola Serpeverde le ha chiesto una mano.
Povero Mike, se solo sapesse quante volte ha usato il suo nome - sicuramente più di quante gli avesse rivolto la parola negli ultimi due anni.

Hogsmeade è asfissiante come la ricorda ma non c’è più l'insopportabile caldo estivo a far brillare i comignoli inutili e a riscaldare la pietra dei sentieri al punto che sembra di star camminando a piedi nudi tra le vie di Plymouth.
Le case a punta sono tutte identiche mente i balconcini, quelli che sembrano restare incollati alle mura sfidando la forza di gravità, si susseguono sbilenchi, accesi o slavati, facendo probabilmente a gara a chi si frantumerà per primo al suolo.
Mani in tasca, Emily passeggia saltando i grossi massi incastonati a terra, deviando tra i vani muretti installati per dividere la folla - ora - inesistente.
All’apice dell’insofferenza che, ad un certo punto, colpisce ogni nullafacente, quasi rammaricata di aver saltato la lezione di Noiologia, la sua attenzione viene attratta da alcune grida.
Non è difficile raggiungere la piccola piazza che si è creata ma nel farlo, smette di avanzare e si guarda intorno, come a voler essere sicura che anche altri stiano vedendo quello che vede lei.
« P R O T E G G E R E. N O N S N I F F A R E »
« Ma che ca— »
Dei cartelloni si librano nell’aria, recitano tutti le stesse cose, cambiano il tempo verbale certo ma il succo pare lo stesso. Se quella è una manifestazione, dovrebbero fare di più per farsi capire perché, benché si sforzi, Emily non riesce a comprendere che diamine vogliano.
Volge lo sguardo verso un punto preciso, sembra che un paio stiano litigando. Un tizio le cammina accanto e la Serpeverde non può fare a meno di avanzare di qualche passo: l'ha notata e vuole avvicinarla. Ha gli occhi spalancati, non batte ciglio e la fissa in modo inquietante.
Sa che se avanza può finire direttamente nella tranello del Diavolo; butta un occhio un po' più in là, dal miscuglio danzante di persone vestite a caso, si librano altre addobbate con improbabili abiti di... fata?
Lo sconosciuto allora, approfittando di quell’attimo di incredula distrazione, fa dei veloci passetti in avanti e le schiaffa sotto al naso un volantino. Emily non ha intenzione di chiedersi cosa possa fare qualora si rifiutasse e allora allunga la mano incerta, lo prende e spera che, così facendo, riesca a toglierselo dai boccini.
La lite l’ha incuriosita però e prima di incamminarsi, accerchiando il marasma come un felino con la sua preda, getta uno sguardo al volantino spiegazzato che regge ancora in mano.
Era una fata quella?
 
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view post Posted on 3/10/2022, 23:55
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entropia.

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Non è colpa mia se soffro di deficit dell’attenzione. Non che io mi stia diagnosticando una patologia. È solo che oggettivamente non riesco a concentrarmi, né a stare ferma, né a pensare di seguire un’altra lezione in un’ennesima stanza angusta senza perdere la testa.
È difficile tornare nel mondo reale dopo un anno e mezzo di estraniamento. È complicato abituarsi al rispetto delle regole e fingere di essere come gli altri, soprattutto quando sai che è una bugia. Non basterebbe tutto l’impegno del mondo per rendermi uguale alla mia compagna di banco o al fanciulletto che si sistema il cravattino per fare bella figura con la sua crush del momento.
È su questo che rifletto, mentre svicolo fuori dalle mura del castello con leggerezza, nascondendomi ora dietro una statua ora dietro un muretto. Nelle orecchie, suona un motivetto allegro delle Sorelle Stravagarie. Nel mio corpo, l’essenza liquida della felicità sotto forma di un intruglio che ho da poco scoperto e che a d o r o uo-oh-oh-oh-oh.

