Veritaserum, Privata

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view post Posted on 26/10/2022, 15:10
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Continua da qui.

CASEY BELL
HE/HIM

jpg*Eccone un altro.*
La prima cosa che Casey pensò quando il ragazzetto cominciò a fissarla, fu che si trattava di un altro stronzetto terrorizzato all'idea di ritrovarsi di fronte il tanto vociferato assassino di White. Lo guardò torvo, in attesa di ascoltare cosa sarebbe uscito dalla sua bocca. Invece lui rimase in silenzio, e gli cadde persino il libro che stava leggendo dalle mani.
Glielo vide scivolare dal braccio lentamente, mentre il poverino diveniva succube di quel contatto visivo, e ne adocchiò la copertina prima che potesse fare il tonfo. L'unica cosa che riuscì a leggere fu il nome della scrittrice: Lilian Shaw. Storse labbra e naso, ma poi pensò che Shaw non doveva essere un cognome così raro, nemmeno nella ristretta comunità magica.
Si voltò verso le file di librerie del negozio con l'acquisto sottobraccio, dando modo al ragazzino di sbrigare le proprie cose. In effetti non era nemmeno detto che lo avesse fissato in tal maniera per la questione del duello, pensò. Lo aveva sorpreso in un momento di distrazione, e preso dal sopravvento lui aveva cominciato a rispondergli male.
«E chi altri dovrei essere? Un follett-» Si era morso la lingua. Magari aveva riconosciuto in lui un Caposcuola e se l'era fatta sotto.
Lo fece sbuffare il pensiero di aver posto in sordina tale eventualità. Si sentiva sin troppo giudicato, tanto da credere che tutti gli tenessero continuamente lo sguardo addosso. Tanto da percepire il proprio rimestare mentale scoperto e visibile all'occhio altrui.
Invece, lo fece ridere il fatto che non l'avesse nemmeno minimamente toccato la risposta aspra che il primino stava per dargli. Che non gli avesse nemmeno bisbigliato uno "scusa" in rispetto del suo titolo. Non gli era mai importato molto di cose simili, ma almeno lo avrebbe notato se solo tali questioni non gli avessero attanagliato la testa.
Edward tornò dopo poco e si approssimò all'uscita. «Andiamo» lo esortò con calma.

Fuori tirava una brezza leggera ma umida. Costrinse Casey a chiudersi la giacca e a stringersi fra le spalle, col libro incastrato fra avambraccio e costato. Al contempo, nel risistemarsi distrattamente gli indumenti, la sua attenzione venne attratta da una musica dal sapore meccanico che proveniva dalla piazzetta dietro l'angolo.
Un uomo, un mendicante, sedeva sul marciapiede contro il muro di una bottega, e suonava un organetto spingendone la manovella. La nenia roteava pesante nell'aria, e come un incantesimo si infiltrava nelle articolazioni di una marionetta, che sopra un panno dall'aria logora danzava una loure ponendo i suoi omaggi ai passanti.
Casey si soffermò a guardare l'uomo, e fatta risalire la zip della giacca fin sotto il mento, fece cenno ad Edward di incamminarsi. Avrebbero dovuto attraversare la piazzetta in ogni caso ma, lanciata un'occhiata alle mani dure e grinzose del suonatore, ne approfittò per prendere una moneta d'oro dalla tasca dei pantaloni e farla ricadere nel suo piattino mentre avanzava.
La marionetta fece loro un profondo inchino levandosi il cappello. L'uomo continuò a girare la sua manovella.

 
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view post Posted on 26/10/2022, 16:40
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EDWARD NEWGATE
CORVONERO - I ANNO

jpgAndiamo - furono le uniche parole che il suo accompagnatore aggiunse prima di uscire da Biblio Magic.
Normalmente Edward era un ragazzo che non si faceva intimorire. Lo sapeva bene sua madre, che durante gli anni in Irlanda veniva sempre informata delle varie risse in cui il ragazzo era coinvolto. Beh, risse non era proprio il termine esatto. Implicava che ci fosse uno scambio, quando il più delle volte Edward si limitava a far roteare le braccia, a testa bassa, cercando di colpire chiunque. Ma puntualmente il risultato era che veniva malmenato dal suo aggressore. Eppure, il suo sguardo non si era mai abbassato di un centimetro.
Tranne ora. Ora la testa gli sembrava pesante più del solito e il collo, bloccato come degli ingranaggi di una macchina fuori uso, gli permetteva di alzare lo sguardo sino ad intravedere a stento il busto del suo accompagnatore.
Usciti dal negozio una brezza leggera ma invasiva lo fece stringere nelle spalle. Percepì che anche la ragazza stava facendo lo stesso. E questo lo fece sorridere. Forse era tutto un grosso malinteso. Forse quella sensazione che aveva provato al ballo di fine anno non era dovuta al contatto dei loro sguardi. Forse non c’era nulla di oscuro in lei, era semplicemente un compagno di scuola come gi altri. Forse.

Ma il timore di incrociare ancora quegli occhi gli attanagliava il cuore in una morsa asfissiante. Non voleva mai più provare quel senso di solitudine che aveva percepito in quell’occasione. Il rischio non valeva la pena. In fondo, chi se ne frega. Anche non fosse colpa sua, cosa sarebbe cambiato? Nulla. Era uno studente sconosciuto che aveva avuto il compito di venirlo a riprendere. Nulla di più. Per Edward la sua presenza non significava nulla. Forse si era giocato il turno con gli altri Caposcuola ed aveva perso a gobbiglie. Forse doveva un favore ad un Prefetto sfaticato. Forse era talmente stufo di Hogwarts che aveva sfruttato l’occasione per farsi una passeggiata e comprare un libro. Forse.

Fu allora che sentì la musica. Melanconica. Triste. Solitaria. Davanti ad una bottega un uomo vestito troppo male per essere un artista che aveva avuto fortuna, faceva roteare una manovella di un organetto malamente accordato e, con un incantesimo, faceva confluire le note, come un piccolo rigolo d’acqua, in una marionetta che danzava al loro ritmo. Vide il suo accompagnatore avvicinarsi allo sventurato e gettare una moneta nel piatto delle offerte. Forse il suo gesto era di compassione verso un uomo che non aveva altro che se stesso e un organetto. Forse era fatto a causa della musica stonata ma stranamente coinvolgente suonata dall’artista. Forse la solitudine di quell’uomo l’aveva attirato a se, dolcemente, come un antico richiamo a cui le anime non sanno resistere. Forse.

Mio nonno diceva sempre che la musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c'è fuori – si ritrovò a dire. La cosa lo sorprese. Le parole erano uscite da sole, prive di controllo. Forse non l'aveva sentito. Forse la musica aveva coperto la sua voce. Forse l’umidità della brezza l’aveva distratto. Forse.






