Nero su bianco, Sulle scale che portano al terzo piano

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Edmund Artemis Knight
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Qualunque cosa Edmund avesse pensato dopo le ultime parole di Draven, al termine del loro singolare primo incontro in biblioteca, non lo diede mai a vedere, né in quel momento né successivamente; nessuna emozione lasciò trasparisse all'esterno e abbandonasse quel luogo profondo dell'animo dove sorgono emozioni, sentimenti e suggestioni.
Seduto al tavolo tra gli scaffali colmi di libri, era rimasto immobile per tutto il tempo che l'interlocutore aveva proferito parola, gli occhi erano rimasti fissi sul Serpeverde, le labbra leggermente socchiuse e i tratti somatici improvvisamente irrigiditi in un'espressione vuota e totalmente inespressiva. Nessun cenno di assenso seguì alle parole, né tantomeno alcun sorriso di circostanza. L'offerta di Draven venne recepita ma quegli avrebbe potuto dire qualunque cosa, financo essere rimasto in silenzio, e la reazione del Corvonero non sarebbe stata affatto diversa. Qualunque cosa la mente recepì di quella proposta, il ragazzino rimase un immobile astante; Edmund si limitò ad assistere a quella scena impassibile, forzandosi a mantenere una maschera che impedisse ogni collegamento con l'esterno.
Forse era deluso, forse amareggiato, forse rattristato, forse rancoroso, forse addirittura furente. È sempre molto difficile mettere a fuoco le proprie emozioni, specie per un undicenne e specie se ciò che provava era un letale mix di tutte e cinque. Incapace di comprendere, di reagire, optò per rinforzare le proprie difese e agì come un riccio, che per proteggersi ripara la propria interiorità dal mondo esterno. Di fronte a un attacco si reagisce, ma di fronte a un subdolo tradimento?
Abbassò la testa, voltò la pergamena che aveva a fianco e si rimise a leggere, sperando di annegare nella lettura quel fastidioso tormento provocato da quell'inaspettato gesto. Eppure la testa continuava a starsene a miglia di distanza da lì, provò a fatica a finire il capoverso in cui gli occhi erano intrappolati e, quando ci riuscì, un sonoro tonfo decretò, sotto lo sguardo basito della bibliotecaria, la chiusura del libro e la conseguente interruzione di quella lettura. Gli incantesimi di scambio avrebbero atteso, una necessità impellente ottenne la priorità in quel momento. Del resto qualcosa doveva pur fare, non poteva arrendersi così, come non poteva nemmeno farsi fregare una seconda volta. Bisognava pensare, e poi agire. Pensare, pensare... Un metodo doveva pur esserci.

Avrebbe potuto rinunciare all'offerta del Serpeverde ma questo avrebbe voluto dire rinunciare a conoscere com'era fatta la sala comune dei Serpeverde (elemento trascurabile), ma soprattutto a rinunciare ad avere un compagno di scacchi; quel tale era l'unico che aveva trovato fino a quel momento che avrebbe potuto giocare con lui, e, visto che non conosceva nessun altro giocatore al castello, gli sarebbe piaciuto avere un compagno di scacchi. Era più grande di lui e un po' strano, ma quelli erano dettagli che avrebbero potuto essere trascurati, se avesse voluto giocare con lui. Il primo poteva essere addirittura un pregio, gli anni talvolta significano anche maggiore esperienza, e da Draven magari Edmund avrebbe potuto anche imparare qualche strategia. Tra l'altro sembrava un ragazzo intelligente, peccato che doveva essere cresciuto in qualche civiltà sottosviluppata che non gli aveva insegnato che la parola data non va tradita, ma a questo ci avrebbe pensato lui, un metodo del resto doveva sicuramente esserci per dargli una lezione come si deve.
Nei libri c'era sempre una risposta a tutto.

La ricerca non fu così semplice come aveva pensato in un primo tempo; ci vollero un paio di settimane perché riuscisse a scoprire qualcosa; certo c'erano anche le lezioni e i compiti, ma ogni momento libero era poi dedicato alla ricerca della soluzione a quel fastidioso problema. La pila di libri che aveva raccimolato per la ricerca sugli incantesimi di scambio fu nulla a confronto della muraglia cinese che realizzò per quella nuova e avvincente impresa: il problema è che ci vollero settimane per trovare anche solo qualcosa che potesse avvicinarsi a qualcosa di utile. La testardaggine del Corvonero tuttavia sembrò dare i suoi frutti, se il piano fosse riuscito e se gli incantesimi scoperti fossero stati alla sua portata, era qualcosa del tutto da vedere, ma ora, almeno aveva un piano.




Quel martedì mattina le lezioni erano appena terminate e inziava in quel preciso momento la pausa pranzo, le lezioni sarebbero poi riprese nel primo pomeriggio. I Serpeverde del terzo anno avevano avuto incantesimi all'ultima ora, mentre i Corvonero del primo anno trasfigurazione; la configurazione astrale era dunque perfetta affinché Edmund riuscisse a intercettare il prefetto Serpeverde nel piano intermedio tra i due che ospitano le rispettive aule. C'è da dire che, qualche giorno prima aveva seguito Draven dopo incantesimi proprio per vedere da che parte sarebbe sceso per andare in Sala Grande; Edmund si diresse quindi verso quella scalinata, là dove si aspettava (e sperava) di scorgere la figura del Serpeverde.
Come previsto lo vide comparire all'inizio della lunga scalinata mentre scendeva i consunti gradini assorto nei suoi pensieri con la testa china. L'abbigliamento era come sempre impeccabile, tracolla scolastica, e spilla ben in vista.
Il Corvonero si mise esattamente sulla traiettoria del Serpeverde. Era troppo timoroso ancora per mettersi a gridare il suo nome in mezzo alla calca studentesca, e, ancor più, per avvicinarsi al tavolo dei Serpeverde in Sala Grande, bersaglio facile di occhiate minacciose e battute di dubbio gusto del bulletto di turno. Quello era l'unico modo per avvicinarsi a Draven nel modo più indolore possibile.
Edmund rimase immobile in attesa che la sua figura impedisse al ragazzo più grande di proseguire nella discesa delle scale. Quando Draven avrebbe alzato lo sguardo si sarebbe trovato davanti Edmund con un foglio di pergamena piegato in due allungato verso di lui.


