| Fino ad oggi non mi sono interessato molto a ciò che accadeva e accade al di fuori delle aule di lezione. Per i primi quattro anni di Hogwarts, infatti, il mio mondo è stata limitato a pochi luoghi: la biblioteca, il parco, la Sala comune di Grifondoro, la Sala Grande e le aule in cui ho appreso le prime nozioni utili per cavarmela nel mondo magico. Tutto ciò che esulava da questa sfera, l’ho depennato dal mio orizzonte. Tra le altre cose trascurate ci sono anche gli Elfi. Ero a conoscenza della loro storia, per averla studiata nei libri. Sapevo bene o male quale fosse il loro ruolo nella società magica. Immaginavo le loro condizioni di vita e le speranze che dovevano nutrire. Ciò, tuttavia, non ingombrava più di tanto i miei pensieri, tutti presi da altro: coppa delle case, lezioni, quidditch et cetera et cetera. Eppure arriva un momento in cui scatta qualcosa. Un attimo in cui l’elfo che immagini intento a sgobbare nelle cucine smette di essere una comparsa per diventare un soggetto concreto, una creatura di cui occuparsi. Un’età in cui comprendi bene che cosa sia l’ingiustizia e senti di doverla combattere. È qualcosa che provi dentro, una specie di fuoco che ti scalda di indignazione. A quel punto puoi dire di essere cresciuto, di avere qualcosa da dire, di non essere solo un ragazzino alle prime armi, affascinato dal mondo magico in cui è, inaspettatamente, entrato a fare parte. Ecco perché ho deciso di unirmi al C.R.E.P.A. Un intento di adesione, un modulo da riempire e il gioco è fatto. Ora sono dentro, mi sento parte di qualcosa di importante.
La spilla che sancisce la mia appartenenza inizia a tremare. Evento inatteso. Non capisco inizialmente che cosa stia succedendo, almeno fino al gufo che, picchiettando alla finestra con fare stolido, mi consegna una lettera con precise istruzioni. Sono stato convocato. Io? Possibile? Il nome non lascia adito a dubbi. Di Caleb Elliott ci sono solo io. Passo i pochi giorni che mi separano dalla convocazione in un mix di sentimenti. Curiosità, certo. Ma anche un po’ di paura, di ansia per un mondo che non conosco. Uscire dal confortevole nido non è sempre facile. Decido, per non farmi bloccare dalla paura dell’ignoto, di comportarmi esattamente all’opposto. Faccio il noncurante, non penso proprio all’incontro. Nel giorno dell’appuntamento esco con buon anticipo, a passo svelto, respirando l’aria frizzante di un sabato mattina di inverno. Ancora poca gente in giro, meglio così. I miei passi, veloci e cadenzati, mi portano al villaggio di Hogsmeade. Alla fine ho fatto troppo presto. Girello per negozi e vetrine, passo anche due volte dai soliti luoghi. Sembro una volpe in cerca di prede fuori dalle tane. Poi arriva l’ora giusta. Smetto di girare in tondo, torno a segnare una linea retta.
Nella strada c’è qualcuno. Quella è la Moran. La conosco, almeno di vista. La faccio un cenno di saluto. “Grazie, è un piacere essere dei vostri”. Guardo le altre due ragazze, non conosco i loro nomi ma i loro volti sì. Il mago, invece, non mi dice niente. Ora che Thalia lo ha apostrofato, so solo che si chiama MKallen. Un adulto che non sia un docente? Si prospetta qualcosa di molto interessante. “Piacere di conoscervi, Caleb Elliott”. Vorrei dire altro, soffro di horror vacui nella conversazione…ma tengo un’altra frase per me. Ci sarà tempo, non voglio fare subito figuracce. Anche perché sono troppo incuriosito da ciò che ascolto e vedo. La statua che prende vita, l’edificio che appare all’improvviso…mi colpiscono. Ho sentito parlare i miei compagni del lungo e duro lavoro del C.R.E.P.A. ma non avrei immaginato tanto. Deve essere costato soldi, magia, dedizione e fatica. Chapeau.
Il fuoco del camino è piacevole. Davanti alle fiamme, la piccola riunione diventa subito qualcosa di speciale. Sembra quasi di essere stati sempre amici, con i miei nuovi compagni di viaggio. Le parole della Moran, tuttavia, non sono semplici convenevoli. Chiacchiere davanti ad una tazza di tè pomeridiano. Sono un invito a una missione. Ascolto con attenzione, osservo i volti degli altri. Ho centomila miliardi di domande e dubbi che si agitano e svolazzano dentro la mia testa come Dissennatori in cerca di un fuggitivo. Ma… “Mi sembra tutto chiaro, per il momento. Grazie per le informazioni e per la fiducia…e a presto, quindi.” Il mio sguardo, unito alle labbra tirate, credo che faccia trasparire in parte la mia preoccupazione. La ricaccio indietro con un sorriso e un cenno di saluto. Alcune certezze, nessun dubbio o domanda scomoda. Sono le armi predilette per un ansioso.
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