The Roaring 20's , Ballo d'Inverno 2022

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view post Posted on 14/1/2023, 10:19
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Di sole e di gatti

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Il tragitto tra l’ingresso e il padiglione con il rinfresco non fu molto lungo. Sui percorsi che portavano ai diversi gazebi, Gin vide molti studenti. Si sorprese nel constatare quanti pochi ne conoscesse. Ultimamente, anche grazie al Quidditch, le sue conoscenze erano aumentate soprattutto tra i suoi concasati e di questo non poteva che esserne felice, davvero felice. Ma ancora non poteva dire di avere degli amici veri e propri al castello. Aveva potuto approfondire in parte la conoscenza di Marjorie, a cui aveva mandato un regalino, ma dopo quella ormai lontana festa non si erano più viste, se non da lontano sul campo di gioco. Si chiedeva se l’avrebbe ritrovata lì quella sera. Sarebbe potuta essere un’occasione per salutarla prima delle vacanze natalizie.

Gin sarebbe rimasta al castello, anche quell’anno. Del resto non aveva un vero scambio con i suoi genitori da tempo e men che meno con la nonna, che sembrava ancora dispersa. Quando Gin aveva mandato il gufo a casa dai suoi per dirgli che anche quell’anno sarebbe rimasta al castello, la loro risposta era stata decisamente concorde.

“Buon Natale” le avevano infatti scritto indietro, allegando un piccolo regalo babbano che consisteva in una cintura, di quelle che si usano per legare i libri.

*Almeno è qualcosa di utile* disse Gin a se stessa, osservando il regalo, mentre cercava di mandare giù il groppo che le si era formato in gola.

Ora si trovava a girovagare per la festa, senza una vera e propria direzione. Aveva espresso la volontà di andare a bere qualcosa e, in effetti, il caso o i suoi piedi l’avevano davvero messa sulla strada del rinfresco, dove già si ammassavano gli studenti.

Con una rapida occhiata, Gin si accorse che la zona del rinfresco era affiancata da un piccolo gazebo che vendeva strani oggetti. Si avvicinò e prese in mano la cosa più semplice che trovò e che catturò la sua attenzione. Sembrava un fazzoletto.

«Cos’è che fa questo?» chiese alla persona dietro il banco, che, però era indaffarata e non sembrò prestarle troppo attenzione, poiché, infatti, le disse qualcosa a proposito di pensieri e di ricami a mano molto velocemente.

«Lo prendo» rispose d’impulso Gin, lasciando i soldi sul banco e dirigendosi ora verso il bancone delle bibite, tenendo saldamente il fazzoletto in mano.

Arrivata al bancone, si appoggiò con i gomiti su di esso, piegandosi leggermente in avanti con l’obiettivo di catturare lo sguardo di un barman e quasi cadde con la faccia sul bancone quando sentì una voce familiare dire:

«Ciao! Sono riuscito a trovare il regalo, grazie mille è molto bello! Lo leggerò sicuramente! Mi piacciono un sacco i draghi!Grazie mille davvero!»

Gin si girò di scatto, tirandosi su e dando ora il fianco al bancone. Era il suo compagno Ed.

«Oh ciao Ed, sono contenta che ti sia piaciuto il regalo!» disse al compagno sorridendo. Velocemente il suo sguardo abbracciò l’outfit del ragazzo. «Stai una favola, comunque» aggiunse con lo stesso identico tono di voce cordiale. Non era molto brava a fare complimenti.

«Non sono esplosi vero?» aggiunse infine pensando ai palloncini.

«Dove andiamo? Sai dove potrebbero essere gli altri?» le chiese Ed. Gin non fece in tempo a rispondere che alcuni loro concasati si stavano avvicinando. Si trattava di Megan, Derek e Jean.

«Eccoli» disse Gin a Ed facendogli un cenno con la testa e poi, rivolgendosi agli altri «Buona serata a tutti. Siete bellissimi»

Tutti e tre la ringraziarono per i regali e Gin non potè fare a meno di arrossire appena mentre stringeva la mano di Jean e rispondeva agli altri. Era felice che i palloncini non fossero esplosi e che la sua magia avesse funzionato e sperava di aver azzeccato i titoli.

Quando Derek chiese se qualcuno sapeva come arrivare al bar nascosto Gin intervenne dicendo:

«Credo bisogna chiedere a qualcuno. Ma non ne so di più. Invece avete idea di cosa faccia questo? Non so bene…» e mostrò il fazzoletto che aveva in mano.

Subito, sulla sua superficie apparve una scritta che prima non c’era e che recitava “Non so bene”.

«Oh beh, questo sì che è utile» disse infine con una punta di sarcasmo «Forse era meglio comprare quelle specie di sigarette…»



Menzioni: Marjorie
Interazioni: Edmund, Megan, Derek, Jean
Acquisti: 1 Fazzbook
Posizione: Rinfresco

 
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view post Posted on 14/1/2023, 19:49
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No rain, No flowers

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Helena S. Whisperwind ─ Tassorosso ─ I anno ─ Outfit
H
elena osservò per un attimo Emma con perplessità. La dodicenne non aveva la minima idea di cosa “oggettivazione femminile per lo sguardo maschile” volesse dire, né del perché la grifondoro aveva inteso il complimento che le aveva appena fatto come un qualcosa relativo al mondo dei maschi o in generale un qualcosa di negativo. Beata gioventù.
Ignorò la questione e passò oltre, incassando l’elogio di Emma con gioia e ringraziando con un gran sorriso lusingato.
Si avviarono a braccetto verso il gazebo principale, Helena sognante e carica di entusiasmo. La passeggiata delle due giovani studentesse-comari tuttavia non durò più di una decina di passi, poiché qualcuno alle spalle di Hel sembrava deciso a voler richiamare la sua attenzione, facendola sobbalzare al contatto con la mano sulla sua spalla.
«OH! …Oh, ED!»
Se la prima esclamazione era ricca di stupore, la seconda suonava un tantino irritata. «Possibile che tu debba sempre farmi questi agguati alle spalle?!» Non si aspettava di vederlo così presto, il suo cervello andò in tilt e il risultato fu aggressivo e antipatico. Se ne rese subito conto e le sue guance si infiammarono all’istante. “Visto che non parliamo più” fu poi una pugnalata in pieno petto. Non era vero che non parlavano più, o meglio, sì, lo era, ma non “più” totale. E soprattutto lei non aveva mai pensato a quel periodo di distacco in modo così drastico e catastrofico, come se proprio non fossero più amici.
Non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di aver preso tra le mani una busta, o di chiedere qualcosa, commentare il suo elegante abito o parlare della serata, che Edmund Knight se ne andò via in un batter d’occhio. «Buone vacanze a te…» sussurrò, delusa, accompagnandolo con lo sguardo finché non fu ingoiato dalla folla.
Osservò la busta che aveva tra le mani. Forse le aveva scritto una lettera per chiederle scusa? Aveva un’incredibile voglia di aprirla e scoprirne il contenuto. Ma trattandosi di una questione personale e notando il sentimento restio di Emma nei confronti del corvetto (senza comprenderne effettivamente il motivo, dato che a lei non aveva raccontato nulla), preferì rimandare ad un momento più adatto. Indugiò per qualche secondo, rigirandola tra le mani, finché finalmente non si decise a riporla con estrema cura all’interno della pochette. Chiuse lì dentro anche la questione Edmund, insieme alle emozioni di risentimento e malinconia che questa si portava dietro. Sospirò piano, riprendendo a camminare con l’amica e lasciando che il sapore nostalgico di una canzone swing di sottofondo l’avvolgesse.
«Allora…» tornò a rivolgersi ad Emma, senza proferir parola riguardo la piccola interruzione «Ho sentito che il gazebo principale è una bomba, un gruppetto di ragazzi stava facendo commenti sulla band, dicevano che ci sanno proprio fare!» ci rifletté un attimo «Se la musica che sentiamo è la loro, direi che hanno proprio ragione.» Ripensò alla mappa della location che le era stata consegnata da una strega dall’aria simpatica quando era ancora all’ingresso «Vieni, dovrebbe essere di qua. Fai attenzione agli spruzzi di bollicine!» Effettivamente in quei cinque o dieci minuti di attesa aveva scoperto ascoltando le voci di passaggio molte più cose di quanto avrebbe potuto scoprire girando in prima persona tutta l’area.
Allentò lievemente il passo, per godere della magnifica atmosfera, quando un’elegantissima Eloise incrociò il suo sguardo. La più giovane delle tasse alzò il braccio destro e portò la mano a paletta alla fronte «Capitano, le auguro una piacevole serata!» un saluto fugace, un tono scherzosamente formale per ossequiare l’incredibile lavoro che l’altra stava portando avanti con la Squadra T’Assalto.
Proseguendo verso il vialetto, a metà tra la zona del bar e la pista da ballo, una sagoma in bordeaux attirò la sua attenzione. Si soffermò, dando una lieve gomitata all’amica. «Guarda, c’è il nuovo infermiere!» con un lieve movimento del capo indicò il giovane uomo, alto, dai capelli lisci e neri come la pece.
Quegli occhi a mandorla e i quei tratti orientali erano per lei fortemente e istintivamente attrattivi. «Non è così comune vedere degli asiatici ad Hogwarts! Non mi ricordo se te l’avevo detto, ma io ho origini giapponesi, da parte di mia madre» si affrettò a spiegare. «Mi piacerebbe tanto andarci a parlare, scoprire di dov’è, che origini ha, se ha una storia simile alla mia… Magari potremmo parlare insieme il giapponese! O se cinese o coreano potrei chiedergli se anche da loro le persone sono terrorizzate dal numero 4, se anche loro indossano lo yukata, in estate! Oppure se…»
Si fermò, per non annoiare l’amica.
«Ma...»
Quanto potrebbe essere difficile, per un’adolescente introversa, riuscire a dar spazio ai propri desideri e seguire i propri sogni, persino i più innocenti e minuti, specialmente se questi implicano la socializzazione con sconosciuti, peggio ancora se tanto più grandi?
«No, niente. Lasciamo stare, non mi va. Mi vergogno. Dai, andiamo a bere qualcosa, sennò poi se ne accorge che lo stiamo guardando e chissà cosa pensa!»
Troppo.