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Draven Enrik Shaw
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Essere a Hogwarts significava avere la possibilità di costruirsi un futuro fuori dagli schemi, di sognare in grande e imparare così tanto da poter diventare qualcuno. Era sempre stato grato al destino per avergli riservato un simile trattamento; era un'incredibile opportunità e, tutti i giorni, da anni, si svegliava con grande entusiasmo per andare alle lezioni, perché bastava solo pensare a quanta conoscenza avrebbe acquisito per mandarlo su di giri. Ma non quel giorno, no. A dirla tutta, aveva passato tutta la settimana precedente così. Con livelli critici di scarsa concentrazione. La testa altrove; ogni volta che chiudeva le palpebre anche solo per una frazione di secondo, rivedeva nella quiete dei propri occhi chiusi ciò che era successo alla festa, o meglio, ciò che era successo dopo la festa. Era distratto e non lo sopportava. Era di pessimo umore, ormai, da allora, ma al contempo non riusciva a imporsi di andare oltre, di smettere di pensarci per fare anche altro nella vita, tipo, magari, riprendere a studiare. Il pensiero fisso lì era frustrante e rassicurante allo stesso tempo. Nonostante fosse sicuro che Megan stesse cercando in ogni modo di evitarlo, così come anche Casey, si era reso conto di aver iniziato anche lui stesso a prendere iniziative per non incrociarle. Ad esempio, aveva preso l'abitudine di andare in Sala Grande solo quando tutti gli altri studenti sembravano aver finito il loro pasto. I primi giorni era stato difficile coordinarsi con i tempi degli elfi e, spesso, era capitato che entrasse in Sala Grande dopo l'uscita di tutti gli studenti, ritrovandosi a bocca asciutta a osservare le lunghe tavolate già perfettamente ordinate e pulite e senza più cibo per lui. A un certo punto si era ritrovato così disperato da chiedere agli unici due Serpeverde del suo corso che non odiasse a morte di portargli dei panini tra una lezione e l'altra. Stava ancora cercando di capire bene gli orari dei pasti e ancora capitava che, arrivando in Sala Grande, non trovasse più niente, ma li aveva pressoché memorizzati e, sperimentando con la fine delle lezioni, stava iniziando a prenderci la mano.
Ad esempio, le lezioni di Incantesimi erano imprevedibili. A volte, le esercitazioni portavano via così tanto tempo da arrivare a ridosso della lezione seguente; altre volte, finivano con largo anticipo, lasciando ampio margine di scelta su come muoversi in quel lasso di tempo. Draven guardò l'orologio che teneva intorno al polso destro; non gli erano mai piaciuti gli orologi, né l'idea di dover osservare la vita che ti scorre davanti agli occhi, minuto dopo minuto. Era atroce. Ma era dovuto venire a patti con se stesso quando era stato nominato Prefetto, solo pochi giorni prima. Doveva ancora prendere la mano con tutte le regole che andavano rispettate e fatte rispettare, ma gli orari erano fondamentali, soprattutto durante le ronde dopo il coprifuoco. Mancavano pochi minuti all'inizio della pausa pranzo, dunque circa una mezz'ora prima che potesse tentare di andare a trafugare del cibo. Non aveva granché fame; sentiva la bocca dello stomaco ancora contorta dalla frustrazione per non essere riuscito a eseguire correttamente un incanto. Si impose, però, di mantenersi quantomeno vivo e, quindi, di non dover saltare i pasti.
Sapeva di doversi riprendere, di dover fare qualcosa per riacquisire un briciolo di concentrazione su se stesso, quantomeno per non deperire. O per non essere bocciato! Avrebbe rialzato la media in un momento più felice. Tanto, da anni, per un motivo o per un altro, passava da voti altissimi a voti bassissimi dipendentemente da ciò che gli capitava intorno... Per quanto si dicesse essere indifferente a tutto e tutti, c'era sempre qualcuno o qualcosa in grado di mettergli i bastoni tra le ruote. E se, di solito, superava quei periodi di difficoltà ripetendosi che non doveva permettere a niente e nessuno di ostacolare le sue ambizioni accademiche, riuscendo infine a convincersi al punto da riprendersi e tornare a essere la versione migliore e più concentrata di se stesso, stavolta si era accorto subito di quanto fosse diverso. Non voleva andare oltre il pensiero fisso di Megan. A confronto, la carriera era totalmente irrilevante.
Era messo malissimo.
Con un sospiro profondo, si diresse lungo una delle scalinate che lo avrebbero portato ai piani inferiori. Pur di perdere tempo, aveva imparato anche il modo in cui le scale cambiavano la loro disposizione; mentre gli studenti intorno a lui se ne lamentavano costantemente, lui arrivava lì, in procinto di salire o scendere quei gradini, speranzoso di essere trascinato contro il proprio volere da una parte all'altra del castello, solo per avere una scusa plausibile per i propri ritardi.
Era. messo. malissimo.
Si passò le mani a sfregare il viso, stropicciandosi gli occhi stanchi per una mente più iperattiva del consueto. Quando riaprì le palpebre, fece giusto in tempo a fermarsi prima di travolgere un ragazzino. Fece un passo indietro, per riequilibrare quello sbilanciamento involontario, e la prima cosa che misero a fuoco i propri occhi furono due manine protese verso di lui che reggevano una pergamena piegata in due. Alzò lo sguardo e incrociò quello dell'indisponente moccioso Corvonero. Si interrogò un istante per provare a ricordare come si chiamasse, ma non fu nemmeno certo di averglielo mai chiesto.

Ti sei dato alle imboscate? - esordì, corrucciando lo sguardo in una smorfia di fastidio. Non riuscì a capire, dalla sua espressione, se fosse più arrabbiato o offeso; era difficile interpretare le emozioni dei bambini e, comunque, non poteva fregargliene di meno. Avendo del tempo da perdere, però, sentì un lieve senso di gratitudine... molto, molto, molto lieve.
Riportando lo sguardo sulla pergamena, gliela prese dalle mani e l'aprì per poterla leggere.
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view post Posted on 5/10/2022, 15:33
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Edmund Artemis Knight
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Il viso di Edmund era leggermente chinato verso il basso, gli occhi al contrario erano puntati verso l'alto, per osservare la comunque pur sempre imprevedibile reazione del Serpeverde, la cui figura si ergeva su quella del Corvonero di qualche decina di pollici più alta di lui, sommandosi infatti alla maggiore altezza della persona, i gradini della scalinata.
Draven, dopo aver arrestato la discesa ed esser indietreggiato leggermente per consolidare l'equilibrio, parve squadrare Edmund col suo consueto sguardo torvo; fece anche una domanda, più o meno retorica, tuttavia essendo andato così a ben segno il primo colpo Edmund rimase in silenzio, temendo di rovinare tutto con le sue risposte più impertinenti di quanto volevano essere, e continuando invece a sperare di mettere a segno anche il secondo obiettivo prefissato.
Fortunatamente però le due azioni del ragazzo seguirono alla perfezione il protocollo immaginato da Edmund:
Draven si fermò e prese la pergamena.
La mente del Corvonero sospirò di sollievo:


*Bene, fin qui è andata!*

e le dita che fino a poco prima reggevano saldamente la pergamena si rilassarono lasciando che questa venisse afferrata da Draven. La mano destra quindi si aprì e finì avvolta dal mantello con lo stemma blu e bronzo a rovistare in una tasca alla ricerca di una piuma.