Ion; ©harrypotter.fc.net

Piccolo edit per correggere un errore di battitura


Edited by Edward_Newgate - 3/11/2022, 11:18
 
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view post Posted on 27/10/2022, 10:22
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CASEY BELL
HE/HIM

jpg*Veritaserum. Tre gocce e la vittima sentirà un impulso irrefrenabile di dire tutta la verità e nient’altro che la verità.*
Gli parve totalmente assurdo di aver trovato qualcosa di così potente fra gli scaffali di una comune libreria vicino ad una scuola. Simili intrugli erano da destinarsi alle sale da interrogatorio, non alle dita maldestre e alla mente poco forgiata di un ragazzino.
Elleboro, asfodelo, artemisia, piume di jobberknoll, zanne di serpente, sangue di salamandra e radice di mandragora: erano tutti ingredienti alquanto semplici da trovare; e se uno studente non avesse voluto rischiare di far mancare tali componenti dagli armadietti del Club di Pozioni, gli sarebbe bastato spendere qualche soldo in una qualsiasi farmacia.
Si ritrovò a pensare - il mendicante ormai un ricordo lontano e la sua musica un sottofondo sempre più assente - che ogni giorno tutti loro potevano essere le potenziali vittime di un Veritaserum. Questa rischiava di diventare la sua nuova ossessione, una paura che gli avrebbe fatto diffidare di qualsiasi persona. Sia a causa di quanto gli avrebbe offerto in un bicchiere, sia di quanto gli avrebbe offerto con le sue parole.
«Mio nonno diceva sempre che la musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c'è fuori.»
Attratta nuovamente dalla gravità terrestre, la sua attenzione venne bruscamente proiettata sul ragazzetto. Un po' come quando ci si addormenta di fronte a un film, o a uno spettacolo, e un amico ti scuote per risvegliarti. Ti tocca riprendere il filo del discorso, combattendo col torpore del sonno.
Il ragazzetto voleva fare conversazione. Perché? Lo guardò con le sopracciglia alzate camminando, per poi tornare a fissare il sentiero davanti a loro.
Mio nonno diceva sempre...
Era usuale per un bambino citare le parole di un adulto, in particolar maniera di quelli appartenenti alla propria famiglia. Casey se ne era reso conto solo una volta approdato ad Hogwarts. Mio padre, mia madre, mio nonno [...], erano sempre le bocche sacre che pronunziavano gli insegnamenti della vita. Una guida luminosa fatta del ricordo sul sentiero del tutto inesplorato della creazione dell'opinione personale.
Pensò che anche lui, da piccola, fece qualcosa di simile.
Il Signor Matthew dice sempre che il Diavolo ne sa una più di tutti noi, e che non è un male incontrarlo perché sicuramente lui conosce Dio meglio di tutti noi.
Si beccò un potente schiaffo in pieno volto da Suor Cristina, e non vide mai più il Signor Matthew. Peccato, gli era sempre piaciuto. Lo raggiungeva al mattino, nei pressi delle cucine del Saint Vincent dove scaricava i rifornimenti, e insieme aprivano un cartone di latte da dare ai micetti del quartiere.

«Penso che questo silenzio possa fare a caso mio, in realtà.»
Il tono uscì tagliente. Se ne accorse dopo una decina di secondi, e considerò che in tal maniera il ragazzetto avrebbe potuto pensare che lui pretendeva silenzio.
Forse era così. Era meglio non parlare, meglio non avere rotture di sorta su possibili discorsi che avrebbero dirottato su White. Ma non si era detto che, magari, non era quello il caso? Magari l'aveva solo spaventato prima, in libreria.
Si era ripromesso dall'inizio dell'anno di lavorare per combaciare con un certo ideale di sé. E un leader, un Caposcuola, non può mozzare la lingua al suo gruppo per evitare che parli.
«A volte» cominciò con fare di chi spiega «il rumore dentro è troppo.»

 
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view post Posted on 3/11/2022, 13:07
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EDWARD NEWGATE
CORVONERO - I ANNO

jpgPenso che questo silenzio possa fare a caso mio, in realtà – disse lapidario il suo accompagnatore, col tono di chi vuole tagliare corto la discussione senza troppi fronzoli. Forse l’aveva offeso in qualche modo. Capitava spesso ad Edward offendere il proprio interlocutore. A volte senza rendersene conto, il più delle volte con piena coscienza. Ma questa volta non ne aveva assolutamente l’intenzione, eppure. Eppure, dov’è che aveva sbagliato? “Un momento” – pensò – “Ma quale sbaglio? Se è stata lei a fraintendermi, che colpa ne ho io?”. Lo sguardo fisso sulla punta dei suoi piedi precedeva il passo lento del ragazzo. I pensieri si affastellavano nella sua mente in cerca del suo errore, contorcendosi poi in una continua contraddizione, come un serpente marino che riemergeva dalle acque per poi calare di nuovo negli abissi e così via. Perché era così importante capire per lui doveva aveva sbagliato? Perché non poteva fregarsene come faceva sempre? Ma soprattutto, perché si era offeso?! Mentre continuava ad infliggersi il suo piccolo tormento solitario nella sua mente, il suo accompagnatore proseguì - A volte il rumore dentro è troppo.

I pensieri si fermarono. Chetati dalle parole del suo accompagnatore, per un istante che sembrò durare un’eternità. Ci fu silenzio. Un assordante silenzio riempiva la sua mente. Alzò lo sguardo in direzione del suo compagno di scuola. Si accorse che la brezza stava soffiando un tantino più forte di prima, e la cosa lo fece stringere nel cappotto, con le mani fredde che si chiudevano nelle tasche.
Basta non perdercisi dentro – disse il ragazzo infreddolito – altrimenti c’è il rischio di non ritrovare più se stessi.
Stava mostrando una confidenza che sino a qualche minuto prima dubitava di possedere. Alla fin fine, non sapeva neanche bene chi fosse il suo accompagnatore. Sapeva di averla vista da qualche parte nel castello, sapeva che era un Grifondoro, sapeva che era più grande di lui. Ma nulla di più. Dal suo atteggiamento doveva essere un bullo, quasi sicuramente. Abituato ad avere intorno gente servile o troppo spaventata. In fondo anche lui era uno di questi ultimi, anche se per motivi del tutto diversi.

Valeva la pena capire chi c’era dietro quella maschera, che la ragazza sembrava non essersi mai tolta. Forse no. Edward era abbastanza certo che dopo questa breve, fredda, passeggiata si sarebbero persi di vista, come nulla fosse. Forse no. Probabilmente con l’ultima frase che aveva aggiunto, il suo accompagnatore aveva lasciato un’apertura, uno spiraglio per cercare un legame con il Corvonero. Forse no. Forse nulla, forse tutto. Tanto valeva lanciare una moneta in aria e far decidere il Fato. Ma si sa, al Fato non serve una moneta per essere chiamato in causa.
Mentre passavano vicino ad un gruppo di ragazzi, ne vide uno fissare il suo accompagnatore con occhi spalancati e dare colpi ai vicini per attirare anche l’attenzione degli altri. “Curioso atteggiamento” – pensò Edward. Un vociare confuso si stava diffondendo nel gruppetto. Riuscì a capire solo alcune parole. “Incendio”, “faccia” ed, infine, “Casey Bell”. Oh – sfuggì al Corvonero. Ecco chi era il suo accompagnatore. Casey Bell. Aveva sentito del suo duello con il professore di pozioni. Uno studente che batte il proprio mentore. Questa era la voce che era circolata, con molta sorpresa ed eccitazione, nella Sala Comune di Corvonero. Uno scontro che era quasi finito con la morte di entrambi. Eppure, lei era lì di fianco, apparentemente incolume. Com’era possibile? Si ritrovò a fissarla, con mille parole che non uscirono mai dalla bocca del ragazzo.