Helena
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Interazioni: Emma, Edmund, Eloise
Menzioni: Alec
Luogo: tra la pista da ballo e la zona bar, gazebo principale
 
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view post Posted on 14/1/2023, 21:07
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VIVIENNE PIERCE- Gryffindor

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Nel momento in cui aprì la bocca per parlare con Lyvie, nella sua testa partì una grande battaglia: da una parte il dubbio di aver fatto una grande cavolata a rivolgerle la parola, dall’altra il pensiero che magari, con quel briciolo di follia, aveva appena mosso il primo passo verso una rappacificazione tra le due fazioni. Al complimento di Lyvie per il suo vestito, Viv propense più per la seconda opzione. Ma fece giusto in tempo ad abbozzare un mezzo sorriso prima che la serpeverde andasse avanti con le parole e le facesse cambiare idea. Rappacificazione? Le probabilità che accadesse erano più o meno pari a prendere una O in Storia della Magia. Non solo fu molto secca nella sua risposta ma, involontariamente (o forse no?), con le sue parole le fece male, molto male. Era vero, si sentiva molto sola. Ma non lo avrebbe mai ammesso davanti a nessuno, figuriamoci davanti a Lyvie, dati i loro trascorsi. « Sto aspettando degli amici. E poi, te l’ho detto, ero interessata all’orologio. Comunque anche tu stai molto bene » La prima parte era una balla, ma la seconda era sincera. Apprezzava sempre chi riusciva ad interpretare il tema dei balli in modo non convenzionale e interessante, lei si sentiva sempre banale rispetto agli altri. « Bello. Anche io farò acquisti limitati, sono al verde. » Per un attimo le parve di star facendo una normale conversazione, dimenticò chi aveva davanti; stava semplicemente scambiando due parole educate con una conoscente. Al contrario, Lyvie non sembrava aver dimenticato un bel niente e continuò sulla difensiva « Perché sono al ballo dici? Beh, ci sono praticamente tutti. » Poteva sembrare che stesse facendo la finta tonta, invece era così svampita di suo. Aveva risposto prima ancora che il suo cervello avesse potuto elaborare la domanda, e quindi capire che non si riferisse alla sua presenza al ballo. « Ah, dici qui con te? » Stavolta meditò bene cosa dire, era palese che Lyvie non si era fidata di quell’approccio, e le sue risposte pungenti non aiutavano a trovare un qualsiasi tipo di dialogo. Da una parte voleva liquidarla e mettere da parte quell’idea stupida, dall’altra ormai si era messa in gioco, non si sarebbe ritirata con la coda tra le gambe. Poteva anche essere pungente a sua volta - anche Lyvie era da sola, il fatto non era sfuggito a Vivienne - ma essere cattiva di proposito non era nel suo carattere. Aveva due opzioni, entrambe ugualmente frustranti: darle ragione ammettendo che il suo approccio aveva un secondo fine, o continuare con la sceneggiata del voler far pace (alla quale ormai non credeva più). « Ormai siamo cresciute, pensavo potessimo scambiare due parole civilmente. Nessun intento ostile, giuro. Comunque te l’ho detto, ero curiosa di vedere cosa vendessero. Ora andrei al rinfresco. Se non hai nulla da fare e vuoi venire… » Non le avrebbe mai dato ragione.


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Interazioni: Lyvie
 
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view post Posted on 15/1/2023, 23:01
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Draven Enrik Shaw
III° anno - Prefetto Serpeverde - Outfit










Era stato bravo a pensare velocemente. A dire qualcosa di plausibile che giustificasse la presenza di Alice lì e che, in qualche modo, lo privasse di qualsiasi responsabilità riguardo l’accaduto. Il fatto che quella dannata strillettera avesse urlato il suo nome per i corridoi dei Serpeverde non aiutava la causa di per sé, ma dando per scontato che Mike non lo credesse così idiota da pensare che fosse lui sia l’artefice che la vittima di quello scherzo – se così lo si voleva definire – aveva ipotizzato che la cosa migliore da fare, per non scatenare un casino, fosse liberare anche Alice dall'accusa. Aveva pensato di essersela cavata bene. Ci aveva creduto davvero, finché la ragazza non aveva aperto di nuovo bocca. A ogni sua parola, Draven si era ritrovato a sgranare sempre di più lo sguardo, fin quasi a farsi uscire gli occhi fuori dalle orbite. La testa china e le braccia lungo i fianchi, con le mani chiuse a pugno per impedire all’impulso di strozzarla. Con quale nonchalance si era assunta tutta la colpa senza pensare alle conseguenze?! E come diavolo le era venuto in mente, in principio, di fare una cosa simile?! Le aveva pure dato il beneficio del dubbio, pensando che chiunque fosse stato a recapitare la strillettera per suo conto avesse commesso l’errore di farla ascoltare a tutti gli studenti Serpeverde.

Sei un’idiota. – le aveva detto, guardandola con biasimo, a malapena osservando i suoi movimenti quando si era tolta i finti occhiali da vista e glieli aveva appesi al collo della t-shirt.

Sto pensando a come ucciderti. – aveva sibilato, rivolto verso di lei, prima di vederla dare loro le spalle.
Loro.
A lui e… Mike.
Si era girato di scatto verso il Caposcuola, come ridestato da un’improvvisa epifania. E le parole a seguito di quel siparietto erano state più pesanti da sostenere di un masso lanciato sulla schiena.
Draven si era fatto tutto un piano d’azione, super-ingegnoso, per dire a Mike che era riuscito a ottenere uno pseduo-permesso per evitarsi quella piaga, fingendo dispiacere nel massimo delle sue capacità attoriali… ed Alice Wagner gli aveva rovinato tutto.
Non solo, per stizza, Mike gli aveva imposto di andare al ballo, ma di portarsi al seguito anche i primini. Quel cazzo di ballo si svolgeva nei giardini del castello: non aveva il minimo senso che dovesse portarceli lui quei mocciosi.
Lo aveva voluto punire.
E si era innervosito così tanto da sentire la necessità di una valvola di sfogo.
Emily Rose se ne stava beatamente a farsi i cazzi suoi quando i loro sguardi si erano incrociati in sala comune. Erano bastate una rapida occhiata per assicurarsi che Mike fosse abbastanza distante da non sentirlo e un’altra a constatare quanto distanti da lei si tenessero i Serpeverde più piccoli.

Aiutami ad accompagnare i primini al ballo. – le aveva detto, in tono fermo e perentorio, da Prefetto. Una richiesta alla quale non avrebbe potuto sottrarsi, in teoria.

Vai a farti fottere.

Volentieri, ma dopo che mi avrai aiutato con i primini. – le aveva risposto, sollevando gli angoli delle labbra in un ghigno al solo pensiero di essere riuscito, con un colpo solo, a innervosire sia la fiammagranchio che i bambini. Con un po’ di speranza, questi ultimi avrebbero chiesto a Mike di essere accompagnati da Daniel, la prossima volta.

Cambiati. Pronta in quindici minuti. – aveva aggiunto, prima di andare a prepararsi lui stesso.

E così, circa mezz’ora dopo – perché Emily Rose lo aveva fatto aspettare – si ritrovava all’ingresso del castello. La ragazza a fargli da ombra e una mandria di ragazzini al loro seguito. Nonostante avesse provato sincero divertimento nel mettere a disagio quel gruppetto di Serpeverde, non era bastato a fargli passare del tutto il fastidio.
Avanzò di un solo passo oltre le soglie d’ingresso, oltre l’imponente portone e quelle mura che avevano tenuto protette e al sicuro le sue orecchie da una musica così irritante da risuonargli nelle viscere. Bastarono poche note a suscitargli un vorticoso senso di nausea e subito provò risentimento nei confronti della sequenza di azioni che lo avevano portato fin lì. O meglio: che lo avevano costretto lì. Mentre era ancora sulla soglia, il viso si deformò in una smorfia di totale disgusto. Mani nelle tasche di un paio di vecchi pantaloni che gli andavano abbastanza corti sulle caviglie da sembrare vintage, la testa china e lo sguardo perso nel vuoto… Pensò di non essersi mai sentito così tanto a disagio. Perlomeno, in tutti i balli precedenti, c’era sempre stato un qualcosa che lo avesse spinto, convinto che meritasse di patire ore di ansia sociale solo per un qualcosa. Ma dopo aver constatato che ogni volta che stava in mezzo a troppe persone succedevano sempre dei drammi di cui non voleva fare parte, si era imposto di non parteciparvi più. Mai più. Schifava con tutto il suo essere quegli eventi ed era bastato il solo pensiero di essere coinvolto in chissà cosa, proprio ora che con Megan le cose andavano benissimo, a farlo desistere.
Cazzo. Megan.
Non l’aveva avvisata di quel cambio di programma. Erano rimasti d’accordo che si sarebbero visti a fine serata.
Rialzò la testa e puntò lo sguardo davanti a sé, cercandola istintivamente con lo sguardo, pur sapendo razionalmente che se fosse stata lì, non l’avrebbe di certo vista all’ingresso quando il ballo era già iniziato da un po’. Ma soprattutto, c’era andata o anche lei aveva deciso di non andarci? Nel prepararsi così di fretta, l’ansia di non avere l’abbigliamento adeguato e aver dovuto ripiegare su ciò che il fondo del baule gli aveva concesso di avere, non aveva preso lo specchio comunicante.

Andate. Non fate casino e non fatevi vedere in sala comune fino alla fine dell’evento. – ordinò alla mandria di serpini alle sue spalle, indicandogli con un cenno del capo i percorsi che si diramavano di fronte a loro.

Tu fai quello che ti pare. Io vado a cercare la mia ragazza. – disse poi a Emily Rose, non tanto per un improvviso bisogno di condividere con lei che aveva una ragazza, quanto per il fatto che voleva sottintendere e farle capire, con quell’informazione, che la sua presenza non era per niente gradita al proprio fianco.
Le lanciò una rapida occhiata per essere sicuro che avesse capito l’antifona, poi si diresse sul percorso di destra.
Quando un addetto gli porse una mappa, che da una rapida occhiata intuì servisse a capire dove si trovava cosa, si limitò ad accartocciarla e mettersela in tasca; tanto aveva un pessimo senso dell’orientamento a prescindere. Proseguì per istinto, a passo lento e annoiato nonostante gli spruzzi di bollicine dal terreno gli colpirono le caviglie un paio di volte.
In qualche modo, riuscì a raggiungere la zona dello stand dei Tiri Vispi. Passò di fianco a Lyvie e la salutò con un cenno del capo, senza rivolgere nemmeno un’occhiata alla Prefetto in sua compagna. L’aveva riconosciuta dal profilo del viso, ma volutamente ignorata.
Avanzò verso lo stand, diede un’occhiata alle merci in esposizione, poi si fermò un istante a guardarsi intorno. Il giardino adornato in quel modo era bello a vedersi, sicuramente elegante e piacevole per la vista, nonché per le sue ansie, che avevano modo di respirare almeno nelle zone di passaggio; le persone sembravano tutte stipate in un punto un po’ distante da lui, che pensò essere la zona bar. Dove si beveva e dove si ballava c’era sempre casino, ma tra tutta quella gente avrebbe potuto esserci anche Megan.
Combattendo ogni singola terminazione nervosa che provò a spingerlo dalla direzione opposta per evitarsi un attacco di panico, si diresse proprio lì. Voleva evitare di far passare troppo tempo e far sì che qualcuno lo notasse prima di lei, visto che già senza fare nulla aveva incontrato Lyvie e Miss Grifondoro.
Inspirò ed espirò profondamente un paio di volte prima di riuscire a comandare ai piedi di dirigerlo nell’occhio del ciclone.
A ogni passo, gli sembrò di essere sempre più prossimo alla catabasi.