Quando raggiungo Hogsmeade, lo faccio a passo di danza con la cravatta allentata e i primi bottoni della camicia aperti sul petto. Mi mancano un paio di occhiali da sole e una giacca di pelle per darmi quell’aspetto rock che mi renderebbe cool abbastanza da farmi somigliare alle tipe da copertina — o così mi piace pensare. Mi scappa una risata di cuore nel saggiare la frivolezza di questo pensiero e mi do della sciocca.
È così bello non essere circondata dalla fiumana di gente pronta a giudicarmi e a bisbigliare ad ogni mia mossa. Alcuni si aspettano che crolli, altri che esploda. Non hanno capito che non sarà il Caso a determinare quando avverrà. Sarò io a sceglierlo, se per vendetta o per capriccio o semplicemente per noia ancora non l’ho deciso.
Una bancarella dall’aspetto super colorato attira la mia attenzione. Ho la boccuccia che modula un’espressione di pura sorpresa — un “oh!” trasognato — e gli occhi dilatati che passano da una parte all’altra del campanello di manifestanti muniti di ali.
Quelle sono fatine, ho il tempo di pensare con una nota di adorazione, prima di essere raggiunta da uno dei più feroci sostenitori della causa.
«Salve, signorina! Lo sa che ogni anno più di 150 fate rischiano la vita per usi stupefacenti?»
È talmente vicino che riesco a sentirlo oltre la musica nelle orecchie. Spengo l’aggeggio d’invenzione del nonno e lo ripongo nella tracolla.
«Certo che le so! La loro polvere è buonissima» rispondo con genuino trasporto, intenzionata a portare avanti la conversazione, senza rendermi conto dell’impatto che le mie parole possono avere sul mio interlocutore. Infatti, l’arringa che quello aveva preparato rimane bloccata a metà strada tra la sua gola e il suo cervello, sicché sono io a incalzarlo. «È di ottima qualità. C’è gente che vende della robaccia, spacciandola — rido, a questo punto, divertita dal doppio senso involontario celato nella mia scelta di parole — per merce di qualità. Ma poche cose sono buone come la polvere di fata in purezza!»
«MA COSA STA DICENDO?!»
Il discorso dev’essersi liberato dall’incastro ed essergli uscito tutto d’un fiato, perché l’urlo stridulo che lo sconosciuto ha appena riprodotto non ricorda affatto la voce con cui mi ha parlato pochi istanti fa. Non so se la sua mente abbia messo insieme i pezzi, ragionando sul fatto che sono una ragazzina che frequenta palesemente ancora la scuola e che sto apertamente parlando del consumo di droghe come altri miei coetanei parlano delle Gelatine Tutti i Gusti +1. In ogni caso, sta sbroccando malissimo.
«L-Lo dice anche il volantino: le fate non si sniffano. V-vanno protette» arringa, battendo le palpebre come in preda alla più grande costernazione.
In qualche modo, mi dico, devo averlo rotto.
«E che cazzo vuol dire?» obietto, ovviamente. «Scusi, se un volantino le dicesse di mangiare i bambini, lei mangerebbe i bambini?» L’argomentazione è forte — forse troppo per l’emotività già provata del mio interlocutore —, ma è evidente che non sto andando per il sottile in questa fase della mia vita. E, ad ogni modo, ho centrato il punto. «Dove sta scritto che si fa tutto quello che dicono i volantini?» lo incalzo. «Ora, le faccio io una domanda. Lei ha mai provato la polvere di fata?» chiedo con con le mani sui fianchi e l’atteggiamento inquisitorio (ma sicuramente non il contegno) di un membro del Wizengamot.
Intanto, alcuni altri manifestanti si sono avvicinati con fare circospetto e sembrano in agguato, pronti a intervenire per prendere le difese dell’amico messo in difficoltà. Solo, non hanno ancora colto abbastanza dettagli della conversazione per poter compiere la mossa definitiva. Per quel che mi riguarda, ho intenzione di mangiarmeli tutti quanti senza lasciarne neppure le ossa. Altro che bambini! E non avrò bisogno neppure del permesso di un volantino!
Il mio interlocutore, nel frattempo, ha risposto negativamente alla mia domanda. «E allora mi spiega come fa a sapere che la polvere di fata non fa per lei, se non l’ha mai provata?»
Compio un balzo verso l’alto in direzione di una creaturina alata, che fa l’errore di passare a poca distanza dalle nostre teste, e sono sul punto di afferrarla quando un intervento magico me lo impedisce. Il mio gesto nasce dall’esigenza di dimostrare la mia tesi. Vorrei mettere la persona che mi fronteggia, e se necessario gli astanti, di fronte all’evidenza del loro errore: non solo la polvere di fata si può sniffare ma è anche dannatamente buona.
È proprio il mio gesto, tuttavia, ad aprire le danze e a far sì che si scateni il delirio tutto intorno a me.

“È sfruttamento!”
“Ragazzina drogata! Come ti ha cresciuta tua madre?!”
“È questo che insegnano a Hogwarts?!”
“Le fate sono creature preziose e la loro polvere va usata per scopi nobili.”
“Convertiti al Fatesimo!”

Forse, non avrei dovuto espormi così tanto se speravo che la mia gitarella passasse inosservata.