La pergamena era leggermente bruciacchiata ai bordi, fatto più dovuto agli esperimenti magici compiuti da Edmund su di essa che a delle reali fiamme in grado di bruciare.


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Edmund rimase col fiato letteralmente sospeso, trattenne ogni respiro in attesa che Draven finisse di leggere e pronunciasse la sua sentenza, ciò che c'era da fare era talmente ovvio che non necessitava della benché minima spiegazione da parte del ragazzino. Quello che Draven si trovò davanti era un patto, scritto nero su bianco dalla scrittura corsiva leggermente inclinata di Edmund, trascrizione quasi esatta delle parole di Draven in biblioteca e con un unico elemento mancante: la firma del serpeverde.
Il primogenito dei Knight non sarebbe mai tornato sul subdolo tradimento subito, macchia nell'orgoglio e fastidiosa attestazione della sua ingenua stupidità, tuttavia dire che ci avesse messo una pietra sopra era quanto più lontano dal vero. Non fu semplice trovare una soluzione ingegnosa alla sua portata ma alla fine si disse abbastanza soddisfatto dello stratagemma architettato. Draven non aveva rispettato la parola data, questo era ciò che più lo infastidiva avendo dato stupidamente per certo il fatto che come ogni uomo d'onore non si sarebbe sottratto a un tale dovere morale, pertanto era suo compito insegnargli che questo dai galantuomini non va fatto.
Ora le possibilità erano finalmente state ricondotte alle sole due canoniche: Draven avrebbe potuto rifiutarsi di firmare, disimpegnandosi così da quel patto che lui stesso aveva proposto. Oppure avrebbe potuto firmare, impegnandosi così ufficialmente a mantenere la parola data.
Tertium non datum.
Agli occhi di Edmund si era così ristabilito l'ordine delle cose; il che ne potesse pensare il neo prefetto in merito, questa volta nessun tradimento avrebbe potuto essere messo in atto. Non impunemente perlomeno.
Edmund attese in silenzio, dal mantello fece capolino nella mano destra una piuma, pronta all'uso qualora Draven avesse manifestato l'intenzione di siglare quel patto.
Che Draven volesse ancora prendersi gioco di lui era un fatto che non si poteva escludere, ma questa volta le cose sarebbero andate diversamente; se voleva riprovarci avrebbe dovuto prima metterlo per iscritto.
Nero su bianco.


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view post Posted on 7/10/2022, 08:31
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Il ragazzino non gli sembrò molto in vena di parlare, nonostante avesse l'aria di uno che stava morendo dalla voglia di dire qualcosa. Che fosse per orgoglio o per prudenza, gli diede l'impressione di non poter dare voce ai suoi pensieri. La testa china, l'espressione un po' minacciosa; non si era mai concesso di deviare lo sguardo dai suoi occhi dal momento in cui Draven li aveva posati sul suo viso. Sicuramente, degno di nota. Ma che fosse un ragazzino caparbio e risoluto lo aveva già constatato in biblioteca. Dopo aver preso la pergamena, ma prima di aprirla per poterne leggere il contenuto, si era concesso di rialzare di nuovo lo sguardo su quel viso così rigido. Lo ricordava come un moccioso strano, indisponente e sulle sue, ma nemmeno nell'occasione in cui si erano conosciuti lo aveva visto guardarlo in quel modo, pur avendo dato sfogo a tutta l'arroganza di cui disponesse, solo per potersi riprendere dei libri che, indipendentemente dalle proprie fissazioni, sapeva appartenere alla biblioteca e, dunque, a qualsiasi studente della scuola, senza alcuna prelazione su di essi. L'espressione sul proprio viso si caricò di scetticismo, accentuando inevitabilmente la smorfia che aveva preso possesso dei suoi connotati dal momento in cui gli era stata bloccata la strada. Il fatto che fosse più piccolo di lui non lo rendeva innocuo; semmai, solo più agguerrito.
Aprì la pergamena e cominciò a leggere... Un contratto. Quel ragazzino gli aveva presentato un contratto per assicurarsi che Draven mantenesse la parola. Prima ancora di potersi chiedere il perché di tanto impegno, riuscì a fare mente locale ricordandosi della loro ultima conversazione. Passò dal trovare la cosa terribilmente irritante, per via dell'audacia dimostrata da Edmund - ecco come si chiamava -, al percepire un lieve fremito di divertimento. Forse perché era annoiato e depresso e solo Merlino poteva sapere quanto avesse bisogno di una distrazione che lo facesse estraniare dai propri flussi di coscienza, ma decise di dargli corda.

Non posso ritenere valido un contratto unilaterale. - commentò, porgendogli la pergamena affinché potesse riprendersela. Quando rialzò lo sguardo a incrociare di nuovo il suo, Edmund avrebbe potuto notare come negli occhi di Draven un bagliore avesse spazzato via l'espressione scettica e disgustata, per far posto a un'arroganza istigatrice. Lo stava sfidando: se ci teneva così tanto ad assicurarsi che il Serpeverde mantenesse la sua parola, avrebbe dovuto fare meglio di così.
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view post Posted on 12/10/2022, 12:14
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Cosa stesse passando per la testa di Draven mentre i suoi occhi scorrevano le righe della pergamena, sarebbe stato impossibile a dirsi, gli occhi emanavano bagliori ossimorici e lo sguardo del Serpeverde non pareva essere così dissimile tra l'una e l'altra emozione.
Edmund rimase immobile cercando invano di decifrare quello sguardo e di carpirne il non detto, nessuna parte di lui osava muoversi e persino la respirazione risultava più silenziosa del solito.
Come una preda che teme ogni movimento possa attirare su di sé l'attenzione di quel predatore che, ora placido, avrebbe potuto ritrovare la furia violenta da un momento all'altro, così Edmund rimaneva statuario astante di fronte alla scena che si svolgeva davanti ai suoi occhi.
Era giunto alla parte più difficile e il rischio di vanificare tutto era sempre presente, mai definitivamente spento con quell'anima inquieta dai colori verde-argento.