© Esse | harrypotter.forumcommunity.net



Interazioni: Alice, Mike, Emily Rose, Lyvie.
Menzioni: Megan, Vivienne.
Posizione: In avvicinamento alla zona bar.

Azioni con Emily Rose concordate :mke:

Dravenino acquista:
Orologio giusto ma sbagliato (27 Galeoni)
Sigaretta anti-spio (7 Galeoni)
Fazzbook (4 Galeoni)


 
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view post Posted on 16/1/2023, 18:58
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You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

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Alice Wagner- Gryffindor

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Mentre si dirigevano verso il centro dei giardini, Mary con fare curioso iniziò a fare domande di gossip. Alice sapeva perfettamente dove stesse andando a parare, dopotutto la conosceva bene, ridacchiò tirando gli occhi al cielo con fare teatrale.

Vuoi sapere di Oliver ah? Mhm non ne so molto, se ne sta piuttosto per i fatti suoi, è riservato dal punto di vista sentimentale sai? Ci siamo visti spesso durante gli allenamenti di Quidditch sono stati intensissimi, non abbiamo fatto altro che parlare di strategie, penso che tutti volessero strangolarci. Non vi siete ancora visti dopo il tuo ritorno?

Il Grifondoro era una presenza storica all'interno della casata, qualcuno su cui poter sempre contare per un consiglio o un aiuto e sebbene Alice gli volesse bene, sentiva spesso come se gli sfuggisse dalle mani. Forse era semplicemente il fatto di non essere riusciti a istaurare qualcosa di troppo profondo, forse semplicemente Oliver preferiva aprirsi con qualcun altro. Passarono a lato della pista, dove alcuni studenti si erano già dati da fare. Mosse azzardate e capriole roteanti lasciarono Alice di stucco, ma anche la caricarono di una certa energia.

Che f i g a t a assurda.

Ballare si sapeva era una delle sue più grandi passioni e appena aveva saputo del tema anni 20' si era andata a ricercare delle mosse da poter riprodurre. Era stato ridicolo e imbarazzante provarle in dormitorio? Ovviamente. I suoi compagni di stanza l'avevano odiata? Chiaro. Ma ne era valsa la pena. Inoltre ultimamente sentiva di dover sfogare un po' di frustrazione a seguito del Quidditch e quale miglior modo per incanalare le energie negative se non attraverso la danza? Afferrò la mano di Mary, avvolgendola su se stessa per farle fare una giravolta.

Tranquilla baby ti insegno io, ti assicuro che non sembrerai affatto ridicola!

Arrivarono nella zona rinfresco e Mary sembrò impazzire di fronte a tutto quel cibo. Alice rise per la sua reazione e proprio mentre si avvicinavano notò Jean e Meg avvicinarsi al bancone con tutta la fila di Corvonero a seguito, dopo un breve cenno di saluto al caposcuola Corvonero avrebbe potuto focalizzarsi su qualche altra cornacchia ma il suo sguardo rimase sulla rossa. Era vestita in maniera elegante, il vestito nero che seguiva le sue forme, sulle quali Alice si soffermò con uno sguardo più che intrusivo. Ricordava bene i momenti che avevano passato nello spogliatoio insieme e inutile a dire come quelle scene le fossero improvvisamente ricomparse nella mente, quasi come al rivedere di un film. Ma che era tutto sto caldo improvvisamente? Basta pensieri impuri Alice. Ricambiò il suo sorriso con un'occhiolino e prima di poter pensar di fare qualsiasi altra cosa totalmente irrazionale, chessò trascinarsela da qualche parte in privato, si ritrovò la Lynch di fronte, fluttuante a mezz'aria. Era incredibile come riuscisse a sbucare nelle maniere più assurde. Le sorrise mettendo a sicuro il butterflap nella sua bocca, cibo gentilmente offertogli da Mary. Finì per parlare con la bocca già piena.

IniFiamo da Fualcosa che non è mio pfff.

Uno sguardò andò al suo abbigliamento, abito scintillante, una pelliccia sperava vivamente fosse finta e una bella sigaretta già sgraffignata dal bancone dei Tiri Vispi. Ah quindi dovevaessereunaWeasley si era ispirata ad uno stile da ricca ereditiera. Era perfettamente in tema, impeccabile e con quel fuori di testa che ci stava sempre bene.

Ah! Più che cibo, perché non mi offri da bere? Lo sai che sei ufficialmente in presenza di una persona ormai adulta?

Lanciò un'occhiatina divertita che andò da Eloise a Mary. Massì farsi un drink prima di scendere in pista non era forse l'unico modo per sciogliere al meglio i nervi?


code by Vivienne ©



Luogo : Rinfresco/Pista da ballo
Interazioni con: Mary e Eloisaaaa
Menzioni: Megan, Jean
 
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SW8kZzO
Can’t repeat the past?
L
a frenesia degli ultimi giorni pervade l'intero dormitorio, porta con sé un'etichetta ben precisa: è la fase dei preparativi. Il ballo di fine anno è stato annunciato da pochissimo – Penny sostiene sia stato Peverell dopo il pranzo, aggiungendovi passi di swing per la delizia del pubblico (scioccamente, è una visione bizzarra che fatico ad allontanare). Eccolo, il tema che ha sedotto l'intero Castello di Hogwarts – i ruggenti anni Venti.
È avvincente, lo è certamente. Invita ad un tuffo nel passato, all'immaginario di danze caotiche, di baci sfuggenti sotto la pioggia, di cinema e musiche traboccanti di romanticismo. Guida, ancora, in una cornice storica che è viva, viva davvero: l'eleganza dei tessuti, della voce, dell'intreccio d'ospiti e sortilegi d'avvenenza perduta. Al battito di ciglia, infatti, primeggiano riflessi dorati – lampadari di cristallo, calici di champagne, carrozze trainate da cavalli alati...
Sono in estasi. Non occorre il cenno di Penny, seduto sul mio letto, a sottolineare l'ovvio. Questo ballo coinvolge, anzi travolge anche me. È una coincidenza di tempi che lascia il gusto amaro, in me. In fondo al cuore, celato invano, s'arena in effetti il cruccio della malinconia – l'abbandono di Sirius, pochi mesi addietro, è stato il colpo di grazia per un animo già lungamente provato. Questo Natale è particolare. Vi perde d'intensità, perfino d'armonia: il Ballo è una tappa, soltanto una. Cosa resterà, di me, dopo stasera? Mentre il mio concasato cambia l'ennesima cravatta – verde, verde bottiglia, verde marino, ma poi perché verde, Penny?, lascio scorrere lo sguardo verso gli altri. Hanno abiti bellissimi, ben ricercati: scarpe con tacchi, giacche in tweed, taluni s'avvolgono in piume di struzzo (o, perlomeno, così hanno lasciato credere). Per un attimo, egoisticamente, desidero cambiare il mio presente con loro. Godere del ballo, dell'attesa, dell'invito... Sarebbe facile, mi dico. E sarebbe infinitamente piacevole, senza alcun dubbio. L'attenzione, però, scivola rapida sulla schiera di bagagli accanto l'uno e l'altro letto a baldacchino: si pone nitida, allora, l'ultima differenza tra noi. I miei compagni di stanza, incluso Penny, torneranno a casa – famiglie, cenoni, festività, e regali, così tanti regali. E tu, mi chiedo... tu, Oliver, dove andrai? Stringo al petto La Bibbia del Battitore – è l'unico libro che mi concede salvezza, in questi giorni. Vi incastro una piuma a mo' di segnalibro, pensando che forse, forse, in questa camera non ci sia nessuno più stupido di me. Cosa mi trattiene? Malgrado il ballo risulti appena una pausa, non avrei il diritto di perseguirla a mia volta?
«Penny.» Chiamo l'altro in un sussurro, in nota imbarazzata.
«Ultimo cassetto, è un abito di nonno Leo.»
Non è quello che volevo chiederti, penso.
O forse sì?

Il Binario 9 ¾ fischia vivacemente in uno sbuffo di vapore: il riflesso delle lampade delle carrozze mi attira come un miraggio, così avanzo rapidamente. Giovani passeggeri, perlopiù studenti, mi accostano – ridono chissà di quali battute, in una spensieratezza che invidio loro. Si trascinano dietro bagagli in una scia colorata; l'unica valigetta che ho con me, stretta sottobraccio, ha un nastro dorato che la rende simile ad un dono – il mio pensiero, in questo viaggio, è per Camille. Mi chiedo se anche lei, ora, stia per salire sul treno. Ho qualcosa per lei, e mi sorge un dubbio... sono in ritardo? Un cappello volteggia oltre il mio sguardo, sospinto dal vento. Vi allungo una mano per acciuffarlo, e l'illusione s'infrange in una miriade di fotogrammi brillanti. Il cinema magico mi ritrova sorridente. Inchino il capo verso la giovinetta: l'Espresso di Hogwarts la porta via, per sempre. Lascio trasportarmi dai ricordi del passato, nella sala che ho raggiunto da poco. Il grammofono, dolcemente, mi avvolge di nostalgia di un tempo che non m'appartiene e che, invece, avrei sperato vivere. E vorrei danzare, penso.... danzare, danzare, danzare. Nel tremito di palpebre, vedo anche lei. È una costellazione, Mary. Di stelle, di fiamme, di promesse.
Il futuro è un azzardo, stasera. Ed io... io voglio scommettervi. Il fazzoletto che ho acquistato poco prima torna tra le mie mani: vi traccio una frase soltanto con una piuma recuperata dal taschino. Cara mia*, soltanto questo. Porto il tessuto alla bocca, vi imprimo un bacio che il vento – per incantesimo – già soffia via: mi auguro solo che il fazzoletto arrivi da lei.
Catturo la mia figura, subito dopo, nel vetro dei calici. Benché semplice, l'abito che indosso scivola in modo raffinato: una giacca in tweed sul color cioccolato, il tessuto è tanto ricercato nell'intreccio a pied de poul, s'esprime in una rete che ricorda il gioco degli arabeschi bronzei; vi sfuma un soprabito in raso, in bottoni sulle tinte azzurrine che indugiano sulla camicia in pastello ceruleo: il colletto, di quest'ultima, è unito e più morbido, affatto stretto come m'impongo solitamente. Lascia un lembo di pelle nuda, là dove una cravatta color sabbia vi addolcisce – a mo' di foulard, oltre le spalle – l'assetto da damerino. I pantaloni, a loro volta partecipi in tweed, si allargano leggermente verso la fine, a coprire scarpe di tela con tacchetto. Passo una mano tra i ricci inamidati, socchiudendo la bocca in una smorfia: questo ballo è una morsa violenta, sul mio petto.
Intorno a me, il tempo scivola.
o3HKNQo
the roaring 20s
Gatsby believed in the green light, the orgastic future that year by year recedes before us. It eluded us then, but that’s no matter: tomorrow we will run faster. [...] And then one fine morning —
So we beat on, boats against the current, borne back ceaselessly into the past.
Francis Scott Fitzgerald


Il mio pinterest mi dice: o ci vai nudo o come gangster, basta cercare. Non volevo perderlo.

