I gradini che conducono alla torre di astronomia sono tanti, tutti imperniati lungo un percorso di quadri moventi e vetri smerigliati che riflettono la luce del giorno e della sera.
Oggi, c’è una quiete innaturale che attraversa questo sentiero. Mi stringo nel maglioncino, mentre risalgo la scalinata dietro una coppia di Corvonero intenti a tenersi per mano. Anche loro, come me, procedono in silenzio, incapaci di proferire un suono che rovini l’atmosfera. Cosa accadrebbe se uno di noi urlasse? Quale pegno dovrebbe pagare colui o colei che si rendesse responsabile di un atto simile?
Mi capita spesso di indugiare in questo genere di pensieri — ambigui, concettuali al limite del critico — e credo che dipenda dalla mia condizione di eccessiva solitudine. Non mi fa bene rimanere tanto distante dai contatti umani, pur essendone circondata. Fingere indifferenza richiede un tale sforzo che non soltanto sono spesso costretta a perdermi in dissertazioni fini a se stesse, ma per di più torno in stanza sfibrata e facile preda dell’irritazione.
Oltrepasso il ritratto della Signora Grassa con una disposizione d’animo incerta. Sono per metà consapevole dello spazio circostante, per metà ancora persa nel groviglio di considerazioni che non hanno trovato risposta. La Sala Comune mi accoglie con i suoi colori caldi, il suo chiacchiericcio di sottofondo e lo scoppiettio dei ciocchi nel camino. I miei sensi sono così amplificati che riesco a percepire persino lo sbadiglio di Dippet nel quadro laggiù.
Avanzo, concedendomi un sospiro di piacere, con tutta l’intenzione di occupare una poltrona a ridosso della finestra e mettermi un plaid sulle gambe. Magari, mi dico, mi concederò di chiudere gli occhi un attimo e riordinare gli avvenimenti dell’ultimo periodo per impedire che continuino a straripare dagli scaffali della mia mente. Jessica, però, vuole aggiungere materiale alla pila che ho da controllare.
Mentre costeggio distrattamente il gruppetto di concasati radunati davanti al camino, si lancia in un commento che mi riguarda senza avere troppa cura di mitigare il tono. Lo abbassa, certo, ma scarseggia la convinzione e le mie orecchie riescono a captare quel che ha da dire sul mio conto.
Non vorrei farlo — cadere nella trappola di dare bado a ciò che pensano gli altri di me —, eppure mi irrigidisco. Ho diciotto anni, le mura di Hogwarts accolgono buona parte della mia vita e per natura ho sempre voluto essere amata, accettata. Così, quando raggiungo la poltrona e mi siedo, sono una lastra di marmo che pretende vendetta.
Ho già menzionato il Dominio Rigos, no? Ecco, forse non ho spiegato a chiare lettere di cosa si tratti ed è tempo che rimedi. Con Dominio Rigos, intendo dire che è iniziato un periodo in cui ogni torto che ritengo di aver subìto verrà punito. I due ragazzi della Sala Grande hanno avuto il benservito: Matt un bell’occhio nero e la sua amica un lassativo nel succo di zucca il giorno che avrebbe dovuto prendere parte a una lezione di volo. E così per chiunque mi abbia trattata con sufficienza, con superiorità, con la pretesa di sottomettermi. A ciascuno il suo. Lo stesso accadrà a Jessica. Devo solo capire come chiuderle quella boccaccia che si ritrova una volta per tutta.
Sono immersa nel mio congetturare, quando la voce di Casey m’interrompe e sono costretta ad alzare lo sguardo.
«Mh?» faccio d’istinto.
Noto l’accenno di sorriso sulle sue labbra e la tensione si allenta. Casey non è un nemico, di questo sono certa. Casey, però, mi sorprende con una proposta che non sono immediatamente in grado di elaborare.
Spalanco leggermente gli occhi e batto le palpebre, a labbra schiuse. Non era questo che mi aspettavo per non essermelo mai aspettata. Negli anni trascorsi a scuola, questa è la prima volta che ricevo un invito e la novità della situazione mi lascia…
spiazzata.
In un lampo, recupero la pellicola dell’incontro a Nocturn Alley. Ho cantato per lui, ho pianto sulla sua spalla, gli ho permesso di abbracciarmi in un momento di fragilità. So che mi ha desiderata quella sera e non conosco i motivi per cui si è trattenuto, ma ho letto nei suoi occhi che avrebbe voluto non farlo. Eppure, a Hogwarts siamo stati lontani — ciascuno preso dalle proprie incombenze. Mai, neppure per un secondo, ho avuto il sentore che ciò che sta accadendo potesse verificarsi.
«Certo» rispondo, pacata, specchiando il suo sorriso.
Sono curiosa. Curiosa di conoscere le ragioni dell’invito, di vedere come andrà la serata, di trascorrere un evento dimenticandomi delle imposizioni, di divertirmi. E con Casey mi sento al sicuro.
Mi accorgo solo in un secondo momento, per puro caso, dell’espressione livida sul volto di Jessica e realizzo di aver imboccato involontariamente il percorso che conduce alla vendetta e all’imposizione del Dominio Rigos.
Un motivo in più per accettare di buon grado l’invito di Aion.