Alone, Adeline Walker, Animagus principiante

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 21/11/2022, 18:56
Avatar

Group:
Docente
Posts:
419

Status:


Camminava senza apparente meta oramai da diverse ore.
Un obbiettivo lo aveva, ed anche piuttosto limpido nella sua mente dorata, ma una volta raggiunta la soglia del bosco che costeggiava Hogsmeade, Adeline si era inoltrata tra le sue ombre spegnendo per una volta i pensieri.
Le ombre in realtà si alternavano a cascate di luce dorata, i raggi del sole che costellavano a brevi intervalli i rami frondosi ed il morbido sottobosco.
La strega, con strani alambecchi sotto braccio, passeggiava con il naso all'insù e con le palpebre socchiuse.
Gli strani alambecchi a onor del vero, non erano poi così strani: in una borsa di tela resistente, appesa alla spalla destra della Medimag, diversi ciotoli lisci oscillavano seguendo il movimento dei passi cadenzati di Londra, e in una seconda borsa trovavano posto rami secchi, foglie multicolore e in una piccola ampolla ben chiusa la polvere di Cernunnos comprata appena qualche giorno prima.
La brocca trasparente con fantasie azzurre, acqua marina e blu, era invece tenuta stretta tra le braccia, colma di acqua trasparente, i cui piccoli movimenti a onde ogni tanto catturavano lo sguardo verde azzurro.

Non sapeva dove fosse diretta, finchè non ci arrivò.
Le iridi bicrome erano in quel momento assorte da un piccolo gorgo cristallino, formatosi sulla superficie del liquido limpido che stava portando con sè.
Aveva alzato lo sguardo, fermandosi senza un apparente motivo.
Aveva attraversato buona parte del bosco, arrivando infine ai margini dello stesso ma da uno dei suoi lati meno frequentati: strizzando un poco gli occhi infatti, in lontananza, tra le ultime file di alberi e oltre ad un ulteriore parte di terreno si poteva scorgere quello che doveva essere il profilo della Stamberga Strillante se il suo senso dell'orientamento non le mentiva, e di solito non lo faceva mai.
Un angolo di mondo decisamente poco frequentato - vuoi per la malevola fama della Stamberga, vuoi per la vicinanza del bosco e vuoi la sua notevole distanza dai sentieri battuti - questo era ciò che serviva a Londra alla fine.
Lasciò scivolare le borse in tela che portava, delicatamente, e con un profondo respiro Adeline portò la propria attenzione interamente a ciò che si accingeva a fare - o quantomeno provare.
Lo sguardò si accigliò un poco, proprio come le accadeva quando si concentrava profondamente e si lasciava assorbire interamente dal suo obbiettivo e dalle azioni ad esso necessarie.
Non era poi tanto distante da uno dei suoi mille + 1 lavori di pozionistica, a casa o a lavoro, dove ingredienti, strumenti, fasi di preparazione, tempi ed attenzione erano a dir poco fondamentali.
Iniziò dalle pietre, portando alla memoria quelle frasi lette talmente tante volte da essere ormai introiettate nel profondo, come scolpite nel cranio della londinese.
Le dispose una per una, in un cerchio sufficientemente ampio, mentre i capelli dorati le sfioravano il volto scompigliati da una leggera brezza autunnale.
Da accucciata com'era, si alzò in piedi, ed osservò il lavoro svolto da una prospettiva più alta.
Sistemò meglio un paio di ciotoli, e fece anche una prova rispetto all'ampiezza del cerchio, sedendocisi dentro e valutando lo spazio rimanente nella metà restante.
Andava bene a suo dire, per cui decisa a passare allo step successivo - lo sguardo assorto, i lineamenti rigidi nella meticolosità che stava infondendo in ogni suo gesto, persino il più semplice - prese il resto del materiale.
Fece un piccolo mucchietto con i rami e le foglie secche, cercando di rendere ordinato persino quello, e si sedette a gambe incrociate di fronte a questo, sempre dentro al cerchio.
Prese la brocca, lasciata poco prima lì accanto, e se la adagiò di fronte, tra lei e il mucchietto di rami.
Mancava la polvere che aveva acquistato qualche giorno prima, e che recuperò senza problemi dalla sacca in tela lasciata fuori dal cerchio ma a portata di mano. Anche quella finì di fronte a lei, accanto alla brocca, ordinata.
- Adesso, il fuoco. -
Il pensiero nitido fu seguito da un morbido movimento della mancina della strega che andò ad afferrare la bacchetta, sino a quel momento riposta come suo solito nella custodia in cuoio, per poterla così puntare contro le foglie ed i rametti secchi.
Un breve guizzo, e l'incantesimo Lacarnum Inflamare fece ciò che gli era stato richiesto: un piccolo fuoco scaturì nel luogo desiderato e le fiamme si rifletterono nelle iridi d'acqua della strega, le calde ondate di calore a lambirle la pelle attraverso i vestiti.
- L'acqua. -
Adeline si muoveva precisa, con calcolata calma, assorbita da ciò che stava facendo ma sufficientemente lucida da riuscire a mantenere la sua inscalfibile meticolosità.
Le mani si mossero quasi in autonomia, andando ad afferrare la brocca trasparente, ancora piena d'acqua altrettanto limpida.
Un respiro trattenuto, ed il liquido fu versato per intero lungo la testolina dorata.
La spina dorsale e la pelle diafana furono attraversate da brividi mentre rivoli d'acqua scivolavano incuranti sotto le vesti ed altri gocciolavano dalle ciocche bionde rese leggermente più scure dall'acqua stessa.
- Ora la terra. -
La destra si sporse leggermente in avanti, oltre al ginocchio corrispondente, ed affondò le dita nel morbido terreno che la circondava.
Sapeva di Autunno.
Gettò nel fuoco il terriccio raccolto e per un attimo le calde fiamme davanti a lei le rapirono lo sguardo.
A questo punto, la polvere di Cernunnos.
Sempre con la mano destra, Londra afferrò la piccola ampolla che conteneva la polvere fine.
Stappò il contenitore e lo alzò leggermente, abbastanza da non scottarsi sopra quelle fiamme tanto ipnotiche, ma vicina quel tanto da sentire ancora di più la pelle arroventata dal calore pungente.
Una volta versata la polvere sul fuoco, lo sguardo di mare e di bosco, incantato, si sgranò un poco.
Un leggero fumo bianco si alzava adesso dalle fiamme, e memore di quanto scritto, la Medimag immediatamente si sporse un poco, inclinando il busto, per far sì che il volto si avvicinasse a quel candore e potesse respirarne a pieno.
I polmoni si riempirono e si svuotarono un paio di volte, respirando quel fumo bianco ad occhi chiusi.
-Ecco l'aria. Ed ora..-
-Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u.-
La voce, la cui esistenza in tanto impegno, attenzione ed incanto in ciò che si stava accingendo a tentare l'ex Bronzo Blu era stata quasi dimenticata, risuonò chiara e solitaria nel vuoto che - mentale e fisico - si era andato a creare.
-Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u.-
Non si sarebbe fermata, sino a che non avesse avuto qualche segno in risposta.
-Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. -
Le piaceva, quella cantilena.
La tranquillizzava e più la ripeteva, più lasciava che quelle parole la assorbissero, prendendola, rigirandola, facendone quel che volevano loro.
-Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. -
.. Sì. Le piaceva, quella cantilena.


-Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Cernunnos Thelyn sem ... -
 
Top
view post Posted on 22/11/2022, 14:32
Avatar

Il Fato

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
10,913

Status:


Fuoco. Acqua. Terra. Aria. Il tuo acume, Adeline, ti consente di cogliere l'essenza più profonda del rituale che hai scelto di eseguire. Ogni gesto un elemento, un tassello in più, le quattro tessere mancanti di un puzzle che una volta completato ti aprirà le porte del Suo mondo. Un cerchio che ti protegge dagli spiriti, che ti dona parte di quei confini che inconsciamente cerchi da una vita. Sei calma, posata, elegante nei tuoi movimenti. Candida, quasi. Le fiamme ardenti creano contrasto con la tua pelle perla, scossa dai brividi quando entra in contatto con l'acqua. Una fiammata sale verso l'alto quando getti la manciata di terra, ma non ti spaventa. Perché ora sei pura. Dimostri di essere degna di incontrarlo, di farti guidare da Lui nel viaggio onirico alla ricerca di una parte di te che è sempre stata tua, ma che ancora non conosci. È il momento. La Sua polvere ora è nelle fiamme, un fumo bianco si leva davanti al tuo viso, gli occhi di mare e di bosco si chiudono e tu ti lasci trasportare da Lui. È lì, Cernunnos. È in quelle fiamme, in quel fumo, e ora è dentro il tuoi polmoni. Ascolta la tua voce che lo invoca, ti sente, Adeline. Percepisce il tuo desiderio, il tuo spirito, ed è pronto ad accoglierti. È pronto a guidarti.

Sono qui.

Non è una vera voce quella che senti. Percepisci quelle parole come se fosse il tuo stesso pensiero, che però non sei tu a guidare. Il Dio è con te e tu sei con lui. Il fumo bianco continua ad avvolgerti fino a che non ti ci perdi, e il bosco si fa lontano. Del profilo della Stamberga non c'è più traccia, il vento si acquieta, i lievi raggi di sole non trapassano più dalle fronde. Ciò che senti dentro tutto il tuo corpo, dalla punta degli alluci fino ai tuoi biondi capelli, è un crogiolo di sensazioni. Forza, possenza, energia, ma anche compassione, pietà, debolezza; oscurità, pesantezza, dolore, ma anche candore, amore, luce, leggerezza. Cernunnos è tutto quello, e anche di più. Racchiude in sé la natura delle cose, e tu lo percepisci. Ma è troppo per te, è troppo per chiunque. Non distingui, non riesci a emergere da quella confusione. Ma non devi temere, non sei da sola. Lui è con te e ti guiderà. Insieme scaverete nella tua anima e nell'anima delle creature del mondo, e troverete l'uscita.
Viaggi per degli attimi o forse un tempo indefinito, nulla è chiaro nella tua testa. Non vedi niente ma le tue palpebre chiuse sentono dolore, quel dolore dato da una forte luce che si schiaccia contro il viso. Un fruscio sempre più intenso accompagna il tuo viaggio, lo senti prima come un'eco lontana finché non si trasforma in un rimbombo dentro il cervello. Provi una leggera paura, ma quando i tuoi pugni stanno per serrarsi percepisci un vento caldo sul collo. Il calore scende sulle spalle, lungo la colonna vertebrale, e ti rilassa i muscoli. Cernunnos è tutto e non è nulla, si manifesta in tanti modi. Non fatichi a riconoscere la sua mano in quella calda folata.

Non avere paura.

Tutto si ferma. Niente più fruscio, niente più luce, niente più calore. Il silenzio che ti avvolge ti risveglia dal torpore. Apri gli occhi e ciò che trovi davanti a te ti lascia spaesata. Sei in piedi, al centro di una stanza asettica dalle pareti di ferro. Se ti guardi intorno, noti che la parete dietro di te è vuota, mentre ognuna delle altre tre si presenta con una porta al centro. La porta alla tua sinistra è di colore verde smeraldo, e presenta intrarsi dorati lungo tutta la sua altezza. Se avvicinassi il tuo orecchio al legno potresti sentire dei sibili indistinti, e con un udito attento potresti cogliere un suono che ricorda una frusta. Non c'è serratura sotto la maniglia, che si presenta come un pomello anch'esso dorato. La porta di destra invece è blu cobalto, costellata di piccole incisioni che ricordano gocce di pioggia e spirali. Il tuo orecchio questa volta sentirebbe il fruscio del vento: prima delicato, poi quasi un ululato, per poi calmarsi di nuovo in una cantilena senza fine. Il pomello è come l'altro, ma argentato. Entrambe le porte si lascerebbero aprire, se lo decidessi. Quella centrale, invece, ti è preclusa. È una grossa porta rosso fuoco, senza disegni, senza maniglia. Non emette suoni, non sembra volerti concedere il passaggio.

Segui l'istinto che ti contraddistingue, lasciati andare all'impulso, non pensare.

Scegli la tua strada.


Adeline, benvenuta alla tua quest per lo sblocco della vocazione Animagus principiante. Il tuo viaggio inizia qui, goditelo, divertiti, e contattami per qualunque perplessità.
Ti chiedo di postare in OT nella tua risposta l'inventario e le statistiche.
Buon viaggio!
 
Web  Top
view post Posted on 23/11/2022, 21:18
Avatar

Group:
Docente
Posts:
419

Status:


Seppe che era lì.
Gli occhi chiusi, il respiro calmo, profondo, Adeline dondolava un poco al lento ritmo della cantilena che stava intonando da - quanto, qualche secondo, o minuto, magari erano passate ore?
I pensieri di Londra iniziavano a farsi confusi, la mente razionale a farsi sempre più da parte.
Pensare di essere lì da un paio di secondi come da un paio di anni, aveva lo stesso identico peso.
Pensare di essere lì aveva lo stesso peso del pensare di essere a chilometri di distanza.
Lo stesso atto del pensare aveva un peso..
Anzi.
Tutto il contrario. Lo stesso atto del pensare era divenuta cosa così leggera, fumosa, inconsistente. Questo era il suo peso. Il nulla.
Il tempo e lo spazio poi, così come i pensieri, tz quale peso potevano avere?
Quale peso, quale infinitesimale importanza di fronte a tanta.. cos'era?
Era tutto.
Il nulla, in confronto al tutto.
Indefinibile.
Adeline non aveva mai avuto tanta consapevolezza del suo corpo quanto, contemporaneamente, incoscienza dello stesso. Non si sentiva davvero, se avesse posseduto ancora la parola e la capacità razionale e cognitiva di esprimersi attraverso di essa non avrebbe saputo chiarire la sua precisa ubicazione - dov'era il bosco? dove gli alberi, il semplice terreno, il cielo sopra di lei, il sole? - nè come scorresse o se in effetti scorresse il tempo, ma si sentiva e si sentiva come mai si era sentita prima di allora.
Era forte, era la forza. Ed era debole. Era niente.
Era potenza e prepotenza, era luce, era vita, era amore, ma era anche mancanza, era vuoto, era buio, era morte.
Adeline era. Perchè Lui, era.
Lui era così tanto. Era tutto, era ogni cosa, scibile e non al piccolo e fragile essere umano.
Al così piccolo, e così fragile essere umano, come la piccola e fragile Adeline, che per un attimo - o per settimane, mesi, anni, vite intere? al culmine di quel tutto in lei, esile guscio, minuscola parte - per un attimo la strega credette di stare sul punto per esplodere, o implodere, non lo sapeva, non sapeva niente seppur mai così vicina al tutto il corpo teso, i muscoli rigidi nello sforzo sovraumano.
Faceva male.
Ecco, questo lo sapeva.
Faceva tanto, male.
Adeline Walker si stava perdendo, e neanche se ne stava rendendo conto.
Realizzò che era buio, quando fu luce.
Realizzò che era silenzio, quando dapprima fu fruscio, poi rimbombo, sempre più forte sino a che fu tuono.
Realizzò che era da sola, in tutto e che aveva paura, sino a che non fu più sola ed il tepore della rassicurazione, della quiete e tacita, potente ed infinita Presenza scacciò via la paura.