Oliver acquista un Fazzbook.
*il messaggio è scritto in italiano, non a caso.

Menzioni: Camille, Mary
Zona: Cinema Magico
 
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view post Posted on 17/1/2023, 00:52
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Ocean eyes.

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MEGAN M. HAVEN
V yr. | Ravenclaw Head Girl |outfit
Where? Bar area
INTERACTIONS: Horus
MENTIONS: Jean, Alice

I don't want to live in the past anymore,
so let me restart.


Non si aspettava una reazione diversa. Jean le strinse il braccio e in quella morsa scaricò tutta la tensione provata nel vedere Alice Wagner in lontananza. Le sorrise per tranquillizzarla e portò la mano a stringere la sua. Un gesto spontaneo prima di alzare lo sguardo.
«Megan!»
Horus? Tirò indietro la testa sorpresa nel rivedere l’ex-collega, lì, a Hogwarts.
«Cos? Horus!» gli sorrise facendo un passo in avanti, liberandosi del velo che le copriva il volto. «Grazie!» arrossì appena, le gote si colorarono un rosa acceso che sfumò in pochi secondi; non era brava a nascondere l’imbarazzo e i complimenti la mettevano sempre in difficoltà. «Ma guardati... Anche tu stai molto bene!» fece segno con la mano, indicando la sua silhouette con fare teatrale. Era sempre Horus ma diverso. La barba lunga, un viso che non lasciava più alcuna traccia dei lineamenti acerbi e delicati di un giovane adolescente. Ne era passato di tempo da quando aveva visto il ragazzo per l’ultima volta e le fece davvero piacere rincontrarlo.
«Come stai? Come vanno le cose all’Ars Arcana?»
Megan alzò le spalle e gli occhi al cielo, senza smettere di sorridergli con dolcezza ma lasciandosi sfuggire un ghigno. «Beh, direi decentemente. Lysander è letteralmente impazzito dopo il tuo abbandono e sono stata mesi interi a fare doppi turni perché… non gliene va bene mai uno, lo sai come è fatto» sbuffò. Dovette ammetterlo, aveva passato mesi infernali al negozio; compensare quella mancanza e sopportare il vecchio aveva finito per esaurire la sua pazienza.
«Alla fine, dopo averne provati circa una decina, forse anche di più ho perso il conto, Jean gli è piaciuta» fece cenno con la testa ad indicare l’amica poco distante. Non era stato un periodo facile, nonostante Megan considerasse quel lavoro un modo per evadere non solo dai propri pensieri ma anche dalle responsabilità che la scuola le chiedeva in quanto Caposcuola, aveva iniziato ad accusare la stanchezza che spesse volte l’aveva vista saltare lezioni, costringendola a passare più ore sui libri persino di notte. «Ora il clima è vivibile, non mi lamento. Perché non passi un giorno di questi? Sono sicura che sarà lieto di insultarti» non nascose un risolino divertito. Già lo immaginava con lo sguardo esterrefatto bofonchiare incupito sotto i lunghi baffi grigi: «Horus Sekhmeth, con quale coraggio ti presenti? È meglio che togli le tue grosse chiappe da qui!» cercò di imitarlo concedendosi una fragorosa risata. Un po’ le mancava scherzare con il l’ex-Tassino, prendere in giro Lysander era sempre stato naturale e molto divertente.
«Fa il duro ma alla fine sono sicura che gli farebbe davvero piacere» finì per dire cercando di ricomporsi.
«Tu piuttosto? Cosa mi dici? Cosa hai fatto per tutto questo tempo?» chiese con molta curiosità.

© Esse

 
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view post Posted on 17/1/2023, 08:24
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Edmund Artemis Knight
Corvonero | I° Anno | 11 anni | Outfit
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«Oh grazie mille, anche tu sei vestita davvero bene!»

Edmund ricambiò di buon grado il complimento di Amelia, alla quale si sforzò di sorridere affettuosamente, come se nulla fosse, risoluto a non lasciare alcuno spazio, almeno per quella sera, a quel continuo rimuginare che, se da un lato ne caratterizzava le attitudini, dall'altro poteva anche rivelarsi logorante. Doveva essere una serata di festa pertanto ogni analisi ulteriore sulle solite trite e ritrite sfaccettature dell'argomento, ultime parole di Helena incluse, aveva deciso sarebbe stata rinviata all'indomani. L'argomento era rimandato, punto.
Come si usa fare, quando il mare è in tempesta, si cerca il porto sicuro, e niente gli dava più sicurezza della
confort zone della propria casa, ovile sicuro in cui può tornare la pecora smarrita nel giardino del castello. Il torneo di Quidditch inevitabilmente aveva aperto voragini con certuni e certune, ma aveva sicuramente rinsaldato oltre ogni previsione il rapporto tra i compagni di casa, un rapporto che Edmund non smetteva di stupirsi di come potesse essere così solido nonostante le differenze notevoli tra le età, ma soprattutto tra le personalità, tutte così peculiari e imprevedibili, dei curiosi abitanti della torre Ovest.
Difficile definire il rapporto con i compagni di casa, difficile in particolare trovare un termine lo caratterizzasse: non era di certo amicizia, nessuno dei Corvonero fino a quel momento avrebbe potuto definirlo davvero
suo amico, e se con alcuni forse una tale relazione avrebbe potuto sbocciare in un futuro più o meno lontano, con altri un tale rapporto sarebbe stato quasi certamente impossibile, vista l’enorme differenza di età, qualcuno aveva l’età dei suoi zii. Non avrebbe tuttavia nemmeno potuto definirsi fratellanza: Edmund aveva un fratello e quello gli era per il momento più che sufficiente, ma nel bene e nel male non l’avrebbe scambiato con nessun altro, il legame tra fratelli è qualcosa di viscerale, un fatto di sangue, talmente forte che talora a nessuno, nemmeno ai soggetti coinvolti, è dato conoscerne le regole e comprenderne la profondità, porti esso ad alimentarsi o a distruggersi a vicenda.
Eppure, il legame tra i compagni di casa, e tra quel sottoinsieme proprio che componeva la squadra dei Westwind, sebbene differente da queste due forme, non per questo era per Edmund meno intenso o meno reale, soltanto orfano di un nome, ma degno della medesima considerazione. Con loro aveva condiviso soddisfazioni e delusioni, momenti di rabbia e di malinconia, aveva trascorso molte ore in cui si sentiva triste e solo, rassicurato dai loro silenzi e dalla sensibilità con cui non gli avevano mai chiesto nulla, ma aveva vissuto con loro alcuni dei momenti più divertenti che la sua permanenza a Hogwarts gli avesse riservato, gran parte insomma dello spettro emotivo che può abitare l’esile interiorità di un undicenne. Ognuno dei Corvonero, a modo suo, contribuiva con i propri tratti a colorare un mosaico in continuo divenire, il quale, cangiante e vitale, in un gioco di specchi e di illusioni, andava a delinearsi sempre più compiutamente nella mente fantasiosa e immaginifica del ragazzino; gettando uno sguardo sulla commedia umana, ma mostrandogli se stesso.
Quando Hogwarts ti mostra il suo lato più ostile e inospitale corri a cercare rifugio nel tepore della sala comune, sia essa solida muratura o metaforica rappresentazione. E in quest’ultima Edmund si era rintanato visto che l’alternativa sarebbe stata risalire nella sala col cielo affrescato sopra la statua della più celebre Priscilla.
Edmund dunque, se ne stava per il momento tranquillamente in piedi con il suo dono tra le mani vicino ad Amelia; non aveva ancora preso da bere, e forse lo avrebbe fatto di lì a poco, nel frattempo avrebbe cercato di capire dai compagni di casa come ci si doveva comportare in quelle circostanze. Non era molto pratico di feste scolastiche, non conosceva quasi nessuno e non aveva nessuna voglia di passare ore ad annuire a discorsi di cui non gli importava un accidente: gli sarebbe bastato anche semplicemente trovare un punto dove sedersi così poi, se gli eventi non gli avessero riservato nulla di interessante, avrebbe pur sempre potuto passare il tempo mettendosi a leggere il nuovo libro in attesa il preside decretasse il momento di ritornare nei dormitori. Era stato a una sola festa scolastica, ma era anni luce fa e, allora era tutto diverso.


«Non sono esplosi vero?»

«No no certo che no! L’incantesimo era fatto davvero bene, quando sono arrivato erano ancora tutti lì.»


Non aveva ancora finito di chiedere ad Amelia dove potessero essere gli altri quando tre visi noti si materializzarono alle loro spalle: Megan e Jean, quella sera di un’eleganza davvero ricercata, e il capitano Derek, dall’abito altrettanto ruggente.
Edmund sorrise un po’ impacciato e li salutò con la mano libera. Ma se il saluto di Derek fu asciutto come sempre, e quello di Megan formale per definizione, quello di Jean fu particolarmente inatteso al punto che le orecchie dell’undicenne, fortunatamente celate dal cappello, assunsero all’istante un colorito rosso intenso, addirittura più scuro del colore dei capelli della spumeggiante prefetta bronzo-blu. Il complimento non poteva che fargli piacere, sia perché le osservazioni delle ragazze più grandi hanno un significativo ascendente sulla mente di un ragazzino, sia perché Jean aveva dei modi molto simpatici ed era sempre molto gentile con lui. Fingendo le orecchie fossero del colorito consueto e sperando nessuno se ne fosse accorto, la guardò sorridendole un po’ perplesso.


«Ciao! Davvero dici che sono figo vestito così? Secondo te questo è messo bene?»

Le chiese, sinceramente interessato alla sua opinione, rimettendosi a posto per la trecentosettantaduesima volta quel benedetto cappello bianco. Avrebbe voluto ricambiare con qualche commento altrettanto enfatico, legato al contrasto di colori tra il bianco e nero, tra le perle, i polisini, e il vestito o complimentarsi per l’acconciatura, eppure, il massimo che riuscì a dire fu una frase piuttosto asciutta

«Tu invece sei così perfetta con quel vestito! Mi piace molto!»