Edited by ~ Nieve Rigos - 5/3/2023, 20:51
 
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view post Posted on 28/12/2022, 12:53
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E' ormai troppo vicina per fingere di non aver visto o sentito. Sa che non è compito suo immischiarsi, però, e per un momento resta vagamente alle spalle del litigio. Inizialmente sembra solo un accesso scambio di opinioni quindi Emily può starsene beatamente in disparte a godersi lo spettacolo pur consapevole del fatto che, il climax a cui sta assistendo, non promette nulla di buono. Fa un leggero passo avanti... « Ora, le faccio io una domanda. Lei ha mai provato la polvere di fata? »
Alza gli occhi al cielo, inspira profondamente. Di spalle non riconosce l'ex Prefetto Grifondoro ma da' per scontato che sia uno studente di Hogwarts trattandosi di una giovane al centro di Hogsmeade. Magari qualcuno che, come lei, ha pensato bene di fare una passeggiata e saltare le lezioni. La ragazza, tuttavia e al contrario suo, aveva optato per una mattinata tutt'altro che tranquilla.
Quando l'armata dei sostenitori inizia a stringersi intorno ai due, Emily non può fare a meno di avvicinarsi oltremodo. La Grifondoro se la sta certamente andando a cercare ma tanti contro uno non fa onore agli isterici sostenitori delle Fate.
« E allora mi spiega come fa a sapere che la polvere di fata non fa per lei, se non l’ha mai provata? »
Il tono utilizzato per terminare la questione retorica anticipa il balzo ed Emily leva la bacchetta istintivamente come a voler impedire ad un Cercatore di afferrare il proprio boccino. Checché la Serpeverde apprezzi la volontà altrui di dimostrare empiricamente le proprie tesi, si rende conto che il gesto della sconosciuta potrebbe essere effettivamente troppo. Nessuno si accorge del suo colpo, per fortuna, troppo presi da quello che sta - o non sta - per succedere.
Deformazione da ex Caposcuola? Può darsi ma sente che deve rispondere all'istinto di preservare gli studenti di Hogwarts e ancor più se stessa. Dovesse prendere piede uno scandalo con tanto d'intervento da parte delle autorità, dubita basterà darsi alla fuga. Hogsmeade è piccola e la sua assenza a lezione non passerà certamente inosservata quando si parlerà di coinvolgimento da parte degli studenti della Scuola in una zuffa sull'uso di polvere stupefacente.
« Che palle » mormora e con passo svelto affianca la Grifondoro al punto che le loro camicie si sfiorano lasciando che il tessuto e le cravatte - entrambe slacciate - svelino una presumibile comunanza di ideali.
« Ah! Eccone un'altra! »
Quando andavo io, ad Hogwarts, mi insegnavano a rispettare tutte le Creature!
Eh, gli studenti di oggi non hanno rispetto!
Cosa fareste, voi, se foste delle Fate?

« Oddio che orrore, sia mai! » si sente rispondere impulsivamente; nella voce c'è più ironia di quanto avrebbe voluto dare a vedere ma deve ammettere che quella situazione ha un che di ridicolo - e potenzialmente pericoloso - che la diverte.
Gli astanti, ormai radunatisi a cerchio sempre più asfissiante intorno a loro, arretrano all'unisono con un'esclamazione sconvolta, "OHHHH!".
Evidentemente tutti loro sognavano essere delle fate ed Emily aveva appena sputato sui loro più reconditi desideri. Se avessero sniffato un po' di polvere, avrebbe voluto dire, avrebbero tecnicamente e temporaneamente potuto ottenere quanto aspirato.
« Direi che è il caso di-- », non fa in tempo a terminare la frase che un grosso omone vestito di tulle e diamanti in volto si fa spazio spingendosi nel cerchio dell'infamia.
« --- Andare » e fa un passo indietro mentre lui, al contempo, avanza in loro direzione.
Non è spaventata dalla sua stazza ma vorrebbe davvero evitare di finire nell'Ufficio di Peverell a spiegare perché ha saltato Divinazione finendo a sostenere l'utilizzo di sostanze magiche stupefacenti.
Sono delle drogate!
Vanno salvate da loro stesse!
Vanno salvate le Fate!

« Qualcuno le fermi e chiami gli Antimago!»
« Addirittura »
Constata e l'istinto agisce ancor prima che il gigante fatato finisca di coprirle con la sua titanica ombra volteggiante: Emily prende Nieve - che data la vicinanza ha ormai riconosciuto - per un braccio e la tira indietro senza troppo disturbo, la bacchetta nella sinistra già puntata verso la direzione verso cui fuggire e che, presumibilmente, avrebbe aperto loro un varco tra la folla.
Comunque meglio della lezione di Divinazione.
 