["Tutto si ferma. Niente più fruscio, niente più luce, niente più calore."]

Aprì gli occhi, scoprendo così di poterli aprire.
Era in piedi - un corpo lo aveva ancora, allora - e c'erano delle pareti. Era al chiuso. Era da sola.
Se poteva rabbrividire, Adeline lo fece.
Non sapeva, non pensava, la sè razionale era talmente sfumata da apparire inconsistente come mai prima.
Era emozione, istinto, pulsione e sentimento. Era inconscio ed irrazionalità. Era la parte di lei più profonda, e ora così crudelmente nuda, indifesa - ma anche forte della sua libertà, potente come mai lasciata naturalmente di esprimersi e di muoversi davvero.
Una porta, sulla sinistra, verde smeraldo e oro, la chiamò.
Sibili e vaghi schiocchi, Adeline aveva appoggiato i palmi di entrambe le mani su quello che poteva essere un facile ingresso - a cosa? a dove? a chi? - e l'intera parte sinistra del volto, i timpani tesi, in ascolto.
Un battito di ciglia e si allontanò, osservando ancora per qualche attimo quella porta.
Verde.
Si voltò.
Una seconda porta, blu e argento, prese vita nel suo spazio vitale.
Era lì anche prima o era talmente nebbiosa la sua mente, nebbiosa la presenza e il senso di certezza - data dalla sua incrollabile razionalità solitamente - che non se ne era resa conto?
Non importava.
Come se trascinata da un filo invisibile, una seconda volta i palmi diafani, e parte del volto e l'orecchio si appoggiarono a quell'ingresso.
Vento. Aria. Turbinii delicati prima e prepotenti poi, intrappolati in una ritmica ed infinita danza - Adeline respirò, come se di quei suoni potesse riempirsi i polmoni.
Si allontanò anche da questa porta, osservando anche quella da un paio di passi di distanza.
Blu.

..Rabbia.
Inspiegabile, ma ridotta com'era al suo più pulsionale stato di vita, Adeline neanche tentò di trovare una spiegazione.
Una porta verde, una porta blu.
Se avesse potuto piangere, lo avrebbe fatto. Forse lo stava pure facendo.
Verde e blu.
Si riduceva sempre, tutto, a quel binomio.
Verde o blu.
Verde bosco, come una delle sue iridi. Il silenzioso lascito di sua madre.
Blu mare, come l'altra sua iride. L'altrettanta silenziosa eredità di suo padre.
Si scagliò in avanti, accecata dalla furia, sino ad imbattersi contro una terza porta, rosso fuoco, che tutto le suonava meno che come una possibilità per lei.
Muta e inflessibile, persino ai pugni e alle grida rabbiose ed umide che Londra si ritrovò a dare contro a quell'indifferente soglia, per lei solo un limite invalicabile.
Quando si allontanò anche da quella terza, aveva il fiatone.
Il petto le si alzava e abbassava con forza, mentre ora con immensa Tristezza tornava a scrutare le due porte.
Osservò la verde, mentre un miscuglio di disperazione, estremi sensi di colpa, inadeguatezza, le ferivano il muscolo cardiaco da suo interno, le laceravano la gola, le striavano la pelle.
Londra fece un passo indietro, senza accorgersene.
Strizzò con forza gli occhi cercando di non perdersi in quel dolore che la legava da così tanto e così tanto alla figura materna, per quanto quotidianamente negasse tutto, per quanto quotidianamente credesse ad altro.
Solo quando sfiorò con la mano la superficie della porta blu, si rese conto di come si fosse mossa all'indietro senza neanche pensarlo.
Allontanatasi così da quella possibilità, per volgersi invece.. al Blu.
Speranza.
Comprensione.
Accoglienza.
Furono diverse le sensazioni ed emozioni che presero vita nel suo sterno, e furono un balsamo dopo le laceranti ferite di poco prima.
Prese un respiro profondo Adeline, sentendosi accolta e compresa, curata da quel ritmico fruscio che diveniva tormenta e tornava fruscio, come lei, come il suo animo quieto ed inquieto, come il tepore dei suoi sorrisi e la ferocia della sua solitudine, la londinese.. sorrise, solo un poco.
Aveva richiuso gli occhi, lasciandosi trasportare dalle sensazioni, dai suoni, da quel tutto che le trasmetteva quella soglia.
La destra scivolò verso il basso, andandosi a stringere attorno al pomello argentato.
Un altro respiro, benefico.
E senza che un solo pensiero la sfiorasse, senza voltarsi indietro, senza nemmeno più percepire che un "dietro", un'altra possibilità al di fuori di quella esistesse..
Adeline Walker, aprì la porta e varcò la soglia.



Statistiche

Punti Salute: 176

Punti Corpo: 125

Punti Mana: 127

Punti Esperienza: 25

Inventario

Attivo (tasche, mani)
Bacchetta - Nocciolo, Crine di Unicorno, 13 pollici, Rigida.
Porta bacchetta da coscia
Borse in tela con 1) il necessario per il rituale - già utilizzato- 2) Libro "Trasfigurazione Avanzata, Vol. III" 3) Limone della Resistenza
 
Top
view post Posted on 28/11/2022, 09:58
Avatar

Il Fato

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
10,913

Status:


Scegli la tua strada.

Compi la scelta a modo tuo, Adeline, nello stesso modo in cui affronti la vita. Verde bosco, blu mare. Un fortuito binomio che ti accompagna da sempre. I colori ti risvegliano i sensi, riportano fuori emozioni che nascondi ma che porti sempre con te. Cernunnos ti lascia affrontare il tormento, resta in disparte mentre cerchi di adattarti al nuovo ambiente costrittivo e operi la tua scelta. Parrebbe una scelta casuale, ma non lo è, e lui lo sa. La porta blu mare si apre al tuo tocco, ti lascia entrare. Appena varchi la soglia, la porta che ti sei lasciata alle spalle sparisce senza un suono, come se non ci fosse mai stata. Dapprima, questa nuova costrizione potrebbe spaventarti o lasciarti inquieta, ma ti sorprendi nel constatare che ogni volta che ti senti impaurita un calore ti avvolge, ti stringe, ti fa sentire al sicuro. Davanti a te si mostra un mondo nuovo. E tu, Adeline, puoi esplorarlo. Il tempo sembra essere tornato quello regolare a cui sei abituata, e questo ti aiuta a restare calma. Profumo di bosco, fiori, erba, lo senti penetrare nelle narici. È come un mondo in miniatura. In alto il cielo è azzurro, limpido. In basso il terreno offre molteplici realtà.

Guardati attorno. Osserva.

Volgendo lo sguardo a sinistra, noti un grande bosco che un po' è luce, un po' è buio. La sua parte più a sinistra è fitta, le fronde sono spesse e nemmeno un tenue raggio del sole che invade l'intera zona riesce ad attraversarle. L'alra metà è più aperta e luminosa, gli alberi sembrano abbracciare il cielo, i rami forti e possenti per ospitare altrettanta forza. Se ti avvicinassi al buio, ad accoglierti troveresti due occhi gialli di un gufo, in una testa che ruota a più riprese per scrutarti, e non lontano il nero manto piumato di un corvo che ti guarda curioso: se lo volessi, potresti addentrarti nella notte dall'uno o dall'altro. Se ad attirarti fosse la luce, lì potresti trovare la maestosità di un'aquila e l'agilità di un falco: si muovono in cerchi regolari sopra le fronde, prima piano, poi veloce, poi ancora piano, creando una sinfonia di battiti d'ala piacevole e rassicurante; si fermerebbero su uno dei rami più bassi a osservarti se avanzassi verso uno di loro.
Alla tua destra, tutt'altra immagine ti riempie gli occhi. Diresti di aver visto uno spazio simile nei quartieri più altolocati della tua Londra. Un vasto giardino all'inglese, dall'erba perfettamente pettinata in scomparti simmetrici e raffinati, al centro una meravigliosa, imponente fontana che crea un unico arco di spruzzi d'acqua. Qualche passo in questa direzione, e li vedresti tutti lì, chi a giocare con i getti freschi, chi a nuotare sereno nella vasca della fontana, chi a svolazzare cinguettante sopra quello scenario ameno: un passerotto, un usignolo, un cardellino, una ghiandaia, persino un pettirosso. Dietro la fontana, una piccola panchina di ferro nero inaspettatamente calda sembra invitarti a prendervi posto. Se lo facessi, ti basterebbe chiamare una di quelle piccole creature alate e questa si avvicinerebbe a te.
Davanti a te, invece, più in fondo, un piccolo stagno impegna il tuo sguardo. Non riconosci subito quali animali lo abitano, ma già da lontano puoi individuare la classica, inconfondibile sagoma di un fenicottero, che interagisce con un'altra creatura. Se percorressi l'acciottolato che conduce fino all'acqua e giungessi sino a dove il terreno lascia spazio al verde smeraldo della distesa stagnante, potresti ammirare il suo compagno di avventura. Il fenicottero si sta beccando amichevolmente con un airone dal petto bianchissimo e le ali nero pece. La loro interazione ti farebbe sorridere, paiono due cuccioli che si litigano un giocattolo. Se li fermassi, potresti chiamarne uno a te e giocare con lui. Un mulinello nell'acqua attirerebbe certamente la tua attenzione, e se seguissi quel moto percorrendo la piccola pedana che attraversa la superficie dell'acqua vedresti un etereo cigno bianco intento a pulirsi le penne.
Mentre ti assesti in questo habitat incredibilmente variegato, un forte botto ti prende alla sprovvista e la tua schiena viene colta da un brivido. Non è Cernunnos, non è il suo tocco, te ne rendi conto quasi senza doverci pensare. Devi voltarti per scoprire che la causa di quel tonfo è la comparsa di una nuova porta dietro di te, là dove è sparita quella che ti ha portato lì. La fattura è identica a quelle che hai già visto, ma questa volta è color ocra, ed è profondamente scheggiata in più punti, come se degli artigli l'avessero lacerata. Non odi rumori provenire da oltre la porta, qualunque creatura vi si trovi è dormiente. Ma quei segni parlano da soli.

Segui il tuo istinto.

La voce di Cernunnos, che è il tuo stesso pensiero, ti esorta a prendere una direzione. La sua mano è lì, sulla tua spalla, la percepisci senza bisogno di vederla. Ti accompagnerà nella direzione che prenderai. Bosco, stagno, giardino, l'ignoto silente alle tue spalle.

Compi la tua scelta.


 
Web  Top
view post Posted on 28/11/2022, 21:38
Avatar

Group:
Docente
Posts:
419

Status:


Si era lasciata alle spalle la sibilante porta verde smeraldo, la muta rosso fuoco, ed insieme a loro le potenti risposte emotive che per un tempo indefinito avevano fatto di Adeline ciò che avevano crudelmente voluto.
L'animo quieto ed inquieto - in quel suo infinito e sfinito movimento che mostrava nelle sue acque fresche e cristalline, accoglienti, quanto nascondeva nei suoi gorghi più oscuri e profondi, furiosi ed inospitali - si era palesato come mai prima di allora.
Lasciata indietro, sbiadita quella sè razionale che tanto la rassicurava nella vita quotidiana - quanto la opprimeva talvolta - Londra si era scoperta preda - o predatore? - nuda, scoperta come un nervo ma per lo stesso motivo incredibilmente forte, scattante, istintiva.
Era stata rabbia, era stata tristezza, poi inadeguatezza e senso di colpa ed infine.. era stata conforto ed accoglienza, era stata libertà e comprensione, speranza e cura.
Così tanto in così poco tempo, eppure una volta giunta alla sua decisione, come un fiume in piena si svolge scontrandosi rabbioso contro i suoi limiti confini ma che infine giunge alla foce e per sua natura abbraccia il mare, così Adeline alla fine del suo impetuoso scorrere, aveva accolto quell'immenso, nuovo, mondo.
Non se lo era aspettato, in realtà.
Non che avesse razionalizzato qualche plausibile possibilità o stilato una lista di alternative, ma se da una parte la londinese aveva accettato con la pace nel cuore la sua scelta e ciò che ne sarebbe inevitabilmente seguito, dall'altra non aveva potuto non meravigliarsi allo svelarsi di ciò che si era mostrato oltre la soglia appena varcata.

[Chissà se il fiume mentre scorre sa dove sta andando. Chissà se quando abbraccia il mare, nella sua immensa vastità e potenza, ne ha paura. Chissà se quell'acqua dolce, in quel suo perpetuo moto, dove tanto di sè va perso pur correndo verso ciò che sa essere un'altra parte di sè, più profonda..
Chissà se quell'acqua dolce piange, ed è per questo che il mare è salato.]