Draven finalmente finì di parlare e pronunciò la sentenza. Edmund aveva atteso quelle parole come il gladiatore attende di conoscere la direzione del pollice dell'imperatore, fremeva di sapere su qualche crinale sarebbero scesi, se su quello della firma o su quello del gran rifiuto.
Ebbene, l'imperatore alzò la mano, ma il pollice non si volse né verso l'alto né verso il basso, fece qualcosa d'altro, qualcosa di indecifrabile; non nel senso che il soggetto scelse una terza via alle due principalmente delineatesi dalla lettura del patto, quanto piuttosto nel senso che disse qualcosa in un primo momento incomprensibile ad Edmund.


*Cosa diamine significa che il contratto è unilaterale? Come si fa a fare un contratto non unilaterale?*

Edmund aveva studiato latino, aritmetica, letteratura e storia con il professor Wright, ma non aveva mai studiato il diritto, pertanto quella tipologia di contratto era per lui argomento sconosciuto. Dopo le parole di Draven, in un primo momento, il Corvonero iniziò a guardarsi attorno, spaesato e titubante, come a voler cercare una risposta nell'ambiente circostante ai dubbi che lo attanagliavano, ma non vide altro che studenti che percuotevano i piedi nei grandi gradini in pietra. Alzò quindi lo sguardo verso l'alto e lo ricondusse infine sulla pergamena sforzandosi di capire cosa intendesse dire il ragazzo.
Cercò di ragionare in fretta e, dopo essersi ripreso il contratto dalle mani del Serpeverde, spiegò il foglio e provò a immaginare cosa volesse dire quella frase.
Unilaterale, unilaterale...
Bisognava innanzitutto capire cose intendesse e, subito dopo, se quella era una problematica che si poteva risolvere senza cambiare pergamena, financo lì sul momento, o se avrebbe invece dovuto rifare tutto da capo, quello sì sarebbe stato un bel problema, e gli ci sarebbero voluti altri giorni di tentativi! Non ci pensò e rilesse la pergamena due o tre volte, chiedendosi a ogni parola, quale fosse il problema unilaterale.
Quando finalmente si decise a riflettere più sulla parola unilaterale che sulla parola contratto o sulla pergamena in sé, d'improvviso, un'idea gli balzò in mente. Non ne era per niente certo ma forse iniziava a intuire cosa intendeva il ragazzo dai modi bruschi, forse inziava a cogliere cosa non piacesse a Draven di quel contratto. D'altronde lui aveva trascritto ciò che il Serpeverde aveva detto, ma chissà, forse aveva ragione e perché un contratto fosse valido avrebbe dovuto impegnarsi in qualcosa. Forse avrebbe sbagliato in pieno ma, convinto quella suggestione fosse giusta provò a proseguire.

Forte dell'insegnamento impartitogli dal padre, diplomatico di lungo corso, Edmund si illuminò. In primis, Draven aveva rilevato qualche difetto di forma bel contratto, ciò significava indubitabilmente che non era pregiudizialmente contrario e questo era un elemento positivo,in secundis, se la sua intuizione era corretto ciò significava che una trattativa avrebbe dovuto essere messa in atto.
Imitando il tono del padre, Edmund iniziò a parlare come se avesse dovuto discutere sui termini di un accordo tra Maghi e Folletti; se una cosa aveva imparato dal padre, è che nella trattativa è fondamentale dare l'impressione all'altra parte di guadagnarci più di quanto non sia in realtà e, per fare ciò, si sarebbe dovuto iniziare secondo un preciso protocollo. E un tale protocollo partiva dal mostrare accoglimento apparente verso ogni richiesta della parte avversa.
Un sorriso, non privo di malizia, solcò il volto del Corvonero, perfetto specchio di quello che si materializzò sul viso altrui. Mentre le dita arrotolavano la pergamena, rialzò lo sguardo su Draven cercando di incontrarne di nuovo le pupille per non manifestare debolezza.


«Ah giusto, hai perfettamente ragione!
Cosa vuoi in cambio? Io non ho problemi a rispettare i patti.»


Purtroppo non aveva l'autocontrollo del padre, l'ultima frase infatti, a mente fredda, non avrebbe voluto pronunciarla, ma rimasto troppo a lungo silente non riuscì a trattenere la rabbia verso quel ragazzo più grande che si era preso gioco di lui. E così, quel commento pungente, riferimento non troppo difficile da collegare, sebbene inizialmente non voluto, si insinuò nell'innocua domanda rivolta a Draven.

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view post Posted on 13/10/2022, 22:12
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L’andirivieni degli studenti intorno a loro scandiva il tempo, come se quel flusso migratorio di persone che si affrettava a raggiungere la Sala Grande indicasse a Draven di avere ancora qualche minuto libero; o meglio, qualche minuto da dover spendere in attesa di un trionfale ingresso nella sala nel momento in cui fosse stata di nuovo vuota. Finché tutti quei ragazzi non si fossero mossi al senso contrario, significava che il Serpeverde poteva concedersi una distrazione. Quella, per l’esattezza, che gli era stata presentata su un piatto d’argento. Aveva capito che tipo fosse quel Corvonero nel momento in cui gli aveva fatto saltare i nervi in biblioteca con una sola occhiata. Forse per similitudini caratteriali, forse per ciò che, invece, li rendeva completamente diversi, ma Draven aveva presto trovato la sua dimensione nell’interagire con lui. In piena onestà, lo aveva rimosso dalla propria memoria nel momento in cui se l’era lasciato alle spalle lì, immerso tra i libri che si era messo a torretta sul tavolo, senza averlo più incontrato da allora, ma a ritrovarselo davanti gli si era riattivata la memoria latente che lo riguardava. Ebbe un vago ricordo di quanto si fosse divertito a istigarlo e irritato al contempo.
Sebbene lui stesso fosse stato a proporgli una sfida a scacchi, aveva finito col dimenticarsene. Non era uno che dava peso alle parole e della conversazione avuta con lui, quel giorno, ricordava solo un piccolo dettaglio di cui non vide alcuna traccia in quel contratto. Ciò, gli fornì un modo per temporeggiare.
Non c’era verso che un mocciosetto, per quanto intelligente, potesse riuscire a stipulare un vero contratto magico vincolante, ma non avrebbe corso il rischio. Non ne valeva la pena. Dunque, avrebbe dovuto renderlo il più possibile a proprio vantaggio.
Era evidente, dalla struttura di quanto veniva richiesto, che Edmund si fosse offeso del modo in cui Draven si era preso gioco di lui. Il punto era che, nel momento in cui aveva capito che quel ragazzino non gli era di alcuna utilità, si era completamente disinteressato di qualsiasi conversazione avrebbero potuto avere in futuro. Ma non era lo stesso per lui, chiaramente.
Gli sembrò di vedere gli ingranaggi del suo cervello muoversi, quando si riprese la pergamena e la riarrotolò. Forse contemplando quale fosse la mossa migliore da fare a quel punto; perché, sì, gli dava proprio l’impressione di essere il tipo di persona che pianificava così tanto.
Riportò le mani libere di nuovo nelle tasche dei pantaloni. Lo sguardo di nuovo fisso su di lui, pur continuando a tenere sotto controllo con la coda degli occhi gli studenti che gli vorticavano intorno sulle scale.