Ion; ©harrypotter.fc.net

Edited by Edward_Newgate - 3/11/2022, 13:29
 
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view post Posted on 4/11/2022, 17:27
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CASEY BELL
HE/HIM

jpgIl vento si alzava, desideroso di contrastare i suoi passi e di allungare la strada verso il castello.
La pressione che percepì nel petto per lo spiraglio appena creato andò a sommarsi al gelo, e lo indusse a stringersi ancora e ancora nella giacca. Le mani nelle tasche della stessa, il libro stritolato contro le costole, mento e bocca dentro il colletto alto. Ci teneva a non dar di sé un'impressione fin troppo introversa e inaccessibile, ma dopo tutto – dopo tutto ciò che era successo – l'unica posizione che si sentiva di prendere era quella di una perenne difesa.
I ragazzini più piccoli non gli avrebbero dovuto creare disagi. Invece erano sempre i più crudeli, sia a scuola che in orfanotrofio.
«Basta non perdercisi dentro. Altrimenti c’è il rischio di non ritrovare più se stessi.»
Non seppe che rispondergli. Non per mancanza di argomenti, ma forse perché ne aveva sin troppi. Parlarne in tal frangente sarebbe stato stupido, specie con lui.
Si limitò ad alzare lo sguardo verso gli alberi che perimetravano il sentiero e a sfilare il mento dal colletto, osservando stendersi dai suoi passi al lontano castello la sfilza di rovine che continuavano ad accatastarsi nel suo cervello.
Hai ragione, avrebbe voluto dire. Mai detta cosa più giusta. Per questo avrebbe voluto tanto accogliere quel silenzio. Ormai sembrava essere troppo tardi: tutto quel rumore l'aveva divorato e non vi era più via di riarmonizzarsi con l'esterno. Tutto era pessimo, tutto era nero, tutto era perduto. Non vedeva come sarebbe potuto peggiorare, migliorare nemmeno per idea. Forse poteva solo continuare a camminare in quella strettoia finché tutti non avrebbero dimenticato.
Silenzio, infatti, era ciò che voleva. E così fu, poiché non fu in grado di dire niente. Filosofare con un ragazzetto di dodici anni senza alcun motivo di fondo non faceva per lui. Anche se… sì, ci aveva azzeccato. Apprezzò che, al di là di quanto ciò si riflettesse nel suo umore, tale asserzione fosse assolutamente logica.
Sollevò un angolo della bocca per via della soddisfazione, e nella propria testa cominciò a modellare una possibile risposta.
Avrebbe dunque detto che si sarebbe potuto dedurre dalle loro precedenti affermazioni che la cosa migliore da fare per un mago fosse permanere in una via di mezzo. Ascoltarsi e ascoltare, ricercare un po' il silenzio esterno e un po' il proprio rumore e viceversa. Sì, sarebbe stata la risposta migliore da darsi. Ma a un tratto altre voci si insinuarono nel suo cervello, e il silenzio dell'esterno si trasformò in rumore.
Un gruppetto di ragazzini lo stava guardando e si bisbigliava cose all'orecchio senza badare al volume del proprio sparlare, pari a un fulmine che imbrattava col proprio furore un cielo appena tornato sereno.
Sentì Edward sussultare. Il sorrisetto scomparve e gli si strinse la mascella. Lo guardò con la coda dell'occhio e vide che lo stava fissando, con la stessa insistenza degli altri.
La parte più istintiva di sé avrebbe voluto esclamare "Non ho ucciso White", ma poi quella più razionale e cupa gli chiese cosa gliene importasse del parere di un ragazzetto appena conosciuto. Forse, insistette quest'ultima, gli sarebbe tornata più utile la sua paura. Soprattutto se aveva intenzione di additarlo.
E per cosa? A cosa gli sarebbe servita la sua paura? A farlo stare zitto? A fargli raccontare altri aneddoti su quanto Casey Bell fosse un grumo d'ira ed odio? Riflettendoci, se era rimasto sorpreso adesso, dopo le paroline volanti dei suoi compagni, forse non l'aveva guardato in quel modo al negozio perché sapeva chi fosse.
Allora perché?
«Questo mi sembra uno di quei casi in cui bisognerebbe ascoltare solo musica» esordì all'improvviso. E scoppiò a ridere, passando oltre alla mandria di ragazzini. Una risata un po' amara.
Forse, si disse, un po' di Veritaserum gli avrebbe chiarito quali fossero gli esatti pensieri di tutti loro. Se si trattava di reali convinzioni o di un chiacchiericcio malevolo instillato da qualcuno, o una serie di giudizi su un enfant terrible che non aveva mai raccontato la sua versione.
Si incupì di nuovo.

 
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view post Posted on 7/11/2022, 13:16
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EDWARD NEWGATE
CORVONERO - I ANNO

jpgQuesto mi sembra uno di quei casi in cui bisognerebbe ascoltare solo musica – disse, scoppiando successivamente a ridere, il suo accompagnatore.
Una risata che lasciava uno strascico di amaro nell’aria, ma che bastò per far ridestare Edward dal suo stupore. Spostò lo sguardo di nuovo lungo la strada che stavano percorrendo e nuovi pensieri fecero capolino in quel mare in tempesta che era la sua mente quel giorno. La risata gli era sembrata forse un po’ forzata. Come se la ragazza volesse farsi vedere più forte di quello che era. Superiore ai chiacchiericci che si diffondevano tra gli studenti che, come piccoli uccelli, cinguettavano e spettegolavano alle sue spalle. La frase, però, non lasciava dubbi. Non gli era congeniale quell’atmosfera che generava la sua presenza e voleva rifuggirla.
Dopotutto, una cosa in comune l’avevano. Entrambi volevano isolarsi dalla massa. Ovvio, le ragioni non erano le stesse. Edward non era riuscito ad attirare l’attenzione maligna dei propri compagni di scuola per gesta eccezionali, ma, più semplicemente, trovava ripugnante la loro ottusità che, imperterrita, si manifestava ogni volta che aprivano bocca.
Eppure, gli sembrava di percepire una nota nascosta di fragilità nella frase che aveva appena udito. Quell’isolamento che agognava non era solamente per disprezzo della gente che lo circondava. Era forse una fuga dal dolore che provava? Più era in sua compagnia, più sentiva che ad ogni passo le domande aumentavano e, peggio, le risposte generavano maggiori incertezze, togliendo qualsiasi punto di riferimento allo studente. Solo una cosa era certa. Quello di fronte a lui era un mago potente.