La porta svanì, così come era comparsa, ma Adeline non se ne rese conto.
Lo sguardo bicromo era troppo impegnato a soffermarsi ed accogliere quanti più dettagli possibile di ciò che improvvisamente la stava circondando.
Un mondo.
Un intero mondo.
Un brivido le prese la spina dorsale ma, quasi in contemporanea, quel tepore di sottofondo, quella certezza e profonda quiete Sua, data dalla presenza di Lui, le fece espirare l'aria inconsapevolmente trattenuta in gola.
Non era da sola. Era sua la ricerca, era suo l'animo, ma non era da sola.
La sensazione le era aliena, nel suo calore: Adeline era nata da sola e così aveva vissuto da sempre. Il fatto che in un viaggio tanto importante invece qualcuno, qualcosa, la sostenesse, le infondesse quel senso di rassicurazione al bisogno e semplice presenza costante..un secondo brivido la scosse, più morbido, caldo questa volta.
Sulla sinistra, un bosco: una parte in ombra e una inondata di luce.
Si morse il labbro inferiore, Londra.
Le piacevano, i boschi. Quelli ampi, con grandi alberi a far trasparire i raggi dorati del sole ed il terriccio morbido sotto i piedi.
Forse però, non era davvero quello il suo posto.
I boschi erano dei solitari: Adeline lo era, accidenti se lo era, ma c'era una parte altrettanto importante di lei che per quella stessa solitudine per certi aspetti tanto apprezzata e persino ricercata.. piangeva lacrime pungenti sul viso e amare al palato.
No. Non il bosco.
Sulla destra, tutt'altro.
Nessun albero, cespuglio e sottobosco ma erba ordinata, guizzi scintillanti e cristallini di una fontana, una panchina persino.
Trasportata da un filo invisibile, Adeline a passi leggeri si avvicinò a quello scenario: sorrise, seguendo con le iridi verde e azzurra il volo leggero di un passerotto, si soffermò sui colori di quello che sembrava essere un cardellino, poi una bella ghiandaia, ascoltò il dolce canto di un usignolo.
Lo sguardo saltellò addolcito da quella visuale, sino ad accogliere in lontananza qualcos'altro: era un fenicottero, quello?
I giochi ed i suoni, i movimenti lievi di quelle piccole creature più vicine a lei però, attiravano di più la sua attenzione, lo sguardo cercava di raccogliere quanto più possibile ma il cuore la tratteneva lì, accanto a quelle piume leggere e dolci occhi neri.
Era ancora come incantata da quelle immagini, quando un improvviso, inaspettato e forte rumore la fece sobbalzare vistosamente.
Londra si voltò, rapidissima, in allerta, pronta allo scontro.
Sbattè un paio di volte le palpebre, mettendo a fuoco un'altra porta.
Un'altra soglia da varcare. Un'altra possibilità.
Lo sguardo, dapprima pronto al pericolo e al combattimento, poi sorpreso, mutò ancora e si crucciò un poco.
Era una porta molto simile a quelle precedenti, di colore ocra, ma questa.. non era intonsa, perfetta avrebbe detto, come le altre.
In più punti era rovinata, ed avvicinandosi, gli occhi bicromi sondarono le profonde scheggiature che costellavano il legno.
Adeline si avvicinò tanto, improvvisamente catturata, da andare infine ad accarezzare con infinita delicatezza quegli stessi rovinosi difetti, come se fossero ferite aperte e lei fosse tornata nelle sue vesti di Medimag.
Le dita diafane scorsero lungo ogni singola scheggiatura, per tutta la loro lunghezza, piano.
Lo sguardo era assorto, triste e meditabondo. Un sottofondo di istinto alla lotta e allo scontro le faceva però mordere l'interno delle guance - chi, cosa, perchè quei tagli, quelle lacerazioni !?
Aveva quasi paura ad avvicinare l'orecchio, come aveva fatto precedentemente, per ascoltare i suoni nascosti da quella superficie.. ma la porta era muta, un insondabile silenzio premeva contro i timpani.
["Segui il tuo istinto."]
Cernunnos era ancora lì. Ancora con lei.
Londra chiuse gli occhi, respirò piano.

[Chissà se il fiume mentre scorre sa dove sta andando. Chissà se quando abbraccia il mare, nella sua immensa vastità e potenza, ne ha paura. Chissà se quell'acqua dolce, in quel suo perpetuo moto, dove tanto di sè va perso pur correndo verso ciò che sa essere un'altra parte di sè, più profonda.. chissà se quell'acqua dolce piange, ed è per questo che il mare è salato.]

Adeline scorreva e si lasciava scorrere, non sapendo dove stava andando ma riconoscendo, riconoscendosi una volta arrivata.
Aveva abbracciato il suo mare, avendone paura all'inizio ma essendo poi rassicurata da quella quieta presenza che era l'antico Dio che la stava accompagnando in quel viaggio.
Correndo aveva perso parti di sè e - realizzò, all'improvviso - ne stava per perdere ancora una [pur correndo verso ciò che sa essere un'altra parte di sè, più profonda..] -
Il cuore tremò un poco, mentre un lontano cinguettio lieto accompagnava le sue dita che ancora accarezzavano leggere i tagli profondi della porta.
La mancina si posò sul pomello, abbassandolo.

[..chissà se quell'acqua dolce piange, ed è per questo che il mare è salato.]

Non avrebbe saputo dar voce al fiume, non avrebbe saputo chiedergli se piangeva o meno al suo incontro con il mare.
Adeline però, inarrestabile nei suoi movimenti, preda e predatore dei suoi istinti, di quelle sue emozioni talvolta così contraddittorie - cura e lotta, tristezza e rabbia - di quelle ferite aperte che nel loro silenzio la chiamavano con così tanta forza..
Adeline piangeva, varcando la soglia di quella porta.

Percepì, calda, rassicurante, forte, presente la mano del Dio sulla sua spalla, e lo ringraziò muta, con ogni fibra del suo essere.
Adeline era pronta: alla cura di quelle lacerazioni quanto alla lotta e allo scontro ad artigli sguainati contro chi o cosa le aveva provocate.
Di certo in quel mare avrebbe potuto piangere.
Non si sarebbe però, lasciata affogare.
 
Top
view post Posted on 1/12/2022, 11:42
Avatar

Il Fato

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
10,913

Status:


Quando hai deciso di intraprendere questo viaggio, non avevi idea di come sarebbe stato. Ti sei lanciata nel vuoto, nell’ignoto, alla ricerca di un pezzo di te. Forse l’hai fatto nella speranza di sentirti completa, o forse col desiderio di sentirti meno sola una volta trovata la forma del tuo spirito. Anche ora, agli inizi del tuo viaggio, non hai compreso ciò che stai vivendo, ed è giusto così: non c’è nulla da capire, c’è solo da vivere. Ma una cosa, un’unica certezza l’hai catturata. Non sei sola. Forse per la prima volta nella tua vita nel momento del bisogno avverti una presenza calda, confortante, fidata di fianco a te, e non hai bisogno di vederla per sentirla amica. Nemmeno per un attimo hai avuto il dubbio che fosse qualcun altro al di fuori del Dio, Cernunnos, che tu hai evocato e che ha risposto al richiamo senza esitare. Saperlo con te ti dona una forza e una libertà senza pari: non cancella la paura dell’ignoto, ma ti consente di affrontarlo con rinnovato coraggio. È questo che ti spinge, nonostante la meraviglia attorno a te che fa brillare i tuoi occhi, a posare la mano sul pomello dell’ennesima porta che ti condurrà in un mondo nuovo. La testa di ogni pennuto che stai lasciando indietro si volta a fissarti, torva: percepisci il loro sguardo fin dentro le ossa. Ma il loro disappunto non ti deve turbare, Adeline, perché ogni scelta che compi è solo tua ed è frutto della tua esperienza. Nessuno, qui, ti porterà via questa libertà.
Non appena ti chiudi la porta alle spalle, questa cambia colore. Al posto dell’ocra ora vedi un gradiente che va dal blu profondo in basso all’azzurro cristallino in alto, il pomello proprio lì dove si fondono i colori. Nessun segno, solo una bicromia, come sempre. Da subito, quindi, ti viene offerta un’altra via. Ma prima, voltati e osserva il luogo in cui ti trovi.
Neppure nei sogni più agitati, probabilmente, avresti immaginato un posto simile. Non ha logica, non ha un senso agli occhi dei più, ma lo ha per la calda presenza che ti segue. Non interrogarti sul senso delle cose, non ora. Devi pensare solo a te, ai tuoi istinti, a ciò che ti attira. Davanti a te, un lunghissimo viottolo si dilunga fino a perdersi nell’orizzonte, qualche curva a forzarti lo sguardo in una direzione o nell’altra. È un lungo corridoio, ai lati del quale, per tutta la sua lunghezza, si trovano degli animali dormienti. Dormono quasi tutti, e chi è sveglio è comunque fermo, come in attesa di qualcosa. Il primo tratto è costellato di gatti: una quantità innumerevole di gatti di ogni forma, razza e colore, tutti acciambellati o comodamente sdraiati. Dietro di loro, come uno sfondo lontano e impalpabile, vedi il profilo di alcuni palazzi in stile newyorkese, sempre più alti fino a diventare veri e propri grattacieli. Pare lo sfondo di una cartolina, sembra irreale, come appiccicato con la colla. Se continui lungo il cammino, subito dopo l’orda di gatti i felini iniziano pian piano a ingrandirsi, e lo sfondo cambia forma. I palazzi in lontananza spariscono, e lasciano spazio a una gigantesca savana sconfinata alternata a quella che pare essere una foresta tropicale. Il bioma non ti è chiaro, ma non è necessario che lo sia. Il colore della terra e dell’erba alta che vi sbuca è lo stesso ocra che ornava la porta che ti ha condotto lì, mentre in alcuni punti alberi grossi e fitti danno ombra al alcune creature. Ben distanziati questa volta, e non in un folto gruppo come i gatti, vari bestioni appisolati o sonnolenti giacciono ai tuoi lati. Ovunque guardi noti una diversa famiglia di animali, ognuno di essi in ogni variazione di colore possibile per la sua specie: puma, linci, caracal, leopardi, ghepardi, tigri, pantere, leoni e leonesse. Qualunque felino ti possa venire in mente è lì, da qualche parte, anche se non lo vedi immediatamente c’è, ti basta proseguire nel tuo cammino. Ciò che rende tutto così surreale è l’immobilità che ti circonda. Un silenzio innaturale, cullato solo dal respiro e dalle fusa di alcuni dei gattoni presenti. Quella calma ti turba, non la trovi naturale: forse ti sembra assurdo trovarti in mezzo a così tanti animali feroci senza avvertirne il pericolo. Ma tu non sei lì per combattere con loro, non fisicamente almeno, e non certo in quel momento. Sei lì per esplorare il tuo animo, per trovare le tue affinità, e nessuno lì ti è nemico a meno che non sia tu a ritenerlo tale. Ancora una volta ti viene data una scelta. Cernunnos ti osserva mentre valuti se disturbare la quiete di uno di quei felini, quello che più ti cattura l’anima e le cui vibrazioni più ti attirano, o se abbandonare quel mondo come hai fatto in precedenza e avventurarti da subito nell’ignoto, senza fermarti a cercare una qualunque forma di contatto.


 
Web  Top
view post Posted on 4/12/2022, 16:14
Avatar

Group:
Docente
Posts:
419

Status:


Perchè aveva intrapreso quel viaggio?
Per tanti motivi diversi.
Adeline si era interrogata, sfogliando le pagine di quel libro di Trasfigurazione, domandandosi come, perchè quella decisione che - con ogni probabilità - avrebbe comportato più sofferenze e ferite interne che soddisfazioni e risultati luccicanti.
Le serviva.
Le serviva scavare più a fondo. Le serviva scoprire, scoprirsi, un pò per completare quel senso di vuoto che la accompagnava dalla nascita, un pò per quel senso di pungente inadeguatezza, insufficienza, amara delusione delle aspettative riposte in lei.. per quella colpa, il cui invisibile marchio infuocato le tormentava la pelle ed il cuore.
Ahhh, quanto potevano essere dolci i ricordi, gli insegnamenti di una vita di chi, più nolente che volente, si era preso la briga di farla sopravvivere sino all'età minima perchè potesse procurarsi del cibo da sola e non annegasse nella vasca da bagno.
Era difficile sbrogliare quella fitta trama di emozioni, esperienze, pensieri e parole, vite vissute che nel complesso avevano contribuito a dare vita a quella che infine era Adeline Walker, sdraiata quel pomeriggio sulle lenzuola blu lavate di fresco, lo sguardo assorto tra le pagine di pergamena e il respiro appena percettibile.

Una volta varcata la soglia color ocra, quelle sensazioni tanto confuse quanto limpide di quel pomeriggio - apparentemente lontano mille anni o più - erano tornate, prepotenti.
[Le serviva scoprire, scoprirsi, un pò per completare quel senso di vuoto che la accompagnava dalla nascita..]
Non era però solo quello.
Non era solo quel senso di mancanza, insufficienza e senso di colpa - per cosa poi? - Adeline sapeva che quel viaggio era per lei, sapeva che era per capire, sapeva che era la risposta a tutte quelle domande che da tanto la tormentavano - Adeline voleva andare a fondo, più a fondo di quanto mai fosse andata e sviscerare quel suo mondo interno che talvolta la faceva tanto penare, quanto spesso le dava invece forza, potere, libertà.
..Ecco.
Forse, di tutta quella libertà, quell'assenza di confini che da sempre l'accompagnava.. Adeline ne aveva quasi la nausea.
Lei voleva dei confini. Lei voleva una forma, una forma pregna di significato, senso e vita, voleva un qualcosa in cui riconoscersi ed essere riconosciuta: voleva una definizione di sè e del suo mondo.

