| [Correvano, inciampavano, si scontravano e si incastravano. Poi ruzzolavano, cadevano e si rialzavano, e ancora si perdevano e si ritrovavano.
I pensieri di Adeline Walker non si fermavano mai, un lavorio incessante, un affannarsi continuo in quella testolina dorata di cui, se abbastanza vicino, un buon ascoltatore avrebbe udito il lieve ronzio - proprio come pare di ascoltare lo sciabordio delle onde dentro ad una conchiglia.]
In quel momento, lo sguardo di mare e di bosco assorto tra le pagine di un libro di pozionistica avanzata, la strega stava distrattamente passeggiando lungo la via principale di Diagon Alley. La giornata era passata velocemente: l’ex Bronzo Blu non si era fermata un attimo tra le visite ai pazienti, i passaggi alla farmacia del piano, gli intrugli nel laboratorio di pozioni, le cartelle, altri passaggi alla farmacia del piano e in laboratorio, i confronti con i colleghi, altre visite ed altri passaggi alla farmacia e in laboratorio - sì, va bene? La farmacia ed il laboratorio erano in assoluto i suoi posti preferiti al mondo - sino a che, ai limiti dello stremo, la biondina non aveva chiuso baracca e burattini ben dopo l’ora di cena. Che poi, aveva ben poco da lamentarsi: lavorare al reparto “Avvelenamento da Pozioni e Piante Magiche” al terzo piano del San Mungo era ciò che Adeline stessa avrebbe definito come la cosa più simile al paradiso in terra. Un laboratorio di pozioni ed uno alchemico sempre a disposizione. Una farmacia enorme da cui rifornirsi sempre aperta. Il farmacista che si occupava dei rifornimenti dei vari ingredienti ormai salutava la strega come una vecchia amica e la lasciava entrare, fare, sbrigare ed uscire di tutta fretta com’era suo solito senza chiedere pressochè più nulla, o, nei radi momenti di pausa della Medimag, chiacchierava volentieri di fronte ad un enorme tazza di thè e biscotti offerta dalla londinese. Ad ogni modo, una volta terminato il turno, Adeline aveva controllato ancora una volta che il suo studio fosse ben in ordine per l’indomani, spento le luci, salutato.. E via, a casa. In realtà “casa” solo di passaggio, giusto il tempo di posare con meticolosa attenzione un paio di piccole ampolle il cui brillante e verdognolo contenuto sarebbe stato analizzato più tardi, recuperare un libro in cui era certa ci fosse una citazione che le sarebbe tornata utile a lavoro – e via, di nuovo fuori.
Adesso - sostituito quantomeno il camice con un dolcevita bianco ed una salopette azzurrina - la Walker a malapena stava facendo caso alla direzione intrapresa: il naso immerso nel libro, la bacchetta alta solo per illuminare le pagine, se le fosse passato davanti un Dorsorugoso neanche se ne sarebbe resa conto. E questo era un peccato, in fondo. Diagon Alley come al solito dava il meglio di sé, sebbene fosse comunque una serata relativamente tranquilla, ed il fatto che la strega ostinatamente cercasse di impegnare i pensieri per non lasciare che vagabondassero in zone d’ombra della sua mente in cui accuratamente evitava di inciampare, non aiutava granchè l’anima fondamentalmente dolce e socievole della biondina stessa, anima infatti che al termine di giornate come quella uggiolava mite, chiedendo di quel tepore che solo le relazioni umane sanno infondere, di quelle presenze che – e lo sguardo bicromo di Adeline si corrucciò un poco mentre l'attenzione al mondo esterno si riduceva ai minimi storici – da tanto tempo si negava più o meno volontariamente. Fu così la questione di un attimo, perché si sa, il naso tra i libri è bello e poetico solo se si è al calduccio sotto le coperte, magari con un bel acquazzone fuori dalle finestre, ma soprattutto se si è fermi, in un ambiente privo di ostacoli. Una panchina – una normalissima panchina, ben visibile a chiunque si degnasse di guardare dove metteva i propri piedi – le tranciò di netto il passo, facendola cadere sgraziatamente in avanti mentre il libro le volava via dalle mani e la londinese si ritrovava sdraiata su quella stessa panchina assassina, a pancia in giù, tutta storta e con gli stinchi doloranti.
-Perfetto.-
Fu l’unico pensiero semi coerente che per assurdo le attraversò la mente in quel momento, mentre si girava a pancia in su rimanendo però ancora sdraiata, le mani diafane a coprirle il viso, le fitte brucianti che da sotto le ginocchia si irradiavano verso l’alto, pulsando. Il cielo minacciava pioggia a settentrione ma era limpido e stellato verso sud. E lei? Anche lei minacciava pioggia a settentrione ma risplendeva a sud. O in altri termini, un po' le veniva da piangere, un po' da ridere.
-Accidenti che male. -
Nel dubbio, nel suo personalissimo caos, se ne stette ancora un po' lì, in quella posizione ridicola. .. Si, forse le veniva più da ridere.
[Correvano, inciampavano, si scontravano e si incastravano. Poi ruzzolavano, cadevano e si rialzavano, e ancora si perdevano e si ritrovavano.
Le emozioni di Adeline Walker non si fermavano mai, un lavorio incessante, un affannarsi continuo in quel cuoricino dorato di cui, se abbastanza vicino, un buon ascoltatore avrebbe udito il lieve battito - proprio come pare di ascoltare lo sciabordio delle onde dentro ad una conchiglia.]
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