Rapporti giornalieri di ciò che viene detto e fatto dai tuoi Prefetti e dal tuo Caposcuola in Sala Comune. Facciamo per… un anno. – gli rispose, il tono di voce glaciale e senza alcuna nota di esitazione, mentre gli angoli delle labbra si curvarono appena a mostrare un sorrisino di compiaciuta arroganza.
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view post Posted on 14/10/2022, 10:30
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Il sorriso furbescamente malizioso di Edmund si tramutò in un sorriso sinceramente divertito all'udire della richiesta di Draven.
Già una volta venne interrogato su quel tema, e già una volta aveva provato a rispondere, seppur a modo proprio; quella del Serpeverde per il comportamento dei prefetti e del caposcuola Corvonero pareva essere dunque una vera e propria ossessione, che tuttavia, agli occhi del giovane blu-bronzo contrastava notevolmente con i tratti distaccati e freddi del richiedente, al punto che immaginarsi il ragazzo che stava due gradini più in alto di lui dedito ad assimilare informazioni su questo o quello, o sarebbe stato meglio dire su questa è quella, non smetteva di farlo sorridere.
Aveva capito sin da subito che quel ragazzo era molto diverso da lui, le modalità delle rispettive educazioni probabilmente non avrebbero potuto essere state più dissimili a giudicare dai modi di Draven; e ne ebbe ulteriore conferma all'udire degli interessi del secondo, che presero corpo nella richiesta di cosa inserire nel contratto: di tutte le cose interessanti che avrebbe potuto chiedergli scelse quella più irrilevante agli occhi di Edmund. Cosa poteva mai esserci di così interessante nel comportamento di tre ragazze?
Il Corvonero, fosse stato nei panni dell'altro, ne avrebbe approfittato per chiedergli informazioni davvero interessanti e a lui inaccessibili, sulle casate di provenienza della sua famiglia, sugli incarichi dei genitori, sulle caratteristiche delle zone di provenienza, su alcune passioni di cui non si occupava, se quell'altro ne avesse avuta una, e su molte altre cose, ma tre ragazze cosa potevano mai fare di così rilevante da titillare la curiosità umana? Forse per Edmund la domanda sembrava sciocca perché sapeva che in fondo quelle tre non facevano niente degno di nota in sala comune ma magari Draven pensava non fosse propriamente così. Eppure non poteva essere così sciocco da immaginare discutessero su chissà che piani segreti di fronte a un primino, e aveva già constatato in biblioteca che non era quello l'obiettivo di quella richiesta. No, il neo prefetto manifestava un interesse notevole proprio per quelle tre, o forse per una delle tre, già questa avrebbe potuto essere un'idea. Chiedere di una in particolare sarebbe stato troppo sospetto e Draven era troppo intelligente per farlo. No, chiedere informazioni su tutte e tre avrebbe confuso un po' le acque mascherando le sue vere intenzioni nonostante la richiesta esplicita, piano acuto doveva ammetterlo. Ma certo che immaginare quel ragazzo freddo e scontroso così interessato a pettegolezzi da donne era divertente. E il Corvonero lo avrebbe accontentato, senza problemi, se fosse stato necessario.
Edmund continuò a fissare la pergamena che teneva tra le mani ponderando la richiesta che gli fu avanzata. Un sordo mugugno con la bocca piegata da un lato era più recitazione che reale reazione naturale. Non gli sarebbe costato nulla accettare, e voleva la firma di Draven sulla pergamena, su quella pergamena, assolutamente. Eppure un rapporto giornaliero di un anno, solare o scolastico che fosse, era troppo, era una richiesta decisamente troppo esosa. Va bene, puntare alto, ma quello era troppo in alto. Se era il suo vero obiettivo o un modo per alzare la posta in modo tale da fare desistere Edmund lo avrebbe scoperto di lì a poco. Ma, per questo, doveva trattare. Solo partecipando alla trattativa avrebbe costretto l'altro a scoprire le sue carte.
Del resto voleva quella firma a ogni costo, non perché desiderasse con così grande ardore quel compagno di scacchi, quanto piuttosto per la soddisfazione di una vendetta, di averla vinta su quel ragazzo più grande di lui e perciò con il rapporto di forze a proprio favore. Ciò che Edmund desiderava davvero era batterlo e vedere quel tale, sempre arrabbiato col mondo, non rispondere ma bensì rifiutarsi di dargli le informazioni che avrebbe chiesto, quello sarebbe stato il massimo. Solo allora la sua vendetta si sarebbe compiuta, e solo allora avrebbe potuto dirsi un mago realizzato.


«Un anno è troppo per una sola partita, possiamo fare un mese di rapporto per ogni partita che perdo..»


Rialzò lo sguardo sul Serpeverde piegando leggermente di lato il capo verso destra in attesa di sentire di quanto l'altro avrebbe rialzato il mese propostogli.

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Edited by Edmund Knight - 14/10/2022, 12:11
 
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Tutto aveva avuto inizio nel momento in cui gli erano stati rubati i suoi preziosi libri preferiti. Aveva finito col comprarli, dopo quell’incontro con Edmund in biblioteca, proprio per evitare che in futuro potesse capitare di nuovo una simile situazione. Se non fosse stato per quell’evento, non gli avrebbe mai rivolto la parola; se non lo avesse visto così chiuso in se stesso, dietro la muraglia di libri che aveva creato intorno a sé, mentre se ne stava protervo a leggere i suoi libri… Non si sarebbe mai ritrovato a dover stipulare un contratto magico. Era la prima volta che gli capitava di aver a che fare con una cosa del genere. E mai nella vita aveva pensato che gli sarebbe potuto succedere perché… Perché si era rifiutato di aiutare un primino Corvonero con gli incantesimi di scambio?!
Dovette fare un incredibile sforzo di memoria per ricordarsi quale potesse essere stato l’incidente scatenante che aveva portato a quella situazione. Tutto a causa di tre libri per una ricerca sugli incantesimi di scambio e una mancata promessa. Doveva essere stata proprio la mancanza della parola data ad aver innescato quella sequenza di eventi. Perché non sarebbe finita lì, chiaramente. L’intento dietro la stipula di quel contratto non prevedeva solo di mantenere la parola data, bensì la promessa di una serie di interazioni: partendo dalle partite a scacchi, al plurale, per poi concludersi, forse, con lo scambio di informazioni da parte del perdente. Bastò la sola idea a irritarlo… Avrebbe dovuto trovare il modo di chiudere il tutto in un giorno, anzi, meglio in poche ore, così che il ragazzino rancoroso avrebbe potuto ricominciare la sua vita senza il chiodo fisso di Draven che si era preso gioco di lui.
Troppo impegno. Troppo.
Si disse che ne valeva la pena solo per evitare che il moccioso potesse lamentarsi con qualcuno di quell’atteggiamento. Ora che era Prefetto, non poteva fare altrimenti; doveva avere questo tipo di pensieri…
Sospirò, pressoché sbuffando, ma nascose bene l’aria annoiata dietro il sorrisino arrogante. Sapeva che dalle proprie parole sarebbe scaturita un’inevitabile trattativa, motivo per il quale aveva puntato molto in alto con la richiesta. Era perfettamente consapevole di non poter verificare la fonte delle informazioni che gli sarebbero state da Edmund, ma sarebbe stato divertente vederlo impegnarsi ogni giorno per dargli quei resoconti.
Gli annuì. Per ogni partita vinta, rapporti per un mese. Niente male.