"Il confine definisce un'identità. Se l'identità senza libertà è non-vita, la libertà senza identità è buio, prepotente, infinito Caos".

Ecco cosa era Adeline. Ecco cosa stava cercando.
Adeline.. cercava Adeline.

Lo sguardo verde azzurro scrutò il mutare di colore della porta appena richiusa prima di voltarsi, muto, verso quel nuovo, illogico mondo.
Londra sentì appena il battito cardiaco accelerare ma la calda e confortante Presenza che ancora la accompagnava, acquietò il tremore in pochi istanti.
Come attirata da una forza invisibile, un sottile gancio incastrato tra il costato ed il cuore il cui sottile ma resistente filo tirava, e tirava con forza verso l'ignoto, Adeline prese a camminare, il passo circospetto.
Non sembrava un ambiente che ispirasse lotta e violenza: la strega prese coscienza di quanto fosse facile preda della rabbia, dell'istinto alla lotta, ma al tempo stesso un piccolo respiro di pace e quiete prese vita tra i suoi polmoni e fuoriuscì silenzioso dalle labbra caos, ancora.
Si lasciò così portare avanti un pò dalla curiosità, un pò da quella insistente spinta di cui ancora non comprendeva la natura, accompagnata dal tepore rassicurante del Dio, sempre presente accanto a lei.
Gatti.
Una miriade.
La londinese ne seguì i movimenti lenti, in realtà se non acciambellati comodamente, molti di loro dormivano, tranquilli, le code appena mosse nel sonno.
Il viottolo che stava seguendo pareva non avere fine, ma l'ambiente cambiava assurdamente in fretta e in una maniera che la strega non poteva, e in fondo non voleva, comprendere: da alti grattacieli, Londra si ritrovò immersa in quella che pareva una calda savana.
Ancora una volta, trascinata dal mero istinto, ridotta a pulsioni ed impulsi, la mente cristallina e dorata di Adeline Walker era sbiadita, persa nella corrente di quello strano, illogico, complesso e profondo mondo.

Si fermò, senza quasi rendersene conto.
Un piccolo respiro uscì dalle labbra rosa di Londra, prima che il suo sguardo bicromo si voltasse alla ricerca del perchè.
Perchè si era fermata?
Nel silenzio più assoluto, per un tempo indefinito era stata l'unica fonte di movimento e vita in quel che pareva essere un universo addormentato.
Oramai grandi felini la circondavano, delle specie e dalle caratteristiche più svariate, ma Adeline aveva seguito così fedele quel filo che sembrava tirarla, spingerla, portarla a..
Portò i suoi passi sulla destra, in direzione di un albero poco lontano, fuori dai confini del percorso segnato.
Era una fortuna che predatori simili sonnecchiassero indifferenti al suo passaggio, perchè se mai in condizioni diverse da quelle, Adeline di certo non sarebbe stata quella ad avere la meglio.
Là, la coda a penzoloni da un grosso albero, immobile ma sveglio, lo sguardo attento.. un puma.
A qualche metro di distanza, Adeline non riusciva a staccare gli occhi dai contorni dell'animale.
Era bello. Il pelo corto e morbido, di un marroncino chiaro, quasi dorato, che si scuriva invece sul dorso.
Il naso rosa, con un profilo scuro che raggiungeva le labbra - Adeline non riusciva a distinguere il colore degli occhi ma con tutta probabilità riflettevano le caratteristiche della specie.
La londinese si ritrovò a dondolare un poco sui talloni, come le accadeva spesso nella vita di tutti i giorni, per i più svariati motivi.
In quel caso, era il desiderio a farla ondeggiare ritmicamente, avanti e indietro, le dita frementi, come in attesa, impazienti.
Un battito di ciglia e Adeline era lì, ad appena un passo dal felino.
Animale solitario, territoriale. Seppur della famiglia dei grandi felini, privato della discendenza diretta a differenza dei suoi più famosi esponenti - tigri, leoni, leopardi - e la fisicità ridimensionata, rispetto a questi, più leggera seppur potente, sottolinea questa distanza.
Schivo, ma un cacciatore incredibilmente agile e dai sensi particolarmente sviluppati.
Se Adeline fosse stata a conoscenza di tutti questi dettagli, probabilmente avrebbe apprezzato la particolarità inerente le sue capacità comunicative: il puma infatti, incapace di ruggire, ha sviluppate modalità più articolate e complesse, per le quali è in grado di comunicare attraverso fusa, ringhi, urla e fischi.
Chissà però, se avrebbe apprezzato anche tutto il resto.
La natura di solitario, di schivo, la distanza dalla famiglia.
Quanto poteva ferirla la presa di coscienza di questo?
Eppure.. eppure era lì che il cuore, lo stomaco, le gambe, persino le dita che si stavano tendendo, era che ogni fibra del suo essere l'aveva portata, incurante della ragione, incurante dei pensieri, incurante di ogni cosa che non fosse il volere, l'istinto primordiale, il sapere che era lì, anzi, il sapere che era lei.

["Il confine definisce un'identità. Se l'identità senza libertà è non-vita, la libertà senza identità è buio, prepotente, infinito Caos".]

Ma cosa accade nel momento in cui questo caos finalmente prende forma, assume confini, senso e significato? Cosa accade dopo ?

Ancora ferma, marmorea, il respiro sospeso e le dita ad un soffio da quel felino, Londra infine riprese vita.
Colmò quella distanza, quel vuoto.
Il cuore mancò un battito quando le mani, finalmente, leggere si immersero nel morbido pelo dorato tra le orecchie ed il collo dell'animale.

[Ecco cosa era Adeline. Ecco cosa stava cercando.
Adeline.. cercava Adeline.]

E alla fine, si era trovata.

Edited by Adeline Walker - 4/12/2022, 20:05
 
Top
view post Posted on 11/12/2022, 11:22
Avatar

Il Fato

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
10,913

Status:


È curioso come spesso le persone pensino di desiderare una cosa ma in seguito si accorgano che ciò che cercavano era l'esatto opposto. Chissà se ti è mai successo, Adeline, o se ti sta capitando durante questo viaggio. Con quali aspettative lo hai intrapreso, quale immagine trasformata di te si profilava nella tua mente durante le tue ricerche. Tu segui il tuo istinto, ti stai lasciando guidare da lui senza pregiudizio né su di te né sulle creature che ti stanno attorno. Lasci andare le gambe nella direzione in cui cuore e cervello si fondono, ed è lì che a poco a poco stai trovando te stessa. Il puma percepisce il tuo arrivo nell'esatto istante in cui la tua caviglia inizia la torsione verso di lui, oltre il viottolo. Resta buono e fermo, è in attesa. Attende, come te, di capire chi sei, come sei, quali sono le tue intenzioni, qual è la tua essenza. Tu non gli stacchi gli occhi di dosso e lui fa lo stesso. Ti osserva mentre ti avvicini, come attirata da lui da una lenza invisibile. Quando la mano incontra il suo morbido pelo, lui spinge la testa contro le tue dita, deboli fusa a fare da sottofondo a quell'incontro di anime. Dentro di te senti un estremo calore estendersi lungo ogni muscolo del tuo corpo fino a inondarti il cuore. Indietreggi all'istante, turbata dall'improvviso aumento della tua temperatura corporea. Ora Cernunnos non lo senti più sulla spalla ma dappertutto, negli organi, nei muscoli, nelle ossa, lungo la tua pelle. Hai bisogno di tempo per riprenderti e metabolizzare quanto sta accadendo. Il puma resta fermo dov'è ma storce il naso una, due, tre volte, le orecchie si muovono, i suoi sensi captano qualcosa. Ti rendi conto che i tuoi piedi hanno iniziato a tremare, ma non sono loro a farlo. La terra sotto di te trema. Ti volti e comprendi subito quale sia la causa. Tutti i grandi felini che ti precedono e seguono nel percorso si sono girati verso di te, ti hanno puntato, e lentamente si incamminano nella tua direzione. Il calore non ti abbandona ma lo senti sempre più forte, sempre più acceso man mano che il puma si alza dal suo torpore e si avvicina a te. Non riesci a muoverti, il calore è una colla che ti imprigiona lì, in piedi. I felini prendono velocità e corrono verso di te, ti vogliono attaccare, ferire, forse uccidere e divorare. Eppure, non senti paura. L'immobilità non ti dà panico, perché vedi che il puma ti gira attorno, ringhia a sua volta contro tutte le bestie, è pronto a difenderti a qualunque costo. I leoni da un lato e le tigri dall'altro sono i primi a scattare in avanti, ma in un attimo la terra sotto di te si apre e tu cadi dritta nel buco. Prima che si possa richiudere, fai in tempo a vedere le zampe posteriori del puma staccarsi per un salto. Ti ha protetto, ti ha consentito di andartene da lì. Gli sei grata con ogni cellula, ma è come se ringraziassi te stessa. E ora a occhi chiusi scivoli nel vuoto per un lasso di tempo imprecisato, come in una lunga dormiveglia, il calore che si dissipa di metro in metro fino ad attenuarsi quasi del tutto.
Riapri gli occhi. Non sei precipitata, ma ti sei risvegliata di nuovo in piedi, e per te è come se avessero solo cambiato lo sfondo allo scenario. Non più una savana ma un'enorme bolla dalle sfumature azzurre e blu notte. Il puma è un ricordo lontano, il suo sguardo come una di quelle immagini che non sai se sono ricordi sbiatidi o sogni confusi. Cernunnos è di nuovo al suo posto, con te, all'esterno. Ti guardi attorno e un nuovo ecosistema di circonda. Ciò che vedi è un enorme, infinito acquario che si estende per distanze incalcolabili. Le creature che lo abitano sono nell'acqua, ma hai la sensazione di essere tu l'attrazione, un pesce rosso in una brocca con lo sguardo di tutti addosso. Lo spazio a tua disposizione non è molto, è una stanza rotonda dai vetri spessi, ma sotto di te non c'è un vero pavimento: anche da sotto vedi le creature marine. Questa volta il pattern è più semplice, in alto trovi animali acquatici da superficie, e man mano che scendi con lo sguardo vedi le creature degli abissi. Anche se sei stordita e ti senti un po' confusa, pian piano ti stai abituando a questi cambiamenti, a questi scenari apparentemente casuali e contraddittori. Ma questo non riduce la meraviglia. Ovunque ti volti vedi creature marine che ti guardano, alcune nuotano di qua e di là come se cercassero la visuale migliore per osservarti. Forse ti farà sorridere notare che in alto nuotano creature sia di mare che di terra, come delle tartarughe, serpenti e iguana marini, rane, coccodrilli, e pure un gruppo di pinguini. Ogni sorta di pesce esistente ti ruota attorno, in un arcobaleno di colori tanto brillanti da lasciarti a bocca aperta. In mezzo a loro, simpatici delfini ed elegantissime orche si esibiscono in capriole sommerse, quasi a volerti intrattenere. Un suono confuso alle orecchie: proviene da un'enorme balena che si aggira dietro tutti gli altri animali. È immensa, non ricordi di aver mai visto una creatura di quelle dimensioni. Man mano che ti volti nella sfera in cui sei rinchiusa vieni attirata da alcuni botti ritmati. Sono gli squali, tanti squali, ogni tipologia di squalo vivente si alterna dalla grande distesa di acqua fino al vetro, sbattendoci la testa. Di tanto in tanto, da sotto le loro pance sbucano dei piccoli cavallucci marini, e se li guardi per un po' hai la sensazione che ti stiano sorridendo. In basso, i fondali marini. Altri squali, calamari, pesci vipera, rane pescatrici, grossi e piatti pesci che non riesci a identificare perché stanno troppo in fondo. Mentre cerchi di vedere meglio di quali creature si tratta, noti nel vetro, esattamente tra i tuoi piedi, una miuscola serratura dorata. Un'altra porta, forse? Non hai chiavi, non c'è un pomello, solo una piccola serratura.
L'acquario può essere visto come un confine, una limitata distesa di acqua salata con un inizio e una fine, e quando arrivi ai bordi sbatti la faccia contro il vetro. Ma ognuna di quelle creature, nel suo ambiente, nel suo mare, nuota libera senza alcuna costrizione, vaga in solitudine o in gruppo ovunque le venga in mente di andare. Una libertà che forse ti sta stretta, Adeline, ma che al contrario potrebbe dare un senso a quella mancanza di confini che sembra non volerti mai abbandonare. Alla fine, rimani sempre tu con il tuo istinto e le tue scelte come arma, e Cernunnos ancora con te come scudo.


Ti invito a non modificare i post della quest senza il mio consenso. Se dovesse capitare di dover apportare una modifica, inviami un mp prima per segnalarmi la necessità.
Riguardo Adeline, ricordati che ha con sé la bacchetta anche nel mondo onirico in cui si trova.
 