Era incredibile come le ragazze sapessero vestirsi così bene per quegli eventi, erano tutte trasformate, alcune si faceva addirittura fatica a riconoscerle. Mentre parlavano, lo sguardo si posava sugli outfit dei vari compagni di casa e su Amelia, con cui stava parlando fino a poco prima. Tuttavia, gli occhi sono tutt’altro che mero organo esecutivo, sono sede dei più ancestrali e profondi riflessi condizionati; gli occhi prima di ogni altra cosa si spalancano quando nel sonno si avverte un rumore insolito, e gli occhi si chiudono quando si vuole viaggiare lontano con la mente e nutrirsi di astrazione. In quel momento, se gli occhi erano costretti a oscillare tra l’uno e l’altro, obbligati a non sconfinare, non era tanto per la curiosità di continuare l’esplorazione dei loro costumi, quanto piuttosto perché quello era il brevissimo binario su cui Edmund aveva deciso di far viaggiare le pupille vivaci. Non dovevano uscire da quel recinto.
Ma è difficile costringersi a lungo a ciò che non si vuole; sebbene il Corvonero si sforzasse di vedere solo ciò che abitava quello stretto cono visivo davanti a sé, occhiate fugaci perlustravano il contorno, alla ricerca di quella figura che inconsciamente avrebbe voluto veder arrivare. Fu in quel frangente che incrociò un altro sguardo, quello di una ragazza poco distante da loro che parlottava con una prefetta Grifondoro vestita di bianco. Non ne ebbe la certezza, ma da quella rapida perlustrazione ebbe come l’impressione la ragazza stesse guardasse con insistenza verso di loro, o verso di Amelia, più plausibilmente. Edmund sorrise alla ragazza e distolse rapidamente lo sguardo.


«Amelia, c’è una che guarda continuamente da questa parte, secondo me ti conosce… Tu sai chi è quella con quel vestito coi pantaloni? Una Serpeverde credo…»


Quando finì di guardarsi attorno, vide che Megan si era spostata verso la zona bar e ora parlava con un uomo grande, un tale che sembrava avere sui trent’anni, forse qualcuno in più; Derek e Jean invece, da quanto carpì dalle loro parole, e dalle espressioni deluse che vide sui loro volti quando tornarono dal bancone, sembravano cercare un bar segreto. Perché mai dovessero cercare un bar segreto quando ne avevano uno a portata, e quando Jean aveva già preso da bere, era una domanda interessante, tuttavia ne sembravano tutti così certi, e quando i Corvonero sono certi di qualcosa è meglio non contraddirli. Persino Amelia sembrava convinta ce ne fosse uno. Anzi, diceva oltretutto che credeva bisognasse chiedere a dei tali.
Edmund però non trattenne la sua curiosità in merito.


«Scusate, perché cercate un bar segreto? Cosa ci dovete fare di preciso? Se è un bar segreto non è che ci sono i cartelli, dobbiamo scoprirlo noi dov’è, ma tanto ce n’è uno anche lì.»

concluse indicando il bancone dove poco prima aveva visto appoggiarsi la caposcuola.







PS: 110 | PC: 56 | PM: 51 | PE: 3.5
Giuls || © harrypotter.it






Interazioni: Amelia, Jean, Wistwind!
Menzioni: Helena, Lyvie, Vivienne, Horus
 
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view post Posted on 17/1/2023, 17:27
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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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Camille Donovan

Hufflepuff Prefect | 15 y.o | outfit







Sei ridicola.
Me lo sto ripetendo incessantemente da un’ora.
Detesto i lustrini e le paillettes, le piume solleticanti e soprattutto il fatto che l’abito stringa così sul girovita. Come un’idiota mi sono lasciata convincere da Juliet, non ho praticamente avuto diritto di parola con lei quando mi ha trascinata in giro per negozi come un fantoccio.
E poi il tema: gli anni Venti, gli anni d’oro del Quidditch.
Le costole incrinate dall’ultima partita avrebbero da ridire parecchio in merito, così come l’ematoma – schiarito, ma ancora ben visibile e doloroso – sul bacino.
Ne parlano tutti come un qualcosa di rivoluzionario, l’eccitazione passa di bocca in bocca. I preparativi fervono, gli inviti fioccano di dormitorio in dormitorio recapitati da Gufi e Civette.
«Hai finito con quello specchio?» Abigail si affaccia alla porta, sopracciglio inarcato con fare interrogativo.
«Credo di sì, perché?» distratta, liscio d’istinto un lembo ribelle di stoffa.
«Amanda sta occupando quello della nostra stanza e io devo acconciarmi, immediatamente. Ti dispiace se…» indica la specchiera attendendo il mio permesso.
«Oh sì, fai pure.» le rispondo con tono noncurante. Non se lo fa ripetere due volte, si accomoda e comincia a spazzolarsi i capelli.
«Che programmi hai per stasera? Ti vedi con qualcuno?» butta lì.
«No, niente di particolare.» faccio spallucce.
«Beh potresti venire al Ballo con me e Otis, no?»
«Per vedervi appiccicati tutto il tempo? No grazie, non ci tengo a fare il terzo incomodo!» arriccio il naso al solo pensiero.
«E dai, non fare l’antipatica! Pare anche ci sia un bar nascosto, pensavamo di andare lì a bere qualcosa!»
«Lo sai che non posso, sono in servizio in realtà sono ancora minorenne, figuriamoci se mi fanno anche solo sfiorare il bicchiere.
«E chi diavolo sei, uno della Antimago?» sorriso sghembo a sfottere.
«No, peggio la liquido scherzosamente.
«Come vuoi.» con un ultimo abile gesto applica un fermaglio, fermando l’elegante chignon «Io vado, ci vediamo più tardi. Oppure, beh, sai dove trovarmi!» un occhiolino, un cenno di saluto e scompare dalla mia vista.
«A dopo!» mi rivolgo ormai alla sua ombra.

Espiro sonoramente.
Afferro la borsa in tinta con il resto, preziosa custode di qualcosa di speciale; attende paziente di trovarne il legittimo destinatario.
Al solito sono l’ultima a lasciare la Sala Comune, il ritmico ticchettio dei tacchi sul pavimento mi accompagna fuori attraverso i corridoi. Si placa solo quando passa dalla dura e fredda pietra al morbido manto erboso dei giardini, lì dove la vista e l'udito vengono maggiormente stimolati. La luce soffusa delle candele mi accoglie indicando i sentieri, così come il fruscio dell'acqua – che scorre a cascata nei calici – unito alla melodia Jazz proveniente da un palco poco distante. All’imbocco di uno dei percorsi intravedo la nuca bionda della mia concasata – rigorosamente a braccetto con il ragazzo –, che chiede informazioni ad un tizio con il cappellino dorato. Confabulano loschi, probabilmente le sta rivelando dove trovare il famigerato speakeasy segreto.
Una mano si allunga lesta per porgermi qualcosa.
«Grazie!» dico in fretta alla ragazza di fronte a me. È una mappa delle varie location che accetto volentieri. La osservo curiosa, la rigiro tra le dita indecisa.
Una mi attrae in particolare.
Devio giusto per cinque minuti prima di raggiungerla, il tempo necessario per perdermi nell’acquisto di oggetti stravaganti che richiamano il decennio scelto. Proseguo poi fino ad essere avvolta in un piacevole abbraccio da immagini d'epoca, contraddistinte dai classici colori chiaro-scuri: un treno che sbuffa, persone che salutano commosse da una banchina, ragazzini emozionati.
Corri, corri sei in ritardo.
Un Bianconiglio che scappa veloce, inafferrabile. La vocina concitata e affannata di quel buffo personaggio si fa strada in me, come se dovessi salire anch’io di corsa sulla locomotiva in partenza. La riconosco, è l’Hogwarts Express. Così diverso da quello attuale, però la gioia che si dipinge nei miei occhi è la stessa che traspare dagli ologrammi magici. Mi faccio trascinare dal divertimento e dal tempo che fluisce, muovo qualche passo ad assecondarlo quando noto un'altra figura. Basta poco affinché riesca a dargli un volto ed un nome. È cara, quella figura. Vi associo ricordi spensierati, piccole bolle fatte di felicità ed il profumo del biancospino.
Avanzo cauta e silenziosa verso di lui, nel tentativo di coglierlo di sorpresa. Le braccia si protendono, i palmi che vanno a poggiarsi sulla sua schiena mimando una fasulla arma puntata e pronta a colpire.
«Grave errore, mai voltare le spalle al nemico Don Brior!» la voce volutamente arrochita, giocosa richiama la sua attenzione «Ho appena fatto fuori i tuoi picciotti. Arrenditi, se non vuoi fare la stessa fine!» le labbra s’incurvano, non trattengo una risata genuina. Scivolano via le mani, prendono posto lungo i miei fianchi.
«Quindi è vero che sotto sotto nascondevi un animo da gangster, Penny mi aveva avvertita ma non volevo credergli!» espressione malandrina, ammicco con sicurezza in direzione dell’outfit.

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Camille acquista:
- Orologio Giusto Ma Sbagliato (27 G)
- Sigaretta Anti-spio (7 G)

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Interazione: Oliver <3
 
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view post Posted on 17/1/2023, 19:53
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entropia.

