Presa in pieno.
Il colpo alla spalla la costringe a voltarsi verso il suo assalitore. Sguardo truce, una ciocca a coprirle perfettamente la riga del naso cosparso da efelidi.
Alza appena il mento, fiera, mentre inquadra il colpevole che, animato da un briciolo di ragione, le chiede scusa.
Non se n’è nemmeno accorto, dice, sta facendo tardi per la lezione e lei era proprio in mezzo al corridoio.
Perdonami, incalza lei,
la prossima volta camminerò sui muri; aggiunge un inchino altezzoso, a mo’ di burla e scuote la testa; si promette di ricordarsi di quella cravatta giallo-nera e dello stemma di Tosca impresso sul maglioncino di fine estate dell’idiota. Passa oltre ma l’umore, già rovinato da un brutto risveglio, è peggiorato e sa che la lezione di Divinazione non l’aiuterà in questo; anzi. Brior le da’ una mano, per carità, ma non riesce a sostenere la sua presenza, così come quella di qualsiasi altra persona abbia avuto l’ardire di conoscere. Hogwarts le sta stretta al pari della gente che l'abitano e aver dovuto passare più di un’estate tra quelle mura, ha reso quel posto meno sopportabile di quanto potesse già esserlo a qualsiasi studente agli ultimi anni.
Se ne andrà però, si ripete mentre cammina nella direzione opposta rispetto alla folla, e dovrà farlo alla svelta.
Avrebbe compiuto il tragitto per arrivare ad Hogmeade passando per lo più inosservata. Non è più Caposcuola, non può più permettersi di giovare di alcuni privilegi che la carica le concedeva ma ha ancora la furbizia dalla sua; un’alunna di una certa data, dopotutto, saprà come svignarsela, no?
Un ragazzo la ferma, nel cortile. Fanno divinazione insieme? Una faccia così brutta l’avrebbe ricordata eppure il nulla sovviene quando le dice, imbronciato, che è strano non conosca il suo nome. Fa spallucce, ha altro da fare e forse l’espressione sul volto lo suggerisce. Lo studente aggiunge che la lezione sta iniziando ma Emily la salterà, pare che un primino sia scappato nel villaggio vicino,
chissàcome, e il Caposcuola Serpeverde le ha chiesto una mano.
Povero Mike, se solo sapesse quante volte ha usato il suo nome - sicuramente più di quante gli avesse rivolto la parola negli ultimi due anni.
Hogsmeade è asfissiante come la ricorda ma non c’è più l'insopportabile caldo estivo a far brillare i comignoli inutili e a riscaldare la pietra dei sentieri al punto che sembra di star camminando a piedi nudi tra le vie di Plymouth.
Le case a punta sono tutte identiche mente i balconcini, quelli che sembrano restare incollati alle mura sfidando la forza di gravità, si susseguono sbilenchi, accesi o slavati, facendo probabilmente a gara a chi si frantumerà per primo al suolo.
Mani in tasca, Emily passeggia saltando i grossi massi incastonati a terra, deviando tra i vani muretti installati per dividere la folla - ora - inesistente.
All’apice dell’insofferenza che, ad un certo punto, colpisce ogni nullafacente, quasi rammaricata di aver saltato la lezione di Noiologia, la sua attenzione viene attratta da alcune grida.
Non è difficile raggiungere la piccola piazza che si è creata ma nel farlo, smette di avanzare e si guarda intorno, come a voler essere sicura che anche altri stiano vedendo quello che vede lei.
« P R O T E G G E R E. N O N S N I F F A R E »« Ma che ca— »Dei cartelloni si librano nell’aria, recitano tutti le stesse cose, cambiano il tempo verbale certo ma il succo pare lo stesso. Se quella è una manifestazione, dovrebbero fare di più per farsi capire perché, benché si sforzi, Emily non riesce a comprendere che diamine vogliano.
Volge lo sguardo verso un punto preciso, sembra che un paio stiano litigando. Un tizio le cammina accanto e la Serpeverde non può fare a meno di avanzare di qualche passo: l'ha notata e vuole avvicinarla. Ha gli occhi spalancati, non batte ciglio e la fissa in modo inquietante.
Sa che se avanza può finire direttamente nella tranello del Diavolo; butta un occhio un po' più in là, dal miscuglio danzante di persone vestite a caso, si librano altre addobbate con improbabili abiti di... fata?
Lo sconosciuto allora, approfittando di quell’attimo di incredula distrazione, fa dei veloci passetti in avanti e le schiaffa sotto al naso un volantino. Emily non ha intenzione di chiedersi cosa possa fare qualora si rifiutasse e allora allunga la mano incerta, lo prende e spera che, così facendo, riesca a toglierselo dai boccini.
La lite l’ha incuriosita però e prima di incamminarsi, accerchiando il marasma come un felino con la sua preda, getta uno sguardo al volantino spiegazzato che regge ancora in mano.
Era una fata quella?