Insegnami – disse Edward ad un tratto, fermandosi in mezzo la strada, mentre guardava il suo accompagnatore pochi passi più avanti. La richiesta era strana, per numerosi e palesi motivi. Primo tra tutti, non si conoscevano. Avevano passato sì e no una ventina di minuti insieme, come poteva pensare che Casey Bell potesse prendere in considerazione la cosa? Inoltre, c’erano un altro paio di particolari non di secondo piano: lui era un primino di dodici anni della casata Corvonero, lei era uno studente del terzo anno già maggiorenne di Grifondoro. Non c’era nessuna possibilità, eppure Edward sentì che se c’era qualcuno in quella scuola da cui poter imparare qualcosa, quella persona era lei. Quella persona era la terribile Casey Bell.








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view post Posted on 9/11/2022, 15:49
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CASEY BELL
HE/HIM

jpgStavano per lasciarsi alle spalle il paesello. La strada del borgo, fatta di incastri di pietre ben rifinite e appiattite, in poco tempo avrebbe sfociato in un sentiero spianato dai passi che si articolava nell'erba. Il boschetto di noccioli che costeggiava Hogsmeade era ancora in preparazione per la sua fioritura fuori stagione, silente e immoto, con i rami tozzi e spogli nonostante il volere del vento. E, inoltrandosi nella natura che circondava il borghetto, si allontanarono dal frastornante silenzio della civiltà, seppur per un breve tratto.
Non li aveva mai affrontati ridendo. Loro, le voci, gli sguardi giudicanti e intimoriti. Quel riso era del tutto falso, una maschera sul rancore e il dolore destinata sia ai coetanei che ai più piccoli che ai più grandi. Per la verità, era tanto un modo per schermarsi da loro quanto da lui stesso.
Nessuno sapeva la sua versione. Non ne aveva parlato con nessuno. Nessuno sembrava propenso a voler ragionare su ciò che era stato costretto a fare. Poi tutti i tasselli di quel domino scoperto erano caduti alla rinfusa, prendendo una via piuttosto che un'altra.
E ora Sirius non c'era più. Sirius se ne era andato, e non sapere il motivo gli contorceva cervello e stomaco.
Aveva perso soddisfazione per la vittoria ormai da tempo. Forse, in realtà, non ne aveva mai provato nemmeno un briciolo. Sarebbe stato meglio restarsene in sala comune a studiare e a cianciare con gli altri, privarsi di tutta la tensione che la serie di duelli aveva provocato e pensare al suo ruolo, ai suoi affetti, al suo studio. Tutte cose che ora faticava a stringere tra le dita senza che il rancore gli rendesse scivolosa la presa.
Forse, in realtà, era stato meglio così. Sì, se lo era detto tante volte. Perché finalmente aveva eliminato qualcosa di altrettanto superfluo e doloroso dalla sua vita. Ma era così difficile capire di volta in volta quale fosse il limite più appropriato ad ogni situazione. Se nel giusto fosse lui o se lo fossero gli altri, se su di lui avevano opinioni più accurate che egli stesso non riusciva a scorgere.
Come un cane che si morde la coda, Casey rifuggiva l'idea che gli altri lo odiassero isolandosi. Così si generava e veniva nutrito il suo odio finché non esplodeva, generando altro odio e moltiplicando il desiderio di andarsene.
Era chiaro a lui stesso, e probabilmente a tutti, che l'unica cosa che non avrebbe mai creduto di potersi sentir dire da qualcuno fosse:

«Insegnami.»
«Che?»

Arrestò il passo e si voltò in cerca del suo interlocutore, ora intenzionato a guardarlo dritto in faccia. Vide che si era fermato sul vialetto, poco dietro di lui, e lo fissava con un po' di emozione in corpo.
Cominciò credendo di essere preso per bene in giro. Però il ragazzino pareva serio, forse fin troppo. I neuroni vorticarono e spalancò gli occhi su di lui. I ragionamenti andarono a toccare intuizioni sin troppo oscure che preferì accantonare subito.
«Cosa dovrei insegnarti, Edward?» Un barlume d'irritazione si inserì nella sua voce.
Cosa avrebbe mai dovuto insegnargli? A ridere degli altri? A ignorarli? Lui?
In fondo chi aveva di fronte non aveva per nulla l'aria di essere un bulletto con le spalle larghe, bensì un dodicenne, più o meno, alquanto introverso, che magari non sapeva gestire gli scontri con i coetanei. Sì, doveva essere quello. Edward aveva captato le dicerie su di lui e si era incuriosito circa i suoi metodi per combattere aggressioni verbali o, alla peggio, fisiche. Così mingherlino, chiuso e col naso in mezzo ai libri, se ne doveva beccare di ogni.
«C'è qualcuno che ti da noia?» chiese dopo poco con più calma. Sì, doveva essere di sicuro quello.



Edited by ion` - 9/11/2022, 18:00
 
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view post Posted on 15/11/2022, 23:23
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CORVONERO - I ANNO

jpgCosa dovrei insegnarti, Edward? – disse, probabilmente irritato dalla richiesta improvvisa, il suo accompagnatore.
Il ragazzo, che era rimasto immobile sulla strada di ciottoli dal momento della sua richiesta, non sapeva bene con quale coraggio fosse riuscito a fare quel che aveva appena fatto. Un momento prima non era capace nemmeno di guardarla negli occhi e ora, ora la voleva come sua guida. Alla domanda piccata del Caposcuola, però, il ragazzo Corvonero non aveva alcun dubbio su quale fosse la risposta.

Tutto - disse in tono calmo e distaccato. Aveva ripreso un po’ della sua confidenza e sfacciataggine. Percepì una piccola fiamma accendersi dentro di lui. Il Fato aveva messo sulla sua strada forse uno dei maghi più talentuosi della scuola. L’occasione era troppo rara per farsela sfuggire e lasciare che quell’incontro non fosse altro che un ritorno sicuro al castello. C’era un legame che aveva percepito al ballo, inoltre, e la cosa non andava sottovalutata. Per un attimo era entrato forse in connessione con la ragazza. Che fosse stato un caso o no, la faccenda meritava di essere approfondita. E quale migliore occasione che averla come insegnante personale.
Così, si ritrovò a squadrarla dalla testa ai piedi. Si accorse di non conoscere nulla di lei, se non quelle quattro cose che derivavano da pettegolezzi sottobanco scambiati tra le aule e la Sala Comune. In effetti, guardandola meglio, non sembrava proprio avesse l’aria di un mago potente. Nei libri aveva sempre letto di maghi famosi e streghe leggendarie, ma avevano un portamento esemplare. Solo con uno sguardo le persone potevano trarre una forte ispirazione a migliorare sé stessi. Ma, soprattutto, erano amati. Ovunque andassero le persone li veneravano e li rispettavano. Casey Bell non sembrava proprio uno di quei maghi. Piuttosto, poteva essere scambiata per una ragazza cupa, dedita a frequentare posti poco raccomandabili e con un forte disprezzo per la società e le sue istituzioni. Nonostante fosse un Caposcuola non sembrava essere particolarmente apprezzata dagli studenti di Hogwarts, anzi, spesso giravano voci infelici sul suo conto. Non sembrava neanche avere troppi amici al castello. Non che Edward ci avesse fatto caso, eppure non avrebbe scommesso il contrario. Casey Bell non sembrava proprio uno di quei maghi potenti. Eppure, lo era.