Web  Top
view post Posted on 14/12/2022, 22:27
Avatar

Group:
Docente
Posts:
419

Status:


Se Adeline Walker avesse mai organizzato un suo flusso di pensieri focalizzato sul "qual è il mio spirito guida?" probabilmente non avrebbe mai avuto la certezza rispetto la risposta definitiva.
Da fuori, altri per lei avrebbero avuto i medesimi dubbi: come prima possibilità magari un passero solitario, piccolo e leggero, il cui battito d'ali veloce avrebbe rispecchiato adeguatamente il battito altrettanto rapido e lieve del muscolo cardiaco della londinese.
Ma un piccolo passero l'avrebbe davvero riflessa debitamente?
Scavando più a fondo magari, un grosso felino, proprio come il puma attento incontrato nel mondo onirico in cui, beatamente mica tanto inconsapevole, Londra stava in quel momento vagando: più grosso e pesante, feroce, una risposta potremmo dire naturale a quelle ferite profonde dell'animo che Adeline si portava nascoste tra il costato pressoché dalla nascita e - soprattutto - in costante e muta veglia a rispecchiare quello stare sull'attenti perenne della strega.
E se invece al posto di scavare più a fondo, avesse cambiato completamente prospettiva?
Al posto di un piccolo e leggero volatile, di un predatore sul chi va là e pronto alla lotta, magari.. una preda.
Il riflesso della parte più tenera e fragile della ex Bronzo Blu, sempre attento, come il passero ed il puma, sempre fondamentalmente nato e cresciuto nella solitudine - inutile negare, come si ostinava quella testolina bionda di Adeline nel pieno delle sue facoltà - ma proprio per questo con una spinta incontenibile alla socializzazione, al contatto, alla relazione con i suoi simili.. un cerbiatto allora.
Ma quella parte così metodica, precisa autistica dolce Adels non l'avrebbe forse meglio rispecchiata, tornando ai volatili, un piccolo e tenace pettirosso? Che con quel rosso vermiglio sul petto, avrebbe metaforicamente ben interpretato persino quelle ferite interne che tanto da umana si ostinava a nascondere, persino a sè stessa.
Ma cosa importava. Adeline, a quel punto, razionalmente non era mai arrivata chissà invece, non razionalmente...
Ed in fondo, ad un punto vero e proprio per ora, neanche altri erano ancora giunti per lei per ora.
Di una cosa però, erano certi tutti quanti.
...L'acqua no.
Ma andiamo con ordine.

Il contatto delle sue dita con il morbido pelo del felino era stato qualcosa di indescrivibile: il puma aveva premuto piano contro il suo palmo, iniziando a fare dolci e soffuse fusa che per un tempo indefinito avevano catturato cuore ed animo della strega.
Anzi, avevano catturato così tanto di lei, che quasi le era parso di sentire ogni fibra del suo essere scaldarsi a quel tiepido contatto, divenire altrettanto tiepida, poi calda e fremente, quasi bollente, quasi..no. Bollente. Incandescente, senza vie di mezzo alcune.
E c'era Lui, c'era il Dio, ma c'era come non c'era mai stato sino a quel momento con Adeline: era Lui che era Lei e viceversa, in una fusione talmente prepotente che il calore innescato sembrava insostenibile per la lei umana, ma sostenibile per il lui Dio.
Si accorse appena così, che la terra ad un certo punto aveva iniziato a tremare. Lo sguardo era corso a quello accogliente e sicuro del puma la cui attenzione si era però all'improvviso volta altrove.
Adeline aveva seguito il felino, voltandosi, legata a lui come mai si era sentita legata a qualcuno o qualcosa in una vita intera e più quello si avvicinava più il calore aumentava incredibilmente.
Incredibile.
Se avesse potuto tremare, Londra avrebbe tremato.
Era però immobile, come un'incandescente statua marmorea, avrebbe persino giurato di sentire della lava scorrerle sulla pelle dal calore che ormai la prendeva dall'interno ma no perchè così come quel calore la immobilizzava, persino di fronte ad un'orda di felini irati, pronti all'attacco, così immobilizzava, anzi, annullava completamente la paura.
Adeline non aveva paura. Decine, centinaia di enormi felini le stavano letteralmente correndo incontro feroci, predatori in ogni fibra del loro essere ma Adeline non aveva paura lo sguardo bicromo ancorato sulla figura altrettanto pronta alla lotta del puma - il suo puma - e la strega fece appena in tempo ad accorgersi che quelle stesse iridi erano umide di gratitudine ed affetto e vicinanza a quel felino che.. una voragine, sotto i piedi. Il buio.
..Ed ecco qui, l'acqua.
Il calore scomparso, il buco nel terreno, i felini, il puma, tutto.
Cernunnos era tornato al suo fianco, sempre presente.
Adeline invece, avrebbe voluto essere tutto, meno che presente.

Strizzò le palpebre, trattenendo improvvisamente il respiro.
Acqua, acqua ovunque.
Era una grossa bolla d'aria immersa nel modo più assoluto, completo e definitivo nell'acqua.
Londra aveva il terrore dell'acqua.
Non aveva mai imparato a nuotare, dopo un primo maldestro tentativo in solitaria che l'aveva portata ad un appena mancato annegamento in un laghetto appena fuori i confini dei terreni di famiglia.
Ricordava l'acqua, ricordava il freddo, il viscido sotto i piedi, il terrore, i litri di gelo inghiottiti a bocconate e poi miracolosamente sputati interminabili minuti dopo, su un terreno altrettanto gelido, fangoso ed improvvisamente inquietante nel suo essere labile confine tra il certo e l'incerto, tra la vita e la morte per una bambina di cinque anni appena.
Sott'acqua poi, cosa poteva nascondersi?
Esseri viscidi, sconosciuti, alieni, bui e poi - diciamolo - anche metaforicamente parlando, una creatura tanto aggrappata al razionale quanto lo era Adeline, capace di introspezione profonda sì ma solo se strettamente necessaria, quasi costretta, non ignoriamo le strenue lotte per rimanere a galla ogni minuto di ogni giorno - una creatura così, come avrebbe potuto mai sentire le profondità sconosciute ed infinite come il proprio elemento e mondo?
No.
Adeline aveva bisogno di aria sulla pelle e terra sotto i piedi.
Uno alla volta, lentamente, si era infine decisa a riaprire gli occhi.
Prima l'iride verde bosco aveva sondato il profilo dei propri piedi.
Insicura, aveva alzato la testa, volgendo quello sguardo impaurito terrorizzato verso l'alto, l'indicibile desiderio e bisogno di aria che vinceva ogni cosa.
Nulla. Le acque che intravedeva erano chiaramente più cristalline, ma acqua rimanevano.
Figure più o meno limpide si delineavano lentamente, la cui attenzione principale pareva proprio Adeline, quella stessa Adeline che in quel momento avrebbe dato di tutto per uscire da lì.
Tornò a scrutare i propri piedi, la mancina che istintivamente andava a stringersi sul suo catalizzatore, la cui presenza in tutta sincerità andava a delinearsi nella sua mente solo in quel momento.
L'iride blu mare - e le guance della londinese si chiazzarono di rosso al solo pensiero - si schiuse sulle profondità di quel mondo con tanto timore che le ginocchia le tremarono appena e la Medimag doveva ringraziare solo che il Dio, ancora lì con lei, perchè non fosse già a carponi per terra, il volto nascosto tra le dita, impietrita dal terrore più puro.
E pensare che quell'iride blu mare l'aveva ereditata dal padre, che di mari ed oceani ne aveva visti e solcati letteralmente per una vita intera - da quel che ne sapeva. Le guance si imporporarono ancora di più.
I suoni che provenivano da quel mondo ovattato, ad occhi esterni sarebbero parsi meravigliosi.
Adeline, ai ritmici colpi di un piccolo gruppo di squali, rabbrividì piano e fissò lo sguardo dritto su un punto proprio sotto di lei.
Una serratura.
Un'uscita.
Una accidenti di possibile via di fuga.
Le dita strette ancora sul profilo della bacchetta, portata sotto i vestiti come suo solito, Londra non esitò un attimo. A forza di Bombarda, sarebbe uscita da lì.
Ma forse, un incantesimo più semplice..
Adeline fece appello ad ogni fibra del suo essere nonchè all'essere divino che tanto la stava aiutando in quel suo viaggio: sfilò il catalizzatore, calmando un poco l'animo al contatto con quel legno tanto rassicurante nel suo essere conosciuto.
Acquietò la mente dorata, concentrandosi su quella piccola serratura, i bordi luccicanti, il mondo esterno escluso: pronunciò la formula dell'Alohomora con tanta decisione che - avrebbe pensato, ridendoci quasi su in un'altra situazione - se quella potenziale porta avesse avuto una coscienza, probabilmente si sarebbe aperta solo per la forza imposta in quella parola o forse solo per pietà della strega dati gli stati indicibili di poco prima.
Ma d'altronde, se quella si fosse rivelata una via di fuga, dove sarebbe finita poi, come ci sarebbe finita.. anche questo in fondo era al di fuori della sua portata decisionale.
Al fato l'ardua sentenza.
Letteralmente.









Mea culpa, chiedo scusa: in realtà ho corretto solo un paio di refusi che mi turbavano l'anima e già che c'ero ho modificato con una stupidaggine una frase ad effetto (frasi che alla fine fanno effetto solo alla mia testolina bacata) se non ricordo male aggiungendo la domanda "Che cosa accade, dopo?" verso fine post - solo per evidenziare la stupidaggine x,D - non mi è assolutamente venuto in mente di dover avvisare per questo anche se capisco l'importanza del "non modificare i post".
I'm stupid. Non ricapiterà!
 
Top
view post Posted on 20/12/2022, 15:05
Avatar

Il Fato

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
10,913

Status:


La pressione psicologica a cui questo viaggio ti sta sottoponendo è forse maggiore di quanto avevi stimato. L'immersione nell'acquario, in equilibrio tra l'azzurro della superficie e il nero degli abissi profondi, ti ha turbato, agitato, spaventato. Quasi terrorizzato. Non hai nemmeno da pensare, da riflettere, lo sai da sempre che l'acqua non è il tuo elemento, non è il tuo mondo. La refuggi come la tua peggior nemica, anche se a renderla tale è il tuo stesso vissuto. Ma non sei obbligata a restare, non sei costretta a fare nulla che tu non voglia fare, in questo percorso. Tutto è una sfida, ma sei tu di volta in volta a decidere, con coscienza o meno, se e come affrontarla. Questa non è una battaglia che vuoi vincere e tanto meno affrontare. La via di fuga è a portata di mano, non fatichi a trovarla e per te è una liberazione immensa, come se ti stessi spogliando dal peso di una vita intera. L'Alohomora raggiunge il suo scopo, e lì dove c'era la serratura ora compare una botola. Riponi la bacchetta sotto i vestiti e la apri, tirando verso di te la maniglia, e vi vedi solo il vuoto. Non hai altra scelta se non quella di metterci prima un piede, poi l'altro, e lasciarti andare. Ormai è una consuetudine il calore sulla tua spalla, non ti meraviglia più, ma gli sei comunque grata. Lo ringrazi in ogni istante di essere lì con te, di farti sentire al sicuro, di non farti dubitare di te stessa e del mondo che ti circonda. Grazie a Lui non hai paura di affrontare quella nuova incognita, anche perché l'alternativa è restare lì in mezzo alle tue paure più grandi. Non appena i tuoi piedi sfiorano il vuoto della botola, ti senti come se fluttuassi nel nulla. Attorno a te sparisce ogni cosa, è tutto buio, il tempo passa ma tu non ne hai evidenza. Se iniziassi a contare i secondi forse potresti tenerne traccia, ma non ti servirebbe a molto. Ormai lo avrai capito, il tempo in questo mondo è relativo e poco rilevante. Ti devi solo abbandonare alla realtà che stai vivendo, al Dio che ti accompagna, al tuo istinto, fidandoti. La tua fiducia verrà ripagata, te lo senti dentro, non ne devi dubitare.
Quando ti viene concesso nuovamente di vedere, capisci di essere finita in mezzo a uno stagno. Ti trovi in piedi su una pedana di legno che con una traiettoria ondulata prosegue dritta per un po'. Sotto di te e tutto attorno, una distesa verde stagnante. Le tue orecchie vengono subito violate da ronzii, svolazzi, gracidii. Inizialmente ti viene da scuotere la testa, e forse anche da scacciare con le mani le entità indefinite che percepisci come dentro le tue stesse orecchie, ma dopo poco capisci che sono solo suoni ambientali. Nessuna creatura ti attacca o ti svolazza direttamente attorno, ma ognuna è nel suo habitat, esattamente dove dovrebbe essere. Il cielo sopra di te è scuro, è notte, la luna è coperta dalle nuvole e l'unica fonte luminosa proviene proprio dalle innumerevoli lucciole che vivono sopra e poco dietro lo stagno. Riesci a vedere quanto basta. A pelo d'acqua noti la presenza di rospi e ranocchiette, che gonfiano il loro petto ed emettono il loro caratteristico gracidio, e anche qualche biscia e serpente marino. Zanzare, gerridi, mosche e moscerini volano ovunque in grossi sciami, ma mai verso di te. Non sono le uniche creature a volare, sopra lo stagno. Più in fondo, presso alcuni arbusti ramosi, distingui nettamente libellule, mantidi religiose, coccinelle che camminano sui tronchi e anche farfalle di ogni tipo e colore: farfalle comuni bianche, rosse e gialle, farfalle carta di riso, farfalle esotiche, orientali, falene. Non appena capisci di non correre alcun pericolo, ogni tua possibile fobia può essere messa da parte, lasciando emergere solo il fascino e la suggestione di quel luogo, reso ancora più magico dall'incessante lavoro delle lucciole che fanno brillare l'acqua di uno splendido verde smeraldo.
Se prosegui il tuo cammino sulla pedana di legno, più stabile di come appare, passo dopo passo ti ritrovi di fronte a un capannone nero. Le lucciole iniziano a essere lontane, la luce scarseggia, e a stento vedi l'arco che conduce all'interno. Nel momento in cui lo varchi, altro buio ti accoglie, ma all'improvviso si accende un'intera parete di fronte a te. Decine di grosse teche di vetro una sopra l'altra, ognuna con il proprio bioma e la propria creatura. Le luci bianche che ti abbagliano provengono da quella sorta di rettilario che ti trovi davanti. Il primo livello è abitato da serpenti privi di veleno, ma capaci di uccidere con la forza delle loro frustate o per soffocamento: svariate tipologie di pitoni (pitone reale, africano, pitone tappeto, pitone verde, pitone della Brmania e altri ancora), boa constrictor, vipere. La fila superiore, come facilmente immaginerai, è popolata dalle creature più velenose e mortali: black mamba, cobra reale, persino un crotalo diamante rosso. Quasi ti stupisci che di fianco a loro si trovino anche teche più piccole con all'interno iguana, lucertole e gechi. Per la prima volta da quando hai inspirato quel fumo ti chiedi come fai a riconoscere tutte quelle specie senza averle mai effettivamente viste o senza avere comunque una consocenza così approfondita del mondo animale. La risposta ti viene naturale, ovvia. Si tratta di un dono, è Cernunnos che condivide con te il suo sapere. La sua costante presenza ti consente di compiere la tua scelta con una consapevolezza che nella tua vita reale non avresti mai potuto avere. Il rinnovato calore all'altezza del collo te lo conferma. Avvicinandoti alle teche puoi richiamare l'attenzione di un rettile, come hai fatto e avresti potuto fare nei mondi precedentemente attraversati. E noteresti anche che al centro, in mezzo alla prima fila di teche, un rettangolo di muro è spento. Guardando meglio capiresti che si tratta di una porta. Non faticheresti ad aprirla, è solo poggiata.
Nel momento in cui decidi varcare la soglia, un nuovo mondo ti accoglie. La meraviglia che ti bagna gli occhi è difficile da contenere. A prescindere da come terminerà questo viaggio, non potrai fare a meno di portarti via un ricordo visivo mozzafiato, di quelli che solo a pensarci fanno tremare le gambe. Le nuvole si sono diradate, e ora sopra di te ammiri la luna piena, grande come non l'hai mai vista. Ti ritrovi in una radura che sembra incantata, l'erba verde brillante, che si estende a perdita d'occhio allungandosi in una fitta boscaglia dentro cui non si può vedere più nulla. A destra si staglia immensa una montagna scura dalla cima innevata, e tu sei quasi ai suoi piedi. Finché il paesaggio te lo consente, osservi uno scenario idilliaco. Una famiglia composta da cervo, cerva e quattro piccoli cerbiatti gioca allegramente di fronte a te. Rotolano, si annusano, saltellano, si coccolano. Di tanto in tanto si uniscono a loro conigli e leprotti che zampettano di qua e di là. Se guardi vicino alla porta da cui sei entrata, puoi vedere una cesta colma di frutta selvatica. Forse, se volessi potresti provare a dare loro da mangiare. Al limitare del bosco, dove a stento riesci a posare lo sguardo, intravedi le sagome di alcuni orsi, alcuni pù piccini, altri grossi più di un tronco. Anche loro sono una famiglia, si capisce da come si seguono, si cercano. E non lontano anche famiglie di cinghiali, facoceri, tassi e testoline di talpe che sbucano dal terreno. D'un tratto, svariati ululati in coro attirano la tua attenzione. Alzando lo sguardo sulla destra noti un percorso alternativo, che circumnaviga i piedi del monte. L'ennesimo bivio, l'ennesima scelta che ti viene posta, forse l'ultima. Incamminandoti in quella direzione, attratta dai versi inconfondibili appena uditi, dopo un centinaio di metri di curve ti ritroveresti di fronte a una sorta di accampamento. Bidoni della spazzatura, coperte logore, ciotole vuote con solo qualche rimasuglio di cibo secco. E lì, poco dietro questa triste immagine, un branco di cani randagi giace sonnolento e stanco. Saranno una decina, non riesci a contarli tutti. Prima di poter anche solo pensare a cosa fare, un altro ululato si diffonde nell'aria. Guardi su, e salendo sempre più con lo sguardo vedi che cani lupo e lupi veri, in tutta la loro possenza e fierezza, ti stanno studiando con attenzione. Sei nel loro territorio, sei un'intrusa al pari dei randagi sotto di loro, forse una minaccia. Non lo sanno ancora, non lo sai nemmeno tu. Osservano ogni tuo movimento, e chissà cosa percepiscono.
Niente vie di fuga. Puoi fermarti dove vuoi, a pensare, ad agire, a strillare, a pregare. Hai tante scelte, così tante che chiunque si sentirebbe stordito. Ma tu, al contrario di chiunque altro, hai un compagno con te che rende tutto così semplice e di immediata comprensione. Ti invita ancora una volta a non perderti in riflessioni, ad agire secondo i tuoi impulsi e istinti più primitivi. Buttati, Adeline: ogni occasione potrebbe essere l'ultima.