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view post Posted on 5/3/2023, 21:31
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entropia.

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Il mio sangue, più che freddo, è marmoreo. È come se avesse deciso di condensarsi e, piano piano, diventare solido invece che continuare a scorrere nelle vene. Invero, non lo sento pompare mentre la folla si raduna attorno a me, né percepisco il pericolo che una possibile denuncia arrivi alle orecchie del Preside. Se mai l’eventualità mi venisse rappresentata, credo che penserei “ma Peverell non ha di meglio da fare che preoccuparsi se una volta tanto marino una lezione o due con tutto quello che succede nel mondo magico?”. E probabilmente glielo direi anche, nel caso in cui qualcuno avesse la malaugurata idea di condurmi nel suo studio.
C’è un grande, salvifico ostacolo che si frappone tra me e uno scenario simile, però. Ha una figura slanciata, lunghi capelli color fiamma, il volto cosparso di efelidi e i colori della cravatta dissimili dai miei. Anche i modi lo sono —alla mia insubordinata inopportunità, lei risponde con una più contenuta ostilità—, eppure le intenzioni ci accomunano. Emily Rose, in carne ossa e bacchetta, è a un palmo dal mio naso al centro del caos.
Per la frazione di un attimo, mi fermo a osservarla. Non so nulla di lei, se non che è stata Caposcuola, che appartiene ai Serpeverde e che gioca a Quidditch. Il resto si perde nel chiacchiericcio dei corridoi cui io mi rifiuto di dare ascolto. Ci sono troppe voci che girano su di me, una matassa di menzogne dove le verità vengono sapientemente distorte per il divertimento delle bocche che amano nutrirsene —il bandolo perduto in un bugigattolo polveroso e chiuso a doppio giro di chiave. Quindi, offro lo stesso servizio alle dicerie che riguardano gli altri.
«Benvenuta nel Caos Rigos» le dico, accennando un inchino con il capo e facendole dono di un ghigno. «Qui da noi, si fa presto a diventare la peggior specie di esseri viventi che si sia mai vista. Si goda il viaggio!»
Mi volto appena in tempo per gustarmi la vista di un bon-bon umano acconciato con diamanti e un vestito di tulle. Subito, non riesco a non pensare che starebbe benissimo con delle punte da ballerina classica rosa antico e delle calze bianche; e mi vien così voglia di danzare con lui per la piazza di Hogsmeade che soltanto la presa di Emily sul mio braccio riesce a dissuadermi dal compiere un passo nella direzione sbagliata —che per me è così giusta.
Scuoto la testa per scacciare la brama di diamanti e polvere di fata che consuma il mio cervello e provo a dar retta all’indicazione della Serpeverde. So che vuole salvare entrambe, ma così facendo ci sta allontanando dal divertimento e credo che nemmeno se ne renda conto.
«Sei un fatone bellissimo e ti amo» confesso i miei sentimenti con gli occhi bianchi traboccanti di un sentimento che non saprei descrivere altrimenti se non con la parola idolatria.
Poi, libero il braccio, intreccio le mie dita a quelle di Emily e mi lancio in avanti in una corsa sfrenata per i vicoli di Hogsmeade. Vorrei dire che ho idea di dove sto andando, che sto seguendo un percorso alla ricerca di un nascondiglio, ma non è così. Semplicemente, adesso ho trovato piacere nella carezza del vento sulla pelle del viso, tra i capelli, nella curva del collo, e nell’insenatura dei seni lasciata appena scoperta dai bottoni aperti della camicia bianca.
Mentre le gambe rincorrono un godimento effimero e trascino con me la mia improvvisata compagna di avventure, oltrepasso i confini del villaggio e mi lancio in direzione della foresta. Qui, rifletto, ogni cosa perde razionalità e il caos mi permette di essere selvatica, disinibita, liberà. Salto un albero caduto con agilità, infine mi fermo nelle sue prossimità perché i polmoni chiedono aria e il mio fisico è debilitato dall’incuria di due lunghi anni. Mi lascio cadere sul muschio che ricopre il pavimento —i capelli bianchi sparsi sul pavimento come una ragnatela— e guardo in alto verso le fronde fitte degli alberi.
«Speriamo che il giro sia stato di vostro gradimento, milady» dico con voce affannata.

Quaggiù, le regole le facciamo noi.
 
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