C'è qualcuno che ti dà noia? – continuò il suo accompagnatore, forse preoccupato dai motivi che si celavano dietro la particolare richiesta del Corvonero.
Curioso – pensò Edward di primo acchito - si sta forse preoccupando per me?
Beh, era un Caposcuola, dopotutto, era normale che si preoccupasse del benessere degli studenti. Alla fine, uno dei loro compiti era proprio vigilare e vegliare su questi. Eppure, sentì la domanda come fosse qualcosa di strano. I conti non gli tornavano. I ritratti della terribile Casey Bell, che aveva udito di sfuggita dai compagni, cozzavano con quella preoccupazione che adesso il Grifondoro mostrava nei suoi riguardi. Neanche fosse un suo concasato che gli chiedeva aiuto. Cosa c’era dietro la maschera che la ragazza non smetteva mai di portare? Chi era, veramente, Casey Bell? Forse, quelle domande lo incuriosivano più della possibilità di acquisire nuove conoscenze attraverso l’egida del Caposcuola.
Gli occhi di Edward si socchiusero, ancora perplesso dal mago che aveva davanti. Avanzò, sino ad avvicinarsi a questo, forse più di quanto avesse voluto fare. La guardò dritta negli occhi per qualche istante. Forse nel tentativo di scrutare la mente del suo accompagnatore, a dispetto della sua paura di rivivere quanto accaduto al ballo. Stavolta, però, non successe nulla.

Mhm – esclamò secco Edward, a bocca chiusa, con una smorfia dubbiosa sul volto che gli deformava le labbra da un lato.
No. Se ci fosse lo rimetterei al suo posto – disse con tono sprezzante e, fissando in modo serio il Grifondoro, aggiunse - non sono un debole.








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CASEY BELL
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jpgTutto. Cosa poteva voler mai dire tutto?
Edward voleva imparare tutto da lui.
Tutto cosa? Le tabelline? La teoria base della Pozionistica? La grammatica inglese? Come allacciarsi le scarpe? Il galateo? Meglio di no, non da lui almeno.
Lo sguardo sul ragazzetto da stupito divenne severo, non appena le ipotesi sconclusionate si dissolsero per lasciar posto a intuizioni più concrete. Ora, mentre Edward riacquisiva compostezza di fronte ai suoi occhi, Casey si lasciava pervadere da un misto di emozioni confuse, che non gli permettevano di raggiungere la più totale chiarezza sulla questione.
Doveva sentirsi lusingato? Uno studente più piccolo totalmente sconosciuto gli aveva appena chiesto di insegnargli ogni cosa. Lo aveva riconosciuto in mezzo ai molti come "mentore" per via della notorietà che si era ricavato. Era evidente, allora, che non tutti lo giudicavano negativamente per le sue gesta.
Oppure voleva che gli insegnasse tutto proprio per via del fondo di orrore e potere emanato dalla sua ultima vittorie in Congrega. Edward era ambizioso, o voleva stare dalla sua parte per paura, credendo di innalzarsi ad una casta studentesca di livello superiore agli occhi degli altri. Ma lui era un fenomeno da baraccone, una pecora nera, sotto sotto era questo che dicevano gli altri. Era sotto un occhio di bue, ma in una luce negativa.
Una sfumatura di rabbia andò a mescolarsi allo stupore e all'orgoglio, respingendoli con la stessa intensità con cui premevano sul suo cuore.
Successivamente, anche se l'intuito l'avwva già resa base di quei pensieri, giunse la preoccupazione. Quel ragazzetto lo aveva preso ad esempio, e voleva che gli insegnasse a far chissà cosa per chissà per quale motivo. Come se dar fuoco a una persona fosse qualcosa di stimabile, seppur in grado di condurre alla vittoria.
«Mhm. Se ci fosse lo rimetterei al suo posto. Non sono un debole.»
Le emozioni roteavano nel crogiuolo senza fondersi, e benché il freddo insistesse sulla pelle, Casey uscì le mani dalle tasche per l'improvviso desiderio di bruciar via la pressione con una sigaretta. Se la portò alle labbra, e tornò a guardare il ragazzino.
«Allora perché?» chiese seccamente. Le sopracciglia visibilmente piegate gli davano un'espressione scocciata. «Sembri sapere il fatto tuo.» Si accese la sigaretta con un accendino e tirò il fumo come se da essa inalasse forza.

 
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EDWARD NEWGATE
CORVONERO - I ANNO

jpgAllora perché? - chiese il suo accompagnatore - Sembri sapere il fatto tuo.
Sembrava estremamente seccato dalla richiesta del ragazzo, come se tutto questo lo infastidisse in qualche modo, invece di lusingarlo. I suoi modi, poi, erano stizziti. Quasi nevrotici. Si accese una sigaretta e cominciò ad inspirare fumo con foga. Forse l’aria fresca e pulita della Scozia doveva disgustarlo, in un certo qual modo, e preferiva riempire i suoi polmoni con del catrame. Tipico delle persone che sono più inclini all’autodistruzione che alla conservazione. E ciò non poteva essere quanto di più distante dai modi di fare del Corvonero, il quale nel tempo aveva sviluppato un istinto alla sua preservazione e tutela che, spesso, lo portava ad escludersi da qualsiasi cosa e privarsi anche di possibili gioie. Ovviamente, per un ragazzo di soli undici anni non era difficile sottrarsi da vizi e perdizioni in generale, quale poteva essere il fumo, ma Edward era restio anche a concedersi leggere frivolezze tipiche nei bambini. Il suo scopo gli era chiaro e nulla poteva osare distrarlo dal raggiungerlo. E per questo la domanda avanzata dal Grifondoro gli suonava come un insulto alla sua persona. Perché? - pensava, fissando il suo interlocutore - Come sarebbe a dire perché? Quale motivazione poteva esserci dietro la sua richiesta se non quella di nutrire la sua sete di conoscenza? Non era forse quello l’unico motivo che faceva muovere e attivare la mente umana? Soddisfare la propria voglia di comprendere e di apprendere qualcosa di nuovo. Qualcosa che sino a quel momento era sconosciuto. Svelare cosa è celato dal velo del mistero. Porre fine alla piaga della propria ignoranza umana, che era ed è l’unico vero grande peccato originale, che affiggeva chiunque dal giorno della nascita. Bell era potente, nessuno avrebbe potuto metterlo in dubbio, eppure non riusciva a comprendere una motivazione così basilare? Che si mostrava così palese, seppur intrinsecamente, nella richiesta del Newgate.

Avanzò di più verso di lei, che continuava ad inspirare fumo e riversarlo come un soffio di drago nell’aria. Adesso riusciva a percepire a pieno il tanfo emanato da quella diabolica sigaretta. La coltre, sospinta dal vento, lo invase in pieno, facendogli quasi lacrimare gli occhi. A stento riusciva a vedere il viso spigoloso della Bell, ora, mentre ritmicamente la parte estrema della sigaretta si accendeva, man mano che bruciava, ad ogni respiro frenetico del mago. Con un gesto di irritazione Edward dissipò il fumo dalla sua faccia. Un colpo di tosse per pulire i polmoni da quel cancro, che si insinuava serpeggiante dal naso agli alveoli.