E tu vuoi solo sapere della Sala Comune dei Serpeverde? Dubito che possa accadere, ma se tu dovessi vincere più di una partita…? E di quante partite stiamo parlando?
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view post Posted on 17/10/2022, 11:36
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Il tempo che trascorse tra le parole pronunciate dal Corvonero e la risposta del Serpeverde, al primo dei due parve un intervallo interminabile.
Un lungo silenzio, probabilmente paravento di chissà che elucubrazioni, un sospiro involontario diversivo per occupare il tempo, un sorrisetto altrettanto sbeffeggiante di quello di Edmund, si alternarono nell'interlocutore fintanto che il capo non si mosse finalmente in senso di assenso.
Il capo leggermente inclinato di Edmund si raddrizzò istantaneamente e le palpebre si dilatarono per la sorpresa al punto che il viso, da tanta repentinità, sembrò inclinarsi persino dalla parte opposta. Il Corvonero si volse addirittura indietro per controllare fosse davvero lui il destinatario di quel cenno e non vi fosse qualcunaltro dietro di sé.
Ma non c'era nessuno.
Torno a voltarsi su Draven e ascoltò le parole che quegli aveva da dire. Sembrava interessato a cos'altro gli avesse chiesto oltre alla questione della Sala comune dei Serpeverde e a quante partite avrebbero dovuto giocare.
Ma questo, inevitabilmente, voleva dire che "tutto era compiuto". Se Draven era preoccupato di quante partite avrebbero dovuto giocare, significava che era disposto ad averlo come avversario, e dunque quante partite sarebbe stato solo un dettaglio irrilevante. In fondo in fondo Edmund era convinto gliene sarebbe basta una sola, convinto com'era di riuscire a vincere al primo colpo.
C'è da dire che due diverse pulsioni emotive si alternavano in Edmund. Una parte di lui avrebbe voluto Draven giocasse davvero a scacchi con lui, gli mancava un valido compagno e, in particolar modo ora che non aveva più occasione di passare molto tempo con la nonna paterna, avere qualcuno più grande, più esperto, da cui trarre ispirazione strategica, da cui imparare, che gli mostrasse errori e imprecisioni, che gli correggesse i difetti gli avrebbe fatto piacere. Un'altra parte di lui però reclamava vendetta e sperava che, alla fine della storia, il Serpeverde, come già aveva fatto in passato, si sottraesse alla parola data e si rifiutasse di giocare. Draven gli aveva promesso di aiutarlo con degli incantesimi ma infine non l'aveva fatto, asserendo che no, non si può aiutare un Corvonero. Lo aveva quindi raggirato e, soprattutto, aveva mancato alla parola data, agli occhi di Edmund un vero e proprio atto di guerra. Avrebbe potuto dirlo subito che non lo avrebbe aiutato, perché mai dirlo per poi non farlo? Solo per il gusto di mostrarsi falso e inaffidabile? O peggio, con l'intenzione dichiarata di compiere un atto ostile? Ma poi, cosa diavolo c'entra l'essere Corvonero?
Certamente i Corvonero erano da soli mediamente più intelligenti della somma dei componenti delle altre case, ma aveva così timore di un primino di diversi anni più piccolo di lui? Edmund si sentiva quindi tradito e bramava vendetta, una vendetta cui non avrebbe rinunciato facilmente. Ecco che quindi, per raggiungere lo scopo prefisso, una parte di lui sperava che, giunti al momento fatidico, Draven ripetesse il protocollo già seguito: si impegnasse ufficialmente a giocare ma si sottraesse infine alla parola data facendo così scattare la trappola preparata per lui. La vendetta gli sarebbe quindi stata servita in un piatto d'argento.
Queste due pulsioni si erano inevutabilmente coalizzate per raggiungere l'obiettivo comune, fargli firmare quella dannata pergamena. Obiettivo quasi raggiunto.
Il futuro però era materia lontana e indefinita, ognuna delle due avrebbe lottato per l'affermazione sull'altra e la lotta iniziò non appena Edmund abbassò la guardia, assaporandosi la quasi firma strappata al prefetto. Il sorriso malizioso di Edmund si allargò in un sorriso soddisfatto e compiaciuto, aver trovato un compagno di scacchi non poteva che fargli piacere.
Quale delle due parti di lui prevalse nella risposta che gli diede, fu piuttosto facile a dirsi, non tanto nel tono della risposta quanto piuttosto nel modo di leggere la domanda.


«Tutte quelle che vuoi! Ma a te non piace giocare a scacchi?»

Per il Corvonero infatti la domanda non aveva ragion d'essere: se vinceva non vedeva l'ora di battere nuovamente l'avversario, se perdeva non vedeva l'ora di ottenere la rivincita. Era quindi naturale che a ogni partita ne seguisse un'altra, a patto ovviamente che l'avversario fosse stato degno di questo nome.
Ebbene, se Edmund fosse stato un avversario degno e a Draven piaceva giocare, perché porre un limite al numero di partire, se invece Edmund non si fosse rivelato all'altezza, beh, su questo lui almeno non aveva dubbi.


«Comunque se non mi trovi adatto possiamo farne anche una sola, zero rapporti sui miei prefetti comunque. Vincerò io.»

Il ragazzino si strinse nelle spalle, come avesse appena constatato qualcosa di totalmente ovvio. Gli occhi rimasero fissi sul Serpeverde, in attesa di un suo responso.

«Quindi accetti?»