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w5Lpd6X
Call me what you want
«E tu Rigos? Hai rimorchiato prima o dopo il nostro acceso incontro? Occhio tu, alla tua amica piace molto lasciare segni.»
Il tempo si sospende per la frazione di un secondo e una lucciola plana leggera sulla punta del mio naso, così vicina che a guardarla mi si incrociano gli occhi. Una scheggia di consapevolezza mi raggiunge, piantandosi nel cervello —fastidiosa, impertinente, insinuante come le parole di Horus. Inevitabilmente, la mia mente torna indietro nel tempo all’incontro al Ministero: la presa sul mento, le mie pretese autoritarie sulla sua figura distesa, il groviglio confuso dei nostri corpi sul pavimento.
Gli sarebbe piaciuto, penso abbandonandomi a un riso sommesso e scuotendo la testa —la lucciola, spaventata, vola via.
Quando torno al presente, è in atto uno di quelle gare al testosterone di cui solo gli uomini sanno rendersi protagonisti. Odo la risposta di Casey e lascio che la sua mano scivoli attorno ai miei fianchi. Un barlume di consapevolezza —l’ennesimo di questo inizio serata— mi sfiora, ma non posso permettermi di lasciarlo attecchire. Significherebbe dare lo stesso rilievo alle insinuazioni di Horus e accontentarlo nel dipingerci sconvenientemente nella mia impudica fantasia, ammettere che il mio accompagnatore possa essere geloso, rendere la serata meno leggera di quanto non l’abbia prospettata. Soprattutto, implicherebbe contemplare che questa nuova fiala non funzioni come le altre e possa avere effetti collaterali indesiderati.
Non oggi, supplico. Non oggi!
Prendo la mano di Casey nella mia e volto il viso in direzione del suo fin quasi a sfiorargli il naso. Sorrido con fare malandrino, l’ombra delle preoccupazioni accartocciata sul frammento di giardino che ci siamo lasciati alle spalle. Compio una mezza giravolta per liberarmi dalla sua stretta al solo scopo di anticiparlo, dunque lo tiro a me in direzione della pista da ballo. Le note dello swing fungono da richiamo e io non so resistere. Fasciata nel mio abito anni ’20, non sto lì a ripetere l’invito al quale non ho ancora ricevuto risposta. Mi limito a portare il mio cavaliere con me con l’entusiasmo frizzante che hanno conosciuto molti locali di Londra nelle mie notti più scatenate e che, oggi, per la prima volta in due anni, vedrà Hogwarts.
Al centro della pista da ballo, il mio corpo si muove a ritmo di musica, seguendo le curve tracciate in aria dal talento della band. Apro leggermente le braccia, fasciate dalla sciarpa di piume, e muovo i fianchi a tempo. Casey, d’altro canto, è una lastra di marmo italiano, così rido divertita e mi avvicino a lui. Gli butto le braccia al collo, spingendomi contro il suo corpo per aiutarlo a simulare i miei movimenti.
«Lasciati andare» suggerisco, gli occhi lucenti sotto il cielo trapunto di stelle, lucciole e candele sospese. Prendo il suo braccio, lo invito ad avvolgermelo intorno, dopodiché mi allontano con un sorriso, lasciandomi volteggiare. Dunque, ritorno da lui a passo di danza. «Non ci pensare troppo. Ti guido io quando ce n’è bisogno. Per il resto, guarda quello che fanno gli altri e scimmiottali».
In effetti, non è proprio così che funziona, ma il tempo per imparare lo swing è scaduto e, dopotutto, questo ballo è pensato per divertirsi, non per competere. Quindi, perché stare lì ad affannarsi con le prove di ballo? Io, dal canto mio, sono solo fortunata. Devo a nonno Gaspare e a nonna Lucrezia la mia padronanza sulla pista da ballo. Certo, il nonno sarebbe impallidito se mi avesse sentita propormi di guidare, ma tant’è. Non sono mai stata alle regole della società. Non comincerò certo stasera. Non quando ho voglia di divertirmi.
Io e Casey ci separiamo. Vedo un lampo di terrore attraversargli il volto, ma il ritmo della musica lo richiede. In compenso, gli lascio in regalo la mia sciarpa di piume attorno al collo —non posso scatenarmi come vorrei se devo prestare attenzione a un accessorio simile. Sotto la gonna, le gambe si muovono svelte in accordo alle braccia. Piano, l’abito si accorcia per mostrare prima scarpe e caviglie, poi i polpacci torniti.
Nonna Lucrezia, realizzo.
Deve aver previsto che il vestito costituisse un impedimento in fase di danze e apportato il suo personalissimo tocco di magia al tessuto. Sorrido, prendendo ancora una volta la mano di Casey e avvolgendomi attorno al suo braccio fino a trovarmi spalla a spalla con lui. Una fossetta si disegna sulla mia guancia sinistra, mentre la smorfia sulla mia bocca si allarga.
«Qualcuno ci sta maledicendo proprio ora» gli dico, alludendo alla ragazza vestita d’oro in prossimità del sentiero dal quale siamo venuti. «Credo che tu debba concederle almeno un ballo o diventerò uno dei prossimi fantasmi della scuola».
Comincio a muovere i fianchi con atteggiamento ammiccante, incapace di resistere alla tentazione di infierire ai danni della nostra concasata. Diversi metri più in là, Jessica ci osserva —livida di gelosia.
All the flowers grew back as thorns

Interazione: Casey
Menzione: Horus
Luogo: pista da ballo


Edited by ~ Nieve Rigos - 17/1/2023, 19:54
 
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It comforts me much more, to lay in the foundations of decay.


Alzo gli occhi dal libro che sto leggendo, un sopracciglio inarcato a coronare il fastidio che s’esprime con quest’unica espressione. Scavallò le gambe sul letto e chiudo il tomo di Pozioni gettando la testa all’indietro, contro le pareti adornate dalle tende che mi riparano dalla nuda pietra. Qualcuno sta urlando il nome di Draven* ma il suono è ovattato e giunge appena nei dormitori. Ipotizzo siano delle grida perché sovrasta le civette che, tra risatine e commentini vari, si preparano per la serata.
Il ballo.
Sbuffo. L’angolo dei miei occhi inquadrano - accusatori - l’abito che giace in bella mostra. Lucente, nell’oscurità del luogo abbagliato da fiamme tenui, mi guarda torvo anche lui. Sei bello sì, mi ritrovo ad ammettere ma ogni volta che il pensiero del Ballo d’inverno mi sfiora, sento una fitta allo stomaco e una sensazione incoerente che mi spinge ad andare così come a restare.
So che non troverei nulla da fare lì.
Però ci sarebbe da bere, e sarebbe legale.
Ma vedrei persone che non voglio incontrare.
C’è sempre qualcuno che se le dà, potrebbe rivelarsi divertente.
Ma devo recuperare Pozioni.

Avevo deciso, di punto in bianco durante una piccola capatina a Hogsmeade mentre il mio anno era a Divinazione, che mi sarei rimessa in pari, come colpita all’improvviso dalla vocazione della vita che - purtroppo - prevedeva voti alti e tante altre belle storie.
Più che “vocazione” sarebbe meglio chiamarla Vendetta - ma ci arriveremo.
«Po-posso cambiarmi qui?», una vocina fa capolino nella stanza, bussa appena una volta - avverto il tremolio del suono sul legno che palesa il timore della Primina. Fisso la porta mentre la vedo entrare con sguardo basso. Le vorrei dire che non si bussa se poi si entra senza attendere risposta, ma qualcosa, nel suo sguardo da gattino bastonato, mi fa stringere le labbra. Si vergogna a cambiarsi davanti alle compagne di stanza, afferma, e sa che la mia camera è sempre praticamente vuota - non che sia un’offesa, aggiunge di corsa - quindi, per farla breve, vuole approfittarne.
Inspiro in maniera nemmeno troppo silenziosa e le faccio cenno con la mano di entrare mentre afferro il libro e mi costringo a scendere in Sala Comune. La osservo per un momento: un'undicenne slanciata, biondina, con degli enormi occhi color della foresta. Mi lascio sfuggire un sorriso ma subito lo reprimo con un avvertimento perentorio, «Non. Toccare. Nulla».

Con Kraus fuori dai giochi per la sera, mi lascio cadere di forza sul “suo” trono, schiena contro un bracciolo, gambe sull’altro, e apro il libro premendolo contro il petto. È una posizione scomoda ma va bene considerando che sto solo facendo finta di studiare al fine di evitarmi conversazioni futili.
Non avevo considerato quel rompipalle di Draven, ovviamente - che non parla mai, e quando lo fa ha l’abilità di rovinarti l’umore.
«Aiutami ad accompagnare i primini al ballo.»
Quasi mi scappa una risata nel sentirmi parlare con quel tono. Un imporsi, il suo, che aveva sicuramente richiesto una buona dose di forza e coraggio - mi dico.
«Vai a farti fottere.»
Schietta.
Potrei andare però.
Sì ma pozioni?
Magari quello che verrà preso a botte sarà proprio Draven.

Il disagio mi assale di nuovo tant’è che non riesco a rispondere alla sua provocazione.
Lui deve aver colto la mia debolezza al balzo e quindi incalza. Maledetto.
«Cambiati. Pronta in quindici minuti.»
Magari quello che verrà preso a botte sarà proprio Draven e sarà per merito mio.

Sono pronta in 13 minuti ma mi stendo sul letto, a pancia in su, le braccia unite sul ventre. Il vestito mi solletica le gambe. Le mani risalgono verso il petto, ansante.
Voglio andare? Sul serio?
È davvero il mio ritrovato spirito volenteroso d’apprendere che preme per farmi restare?

Ho già deciso, comunque; temporeggio quel che basta - o poco più - per far incazzare Draven, arrivando tardi di proposito.
Al ventinovesimo minuto mi alzo velocemente senza considerare, come al solito, le vertigini improvvise che mi assalgono. Con i palmi tesi nel vuoto, stringo gli occhi e mi incammino lentamente verso l’uscita. Inciampo. Non degno di uno sguardo il Prefetto. L’avrei seguito ma non mi sognerò minimamente di badare alla mandria eccitata che si porta dietro.
Sfido aria gelida su pelle alabastro; quasi non sento più il solletico dell’abito contro le gambe nude. È da qualche mese, ormai, che avverto le fiamme farmi compagnia e, in qualche modo, non credo di reagire al freddo come prima. Ho le braccia conserte per l’abitudine di celare l’estremità delle dita annerite anche se la stranezza è, ormai, svanita. Avverto ancora il disagio, però, e stringo i pugni a contatto con le costole, ritrovando proprio quel calore che stavo inconsapevolmente evocando.
Fiamme alte.
Vanefiche.
Urla.
“Lasciale andare”.
Inspiro, avanzo di qualche passo e chiudo per un istante gli occhi, quel che basta per concentrarmi sul presente.
Mi ritrovo una mappa sotto il naso e inarco la schiena all’indietro per quell’improvviso disturbo. La prendo, guardo Draven che ne osserva i dettagli e faccio lo stesso. La nebbia dei miei occhi circonda l’attrazione che non posso assolutamente perdermi: il rinfresco.
Avanzo con lo sguardo ancora posato sulla mappa, verso destra, cercando la strada meno ovvia.
«Tu fai quello che ti pare. Io vado a cercare la mia ragazza.»
La voce del Serpino mi arriva alle spalle e gli rispondo con un cenno della mano agitata al vento, in un saluto menefreghista fatto di schiena.
La mia ragazza.
Mi fermo, scuoto la testa e mi volto a guardarlo, confusa. Sconvolta. Aveva trovato qualcuno che riuscisse a sopportarlo? Lei lo sapeva?
Mi lascio andare ad un cheto “mah” e proseguo, per poi tornare sui miei passi e fare un veloce salto verso la merce in vendita. Sono abile nell’individuare ciò che voglio tra le cianfrusaglie e, come al solito, pago il dovuto chiedendo che tutto venga consegnato nel mio dormitorio - nella mia stanza vuota, per dirla con le parole della Primina che ho scoperto chiamarsi Caitlin.
La pista da ballo è colma di persone, scanso una lucciola incantata dal viso e alzo gli occhi su ciò che ho intorno, come se lo vedessi per la prima volta. Nemmeno la bellezza di questi eventi riesce più a coinvolgermi. Elegante, sì, bel suggerimento di colori ma che palle.
Evito di scontrarmi con una coppia che avanza con la testa rivolta al lato opposto, a salutare qualcuno di sfuggita. Sguscio tra due ragazzine vestite con pantaloni opachi e camice slacciate, trovandomi il bancone a pochi centimetri, tanto vicino da poggiare le braccia come se stessi cercando un appiglio dopo una lunga corsa. Il busto leggermente piegato in avanti, una gamba a sfiorare terra, l’altra bene tesa a reggere il peso e l’equilibrio.
« Whiskey Incendiario»
Mi ignorano, qualcuno sfiora il mio fianco. Sono troppi. Mi avvicino ancora di più, piegando le braccia, superando il bancone col volto.
« WHIS —- C’ero prima io», qualcuno mi affianca, toccandomi la spalla con una giacca di velluto fuori moda persino per gli anni 20. Mi fa segno di scuse ma non si sposta.
Lo guardo con astio e, impegnata sul valutare quanto grosso fosse per capire l’effetto di un’eventuale spinta verso destra, mi accorgo tardi dell’espressione indagatrice del barista.
«Non serviamo alcolici, signorina», perentorio.
«Come scusa?!»
Alza la voce, scocciato, «Non serviamo alcol—»
«Sì, ho capito quella parte ma…» e sono pronta a continuare con un insulto quando l’antipatico mi fa cenno col capo, indicando due tizi alle mie spalle. Mi volto e vedo che si è creato improvvisamente un piccolo spazio, quel che basta per prendere un respiro. Persino il mio vicino molesto è sparito.
I due ragazzi mi guardano e io fisso loro. Uno è basso, tarchiato; l’altro alto, snello, volto pallido, occhi neri, così profondi che posso leggervi il nome dei miei stessi peccati.
«Qual è il diametro di una pluffa?»
Ma che caz—-
Parla quello carino dei due, con un tono convincente, al punto che non posso evitare di rispondere e dimostrargli che so la risposta.
«12 pollici»
«…Mh»
«… Circa.»
«Lei ha proprio bisogno di qualcosa per superare l’inverno» e mentre mi tende un bigliettino sospetto, fa riferimento con lo sguardo ai lembi della mia pelle colorata dal gelo.
Resto un attimo ferma sul posto a fissare il piccolo quadrato di carta nera con lettere dorate. La consapevolezza mi avvolge nel momento in cui decifro il messaggio e un sorriso divertito colora le labbra rosse.
Mi guardo intorno, incrocio lo sguardo di Lyvie - compagna delle migliori e peggiori colazioni degli ultimi tempi - e il sorriso si allarga appena, ora rivolto a lei.