Sei solita fare domande retoriche? – rispose, domandando – Perché a me non piace perdere tempo, pensavo lo avessi intuito.

Proseguì, superandola sulla destra, lungo la strada, solo per alcuni passi, tanto da posizionarsi controvento e non essere più infastidito da quell’orribile fumo. Poi si girò, di scatto, e aggiunse - O è forse un qualche tipo di test?









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CASEY BELL
HE/HIM

jpg*E' un bambino. E' solo un bambino.*
Se lo ripeteva come un mantra al fine di assorbire quel concetto.
*E' solo un bambino, non posso strangolarlo né picchiarlo.*
I palmi gli formicolavano, facendo sussultare la pelle dal polso alla punta dei polpastrelli.
*E' solo un bambino, magari viziato. Ci penseranno i suoi genitori a picchiarlo. Se ce li ha.*
Una domanda retorica. Gli veniva da ridere. Voleva afferrarlo per il colletto, sbuffargli in pieno volto quel fumo che lo costringeva a lacrimare. Ridere della sua sfrontatezza.
*E' solo un bambino, non sa davvero niente.*

«Esattamente» esordì ilare. «Chiamiamola così: una prova.» Aspirò dalla sua sigaretta e volse lo sguardo verso i noccioli, scrollandosi di dosso quello del bambino. Non riusciva a credere a niente di tutto ciò che il giorno gli aveva appena posto davanti. Un'assurdità, qualcosa che andava totalmente al di fuori della sua concezione delle cose.
Effettivamente era proprio questo che quel bambino non riusciva a fare. Così piccolo, così sicuro di ciò che la sua mente partoriva e chiuso in essa al punto da non essere in grado di contemplare la realtà che si celava dietro gli occhi altrui. Una lezione che, d'altronde, nemmeno Casey era riuscito a mettere in pratica la maggior parte delle volte.
«Tu» tornò a fissarlo.
«Non hai idea.» Serrò la mascella.
«Di un bel niente» terminò.
Il filtro della sigaretta ormai spenta si accartocciò fra le sue dita. Voleva che i suoi occhi facessero lo stesso col volto di Edward. Schiacciarlo sotto la propria aura severa e indurlo a comprendere che di certe cose non c'era nulla da ammirare.
«Tu» lo additò con l'indice, cingendo ancora fra medio e pollice il mozzicone «osi avvicinarti a me per convincermi a insegnarti cose che non saresti in grado di padroneggiare.» Contenne la voce in gola, lasciando vibrare lo stomaco, per non alzarla come suo solito. Gli costò un'ondata di calore fin sopra la mascella, che lo indusse a far stridere i molari. «Lo so per certo. Si capisce. Non saresti così sicuro di saperla lunga se il tuo cervellino fosse in grado di comprendere davvero cosa è accaduto su quella pedana.»
Abbassò il dito e cercò di rilassare la smorfia animale che inavvertitamente gli aveva deformato il volto. *E' solo un bambino, e probabilmente non può immaginarsi nulla di tutto ciò.*
La rabbia più grande che ribolliva nel suo stomaco non era rivolta ad Edward. La vera causa risiedeva nel fatto che nessuno avesse mai sentito la sua versione. Nessuno gliel'aveva chiesta. Nessuno si era affiancato a lui per vedere come il duello lo avesse cambiato, e nessuno si era chiesto se fosse mai stato il caso di far avvenire quel duello. E ora vi era solo chi lo rifuggiva per paura e chi, come Edward, lo seguiva ammirato.
«Ti serve davvero che qualcuno ti insegni, sempre che tu sia in grado di imparare» affermò con calma severa. «Tutti possono imparare tutto. Non ti serve niente per questo, Edward, se hai un po' di sale in zucca e sai leggere le istruzioni dei libri. Non tutti però possono essere consapevoli Si raddrizzò e trattenne il fiato. Sotto la sua pelle scavata del viso, i denti si muovevano mordendo la carne delle guance.
«E tu lo saresti?» Chiese infine. Forse questa era una domanda retorica, almeno per lui. «Cos'è che vuoi realmente imparare, Edward? Sii sincero. "Tutto" è niente. Vuoi essere il migliore? Vuoi che ti insegni a dar fuoco alla gente? Ambisci a sentirti vincitore? Per cosa? Perché? Te lo sei mai chiesto "perché"?»
Si era avvicinato, reclinando il collo per fissarlo per bene con i suoi occhi spalancati. L'introversione era sparita. Totalmente innecessaria in quel frangente, lasciò il suo posto alla perentorietà per indurre il bambino a dubitare delle sue convinzioni.

 
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view post Posted on 8/2/2023, 22:09
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EDWARD NEWGATE
CORVONERO - I ANNO

jpgTu non hai idea di un bel niente – esordì la Bell, con la mascella serrata e gli occhi fissi su di lui, con un atteggiamento tipico di chi vuole dominare la conversazione, istillando timore reverenziale nella propria controparte – Tu osi avvicinarti a me per convincermi a insegnarti cose che non saresti in grado di padroneggiare . Lo indicava, con quella sigaretta sempre in mano che si consumava piano piano. Lo so per certo. Si capisce. Non saresti così sicuro di saperla lunga se il tuo cervellino fosse in grado di comprendere davvero cosa è accaduto su quella pedana – le parole fluivano feroci dalla bocca del suo accompagnatore. Sembrava un animale ferino che si stava scagliando contro il suo aggressore per difendere il proprio terreno, eppure, allo stesso tempo, sembrava un animale ferito che reagiva e scagliava il proprio dolore contro tutti. Tutti incapaci di comprenderlo. Nessuno che si curasse veramente di lui e dell’agonia che provava. E se qualcosa aveva imparato dai libri, era che di un animale ferito non ci si può fare affidamento. Il comportamento di lei sarebbe stato troppo imprevedibile. Così, istintivamente, si ritrasse, facendo qualche passo indietro. La mano, ormai rigida dal freddo, scattò nella sua tasca, dalla sua fidata bacchetta. Non che avesse intenzione di estrarla. Altra cosa che aveva imparato dai suoi libri era che, ad un animale ferito, non si deve mai mostrare ostilità. Ma sentirla nella mano gli dava forza, lo rassicurava. Il vento improvvisamente cominciò a tirare forte, le parole di lei si mischiavano al suo ululato lontano.

