| | Jean Grey II yr. | Prefetto Corvonero |outfit Where? Common Room; Gardens. INTERACTIONS: Megan, Derek MENTIONS: Gin | Tonight I just want to be surrounded by friends
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Dire che Jean temeva quelle vacanze di Natale era riduttivo. Non aveva la più pallida idea di cosa avrebbe fatto con sua madre, se le avrebbe parlato, se le avrebbe sorriso e annuito a ogni frase di circostanza. Non sapeva nemmeno in quali condizioni l'avrebbe trovata, a dirla tutta. Sapendo che pure lei era sulle tracce della verità, non riusciva a non domandarsi spesso cosa stesse facendo, se in quel momento fosse in giro a chiedere a loschi individui come Isaiah informazioni sulla morte di suo marito, se fosse in pericolo. Se avesse scoperto qualcosa di determinante. Chissà se Cara le avrebbe mai raccontato qualcosa di sua spontanea volontà sull'argomento... Ne dubitava. Se provava a mettersi nella testa di sua madre, un po' la capiva in fin dei conti. Cercava solo di proteggerla, dal pericolo della ricerca e dall'orrore di cosa avrebbe potuto scoprire. Ma probabilmente Cara non era in grado di fare l'opposto, ovvero mettersi nei panni di sua figlia e capire che non era stupida. Ogni altro problema, per quanto rilevante, scompariva di fronte alla prospettiva dell'imminente rientro a Stratford-upon-Avon. Puntava tutto sulla compagnia di Connor, sperava di passare un po' di tempo con lui, il più possibile per la verità. Ma prima di quel rientro, c'era un'altra commissione da sbrigare. E quella commissione prevedeva un tubino nero, collane di perle, chignon e cappellino. Non poteva fuggire dalla festa di fine anno, nonostante non ne avesse la minima voglia. Aveva uno strano rapporto con i balli. Durante un ballo si era fidanzata, durante un altro si era lasciata, e un'altra volta ancora aveva vissuto un momento d'oro con Alice. In quel momento l'ultima cosa di cui aveva bisogno erano altri drammi, e tutti quanti sapevano che anche solo presenziare al ballo scolastico era come fare i casting per una telenovela spagnola. O peggio, indiana. Per fortuna c'era Megan. Per fortuna c'erano i Corvonero, i suoi compagni. Avrebbe fatto il possibile per stare insieme a loro e ignorare tutto ciò che l'avrebbe cirondata quella sera nel giardino. Percorse ogni gradino dalla Sala Comune alla camera di Megan con uno sbuffo dietro l'altro. Aveva una brutta sensazione, ogni fibra del suo corpo le suggeriva che a quel ballo avrebbe visto qualcosa che non le sarebbe piaciuto. Qualcuno. Entrò dietro l'invito di Megan e sorrise, immediatamente più tranquilla ora che si trovava davanti a un volto amico. «Ah ma figurati, non so se mi ringrazierai ancora quando quell'esserino butterà all'aria tutta la casa.» Ridacchiò, immaginandosi già il piccolo Snaso aggirarsi per la dimora con collane d'oro e occhiali da sole in stile gangster. Prese posto nella zona del letto della sua compagna di stanza, Grace, che fortunatamente era a farsi gli affari suoi da qualche altra parte, e iniziò ad abbigliarsi. Rispetto al ballo celtico, ci avrebbe messo un quarto del tempo: doveva solo infilare l'abito nero, lungo e aderente, che le copriva le braccia fino al polso, misurare le scarpe, indossare collane e bracciali e posare il cappellino bombato sopra i capelli, già precedentemente legati in un ordinatissimo chignon. Guardandosi allo specchio, trovò gradevole il contrasto tra il nero dell'intero outfit e il rosso acceso dei capelli. Si piacque in versione elegante. Mancava solo il cappello quando l'amica le chiese di darle una mano ad allacciarle l'abito dietro la schiena. Si alzò dal letto e la raggiunse, approfittandone per rispondere alla sua domanda. «Assolutamente no. Non ho la