Helena S. Whisperwind
Tassorosso | 12 anni | I anno
L’apparizione di cibarie e leccornie di ogni genere non mi fa rimpiangere la mia umile richiesta, felice di non essere stata presa alla lettera. Mezzo secondo di attesa, più per educazione che per imbarazzo, e subito dopo seguo a ruota Draw e mi servo del succo di zucca e una fettina di crostata alla nocciola. Non ho idea di chi abbia cucinato per noi, ma sento di essergli davvero grata.
Il tempo di una piccola pausa, e giunge presto la risposta alla mia prima domanda e con lei una donna fascinosa che ci mostra i nostri alter ego.
Myron Pancras. Gentile, esteta, ricco, ricchissimo, innamorato e succube della bellezza. Sulla carta mi fa pensare a zio Kenneth, fratello maggiore di mio padre. È il classico tipo pieno di soldi, che gioca a golf, frequenta i migliori lounge bar di Londra, è presente ad ogni evento mondano, indossa solo abiti sartoriali eleganti e stravaganti, va ad ogni mostra d’arte a cui valga la pena presenziare, si riempie la casa di oggetti di design e fa il piacione con ogni donna che gli capita a tiro e in qualche modo riesce ad ammaliare ciascuna di loro col suo fascino. Trovo poi la foto di Myron e scopro, con non poca sorpresa, che è un ragazzo sì, giovane, ma anche attraente. Rileggo tutto quanto, più e più volte, poi chiudo il file e scoppio in uno sbuffo sarcastico.
«Tutto qui?» Sembra che dovrò farmi bastare quelle poche informazioni.
Leggo i files delle mie compagne, per avere un quadro completo della situazione, e metto a disposizione il mio. Alla domanda di Phoebe, sul perché il suo Rick abbia un’aria decisamente arrabbiata, la mia risposta arriva presto, in quell’istante di sovrappensiero
«A giudicare da quanto ho letto, di sicuro se l'è presa col fotografo che non si è nemmeno degnato di "lodare la sua bellezza, la sua intelligenza e la sua grandiosità" prima di scattargli la foto!» Mi rendo conto di quanto ho appena detto e sorrido con malizia.
Mentre Rebecca aiuta Camille col Pensatoio, rileggo ancora e ancora il file su Myron, finché non arriva il mio turno. Con curiosità mi avvicino cauta al bacile di pietra e ci giro attorno per osservarlo per bene, da ogni prospettiva. Lo sguardo di Rebecca, lo sento, è vigile, pronto a supportarmi e mi ispira fiducia. In altri momenti avrei dato più peso a quell'oggetto misterioso e affascinante, ma ora è tempo di agire. Senza rifletterci troppo mi chino e mi ritrovo con il volto dentro quella specie di liquido; non percepisco una sensazione di bagnato o freddo, anzi, mi sembra quasi che i miei sensi siano stati anestetizzati. In men che non si dica, dopo un vortice di vuoto, solido e gassoso, mi trovo in una grande stanza, luminosissima e rifinita con stile e raffinatezza. Sposto lo sguardo poco oltre ed eccolo lì, Myron Pancras. Di spalle, in piedi, con una postura fiera ma morbida, mentre scruta il bel giardino oltre le enormi vetrate. Mi avvicino, cerco di dire qualcosa ma non accade nulla: sono lì, ma non sono lì. Mi osservo le mani, con l’espressione della meraviglia, finché improvvisamente un secondo uomo entra, annunciando l’asta a cui Myron, o meglio, io, andrò a recuperare il carillon di Hespera. Il ragazzo si volta e finalmente posso osservarlo meglio: è vestito in modo elegante, ha i capelli del colore di quelli di Edmund, gli occhi sono chiari come i suoi, ma dissimili. Quelli di Myron sono di un azzurro-grigio cupo, come il cielo
prima di un temporale, mentre quelli di Edmund sono più luminosi, come i riflessi di un cielo calmo e rassicurante
dopo una tempesta. Sento le gote accaldarsi anche nel freddo del Pensatoio, ma non mi faccio distrarre oltre dal vagare della mente. Mi avvicino e continuo ad osservare il giovane Pancras, visibilmente compiaciuto per la notizia del suo - suppongo - maggiordomo. Ha uno sguardo brillante e attento, il suo sorriso mostra solo i denti superiori, bianchi e ordinati, e fa nascere sul suo volto glabro due piccoli solchi ai lati delle guance. La voce è calda, pacata, calma, così come i suoi passi. Lo osservo riflettere, seguo le sue iridi spostarsi verso l’alto e diagonalmente; serra leggermente gli occhi, mentre le graziose occhiaie si fanno lievemente più marcate. Si rivolge al maggiordomo con gentilezza e quando è nuovamente solo sospira con soddisfazione, chiude gli occhi e stringe la mascella. Si passa una mano tra i capelli e chiudo gli occhi anch’io, per sigillare quei ricordi nella mia mente; quando li riapro mi ritrovo di nuovo accanto alle mie compagne e a Rebecca.