Giusto un piccolo appunto. L'Alohomora è andato a buon fine in quanto la sua esecuzione non richiede movimenti o pensieri particolari, ma sarebbe stato bene almeno accennare al fatto di aver effettivamente puntato la serratura con la bacchetta. Chiaramente si intuisce, per questo e per le motivazioni dette prima l'incanto è riuscito. Per il futuro, ti suggerisco di rifarti alla descrizione degli incantesimi (che trovi qui) per descriverne l'esecuzione al meglio.
 
Web  Top
view post Posted on 26/12/2022, 15:05
Avatar

Group:
Docente
Posts:
419

Status:


Respiri profondi.
Il muscolo cardiaco batteva rapido, leggero ed agitato, il fiato superficiale e aritmico, scostante.
Respiri. Profondi.
L’unica certezza in quell’universo tutto da scoprire era il Dio, Cernunnos, sul cui calore e costante presenza Adeline cercò di concentrarsi, ancora una volta, per placare l’animo inquieto ed i battiti febbrili.
Inspira.
Espira.

Una botola. Poi il vuoto. Fu tutto quello che registrò, colpevole quel terrore paralizzante.
Da fuori, in un altro momento, in un altro mondo, probabilmente la Medimag si sarebbe rammaricata di quella sua così rapida ritirata, cieca persino alle meraviglie e agli splendori che le erano stati offerti.
Ma lì, in quel momento, in quell’universo così poco razionale, dove logica e pensiero non trovavano luogo ed anzi, pulsioni ed istinti regnavano sovrani.. lì Adeline, non era stata in grado di controllare nulla. Neanche il più piccolo e rapido battito di ciglia e respiro leggero e tremore delle mani.
Londra si tuffò in quel vuoto offertole senza riguardi, sicura solo del suo istinto alla fuga da quel luogo e della rassicurante presenza del Dio, a cui ogni fibra del suo essere continuava ad inviare scariche di disperata gratitudine ed affetto.
Quel vuoto, quel buio nulla, per un tempo indefinito la accolse e per Adeline fu beato oblio: in un viaggio che sarebbe potuto sembrare breve quanto eterno, un’infinità di emozioni avevano già fatto di Londra una preda ed una predatrice.
Il timore, la rabbia, la gioia e la leggerezza, poi ancora paura, confusione, gratitudine, appartenenza e rifiuto in un turbinio di sensazioni che avevano graffiato e poi accarezzato, lacerato e poi curato, con una tale velocità, intensità..
Ancora una volta, il tempo parve scorrere e non scorrere mentre, ancora una volta, il mondo si ridisegnava attorno a lei.
Uno stagno.
Sempre acqua ma – con un brivido che le corse lungo tutta la spina dorsale – una solida pedana in legno le permetteva di camminarci comodamente e ben al sicuro al di sopra.
Inoltre, una miriade di suoni accompagnarono pressoché nell’immediato quell’immagine: ronzii, gracidii, rapidi battiti d’ali.
Adeline scosse istintivamente la testa, piegandola di lato, anche se nella realtà nessun piccolo animale le si era avvicinato di sua iniziativa.
Lo sguardo verde azzurro così, libero di vagare, inseguì il volo di farfalle multicolore e delle più svariate forme e dimensioni, si soffermò su alcune libellule e fu ammaliato dalla ritmica danza di tante piccole lucciole.
Si ritrovò a sorridere, Londra, le dita che inconsapevolmente seguivano il cadenzato oscillare di quei piccoli animali come una pianista su tasti invisibili.
Camminava senza quasi rendersene conto, scivolando incantata lungo la pedana in legno.
Poi, silenzioso, il buio iniziò ad infiltrarsi in quel pacifico quadro: un capannone nero si ergeva di fronte ai suoi occhi e – attirata come una calamita, lo sguardo sgranato – altro buio andò ad avvolgerla ed accarezzarla una volta entrata.
Fu una sensazione strana: si accesero delle luci abbaglianti, che fecero strizzare gli occhi di Londra per i primi attimi, dopodiché.. rettili. Di ogni genere e sorta.
Fu una sensazione strana perché Adeline ne fu immediatamente attratta tanto quanto respinta.
Dapprima fu attrazione: appassionata da una vita di pozioni, veleni ed antidoti, ritrovarsi immersa in quello che era un vero e proprio paradiso dei veleni – alcuni dei quali i più letali al mondo – la fece rabbrividire dall’emozione.
Accelerò il passo raggiungendo le teche più in alto, le iridi bicrome letteralmente rapite da un esemplare di cobra reale.
Avrebbe saputo elencare ogni sua singola caratteristica, distinguendolo dagli altri rettili i cui nomi comparivano uno dopo l’altro nella sua mente come se fossero stati lì da sempre.
Si meravigliò per un attimo di quella conoscenza – ma ancora cosciente di quel tepore benefico al suo fianco, capì in fretta a chi doveva, letteralmente, tutto ciò.
Le labbra si schiusero in un sorrisetto, il naso a pochi centimetri dal vetro lucido.
Poi, la repulsione.
Le pupille si contrassero un poco seguendo i movimenti sinuosi dell’animale, eleganti sì, ma così profondamente distanti da lei.
Le squame davano un senso di lucentezza ma ricordavano anche una sensazione strana, aliena alla pelle, e Adeline si ritrovò ad indietreggiare lentamente.
Non era ostilità la sua, né vera e propria repulsione a dirla tutta.
Era distacco, era comprensione profonda di quanto, per tutta la passione che provasse per i veleni ed i loro originari creatori.. il veleno non equivaleva all’animale che lo generava, e ancora, il veleno non era comunque qualcosa di così profondamente insito in lei, ma solo una parte del mondo pozionistico che tanto amava, e ancora i movimenti lenti, sinuosi, la lingua biforcuta, quanto davvero potevano rispecchiare il suo perenne movimento, il caos, la sbadataggine, l’animo gentile che cercava di infondere in ogni cosa.
Potendo razionalizzare la situazione, Adeline avrebbe ben distinto la passione per un singolo elemento dalla sensazione profonda di vedersi riflessa e riconosciuta in un animale nel complesso delle sue peculiarità. Peccato che potesse fare quasi tutto lì, ma non razionalizzare.
Respirò piano Adeline, guardandosi un’ultima volta attorno.
Per la prima volta durante l’intero viaggio, lasciava un ambiente tranquilla, con il cuore leggero.
Individuò in poco tempo una nuova porta, incastrata in mezzo alla prima fila di teche.
Londra sorrise e la varcò.

Quel che si andò a dipingere sotto il suo sguardo le fece probabilmente mancare un paio di battiti cardiaci.
L’argentea luce della luna illuminava una radura che, ad ogni respiro, scopriva qualcosa di nuovo: le iridi bicrome si posarono sull’erba rugiadosa, inseguendo il saltellare lieve di due piccoli coniglietti sino a ..dovevano essere sicuramente una famiglia.
Il cervo, alto, possente, due grandi corna ad incoronarlo. Vicino, una cerva, il muso dolce.
Quattro cerbiatti giocavano lì accanto.
Il muscolo cardiaco parve commuoversi stringendosi in una fitta quasi dolorosa.
Cercò di distogliere lo sguardo, Adeline, e volse le iridi verde azzurre altrove, sarebbe andata bene qualsiasi altra cosa.
Lì accanto, a pochi passi da lei e dalla soglia appena varcata, c’era un cesto di frutta e bacche selvatiche.
Similmente all’incontro con il puma, la strega si ritrovò a muoversi senza una vera e propria consapevolezza logica e razionale: si avvicinò al cesto, afferrandolo per la maniglia nodosa.
Non sapeva ancora dove stesse la differenza, perché le dita le tremassero appena mentre – avvicinandosi alle creature – ogni passo le faceva quasi male, mentre con il puma era stata pura curiosità, un’invisibile forza e poi desiderio e riconoscenza.
Altri per lei, avrebbero distinto con chiarezza gli animali e tanto più i vissuti: il puma, per quanto solitario, rifletteva quantomeno la parte più forte e combattiva di Adeline, che avrebbe dato tutto per il suo territorio.
Ma quella incantevole famiglia, quei piccoli cerbiatti.. rappresentavano tutto ciò che Londra non aveva mai avuto. E anzi, di più, rispecchiavano persino quella parte più tenera e fragile della strega, alla ricerca di affetto e contatto, e per questo anche terribilmente debole, preda e non più predatore.
Forse era questo, a farle male.
Sbattè confusa le palpebre ritrovandosi pericolosamente vicina ai piccoli cerbiatti.
Posò con delicatezza il cesto, abbassandosi piano sino ad inginocchiarsi sull’erba morbida del prato.
Lo sguardo incantato, le mani sul grembo, le ci volle un po' prima di alzare lentamente la destra, cercando con dolcezza l’attenzione dei cuccioli.
Continuava a farle male la consapevolezza profonda di quale significato poteva portare con sé un contatto con quegli animali, ma ancora una volta l’istinto la dominava, forze più grandi di lei la muovevano.
La vita continuava a scorrere in quella radura incantata, ma Adeline aveva occhi e cuore solo per quel piccolo e fragile quadretto.
I cuccioli di cervo preferiscono erba e germogli freschi, piccoli ramoscelli. Non aveva idea di come lo sapesse ma Londra lo sapeva e basta.
La mancina trafficò così piano nel cesto, spostando qualche mela selvatica e bacca multicolore, scovando invece una manciata di ramoscelli con piccoli germogli di un verde chiarissimo.
Lo sguardo bicromo non riusciva a staccarsi dai piccoli animali, anche mentre la sua mano destra ora recuperava i ramoscelli e li tendeva piano in direzione dei loro musi.
Era strano.
Il cuore si stringeva ancora, in piccole fitte intercostali che ritmicamente le facevano crucciare leggermente i lineamenti del viso.
Non poteva non riconoscere una parte così tanto chiaramente di sé, seppur principalmente dolorosa nella sua fragilità, era una sensazione molto simile all’amara nostalgia che prende quando si guardano vecchie fotografie, ritraenti le proprie forme infantili, i sorrisi passati, le speranze, i timori, i sogni e le paure.
Erano lei, ma erano solo una parte di lei.
Erano lei, ma forse non lo erano neanche più.
Perché Adeline dal predatore non scappava. Adeline annusava, curiosa, giocava, scopriva, ma la londinese al primo segnale di imminente scontro non si immobilizzava e non fuggiva.
E così fece.