più pallida idea di come andrà. Non so nemmeno se effettivamente l'affronterò. Se riuscirò a non uscire di testa all'ennesima domandina del cazzo su come stanno i miei amici, forse la scampo anche quest'anno.» Sospirò, ma non indugiò ulteriormente sull'argomento. L'aveva già ammorbata abbastanza a riguardo, e ne aveva tratto tutto il conforto possibile. «Per ora non ci sto pensando. Vivrò giorno per giorno, suppongo.» Sorrise amaramente, tornando verso il letto di Grace e inforcando il cappello sul capo. Accennò un piccolo inchino quando sentì il complimento di Megan, seguito da una domanda che le provocò una dura fitta allo stomaco. No, non aveva accompagnatori. E nemmeno pensava di volerne uno, in realtà, ma quella consapevolezza comunque le abbatté il morale. Ignorò il proprio inconscio, decidendo di ascoltare il racconto dell'amica. Dunque aveva parlato del ballo a Draven, il ragazzo-smorfia che frequentava, lasciandogli intendere che avrebbe gradito la sua compagnia, ma lui non aveva colto. Sollevò le sopracciglia piuttosto incredula: come poteva non aver capito le sue intenzioni? Forse, come lei, non aveva troppa voglia di andare al ballo... certo, avrebbe potuto capirlo. Ma almeno lui avrebbe avuto uno scopo, quella sera, se fosse andato. «Forse è solo stato un po' scemo e non ha colto il sottotesto... Sono certa che se glielo avessi chiesto direttamente non ti avrebbe mai detto di no.» Sorrise dandole un buffetto, tentando di tirarla su. Non le piaceva un granché Draven Shawn. In generale non le piacevano tanto le persone che sembravano odiare tutto il mondo a priori. Ma si era sempre detta che aveva i suoi motivi per essere così burbero, probabilmente, e non avrebbe mai osato giudicate un passato che non conosceva. Inoltre, ormai lo considerava il ragazzo di Megan, o qualcosa del genere, e il fatto che piacesse a lei le bastava ad apprezzarlo un po' di più, o almeno a sforzarsi di farlo. Era indecisa se parlarle o meno di Alice. Alla fine optò per farlo, un po' perché ormai aveva capito che con Megan poteva parlare di qualunque cosa, un po' perché in questo modo forse avrebbe potuto distrarla dai suoi pensieri su Draven. «Visto che me l'hai chiesto, no, non vado con nessuno al ballo. Credo ci sia chi apprezza "questo"», disse indicando il suo stesso corpo, «ma credo che quella persona apprezzi solo questo. Me l'ha fatto capire molto chiaramente, nella situazione meno opportuna. » Era stata categorica, Alice. Raccontò a Megan quanto successo negli spogliatoi la sera della partita, delle troppe parole della Rossa, di come si era sentita dopo. Che poi, nemmeno Jean aveva proprio capito il suo stesso stato d'animo. Non riusciva a capire se a turbarla fosse il fatto di essere attratta da Alice più di quanto le fosse concesso, il fatto che la ragazza le avesse proibito di infatuarsi di lei, o se il motivo fosse uno diverso. Più profondo, più nascosto. Forse la verità era che per quanto Jean odiasse l'idea di sentirsi in gabbia, apprezzava meno di quanto pensasse il mero sesso, e desiderava comunque qualcuno al suo fianco. E questo qualcuno non doveva per forza essere Alice, non era questo che intendeva. Per quanto le piacesse da impazzire, non aveva dubbi sul fatto che la Rossa fosse la persona meno indicata a farle da "compagna", e se Jean si fosse fissata con lei sarebbe finita molto, molto male. Doveva cercare di proteggersi da lei in qualche modo. Ma Jean non era la migliore in questo, pur di buttarsi in un'emozione era capace di ignorare ogni segnale di allarme o bandiera rossa. Insomma, le possibilità che finisse in tragedia erano altissime, se avesse continuato a pensare a lei. Esternò quei pensieri a voce alta per la prima volta: non c'era persona