«Che esperienza, eh?» Sospiro forte, sorpresa, scossa, emozionata, indiscreta, entusiasta, ammaliata. Trovo un posticino appartato, una poltrona in un angolo della sala e mi ci siedo, a peso morto. Chiudo gli occhi, rivivo la scena del Pensatoio, i lineamenti di Myron, la postura, le espressioni, il tono di voce, l’atteggiamento, il modo di osservare, e coltivo quei ricordi affinché non si sbiadiscano ma restino ben vividi nella mia mente. Mi prendo qualche minuto, poi torno dalle ragazze.
«Sono Myron Pancras, sono ricco e se non state attente vi compro anche l’anima. Ho i soldi per farlo e non ho paura di usarli!» il tono pomposo, volutamente caricaturale, sfuma presto in una risata.
«Okay, questo è tutto quello che non dovrei fare e che mi farebbe scavare la fossa con le mie mani…» Aggiungo, in riferimento alla questione del
pervenu, facendo diventare le mie labbra una semplice linea orizzontale. Non sembra che Myron ci dia troppo peso, anzi, ma voglio essere lui nel modo più naturale possibile. Mi allontano, torno nel mio mondo.
Con l’indice e il pollice della mano destra mi massaggio le guance tirandole su e giù, avanti e indietro. Sciolgo un po’ i muscoli del viso, provando ad assumere quell’atteggiamento pacato e quel fascino da ricco borghese. Realizzo che non si tratta solo di recitare, ma di
essere. Essere un’altra persona. Devo essere Myron Pancras, l’esteta. E dovrò esserlo fino in fondo. Parlare come lui, agire come lui, pensare come lui, osservare come lui.
Cosa caratterizza una persona? I dettagli. Myron osserva a lungo. Il suo cielo in tempesta è penetrante e nei suoi sguardi, sono sicura, si può notare la scintilla, il desiderio di scovare sempre qualcosa di nuovo che soddisfi la sua fame di bellezza. Un esteta così non può non avere uno sguardo attento, pronto a scovare dettagli e particolarità.
«Mi è giunta voce che all’asta della famiglia Achard ci saranno vari oggetti interessanti» parlo col mio riflesso sul vetro di una finestra, come se quella non fossi io ma una ragazzina con cui Myron discorre.
«Ho messo da parte un po’ di soldi per…» No. È ricco, non mette da parte i soldi, li ha e basta.
«Spero che stavolta tirino fuori il pezzo forte, lo spartito originale di Debussy, di fine ‘800…» È vero che nel suo studio c’era un pianoforte, ma non è detto che lui conosca quel compositore babbano che tanto piace a mia madre. Continuo a provare, a sbagliare, a ritentare finchè non mi sento soddisfatta e pronta per lo step successivo, la prova con le altre: le raggiungo balzando in su dalla poltroncina, scambio qualche battuta con Camille, decisamente meno con la sua Maeko, proviamo un finto testa a testa con Phoebe/Rick e intavoliamo una conversazione con Vivienne/Joey. Siamo cooperative, ognuna di noi cerca di supportare le altre per far sì che i nostri personaggi vengano interpretati al meglio.