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view post Posted on 22/10/2022, 10:23
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Dal modo in cui era stato placcato nel bel mezzo delle scale e aveva visto sul viso il rancore che il Corvonero aveva covato nei giorni seguenti la loro conversazione in biblioteca, non aveva pensato che sarebbe riuscito a farlo calmare; solitamente, tendeva a irritare ancora di più le persone con le quali parlava, ma a giudicare dal sorrisino che si palesò sulle sue labbra, gli occhi accesi di un’improvvisa brama di vittoria, era evidente che fosse riuscito nell’intento, involontario, di colmare la sua sete di vendetta.
Per tutto il tempo passato lì a trattare con lui, si era soffermato a pensare a un modo per evitare di firmare il suo contratto, dato che non aveva la minima intenzione di incappare in chissà quale maleficio per via degli esperimenti, presumibilmente dall’esito errato, di un moccioso dall’aria spocchiosa e pregna di risentimento. Per cui, una volta dettate le proprie condizioni, attese pazientemente un responso da parte di Edmund… Aveva appena avuto un’idea che potesse aiutare la causa, senza istigarlo più del necessario. In effetti, gli piaceva giocare a scacchi, ma nella sua incapacità di relazionarsi socialmente era stato sempre più difficile, andando avanti negli anni, trovare degli avversari disposti a giocare con lui; non ci giocava da eoni!
Tutt’intorno a loro cominciò a vedere, con la coda degli occhi, piccoli gruppi di studenti che tornavano verso le scale dopo la tappa in Sala Grande per la pausa pranzo, segno che il tempo a loro disposizione stava per scadere. Doveva darsi una mossa e risolvere in fretta quella questione tediosa.
Con l’ombra del sorriso arrogante, sfoggiato poco prima, ancora visibile sulle proprie labbra, si limitò a deviare lo sguardo da lui per abbassarlo sulla propria borsa scolastica. Cominciò a frugarci dentro in cerca di qualcosa, finché non vi estrasse un foglio di pergamena e una penna bic babbana; non era mai riuscito ad abituarsi ad alcuni dei modi e dei costumi dei maghi e odiava a morte la lentezza delle penne con inchiostro a parte, era impossibile prenderci appunti velocemente.
Senza spiegare nulla a Edmund, si voltò verso il muro e si avvicinò a uno dei quadri.

Potrebbe, gentilmente… - disse, rivolgendosi al mezzo busto di un contadino facendogli cenno con la mano di voltarsi a dargli la schiena. Sebbene l’uomo del quadro sembrò titubante, eseguì, tenendo però la testa leggermente inclinata all’indietro per potersi guardare alle spalle. Draven poggiò la pergamena sul quadro, praticamente sulla schiena del contadino; impugnò la penna nella sinistra e iniziò a scrivere qualcosa. Gli ci volle poco per riempire l’intero foglio, forse meno di un minuto, e concluse il tutto con un movimento più veloce della mano a fine pagina.

La ringrazio. – disse, di nuovo rivolto al contadino, prima di allontanarsi da lui per riavvicinarsi a Edmund. Porse la pergamena al ragazzino e rimise a posto la penna nella borsa scolastica.

Non so il tuo nome completo, riempi i vuoti.

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view post Posted on 30/10/2022, 15:00
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Quello che fece seguito alle ultime parole di Edmund fu uno spettacolo davvero curioso. Draven non disse nulla ma, dopo aver rovistato nella tracolla, estrasse insieme a una comunissima pergamena, anche uno strano attrezzo cilindrico con un'estremità colorata. Pareva una di quelle bacchette magiche finte che si danno ai piccoli maghetti per giocare, o anche una cannuccia, come quelle per bere il frappé, ma era decisamente troppo rigida ed inoltre era pure chiusa da entrambe le estremità per poter servire a quello scopo. Edmund non poté che strabuzzare gli occhi incuriosito da quello strano utensile mai visto prima, chiedendosi che intenzioni avesse il suo interlocutore.

Non che fosse particolarmente preoccupato per il comportamento di Draven: il ragazzo aveva dei modi singolari, questo era fuori dubbio, ma nulla che allarmasse il Corvonero oltre la soglia critica, Edmund non aveva realmente paura che quegli potesse fargli del male. Draven, se avesse voluto, lo avrebbe potuto fare nelle svariate occasioni in cui Edmund, più o meno consapevolmente, gli aveva fornito l'ombra di un valido pretesto, eppure il Serpeverde non aveva mai fatto ricorso all'extrema ratio. Oltretutto, era stato di recente nominato prefetto e quella spilla, come ogni posizione di potere, se erano vere le parole che il padre ripeteva abbastanza spesso, era una prigione molto più di quanto non potesse apparire un'opportunità: aggredire un primino non avrebbe certo fatto curriculum per un prefetto di fresca nomina. Intenzioni ostili o meno, per l'undicenne tutto ciò che faceva l'altro, era motivo di enorme interesse, sebbene non avesse la più pallida idea di cosa avrebbe fatto con l'asticella traslucida: era indubbio però che qualcosa avrebbe fatto, e a quanto pare ai danni di un signore in un quadro non distante da lui.

Qualunque cosa il Serpeverde stesse provando a fare sul dorso del malcapitato, Edmund si sporse esageratamente in avanti per vedere. Non sapeva bene quanto avrebbe potuto avvicinarsi per rimanere incolume, aspettandosi da un momento all'altro una repentina trasformazione della bacchetta in un qualche esotico animale che lo avrebbe aggredito, un po' come avviene per le Bacchette Trabocchetto che vendono ai negozi di scherzi, ma incantata per provocare danno a lui anziché a Draven. In ogni caso, mal resistendo alla curiosità, si issò sulle punte e provò ad allungare il muso verso la cornice del quadro, seppur con scarsi risultati. Una decina di pollici per i gradini di vantaggio, un'altra decina per il differenziale tra le altezze anatomiche, le azioni del Serpeverde rimasero celate alla vista altrui.
Per fortuna Edmund non dovette aspettare a lungo; evidentemente l'attrezzo che ora era di nuovo ritornato nella borsa scolastica era una piuma autocorreggente trasfigurata, infatti, seppur con una tipologia di inchiostro che non aveva mai visto prima, pareva aver vergato un documento ben scritto in un tempo decisamente esiguo. Edmund aveva impiegato diversi minuti a scegliere le parole mentre Draven in meno di un minuto aveva stilato un contratto in perfetto stile; dopo aver preso la pergamena dalle mani del ragazzo più grande, la squadrò con lo sguardo rigirandosela tra le mani e provando a metterla in contro luce, scettico sull'ontologia della pergamena, incerto su quanto fosse o meno tale. Presa un'estremità con la destra, e l'estremità opposta con la sinistra, la tese di fronte ai propri occhi frapponendola tra sé e le alte finestre dalla parte opposta della scalinata, dovendo infine concludere, dopo averla girata e rigirata che di una pergamena si trattava. Perché mai allora non aveva usato quel curioso attrezzo direttamente sulla pergamena di Edmund? Questo era destinato a rimanere un mistero.