*Riferimento alla strilettera ricevuta da Drav.
Menzioni: Vagnard
Interazioni: Draven, Lyvie
Posizione: A pochi centimetri dal bancone del bar

Acquisti:
Sigaretta Anti-spio, 10 galeoni
Cravatta Bellimbusto, 11 galeoni
Orologio Giusto Ma Sbagliato, 24 galeoni
Flapperino, 10 galeoni


Edited by Emily Rose. - 17/1/2023, 22:25
 
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view post Posted on 17/1/2023, 22:39
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Horus Ra Sekhmeth
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clothes
Location: tavolo rinfresco
Interaction: Megan, Jean, Eloise
Mention: Nieve
Infilo le mani nelle tasche dei pantaloni di cotone grezzo che indosso. Mi sento un po’ a disagio –e anche un po’ colpevole– nel rendermi conto del periodo difficile che Megan deve aver passato, con la mia improvvisa partenza subito dopo i M.A.G.O., ma non dico nulla, consapevole che in fondo, chiedere scusa non sarebbe servito a niente, perché non avevo poi così tanta scelta.
Quando ho dato la comunicazione a Lysander e a lei, un giorno in cui stavo concludendo il mio turno mattutino, l’anziano proprietario dell’Ars Arcana ha barcollato pericolosamente per il suo peso ed sbiancato così tanto che per poco io e Megan non abbiamo creduto che ci stesse lasciando le penne.
”Oddio Horus, l’hai ammazzato!” aveva sussurrato la Corvonero, con le mani sulle labbra ed io ho guardato quel grosso omone stramazzare sulla poltrona che, per tanti anni, ho occupato leggendo qualche libro nei momenti vuoti. Ma poi i proverbiali baffi di Lysander avevano frullato di un’indignazione che mai avevo visto e mi aveva urlato, furente, che “bene! Se vuoi andartene, vattene!”. Eppure, quella sua enfasi mi aveva stretto il cuore perché ho percepito solo in quel momento che, nonostante tutto, gli dispiaceva e che… mi voleva bene.
Perciò sorrido malinconico alle parole di Megan, incurvando appena un angolo delle labbra. Non faccio fatica a crederle e sbuffo.
« Sì, ho proprio l’impressione che me ne direbbe qualcuna, se solo mi avvicinassi al negozio! Con quei suoi baffi impomatati e l’indice inanellato sempre pronto a puntarti il naso! » Commento seguendo l’eco della sua risata, divertito dalla realistica interpretazione che ha dato di Lysander. Poi volgo lo sguardo verso la ragazza che la mia ex collega mi indica, Jean. È una giovane la cui età non riesco a stabilire, forse per i tratti maturi e ben delineati del suo viso e del suo sguardo intenso o forse per l’abbigliamento elegante e ricercato che si discosta da molti dei vestiti che ho visto finora a questo ballo (molti dei quali, davvero di cattivo gusto, come quel tizio che mi supera giustappunto adesso, con un’orrida giacca di velluto). Comunque, trovo che stia molto bene, vicino a Megan. Non fatico a immaginarmele fianco a fianco al bancone della bottega d’antiquariato e, in fin dei conti, sono felice che Lysander abbia trovato un sostituto; conosco fin troppo bene il suo fiuto per gli affari… e per le persone. Sorrido a Jean, poi torno a guardare Megan.
« Non ti nascondo, però, che mi piacerebbe passare, anche solo per fare un tuffo nel passato come ai vecchi tempi. » Sospiro, guardando in alto come a voler acciuffare i ricordi. Una coppia di lucciole si rincorrono sopra di me, in un turbinio di bagliori galleggianti. Hogwarts mi lascia sempre affascinato dai dettagli che riesce a introdurre in serate come queste.
« Io? » Megan mi guarda con quei suoi grandi occhi blu colmi di curiosità. Questo suo interesse genuino per gli altri e per gli oggetti me l’hanno sempre resa cara e affine.
« Ho studiato due anni in Egitto, ad Alessandria, recuperando un po’ di faccende in sospeso con la mia famiglia. Sono tornato un anno fa e sono uno Spezzaincantesimi per conto del Ministero, adesso. » Spiego, ma benché ami ciò che faccio, non nascondo una punta di fastidio quando pronuncio l’ente per cui lavoro. Una smorfia mi deforma appena il volto. « Questo passa il convento, ma non ti nascondo che preferirei lavorare in proprio. Comunque, a ben pensarci… » Mi passo una mano sul mento, sfiorando con le dita la barba curata. « Avrei giusto qualche souvenir che ho ritrovato in Congo che potrebbe decisamente interessare a voi dell’Ars… Magari riesco a rabbonirmi il vecchio… » Ghigno sornione.
La musica e il vociare si fa sempre più allegro e rumoroso e la festa si fa sempre più affollata. Un paio di ragazze piuttosto barcollanti —che probabilmente hanno trovato il bar segreto– ci superano schiamazzando e mi scosto per evitare di venire letteralmente investito dal loro equilibrio precario.
Scorgo così, vicino al bar, la chioma vibrante della mia accompagnatrice. Benedico il colore dei suoi capelli che, in mezzo a quel balenare di piume, oro e nero, sono come una torcia salvifica in una grotta turbolenta. Alzo un braccio, agitandolo al di sopra della folla, per farmi notare.
« Ehi, Lynch! » Grido, sovrastando il rumore.
Mi volto verso Megan e scoccò una rapida occhiata agli amici che la circondano. « Ti lascio alla tua serata ora. Sono stato felice di vederti. » Lo dico con sincerità e piego la testa di lato, con affetto. « Tra qualche giorno devo partire nuovamente, ma se ti va, quando torno ti mando un gufo. Mi farebbe piacere rivederci con più tranquillità. E… Prendetevi cura di Lysander. » Aggiungo, accennando col capo anche alla ragazza di nome Jean. Poi saluto Megan con la mano e mi volto in direzione nel tavolo del rinfresco, ben attento a non perdere di vista quel nargillo di Eloise. Un largo sorriso mi si dipinge sul volto, mentre la raggiungo. Mentre cammino e svicolo fra le decine di corpi che man a mano che mi avvicino al tavolo, si fanno sempre più pressati, butto uno sguardo alla pista dove un ritmo sbarazzino di fiati e pianoforte mi spingono ad apprezzarne la musica. Non è difficile notare Nieve che, col suo ingessatissimo amico al trotto, scivola sulla pista con una grazia e una bravura che non mi aspetto: mi stupisco ancora di quanto sia cresciuta e di come si sia fatta grande. Una donna che continua a ricordarmi sgradevolmente qualcuno le cui sembianze, però, ancora mi sfuggono.
Ciononostante penso, tornando sui miei passi, che l’incontro con Nieve non ha avuto l’impatto negativo che avevo presupposto quando l’ho vista sul Campo da Quidditch, dopo il Ministero; inoltre aver rivisto Megan mi ha predisposto ad un umore ancor più rilassato e stranamente ebbro di buoni propositi. Non è poi così male, questa festa.

A parte la mancanza di alcol per cui io ed Eloise dobbiamo assolutamente rimediare.

– Tell me would you kill to prove you're right –
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view post Posted on 17/1/2023, 22:45
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Umore grigio, ancora infastidito per quanto gli era appena occorso, Mike stava percorrendo ad ampie falcate i corridoi dei sotterranei. Era in leggero ritardo, e ciò contribuiva enormemente a minare il suo stato d’animo generale. Non avrebbe perdonato così facilmente i due Prefetti, e in cuor suo si augurò di non incrociarli per il resto della serata. La Wagner, in particolar modo, l’avrebbe strozzata seduta stante, e forse non solo metaforicamente. L’irruenza del suo animo aveva lasciato un segno fino a turbarlo, perché mai aveva incontrato qualcuno di così diverso da se stesso.
Il cuore era ancora in subbuglio, la muscolatura rigida, e solo nel raggiungere la Sala Grande il suo umore iniziò a migliorare. Da lì avrebbe preso la via del giardino, ma prima… la vide.
Era bellissima.
Incapace di descriverne l’eleganza e il portamento, Mike si lasciò immediatamente immergere in quelle nuove emozioni. Era bastato tuffarsi nei suoi occhi color ardesia per compiere un viaggio all’interno di un mondo nuovo, fatto di luci vibranti, di candele profumate e di calici frizzanti.
Lo sguardo del ragazzo si posò furtivamente su alcuni dettagli del suo abito, prima di tornare al viso. Era un turbinio di emozioni senza fine, culminate con una ritrovata pace dei sensi. Shaw e Wagner erano soltanto un lontano ricordo e, nell’intima bellezza di quel primo contatto, Mike si rallegrò nello sfiorarne la pelle e nel percepirne il profumo delicato.
«Thalia.»
Avrebbe voluto dirle tante cose, ma forse in quel momento tutto risultava superfluo.
«Temo di non essere troppo in orario, ma questa volta ti posso assicurare che non è colpa mia.» Sfoggiando un sorrisetto imbarazzato, Mike avrebbe cercato di stringerla a sé per un tempo indefinito, ma lungo e denso di significato, prima di poggiare le sue labbra sulla fronte dell’irlandese.
Se ci fosse stata l’occasione, poi, nell’accompagnarsi a lei verso i primi percorsi incantati, le avrebbe fatto cenno di quella traversia che l’aveva appena visto come attore non protagonista. «…ed è per questo che prima mi hai visto un po’ stizzito…e colpevolmente in ritardo. Ora, non dico che l’avrei strozzata, ma ci sarei andato molto vicino… »
Finendo il racconto con una punta di ironia e un leggero sorriso, Mike si ritrovò a dar spazio anche a quel piccolo aneddoto per condividere con lei un senso di quotidianità. Conoscere il suo punto di vista, anche sulle piccole cose, era tremendamente interessante, oltre ad essere una fonte inesauribile di confronto.