Ti serve davvero che qualcuno ti insegni, sempre che tu sia in grado di imparare – il tono era diventato calmo, ma sempre severo e autoritario - Tutti possono imparare tutto. Non ti serve niente per questo, Edward, se hai un po' di sale in zucca e sai leggere le istruzioni dei libri. Non tutti però possono essere consapevoli. Consapevolezza. Interessante – pensò il Corvonero, allentando la guardia. Quella parola lo aveva colpito. Come se avesse avuto un’epifania: la conoscenza era nulla senza consapevolezza. Il Caposcuola aveva ragione. Un pensiero che sino a quel momento non era, stranamente, venuto in mente ad Edward, durante i suoi anni di studi. Finora la fame di conoscenza era tanta da oscurare qualsiasi altro pensiero. Lo scopo che si era dato, ovvero quello di apprendere nozioni per colmare la propria ignoranza, sembrava ora fine a se stesso. Si era fatto soggiogare dal gusto dell’assimilazione. Quel nettare dolce, che fluiva dai libri alla sua mente, lo aveva distratto a tal punto da rendere effimero l’intento che giustificava tutte quelle ore passate in biblioteca. Non che si fosse pentito. Quello no. Ma ora riusciva a vedere la questione sotto una luce diversa.

E tu lo saresti? - chiese incalzante il suo accompagnatore - Cos'è che vuoi realmente imparare, Edward? Sii sincero. "Tutto" è niente. Vuoi essere il migliore? Vuoi che ti insegni a dar fuoco alla gente? Ambisci a sentirti vincitore? Per cosa? Perché? Te lo sei mai chiesto "perché"?

Aveva sciolinato un numero di quesiti non indifferente, e per alcuni di essi non aveva ancora la risposta. Abbassò lo sguardo e cominciò a guardarsi la punta dei piedi. Come uno scolaretto preso in castagna dalla professoressa il giorno in cui aveva deciso di non studiare. Una sensazione che lo infastidiva parecchio. Non si era mai sentito impreparato, almeno non su domande riguardo cosa volesse fare e come farlo. La sua sicurezza si sbriciolò davanti a quei quesiti, mostrando come alla fine rimaneva pur sempre un bambino di undici anni, seppur sveglio. Essere il migliore? – pensò Edward. No, non era quello. Una persona può ritenersi il migliore solo se si mette in competizione. E ti metti in competizione solo se sei insicuro sulla tua superiorità. Quindi, quello era da escludere. Dare fuoco alla gente? – continuò a pensare. Non era un cavernicolo, che motivo aveva di dar fuoco a qualcuno? Anche se poteva essere un ottimo deterrente per tenere lontani gli scocciatori. Con la Bell sembrava funzionare. Quasi tutti la evitavano da quando aveva sciolto la faccia del professore di pozioni. Sentirsi vincitore? – finì il suo pensiero. Non di certo. Era un fine troppo misero per essere perseguito da una persona come lui. Non cercava i riflettori, non voleva la gloria, non si sforzava per le adulazioni. Non lui.

Il vento aveva preso a soffiare forte e, con la neve che era cominciata a fioccare, poteva ben vedere con i suoi occhi il bianco che regnava onnipresente nella sua mente. Per cosa? Perché tutto questo? – più i suoi pensieri pressavano per avere risposte, più sentiva rimbombarli nel vuoto della sua testa. Il cuore pulsava, lo percepiva. Il respiro affannato iniziava a velocizzarsi. Un attacco di panico? – un’altra domanda a cui non riusciva a dare risposte sensate. Chiuse gli occhi. Il freddo penetrava sotto il suo cappotto, sospinto dal vento. Lo sentiva scivolare come serpenti che risalivano dal basso.

E poi eccolo lì. Un lucido momento di autodeterminazione. Un respiro profondo per rallentare il tempo. Il rilassarsi dei muscoli che venivano nuovamente riscaldati dal sangue che fluiva placido nelle arterie. Riaprì gli occhi, con una nuova consapevolezza. Quella parola, che tanto lo aveva messo in crisi, ora sembrava così rassicurante e familiare. Lui sapeva di non sapere. Sapeva che voleva colmare il suo peccato originale, causato dall’ignoranza umana, e sapeva che il perdono poteva avvenire solo tramite la conoscenza. Questo è ciò che sapeva. Questo è ciò che ricercava con tutte le sue forze. Il suo punto di partenza per la ricerca di quella consapevolezza che non aveva. Quella consapevolezza non era null’altro che qualcosa di nuovo da imparare. Con l’esperienza o con l’insegnamento di un mentore, non importava, ma andava appresa. Ed ecco la Bell, davanti a lui che, con i suoi modi di fare forse un po’ troppo bruschi e nevrotici, lo aveva guidato verso il primo passo di quel percorso. Tutto sommato, si stava già dimostrando utile. No – rispose Edward, con un sussurro appena percettibile – non sono ancora consapevole di come usare la conoscenza che voglio apprendere – le sue parole si perdevano nel soffio del vento – proprio per questo ho bisogno di te.

Era difficile per lui ammettere di aver bisogno di qualcuno. Certamente di uno come il suo accompagnatore, che sembrava un’anima tormentata dai suoi fantasmi piuttosto che un saggio mentore. E fu lì che, quasi distrattamente, chiese – cosa ha significato per te quel duello?










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view post Posted on 9/2/2023, 21:37
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CASEY BELL
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jpgRespirò, come se per lungo tempo un nodo gli avesse stretto la gola. Fu esattamente un sospiro di sollievo che sciolse la tensione della mascella non appena il bambino, Edward, rispose.

«Non sono ancora consapevole di come usare la conoscenza che voglio apprendere, proprio per questo ho bisogno di te.»

Distolse lo sguardo. Si sorprese, non appena uscito dalla nuvola di confusione, di aver provato tanto orrore alla richiesta di quel ragazzino. Ora che rivelava il perché del suo desiderio, Casey non poteva che rasserenarsi. Voleva dire che non bramava solo potere, che non lo aveva semplicemente preso ad esempio per via di un'azione cruenta.
Eppure qualcosa non gli tornava. Perché si sarebbe spinto fino a chiedergli di insegnargli ad essere consapevole di quanto apprendeva, se durante quel duello aveva commesso una delle atrocità peggiori? Cosa vi era di consapevole nel dar fuoco al proprio nemico per puro istinto di sopravvivenza?
Non gli tornava, no. Edward non aveva mai avuto altro esempio delle sue azioni. Così, come suo solito, Casey diffidava e rimaneva fermo nelle sue teorie senza dare alcun beneficio del dubbio.
Dietro ogni richiesta, dietro ogni desiderio, dietro ogni sentimento, vige il puro egoismo. Persino un undicenne, che tanto poco sa del mondo e di se stesso, può inconsciamente mascherare la pura egoistica speranza di essere il migliore. E ora, andato in crisi di fronte alla novità che Cas gli mise di fronte, diceva di bramare consapevolezza. No. Edward voleva che gli insegnasse chissà quale potere astruso per sentirsi potente, e per schivare qualsivoglia rifiuto diceva "sì, hai ragione".

«Cosa ha significato per te quel duello?»

Vacillò un attimo. Un po' per il ricordo, un po' perché così rischiava di poter dubitare delle proprie conclusioni.
Un conato di rifiuto gli risalì la gola, e allora si mise di nuovo in cammino verso il castello. Fece cenno ad Edward di seguirlo.
*Non sei pronto, non ora.* Lo ripeteva più a se stesso che mentalmente al ragazzo.
«Tieni.» Senza voltarsi, gli allungò il libro che aveva stretto fino ad allora sotto il braccio. «Sai che cos'è? Leggi la prima pagina. Ad alta voce, cosicché io possa sentirti.»
Che anche Edward fosse intimamente un egoista non aveva alcun dubbio. Ma se davvero voleva essere consapevole, allora doveva essere consapevole anche di questo. Forse il compito di Casey sarebbe stato proprio quello.