Conclusa questa fase preliminare si mise a leggerne il contenuto; il tono formale ben si confaceva al contratto che avrebbero dovuto siglare, più lo leggeva più lo trovava ben fatto e adeguatamente compilato, era tutto chiaro e spiegato nel modo giusto. Edmund si convinse così al 100% che quella che aveva appena visto all'opera fosse una penna incantata per contratti! Di quel ragazzo si era costruito l'immagine di uno cresciuto coi barbari, immagine delineatesi nella sua mente dopo averne visto all'opera i modi; pertanto secondo Edmund non poteva assolutamente aver scritto di suo pugno una proposta così finemente articolata, no a quanto pare quella era una penna per contratti, chissà quanto ne costava una!
Doveva ammettere però che Draven era furbo, altroché se lo era, aveva preso la sua pergamena per il contratto, non aveva usato il retro di quella preparata da Edmund; questo d'altronde era un buon segno, se non era furbo sarebbe stata una noia mortale giocarci a scacchi! Almeno quel pregio pareva averlo, condizione necessaria anche se non sufficiente per un buon avversario.
Edmund estrasse di nuovo la sua piuma, non osando chiedere quell'aggeggio col cappuccio blu, e si mise a rileggere il tutto con calma per riempirne i vuoti e siglare il fondo della pagina.
In fase di rilettura un dettaglio catturò tuttavia la sua attenzione, una parola il cui significato gli era totalmente ignoto, un po' come quella udita un po' prima, ma a differenza di quell'altra non riuscì a inferirne il significato. Scrisse il suo nome, completo di secondo nome e nome di famiglia e rialzò lo sguardo sul Serpeverde in attesa.


«Questo è il mio nome completo, io ho due nomi, non due cognomi. Beh forse va tutto bene quello che ha scritto quella cosa, ma non so cos'è questa...

...questa prov... privacy della Casata, cosa vuol dire?»


Edmund tenne la pergamena tra le mani adeguatamente distante da sé, ancora inconsciamente scettico sulla reale essenza di quel foglio con la seconda bozza di contratto preparata da Draven, mentre osservava le mani del prefetto, all'erta se si sarebbero rifiondate a recuperare quella cannuccia traslucida.


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view post Posted on 25/11/2022, 23:53
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Un modo per non firmare quell’ambiguo contratto incantato lo aveva trovato e, di conseguenza, aveva anche evitato di incappare in situazioni potenzialmente poco piacevoli nell’immediato futuro. In quei minuti, da quando Edmund gli si era palesato davanti imponendogli un accordo, non aveva fatto altro che immaginare scenari catastrofici nel caso in cui si fosse rifiutato di giocare con lui un determinato giorno piuttosto che un altro. E di andare in giro ricoperto di pustole o a vomitare lumache non era proprio il caso.
I dettagli facevano sempre la differenza nelle trattazioni. Seppur consapevole di aver divagato troppo su alcuni punti, concentrandosi su altri, quando porse la propria pergamena al ragazzino si sentì abbastanza soddisfatto del risultato. Insomma: considerando che non aveva mai studiato la legge, babbana e magica, oltre il magro interesse per la materia con l’unico fine di non esserne completamente ignorante, aveva scritto un ottimo contratto. Tenendo conto anche del breve tempo che si era concesso per redigerlo.
Lo sguardo scettico, quasi facendo specchio all’espressione del Corvonero, si posò su di lui, accigliandosi poi nel vederlo sollevare la pergamena come a volerla controllare in controluce. Cosa pensava che ci avesse nascosto? Un nargiglio?!

Sono solo parole su un foglio. – esordì, glaciale, facendo spallucce. Non ci provò nemmeno a chiedersi cosa gli stesse passando per la mente, dato che era lo stesso tizio che lo aveva bloccato sulle scale dopo aver perso chissà quanto tempo a incantare una pergamena per una partita a scacchi.
Riportò le mani a nascondersi apaticamente nelle tasche dei pantaloni nel frangente che gli ci volle a leggere quanto aveva scritto. Si trattenne anche dal soffermarsi sul fatto che, per appartenere ai Corvonero, la casata dalla grande intelligenza e arguzia, leggeva un po’ troppo lentamente; per qualche motivo, si trovò a giustificarlo. Che fosse per l’età o per il fatto che in uno slancio di ego aveva cercato di spiegare l’accordo attraverso panegirici ridondanti che, probabilmente, il ragazzino non era abituato a leggere, decise di non pressarlo.
Forse iniziava a stargli simpatico…

Allora? – lo incalzò poi, quasi a voler controbattere ai propri pensieri. Non avrebbe continuato razionalmente a tollerarlo e da che era stato un passatempo utile, mentre attendeva che la Sala Grande si sfoltisse, stava iniziando a diventare una perdita di tempo perché, a giudicare dagli studenti che avevano preso a gremire di nuovo le scale, la Sala Grande si era evidentemente sfoltita. Ma quando fu sul punto di incalzare di nuovo, lo sentì parlare e si fermò. Le labbra si schiusero appena e le sopracciglia si arcuarono in un’espressione sorpresa… Non si era mai ritrovato davanti qualcuno che gli chiedesse il significato di una parola. Forse, perché era gergale tra i babbani e non di uso comune tra i maghi? Non la conosceva per l’età o perché era cresciuto tra i purosangue? Magari era un purosangue lui stesso, anche se non ne aveva l’aria… Esistevano ancora maghi purosangue?

È un sinonimo di riservatezza. – si limitò a spiegargli, alzando lo sguardo davanti a sé a controllare il flusso migratorio di studenti; lo stomaco che lamentava un pasto che forse non avrebbe ricevuto.

Senti. Studialo e firmalo o non firmarlo. Se vuoi giocare, domani pomeriggio non lavoro. – concluse poi, superandolo per andare via, senza nemmeno riportare lo sguardo su di lui; lo tenne, invece, ancora fisso sulle persone intorno a loro. I morsi della fame che gli fecero saltare file intere di gradini.
Quel maledetto gioco pericoloso che continuava a fare tutti i giorni, ogni singolo giorno, solo per mantenere il punto per una questione di orgoglio personale e ansia sociale… Se avesse saltato un altro pranzo avrebbe iniziato a minacciare gli elfi direttamente dalle cucine.
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11 replies since 4/10/2022, 22:10   260 views
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