Lasciandosi trasportare dall’illusione di quei fiumi d’acqua fresca che pian piano sembravano mischiarsi nei riflessi di quegli anni d’oro, Mike notò, quasi per caso, una delle attrazioni più suggestive tra quelle messe in evidenza dalla mappa che gli era stata donata.
“Cinema magico dei Ricordi”.
Leggermente defilato rispetto agli altri stand e posto in prossimità del Lago Nero, la zona sembrava l’ideale per immergersi nel clima e nei luoghi che avevano caratterizzato i ruggenti anni ’20, e non solo.
«E se ora ti chiedessi di affrontare con me un viaggio nello spaziotempo degli anni ‘20, quante sarebbero le probabilità di finir schiantato dalla tua bacchetta? O di finire coinvolto in qualche sanguinaria lotta tra fazioni contrapposte?»
Dopo il repentino riferimento alle simpaticissime scampagnate organizzate dal loro beneamato Preside, Mike sarebbe tornato ad osservarla con fare apparentemente serio, prima di cercarne la mano.
L’avrebbe convinta a lasciarsi andate in quel luogo, apparentemente appartato e pieno di magici momenti?

Luogo: Ingresso e “Cinema dei Ricordi” (?)
Interazioni: Thalia Moran
Menzioni omicide: Draven e Alice.

 
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view post Posted on 18/1/2023, 18:59
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SW8kZzO
Can’t repeat the past?
N
ell'ultimo soffio di vapore, il treno è in partenza. Omaggia i visitatori d'eccezione, nella saletta del cinema, con un fischio prolungato; chiama i passeggeri – orme del passato, e non solo – finché le carrozze stridono nello scatto delle porte di metallo. Oltre la banchina ferroviaria, l'illusione visiva si sgretola – l'ultimo tassello d'incastro, qui, sono io. Mi cattura lo scintillio delle lampade, il sortilegio che scivola da una cinepresa all'altra: le mie lacune, in questo ambito, sono esagerate. Eppure... è come assistere ad una pièce teatrale estremamente realistica, tanto affascinante da intrappolare lo sguardo. Forse è un'impressione, ma la bocca si tinge di una nota dolce – il ricordo è altrove, cesellato tra spine e petali di biancospino, nel cassetto del dormitorio. Mi sembra di indossare di nuovo la stessa corona, portarmi avanti – un passo, un altro, una danza che non ha mai avuto inizio. Il candore delle corolle del fiore, ancora una volta, si macchia di una goccia vermiglia – è un profumo, questo, che vigila ogni mio tempo.
Vorrei dire sia trascorso un istante, un battito di ciglia. Benché il futuro m'attenda, è una morsa lontana che strattona il cuore: s'insinua lungo la pelle, s'impone ai miei passi. Il biancospino, per me, è un punto di ritorno... Cambia, in memoria, più di quanto abbia mai potuto prevedere. Ora, ora sento d'essere in pace, a patti con me stesso. Forse è il riflesso nelle vetrate in bianco e nero, tutto intorno, a mostrarmi un volto nuovo che sorride. Forse... è lei. È un singulto, quello che abbandona la bocca. Cogliermi di sorpresa è una gioia rara, per chi vive ad un passo oltre il presente – di questo, Camille, vorrei ringraziarti profondamente. Riconoscerei la tua voce in ogni cornice: è una voce che mi fa stare bene, e vorrei avere il coraggio di dirtelo.
«Don Brior» ripeto sottovoce. Trattengo un ghigno immediato che affiora dal petto, una parte di me sa già che riderò per ore di rientro in camera. Resto al gioco, è un teatrino che rafforzo subito: la bacchetta magica, sfilata dalla manica della giacca di tweed, traccia una trasfigurazione immediata, e il fazzoletto di raso nel taschino più alto muta in un cappello borsalino.
Sei un gangster. No, forse no. Mi piace? Fin troppo, Penny aveva ragione.
Mi volto lentamente, e rimpiango di non aver seguito gli altri consigli del mio concasato: un paio di baffi a manubrio, una sigaretta incastrata sull'orecchio...
«Donna Camilla, qui per servirla.» Accentuo le vocali, il tono rauco, nel peggior accento del Donegal. Sono pronto ad aggiungere altro, ma la verità è che mi travolgi. Il modo in cui l'abito ti sfuma dolcemente, la ricercatezza delle tinte brillanti e del fermaglio tra i capelli, la carezza delle piume sulla tua pelle, tutto – in te – è armonia. Osservami, Camille. I miei occhi, stasera, mostrano l'elogio che già a lungo meritavi. Non posso fare a meno d'essere affascinato, malgrado il rimorso che punge il cuore: è un sigillo che il tempo ha calcato in fondo, la consapevolezza d'essere in bilico dello stesso. Vorrei che tu sapessi, che tu... Vorrei. Inchino il capo, l'omaggio di un gangster che cela lo sguardo. Ti cerco la mano destra, gentilmente: il cappello, nell'altra, è reclinato a sua volta. Se lo permetti, ti saluto come ai vecchi modi (o forse, mi dico, all'idea che ho degli stessi), con un bacio che sfiora delicatamente la tua pelle.
«Ti basterebbe una giravolta per conquistare tutti al Castello.» Parole, parole, troppe in fila, che velano il complimento più oggettivo. Lo lascio trasparire dal volto, finché impongo fermezza alle mie caotiche sensazioni. Il pacchetto che ho nascosto nel cappello, prima che mi girassi, è per te. Prolungo però il gioco tra noi, è il dono che faccio a me stesso. Dal taschino, infatti, recupero un omino di pan di zenzero. Ha la testa completamente mozzata, la bocca di glassa tagliata come una smorfia di terrore. Non è una scelta casuale, tu lo sai.
«Come hai potuto fare fuori anche lui?» La voce trattiene a stento l'ironia, la bocca sottintende un sorriso incontrollato. Intorno a noi, in perfetta coincidenza, il cinema risponde in un colpo di fuoco: la scena muta in una band di fuggitivi, bacchette già spianate. Si rincorrono, sortilegi in esplosione.
o3HKNQo
the roaring 20s
Gatsby believed in the green light, the orgastic future that year by year recedes before us. It eluded us then, but that’s no matter: tomorrow we will run faster. [...] And then one fine morning —
So we beat on, boats against the current, borne back ceaselessly into the past.
Francis Scott Fitzgerald

Sto ridendo letteralmente da ieri.

Interazioni: Camille
 
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op
lucas scott
25 anni
giornalista
Le immagini, oramai ripetute, davano l'impressione di trattenere istintivamente la nostalgia delle persone lì presenti. Oltre la superficie di ricordi, brillava convulsamente fino ad incastrarsi allo sguardo comune - una goccia di rabbia in riflesso, tutto anticipava e tutto divorava nel suo animo.
Ancora una volta, evocato all'appello, il destino mutava nella bestia famelica che aveva a malincuore conosciuto, incontrato e vissuto sulla propria pelle.
Ne mostrava ancora i segni, Lucas.
Profonde cicatrici di un cuore ferito, che sfidavano l'equilibrio tanto del corpo quanto della mente - la memoria traboccava di rimorso e d'orrore, appena volgeva ai mesi trascorsi. Aveva fatto di tutto pur di dimenticare: l'intervista per conto del Profeta, il ballo di fine anno scorso, la nottata trascorsa a Villa Scott.
Per settimane aveva evitato di andare a lavoro, facendo ritorno nella sua vera casa più nordica - la Svezia gli era apparsa come l'unica via di fuga dal dolore, il porto d'approdo sicuro per ricominciare un nuovo viaggio emotivo.
Credeva, scioccamente, d'aver superato qualsiasi cosa: le notti in solitudine, lo sguardo perso, le parole bloccate come un sussurro in gola.
Eppure rivedere Thalia in quel momento in compagnia di un nuovo ragazzo, ripristinava un eclissi con cui non desiderava tornare a fare i conti.
Era deluso, terribilmente. La spensieratezza con cui lei aveva già superato tutto, giungeva come un pugno dritto in petto.
La nostalgia tornava. Invadente, come ospite sgradito, distruggeva gli argini difensivi che il tempo aveva inutilmente concesso. Non si accorse d'essere scattato in avanti, non voleva più accorgersi di nulla. Il ricordo malediva il presente, ne offuscava ogni scenario più deleterio, fino a spingerlo nella zona più affollata della serata.
Non impiegò troppo, per focalizzarsi sull'unica figura che ben conosceva - il riflesso dei suoi occhi baluginò verso Megan, intenta a conversare con un altro ragazzo dall’aspetto decisamente più maturo rispetto alla media. Non c'era più astio in quel momento, non per lui. Non ne voleva più provare, non quella sera. Non sapeva come avrebbe reagito l'altra, ma l'idea di cercare un chiarimento almeno con lei, valeva l'intero viaggio forse. Quello era il primo nuovo obiettivo che aveva posto in lista, condizionato com'era dall'ultimo loro incontro avvenuto a Villa Scott.
«Ehi, Milford!»
sussurrò, approfittando del momento libero della Caposcuola. Colse l'occasione con difetto, quasi titubanza, spingendosi a poca distanza da quest’ultima.
«Allora, non voglio girarci intorno perché è davvero troppo tempo che aspetto quest’occasione. Per dirti quello che devo dirti, però, ho prima bisogno di sapere se hai voglia di ascoltarmi.»
un incrocio di scenari imprevedibili, un tremito serpeggiante fin nel profondo di quella richiesta.
Il braccio destro di Lucas si allungò in direzione della Corvonero, nell’ultimo tentativo di catturare il suo consenso ad una passeggiata
«Se così non fosse lo capisco, davvero!»
al suo posto, forse, lui stesso sarebbe scappato di fretta.

Interazione con Megan.
Menzione per Mike e Thalia, vi osservo birbantelli :fru:
 
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