Degli ululati, tanti e vividi, vibrarono nell’aria.
E Adeline, l’attenzione così improvvisamente rivolta altrove, si tirò su in piedi di scatto, pronta alla lotta quanto lo era stata qualche momento, ora, secolo prima di fronte ad una sconosciuta porta ocra.
Fu il tempo di un battito di ciglia, e la strega tornò a muoversi, cauta ma decisa, seguendo un sentiero che solo in un secondo momento le si era palesato alla vista.
Camminava, senza tener da conto di spazio e tempo, decisa solo ad arrivare là – anche se poi, che cosa significasse quel “là” o dove fosse, neanche lo sapeva.
Cernunnos, la cui calda presenza la accompagnava rassicurandola, era tutto ciò di cui poteva preoccuparsi ed avere eventualmente bisogno.
Londra trascinava e si faceva trascinare dove sentiva adesso che voleva andare, voleva essere.
Dapprima furono cani, tanti, randagi, alcuni addormentati, altri rannicchiati stancamente in qualche cuccia.
Poi, animali simili ma sempre più grandi, fieri.. feroci.
Lupi.
Lo sguardo verde azzurro si ritrovò a sondarli, uno ad uno. Loro studiavano lei, intrusa nel loro territorio.
O forse erano loro intrusi nel suo territorio, non era d’altronde quello il suo viaggio? E poi, quanto potevano essere diversi?
Quel pensiero, più che razionalizzato nella testolina dorata sentito nel petto fremente, la stupì, ma non le fece battere un solo ciglio sebbene ferma lì, nel bel mezzo di fiere potenzialmente letali.
La presenza del Dio poi, faceva anche il suo: l’ormai familiare tepore non l’aveva ancora abbandonata e questo fu abbastanza.
Inspirò piano, ed espirò ancora più leggera.
Non si sentiva straniera in quel luogo, piuttosto sorpresa: i lupi erano al contempo i solitari per eccellenza sebbene le loro capacità di socializzazione, gerarchia sociale, reti e comunicazione fosse a dir poco sorprendente.
Aggressivi, predatori feroci all’occorrenza ma anche miti, talvolta schivi.
Adeline fece un paio di passi in avanti, come in un muto “Posso?”
Lo sguardo stava sondando minuziosamente un lupo in particolare, in prospettiva proprio di fronte a lei.
[E poi, quanto potevano essere diversi?]
La verità però, era che una risposta la strega l’aveva già.
I lupi, un branco lo avevano. Campioni nella comunicazione tra simili, gerarchie e ruoli perché un branco con cui comunicare, da difendere e da far crescere lo avevano.
Adeline no.
No nella maniera più semplice e al contempo complessa possibile.
Fu la consapevolezza di questo così, a darle il colpo di grazia.
All’improvviso Londra si sentì sconosciuta, estranea ed intrusa.
Le orecchie si tapparono, come sott’acqua, e la strega fece le uniche cose che poteva fare in quel momento: appellarsi al Dio, a metà tra la richiesta d’aiuto e di scuse, per essere tanto testarda e curiosa, impulsiva, e nel mentre.. prepararsi ad ogni evenienza. La lotta inclusa.
 
Top
view post Posted on 10/1/2023, 19:50
Avatar

Il Fato

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
10,913

Status:


Contrapposizione. Si potrebbe forse dire che la tua intera vita si sia basata su questo concetto. Mare e bosco. Padre e madre. Solitudine e famiglia. Preda e predatore. Questo viaggio, che tu stessa stai plasmando, non è altro che il frutto del modo in cui tu stessa ti vedi. Ciò che ti circonda è plasmato dal più o meno conscio, dalle tue certezze e incertezze, da ciò che ritieni più nelle tue corde e da ciò che vorresti lo fosse. Forse gli animali che vedi, che incontri uno dopo l’altro, non sono casuali. Sei tu stessa a metterli lì senza rendertene conto. Sei tu che lotti con i tuoi istinti, desideri, con le tue paure ed emozioni. Non sei riuscita a ignorare la famiglia di cervi, per quanto doloroso fosse anche solo pensare di avvicinarti a loro. Eppure, un passo dopo l’altro, ti sei arresa al tuo intrinseco bisogno di non sentirti più sola. Sei sola, ti sei convinta di poterlo e volerlo restare più per sopravvivenza che per reale abbandono a quell’idea, ma appena hai visto una parvenza di ciò che il tuo cuore più anela non hai tentennato, pur accompagnata da fitte allo stomaco e cuore stretto. Quel quadro idilliaco che ti si è presentato davanti, per quanto ti sembri lontano da te, lo senti così vicino. Vorresti che lo fosse. Proprio perché non è più parte di te, ma interiormente forse sai di non esserti mai arresa. La reazione del tuo istinto potrebbe esserne la prova, così come il fatto che non ti sia stupita delle tue azioni.
Gli ululati ti attirano, e subito percepisci l’incoerenza della situazione. Un predatore con un branco sembrerebbe essere il connubio perfetto tra i tuoi istinti più solitari e aggressivi e l’esigenza di un gruppo. Ma forse non è di un branco che hai bisogno. Un branco è una forma di famiglia che nasce dall’esigenza di lavorare in gruppo per sopravvivere, dalla necessità intrinseca in alcune specie di trovare un leader e affidarsi a lui. Chiedi a te stessa se è di un branco che hai bisogno, o piuttosto di qualcuno da identificare come famiglia in modo puro e spontaneo. Una famiglia che ti faccia sentire amata, accettata, protetta. O se questo bisogno è ormai superato e da sola, in fin dei conti, stai più che bene, senza remore o dubbi. Pian piano stai raggiungendo la consapevolezza che la risposta a questa domanda, forse, è lo scopo del viaggio che hai scelto di intraprendere.
I lupi, dall’alto della sporgenza da cui ti osservano, colgono il tuo stato d’animo, la tua curiosa attrazione avversa. E non apprezzano. Pochi balzi felpati e sono giù dalla montagna, la luce della luna ad accompagnare il loro avanzamento. I randagi rimasti fuggono prima ancora che le zampe dei lupi possano toccare il terreno. Se tu li percepisci come estranei, allora lo sono, e lo sanno. Ma questo non impedisce loro di voler combattere per rimanere in quella che considerano la loro casa. Una distanza di circa venti metri ti separa dal branco, compatto e pronto all’attacco per la difesa del territorio. Il Dio che è con te sente il tuo richiamo, la tua richiesta di aiuto, ti ascolta e guarda mentre capisci di non avere altra alternativa se non quella di affidarti a lui, ancora una volta. E ancora una volta la sincerità delle tue intenzioni e dei tuoi sentimenti lo convince a correre in tuo aiuto.
Due scene si formano ai tuoi lati. Compaiono dal nulla, ma in fin dei conti è come se fossero sempre stati lì. Alla tua sinistra, un po’ più avanti rispetto a te, la famiglia di cervi al completo ti guarda: cervo, cerva e quattro cerbiatti ti osservano un momento, volgendoti un breve inchino, per poi voltarsi verso i lupi senza più distogliere lo sguardo dagli aggressori. Ti hanno mandato un chiaro invito a unirti a loro, alla loro famiglia, per godere della loro protezione: seppur prede, faranno qualunque cosa per proteggere chiunque faccia parte del loro nucleo. A destra e sempre avanzato, fiero e fedele, il puma compare ancora una volta pronto a tirare fuori gli artigli e combattere contro chiunque osi minacciarti. Solo, ma forte, in grado di badare a se stesso, di provvedere alla propria sopravvivenza, di lottare e vincere ogni battaglia che gli si presenta. Volge i suoi occhi verso i tuoi, investendoti di emozioni forti tanto quanto lui: sai che lotterà per te fino alla fine.
Contrapposizione. Una volta ancora. La possibilità di compiere una scelta determinante sulla base dei tuoi istinti o di una profonda riflessione. Ciò che sei stata e che speri possa tornare, o ciò che sei e che pensi che resterai. Sinistra o destra. È tutto nelle tue mani, Adeline.
Scegli.


 
Web  Top
view post Posted on 14/1/2023, 16:28
Avatar

Group:
Docente
Posts:
419

Status:


Come era arrivata sin lì?
Cosa l’aveva portata sino a quel preciso punto, quello specifico momento?
Adeline avrebbe potuto fare tante cose in quegli istanti ma probabilmente razionalizzare risposte simili non era tra quelle.
Stringeva le mani in pugni stretti, respirando piano.
All’improvviso le arrivava vivida la consapevolezza di ogni sua fibra muscolare, minima sensazione e movimento, ogni singolo pensiero le rimbalzava nella mente dorata come amplificato.
Non era la benvenuta lì.
Lo sapeva, perché non era un branco ciò di cui aveva bisogno.
Non le serviva un leader da seguire, non dei compagni da cui essere protetta, non delle gerarchie sociali a cui sottostare.
I confini la rassicuravano sotto diversi aspetti, ma per altrettanti la costringevano e soffocavano – non era d’altronde cresciuta nella più completa libertà?
Stava stringendo così tanto quei pugni che poteva sentire le unghie ferirle i palmi.
Avrebbe potuto fermarsi a quella fontana a giocare con quei passerotti.
Sarebbe stato più semplice.
Più semplice ma più superficiale Adels.
Adeline invece andava a fondo, cercava sempre di farlo, di scavare, approfondire, scoprire e spiegare.
Non sarebbe stata lei se non avesse proseguito, se non avesse vagliato e studiato ogni singola possibilità – anche a costo di scoprire aspetti di sé che avrebbero messo in difficoltà la sua inscalfibile razionalità e struttura di pensiero, anche a costo.. di ritrovarsi lì, immobile, marmorea di fronte ad un branco di lupi che con un paio di balzi avevano già colmato la distanza che li separava.
I cani randagi superati poco prima fuggirono e Adeline tornò a posare lo sguardo sull’esemplare di lupo che poco prima aveva attirato la sua attenzione: lui avanzava insieme ai suoi compagni, lento ma inesorabile, mentre Londra.. non indietreggiava, questo mai.
Il calore e la presenza del Dio le erano di conforto ed aiuto come mai prima di allora ma la Bronzo Blu non si sarebbe comunque mai tirata indietro allo scontro, non era semplicemente parte della sua natura.
Seppe che erano lì, come se non l’avessero mai abbandonata, ancora prima dell’istante in cui le pupille nere si posarono sui loro lineamenti.
Sulla sinistra, la famigliola di cervi avvicinata poco prima.
Abbassarono il muso, rivolti esplicitamente verso di lei, per poi voltarsi a fronteggiare il branco di lupi.
Sulla destra, il puma che già una prima volta l’aveva salvata: adesso, lo sguardo profondo e gli arti vibranti, era nuovamente pronto all’attacco.
Adeline doveva scegliere e doveva farlo sufficientemente in fretta.
Le iridi bicrome tornarono sui lineamenti dolci di cervi e cerbiatti.
Avevano qualcosa che Adeline anelava da tempo e per quanto fosse una loro debolezza, questa era anche una loro grande forza.
Era loro, però. Non di Adeline.
Adeline - realizzò la strega, il respiro mozzato - aveva un altro tipo di forza: più tagliente e acuminata, sopita magari per la maggior parte del tempo ma aggressiva al bisogno.
Adeline era cresciuta da sola. Era diventata tante cose grazie a quella solitudine tra cui - anche forte.
Forte della sua più totale indipendenza ed autonomia, del suo sapere cavarsela sempre e comunque, del suo riuscire, in tutto quel caos, persino ad aiutare gli altri e a sostenere sé stessa e loro insieme.
Adeline era curiosa, gentile, delicata, fondamentalmente caotica sì ma accogliente.
Era anche però, indiscutibilmente determinata, coraggiosa.
Era delicata solo sino a quando preferiva, per la pace del suo animo, mostrarsi tale.
Era accogliente ma solo sino a quando non ci si avvicinava troppo. Anche per questo le piacevano tanto i confini. Era territoriale.
Tanto territoriale.
E arrabbiata. Tanto arrabbiata. Ma per questo forse, ci sarebbe voluto altro tempo...
Londra non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce ma c’erano parti di lei, capaci di ferire.
Non si tirava indietro di fronte al pericolo, ma la verità era che al bisogno ci si sarebbe gettata anche a capofitto, ad artigli sguainati, pronta a tutto e non solo per sé.
Magari era nata cerbiatto, parte di un qualcosa ed essenzialmente fragile, bisognosa di cure ed affetto. Nella vita poi, si ostinava a pensarsi e a farsi pensare passerotto, delicata e leggera, innocua nella sua tenerezza. Ma la realtà era un’altra alla fine. Doveva solo accettarla e.. beh, imparare a gestirla.
I polmoni tornarono a riempirsi di aria fresca, come se fosse stata in apnea sino a quel momento.
Voltò decisa lo sguardo fondendolo con quello altrettanto deciso del puma.
Crucciò i lineamenti, feroce, mentre la mancina andava alla ricerca della sua bacchetta e la stringeva forte per ogni evenienza.
Un battito di ciglia e prese a correre: voleva raggiungere il puma, il suo puma, e difenderlo ad ogni costo - o attaccare i lupi che avrebbero cercato di ferirli.
Non le importava cosa e come, la bacchetta era stretta tra le dita ma per quel che le interessava avrebbe potuto benissimo sferrare dei pugni in pieno muso a chi gli si fosse parato davanti.
Se lo avesse raggiunto in tempo - Adeline lo sapeva, lo sentiva nel profondo - sarebbe andato tutto bene.
Era lui ed era lei, era il Dio, erano loro.
In ogni caso, lotta o non lotta, erano loro.
[Sarebbe andato tutto bene.]
 