 
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view post Posted on 14/2/2023, 15:55
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EDWARD NEWGATE
CORVONERO - I ANNO

jpgTieni – disse senza voltarsi il suo accompagnatore. Poi gli allungò il libro che aveva comprato poco prima da BiblioMagic e che, sino a quel momento, aveva gelosamente custodito sotto il braccio. Sai che cos'è? Leggi la prima pagina. Ad alta voce, cosicché io possa sentirti – aggiunse infine, con un tono più brusco di quanto Edward avesse voluto sentire. Ma quella era una caratteristica del Caposcuola che probabilmente non sarebbe mai cambiata. E forse andava bene così. Il percorso che stava intraprendendo era tortuoso e impervio. Quindi, anche la sua guida doveva essere così. Forse.

Prese il libro tra le mani. Era pesante. Non sapeva se quella sensazione era dovuta alla mole di pagine ed alla spessa copertina del libro, oppure all’importanza e alla delicatezza delle parole che vi erano scritte dentro. Le mani ancora rigide per il freddo, si muovevano goffamente. Le dita intorpidite girarono le prime pagine del tomo. L’inchiostro nero, con alcune sfumature di bordeaux che si notavano in controluce, riportavano al centro della pagina la scritta: Veritaserum.

Cominciò così a leggere ad alta voce il contenuto delle prime pagine – Il siero della verità. Mago o strega che leggi questo testo, porta molta attenzione alle righe che sto per scrivere qui di seguito. In questo libro troverai il segreto per scovare forse la cosa più rara e preziosa che si possa cercare. Tre gocce di questo siero e la vittima sentirà un impulso irrefrenabile di dire tutta la verità e nient’altro che la verità. Per dissipare tal spesso celata volontà, molti prima di me fallirono e molti continueranno a farlo anche dopo. Perché tale pozione richiede una mano esperta e una mente sopraffina per essere realizzata. Per poterla creare dovetti raggiungere il cielo stellato e rubare gli ornamenti ai suoi abitanti; scendere nei meandri della terra ed estirpare le radici che la irradiavano; cavare il sangue dal fuoco e la linfa dal dolce fiore; strappare le zanne del veleno e decifrare linguaggi misteriosi. Poiché in ogni cultura, in ogni luogo e, probabilmente, in ogni cuore, si è sempre ricercata la verità. Grazie al mio ingegno, e forse anche al tuo se pensi di esserne degno, questa verità sarà svelata al Mondo e aprirà le porte dei suoi segreti. Il tuo risultato ti porterà ad avere qualcosa di apparentemente innocuo, privo di odore e sapore, senza colore ne particolarità. E ciò ancora più pericolosa la renderà, posto che i suoi effetti sono temibili per chi preda ne cadrà.

Alzò lo sguardo, ancora leggermente frastornato dalla lettura che aveva appena reso, tutta d’un fiato. Senza pause. Trascinato come da un incanto che l’autore di quelle righe aveva impresso nelle parole. Come se la volontà dello studioso che le aveva scritte, fosse ancora viva e si impadronisse di chiunque volesse seguirne le orme. Non sapeva perché la Bell gli aveva chiesto di leggere quel testo, che ancora non riusciva a comprendere del tutto. C’era qualcosa di molto complicato ed astruso celato dietro quelle semplici parole. L'unica cosa che riuscì a dedurre da quella lettura, era che lui quel giorno non avrebbe mai potuto comprendere da solo quel testo. Nonostante le ore passate in biblioteca, nonostante i libri divorati in poche ore, nonostante le nozioni apprese dai vari tomi. Quello che aveva tra le mani restava ancora per lui un mistero irrisolvibile.

Io… - esordì, incerto, con le parole che sapeva di dover dire, ancorate alla gola - …non credo di comprendere. Perché mi hai fatto leggere questo libro?








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view post Posted on 1/3/2023, 21:43
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CASEY BELL
HE/HIM

jpgAscoltò le pompose parole dello scrittore del libro "Nihil ad veritatem loquere". I grandi sapienti hanno sempre fatto sì che solo in pochi, i più pazienti e ambiziosi lettori, riuscissero a trarre qualcosa dagli enigmi che pronunciavano.
Ne era sempre rimasto affascinato, come se tanta complessità potesse essere l'indizio di una grande sapienza. Alchimia era l'apogeo di tali assurde astrazioni, e Casey ci si era gettato a capofitto sin dal terzo anno. Per poi rendersi conto che a volte tante ricercate parole servivano solo a descrivere qualcosa di tanto semplice. Forse così tanto da essere inesprimibile con un solo basilare concetto verbale.
Nel caso del Veritaserum non era così, così come per nessun'altra pozione. Era pura tecnica, nulla di spirituale. A meno che non si guardasse all'impegno in sé nel lavoro.
«Bando alle ciance» rispose quando Edward terminò di leggere «questa pozione serve per costringere le persone a dire la verità.»
Si voltò nella sua direzione per vedere che effetto potesse avere su di lui quella notizia. Ghignò e continuò ad andare avanti sul percorso.
«Ho trovato questo libro qualche tempo fa nel tuo negozio. Si trovano parecchie cose interessanti lì se si sa scavare bene. In ogni caso è da non crederci.» Parlare e camminare non era il massimo, specie dopo una sigaretta ed in salita. Intervallava le frasi con un profondo respiro, mentre le ginocchia si alzavano sull'acciottolato sempre più ripido. Piano piano erano giunti in prossimità del castello, risalendo l'altura verso il lungo ponte sullo strapiombo del lago.
«Questo libro era alla mercé di tutti, senza restrizioni. Immagina cosa chiunque dei tuoi compagni più stupidi potrebbe fare con una simile pozione. Immaginala tra le mani di un malintenzionato.»
Il tono della sua voce era cambiato. Non più aggressivo, non più diffidente. Era il tono di chi si perdeva con ardore nei dettagli di un interesse. Parlare dello scibile magico, in particolar maniera di Pozioni, era alienazione pura. Niente più Casey, niente più problemi di Casey. Era distacco, contemplazione, pura estasi mentale per via della completezza inesplicabile a parole dell'essenza più intrinseca dei concetti.
Oppure, bando alle ciance, questo era semplicemente Casey. E tutto il resto solo la ricca nevrosi di una mente alla perenna ricerca di futili perché.
«Certamente la realizzazione del Veritaserum non è alla portata di tutti. Credo di dover sputare litri di sangue prima di riuscire a decifrare i bilanciamenti scritti nel libro. Ma immagina che un giorno io o un altro stronzo riusciamo a produrla e la usiamo, vendiamo, la regaliamo o ce la rubano. E che io o qualcun altro la versiamo nel tuo tè, obbligandoti a rivelare i tuoi segreti più intimi. Cosa ne diresti?»

 
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