migliore di Megan per farlo. Si sentì un po' più leggera, ma ora che aveva tirato fuori l'argomento crebbe in lei la paura di vederla al ballo. Magari con qualcun altro, a godersi la libertà di cui giustamente godeva. Provò a confortarsi dicendosi che pure lei era libera di fare ciò che voleva, e che sforzandosi un po' avrebbe potuto trovare riparo e calore insieme ai suoi concasati. «Sì, sono pronta» rispose dopo essersi data un'ultima occhiata allo specchio. Si piaceva, quella sera, ma la sua autostima non era comunque ai livelli soliti. E questo no, non le piaceva affatto. Annuì alle frasi successive di Megan, un po' sovrappensiero, e si incamminò fuori dalla stanza. Arrivate in Sala Comune, appena prima che potessero uscirne furono intercettate da un gufo che consegnò loro diligentemente, una alla volta, una lettera. Aveva la firma di Gin, e recava un indovinello dall'aria fin troppo familiare:
Troverete qualcosa per voi appena usciti dal portone del castello, sulla via per il ballo. Quando uscite (o rientrate) andate leggermente a destra (o a sinistra), prima di incamminarvi verso i gazebo (o quando ritornate a letto), troverete qualcosa per voi.
Attenzione però, hanno un timer.
«Ma... Ma quanto è carina?» Si voltò verso Megan con gli occhi a cuoricino. Adorava quella ragazzina, per quanto non avessero ancora un rapporto profondo era comunque legata a lei, ed era veramente difficile non volerle bene. Aveva apprezzato più di quanto fosse riuscita a esternare il suo regalo di compleanno, sia per il contenuto che soprattutto per il pensiero e il lavoro manuale che c'era stato dietro. Chissà cos'aveva progettato per loro questa volta. «Andiamo a vedere, no?» Un po' più motivata di prima, si incamminò con l'amica verso l'ingresso del castello, il consueto via vai di persone più o meno conciate a far percepire ancora più forte l'imminenza delle vacanze. «Ok, dovremmo esserci. Poco fuori dal sentiero, sulla destra... Ecco, lì!» Puntò l'indice contro un gruppo di palloncini con qualcosa di legato sotto. Trovò quello col suo nome sopra e lo afferrò. Slegò il palloncino, e questo li liberò in cielo con un gran bell'effetto scenico. Scartò il pacchettino, e vi trovò all'interno un libro, "Viaggio sulle vie del sogno". Lo strinse a sé, profondamente grata a Gin per la sua dolcezza e generosità. L'avrebbe raggiunta a breve con ogni probabilità, e l'avrebbe ringraziata di persona. «Tu cos'hai trovato?» chiese a Megan, mostrandole il suo libro. Godette ancora un momento della bellezza di quel gesto, per poi tornare al primo grande dubbio della serata: dove diavolo andare a fare l'uovo? «Che dici, andiamo a cercare gli altri? Saranno in qualche gazebo...» Forse la cosa migliore era indirizzarsi verso l'inizio dei percorsi che portavano ai gazebi e sperare di riconoscere qualche corvo. Ignorando completamente il percorso centrale, che pareva assumere le sembianze di un vero e proprio red carpet, tagliò lungo un percorso laterale fino ad arrivare di fronte alla schiena di un ragazzone alto e grosso dall'aria familiare. «Derek!» urlò più del necessario, un po' a Megan e un po' per farsi sentire da lui. Gli si piazzò davanti per assicurarsi che la vedesse, e lo salutò con un sorriso. La presenza del ragazzo la rassicurava, contribuiva a crare una zona di confort in cui Jean quella sera avrebbe voluto rinchiudersi per nascondersi da tutto il resto. Sperava anche che Megan sarebbe rimasta con lei tutta la sera, visto che a ogni ballo succedeva qualcosa che le portava a separarsi - di norma si trattava di qualcuno. Per una volta, una sola volta, sperava di passare una serata tranquilla insieme ai suoi amici, e basta.
© Esse
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