Top
view post Posted on 3/2/2023, 09:54
Avatar

Il Fato

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
10,913

Status:


La scelta ti viene talmente naturale che pare quasi non l'abbia nemmeno dovuta prendere. La rapidità, la decisione con cui rivolgi lo sguardo verso di lui, il Puma, è il frutto del lavoro di una vita. Un lungo percorso di presa di coscienza, di comprensione della tua natura, di accettazione. Per questo, Adeline, non hai dubbi. La famiglia alla tua sinistra ti fa giusto provare un po' di nostalgia, per qualcosa che forse era o non è mai stato, che sarebbe potuta essere ma che di fatto non è. Mentre a destra, è lì che sei tu, è lì che risiede la tua vera essenza. Il vostro sguardo si fonde. Non serve che ti chiami a sé, il tuo corpo si muove quasi da solo verso di lui. Lo raggiungi proprio nel momento in cui il capo branco inizia la sua aggressione. Il tuo secondo io si staglia davanti a te con tutto il suo corpo, zampe anteriori protese in avanti e le posteriori pronte allo scatto, preparato a reagire. Ti sta davanti, ma è come se foste un tutt'uno. Se potessi osservare il mondo con gli occhi del lupo, vedresti un'unica entità, un unico essere dalle sembianze semi-umane. L'unione delle vostre anime è forte, così forte da creare un'aura dorata che vi copre completamente, accecando chiunque osi guardarvi. È l'essenza stessa del Dio, che ha stabilito un legame indissolubile, eterno, tra voi due. Non l'hai scelto, ti sei semplicemente ritrovata in lui. Ora ne hai la conferma.
I lupi attaccano alla cieca, prima uno dopo l'altro, poi assieme, ma nulla sembra scalfire quello scudo dorato che vi avvolge. In qualunque altra circostanza, una situazione del genere avrebbe creato agitazione, ansia, persino terrore. Ma non a te, Adeline. Non ora. In te nasce solo maggiore consapevolezza. La consapevolezza di aver trovato te stessa, di aver concluso una ricerca lunga una vita, di aver preso decisioni importanti e determinati. Hai rinunciato a ciò che non senti più tuo, affidandoti al tuo io più forte, determinato. Al tuo io predatore.
Stanchi, stremati, esausti, lentamente i lupi se ne vanno. Quella terra è tua, è il tuo mondo, e loro non ne fanno parte. Neppure i cerbiatti sono lì. Non c'è più nessuno, solo tu e il puma. Si volta verso di te, ancora circondato dall'oro. Si siede, ti offre la testa per una carezza. Il tempo fugace di un contatto, e l'aura dorata inizia a spandersi ovunque, finché i tuoi occhi non vedono solo una luce bianca, troppo forte per continuare a tenere gli occhi aperti. Un calore estremo, lo stesso già vissuto prima, ti permea dentro le ossa, trasportandoti in un viaggio in cui sei priva di ogni senso e percezione del tempo. Quando le palpebre chiuse non fanno più male e i tuoi piedi toccano di nuovo terra, riapri gli occhi e scopri di essere tornata al punto di partenza, con una nuova compagnia al tuo fianco. Il puma è lì con te, come il Dio, o forse sono la stessa cosa. Niente più porta verde o porta blu ai tuoi lati, solo quella rossa di fronte a te. A differenza di prima, sul legno rosso scuro c'è una maniglia dorata. Prenditi un momento, se vuoi, prima di uscire. Lui non verrà con te, ma sarà te. Sarà sempre con te. Quando sei pronta, abbassa la maniglia.
Apri gli occhi. Il bosco davanti a te. Le pietre, il fuoco, e tu al centro del cerchio. Tutto è come prima, ma tu sei diversa. Solo tu puoi sapere con quali emozioni ti trovi a lottare. Cerchi di rimettere insieme i pezzi dopo quanto accaduto, che pare lontano. Sarà avvenuto realmente? Fatichi a capirlo, ma la consapevolezza sì, quella è rimasta. Se ciò che hai vissuto è vero, se il Dio ti ha realmente accompagnato fino alla fine di quel viaggio, allora non ti rimane che provarlo.


Siamo quasi alla fine del viaggio. Quando esci dalla porta rossa ti ritrovi dove hai svolto il rituale: è tutto esattamente come prima, non ti sei mai mossa realmente. Anche la bacchetta è dov'era prima. Puoi iniziare ora a descrivere il primo tentativo di esecuzione dell'incantesimo di trasformazione. Per qualunque dubbio o domanda, come sempre, mi trovi qui. Buona fortuna!
 
Web  Top
view post Posted on 6/2/2023, 18:01
Avatar

Group:
Docente
Posts:
419

Status:


Ci fu un momento, ad un certo punto, in cui Adeline perse completamente la cognizione di dove iniziava e terminava lei: i suoi confini, di umana e fragile pelle, i suoi pensieri, i suoi movimenti.
Perse la cognizione di dove iniziava e terminava lui: quel puma dal pelo dorato, i muscoli agili e forti, lo sguardo fiero e feroce di fronte ai nemici.
Ci fu un momento in cui Adeline credette di essere lei e lui insieme: mosse l’umano sguardo bicromo mostrando gli artigli e i denti affilati ai nemici, ringhiò feroce muovendo la lunga coda a scatti mentre le mani si stringevano in pugni serrati.
Ci fu un momento, in cui Adeline capì che si erano trovati – si era, trovata - così profondamente, che parlare di una lei e di un lui, non aveva davvero più senso – non lo aveva mai avuto d’altronde.
Un’aura dorata prese a risplendere attorno a quelle anime così congiunte, la Presenza del Dio a permeare ogni singolo vibrante atomo.
Il branco di lupi attaccava, lacerava, ululava ma avrebbe impaurito e ferito una Adeline che ormai non esisteva più – o che forse, in fin dei conti, non era mai davvero esistita.
Capiva, Adeline.
Era un senso di consapevolezza, di completezza, mai sentito così prima.
Era lei.
Con tutti i suoi pregi e difetti, forze e fragilità, con tutto il suo tutto.
Era sola, sì.. ma questo l’aveva resa forte. L’aveva resa abbastanza. Anzi. Anche di più.

Uno ad uno, i lupi si arresero.
Adeline sentì le proprie dita schiudersi dai pugni serrati in cui erano state chiuse, i muscoli ammorbidirsi.
Il nulla circondava lei e quella parte più profonda ma al tempo stesso così vera da essere palesemente esplicita, di lei: il suo puma.
Ancora avvolto d’oro soffuso, quando si avvicinò le mani pallide di Londra affondarono una seconda volta in quel pelo soffice, grate, quasi commosse da quel contatto.
Poi, ancora una volta, quel tiepido calore che le rincuorava il petto crebbe, divenne troppo, la luce dorata divenne troppo e Adeline Walker chiuse gli occhi e si aggrappò con tutta sé stessa al ricordo e dolce sensazione di quel fugace contatto, consapevole nel profondo che – in ogni caso – non si sarebbe mai più potuto ripetere in quella o in un’altra vita.
Riaprì gli occhi solo quando la terra tornò ad esistere sotto i piedi, il calore bruciante nelle ossa si attenuò e la luce divenne nuovamente tiepida amica.
Adeline era tornata al punto di partenza, ma non era la stessa Adeline che in effetti da lì era partita.
Non era in effetti neanche più sola.
O forse lo era, ma quella rappresentazione fisica di ciò che aveva capito, aveva compreso essere lei era comunque ancora lì, a confortarla.
Così come il Dio.
Lui ed il puma, due o forse uno, erano ancora lì con lei, lo spazio vuoto attorno, una sola porta, una sola via al termine di tutto.
Trattenne silenziosamente il fiato, avvicinandosi felpata all’animale.
Si accucciò, portando gli sguardi a fondersi e le dita ancora una volta tra il morbido pelo dietro le orecchie mentre attimi infiniti nascevano e morivano, la mente dorata di Adeline che cercava di imprimere per sempre quell’immagine, quelle sensazioni.
-Grazie.-
Sussurrò infine, appena udibile.
Sarebbe potuta rimanere lì per sempre, si disse per un folle attimo, ma le gambe già si distendevano e la portavano là dove doveva andare, anzi, dove doveva tornare.
Abbassò la maniglia solo perché consapevole infine, che , in un modo o nell’altro, ci sarebbe stato sempre lui ad accompagnarla – com’era sempre stato, in fondo.. forse adesso però, sarebbe stato più semplice riconoscerlo - riconoscersi - nel riflesso di uno specchio.

Aprì gli occhi, ancora, ma questa volta fu per davvero – perché poi, ciò che era successo non era stato vero in fondo? –
L’aria boschiva tornò a riempirle appieno i polmoni, la consapevolezza della terra fredda sotto le gambe, i capelli ancora umidi, il fuoco tiepido di fronte a lei.
La realtà del mondo la colpì come una mazzata sulle costole, ma non fece così male in fondo, qualcosa – qualcosa di importante – era tornato lì con lei a farle compagnia, a rassicurarla nel profondo.
Una consapevolezza, una verità che non l’avrebbe più abbandonata.
Tutto era come lo aveva lasciato.
Anche la bacchetta, utilizzata – quando, una vita intera prima? – per accendere il fuocherello davanti a lei era ancora lì, a disposizione, accanto alle sue gambe.
La afferrò con la mancina, alzandosi in piedi ancora prima di svolgere un pensiero razionale.
Le iridi color del mare sembravano guardare incantate le fiamme il cui calore le lambiva ora appena le gambe, ma dietro, tra le pareti di quella scatola cranica, imperversava ben altro.
Conosceva l’incantesimo, ricordava alla perfezione la teoria.
Normalmente avrebbe detto che tra teoria e pratica poteva passarci in mezzo un oceano intero, ma la verità era che, in quel momento, quella sicurezza, quel senso di completezza e verità, quel senso di , davvero, per come era per come finalmente si era accettata, capita, compresa..
Indietreggiò di qualche passo dal fuoco, alzando lo sguardo verso quella parte di radura appena accanto, libera, pacifica.
Riportò alla memoria tutto ciò che sapeva e ricordava essere: quel muso felino, i tratti definiti della testa piccola e tondeggiante, le vibrisse lunghe. Il naso era tendente al rosa al centro ma dai contorni scuri, umido, distanziato da del corto pelo bianco dalle labbra che nascondevano due serie di denti affilati, cresciuti per mordere e affondare nella carne.
Più in alto, gli occhi: un felino simile normalmente lì avrebbe avuti castano dorati ma lui - lei.. lei no. Avrebbe sicuramente riportato quella sua caratteristica tanto peculiare, anche nella sua forma animale. Gli occhi quindi avrebbero avuto un’iride azzurra come il mare ed una verde come il bosco che la circondava.
Il resto però, sarebbe parso piuttosto comune, eccezion fatta per qualche dettaglio.
I lineamenti del muso sarebbero stati comunque tracciati di nero, come se truccati, esattamente come comparivano in natura, anche le orecchie, piccole e arrotondate.
Ecco, il pelo – Adeline a tratti aveva ancora la sensazione di quello morbido del suo sotto le dita – che normalmente variava dal biondo-rossiccio al bruno, ecco, forse nelle sue sfumature avrebbe accentuato quel biondo, dandogli toni dorati proprio come i suoi capelli.
Il collo lungo, il corpo snello – rispetto ai grandi felini con cui era imparentata quella specie – ma agile, scattante. Le zampe proporzionate, la coda lunga – nella mente calcolatrice di Adeline, tornata finalmente a pieno carico dopo quel viaggio di puri istinti ed irrazionalità, saranno stati una settantina di centimetri –.
Sotto le iridi di cielo e di mare di Londra, tornava a vivere quel puma – il suo puma – e l’intensità era tale da trasportarla quasi in avanti, come se lì, in mezzo a quella radura vuota, avesse davvero dato vita, fiato caldo e peso rassicurante, a quell’animale - e potesse tornare a toccarlo, accarezzarlo sul petto il cui pelo sfumava dal dorato al bianco, ascoltandone il respiro calmo, tiepido, il profumo di selvatico.. era lui ed era lei, e a tratti poteva immaginare quale sarebbe stata la sensazione del fogliame sotto le zampe, gli artigli pronti a grattare la terra umida, come a saggiarla.
Avrebbe potuto sperimentare quella muscolatura forte sotto il pelo morbido, annusare l’aria fresca alzando il muso verso il cielo, ascoltare i suoni del bosco con le orecchie arrotondate, in grado di muoversi attente in base alla fonte dei rumori.
La mente lavorava frenetica nel riportare a galla, in ogni più infinitesimale dettaglio che le riuscisse, ogni più piccola caratteristica di quel felino – ma la verità era che era più il cuore, l’animo, il respiro a tendersi e volere quasi spasmodicamente, con desiderio pulsante, voler essere, voler essere lei, sì, ma in quella specifica, rassicurante forma – e fu quel potere, quella forza di volontà, e desiderio, e concentrazione, che Adeline infine focalizzò in un unico e solo punto.
Strinse le dita attorno alla bacchetta, catalizzando tutto quello derivante da ogni fibra del suo essere, della sua magia, della sua mente e del suo animo in quel pensato miscuglio di legno di nocciolo e crine di unicorno, concentrando ogni cosa, concentrandosi in quell’unico e semplice gesto: alzò il catalizzatore puntandolo al centro della sua testolina dorata, lo sguardo fisso su un puma che lei e lei soltanto poteva vedere, osservare sino a quasi perdercisi dentro.
-Mutas Puma Concolor.-
 
Top
20 replies since 21/11/2022, 18:56   717 views
  Share