È arrivato il momento dell’esibizione ufficiale. L’abbiamo concordata con attenzione, io, Camille, Phoebe, Vivienne, che da questo momento in poi non avremo più la nostra identità ma quella di Myron, Maeko, Rick e Joey. Ricambio l’occhiolino di Camille e mi stringo i capelli in uno chignon basso che incastro nell’orlo della maglia, per sentirmi un po’ meno Helena. Ora sono Myron Pancras. Chiudo gli occhi, respiro di nuovo per rilassarmi. Li riapro, osservo Allister, Drew, Rebecca soffermandomi su ciascuno di loro, come aveva fatto l'affascinante Armie all'inizio. Indugio su di lei, ovviamente.
Inizio ad osservare come fanno gli adulti. Come fa anche zia Juls, quando guarda una persona che la affascina. È chiaro che oltre uno sguardo c'è di più. Un mondo da esplorare, il desiderio di altro. Devo osservare le donne con questo desiderio di altro. Devo farle sentire importanti. Chiudo gli occhi. Sospiro. Respiro cercando di calmare i nervi, sento l'aria passare dentro di me e ci presto attenzione, come mi aveva insegnato zia per rilassarmi. Li riapro e punto Maeko.
«Miss Maeko, giusto? Non ci conosciamo, ma ho sentito il suo nome pronunciato da quei signori laggiù...» indico un angolo vuoto della sala
«Mi permetta di presentarmi, sono Myron Pancras…» porgo la mano destra, immaginandola forte e calda come quella di un giovane uomo. Lei mi osserva con disprezzo, immobile. La sua mano non vuole incontrare la mia. Lentamente l’arto torna a posto e lo porto al petto, stringo la mascella, faccio un mezzo inchino con eleganza e arretrando di qualche passo mi sposto verso Joey, senza però distogliere lo sguardo dalla tagliente donna dai tratti più orientali di quelli di Helena Whisperwind.
«Signorina Chapman, che onore poterla incontrare qui!» le sorrido, mostrando solo l’arcata superiore dei denti, come avevo visto fare a Pancras nel Pensatoio. Noto altri sguardi austeri di Rick ma non ci dò peso: ci parlasse lui con quel concentrato di acido muriatico, tanto io ormai ho inquadrato la mia preda.
«Io sono Myron Pancras, e seguo spesso le sue mostre» Abbasso le palpebre come un inchino rispettoso, porgo la mano
«L’ultima, in particolare, è stata preziosa. Non serve un esperto per capire quanta passione ci mette nel suo lavoro.» mi passo distrattamente una mano tra i capelli, immaginando quelli corti di Myron
«Ma, con sincerità...è qui per la festa o per il vero divertimento?» Un mezzo sorriso, malizioso, allusione all'asta. Ascolto, attento, immaginando di lasciar vagare per un attimo l'attenzione verso le costellazioni sulle sue guance rosee.
«Capisco. Sì, ho già puntato un oggetto in particolare. Ma non le dirò quale, o potrebbe soffiarmelo sotto al naso.» Sollevo un sopracciglio, con l'aria furba di chi sa giocare col fuoco - zia Juls, maestra di vita -.
«E in quel caso, sarò costretto a chiederle un appuntamento per discutere delle trattative del caso...» Faccio una pausa, distolgo lo sguardo e con finta disattenzione mi sistemo l'orlo del colletto, avendo ben chiaro in mente quello candido e profumato di una camicia maschile appena lavata
«...in privato». Concludo, tornando ad insinuare con decisione la mia tempesta nei suoi occhi verde bosco.
PS: 139 | PC: 77 | PM: 96 | PE: 4.5