Take me out tonight, Contest a tema: febbraio 2023

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view post Posted on 28/2/2023, 19:51
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—THERE IS A LIGHT THAT NEVER GOES OUT S tacco le labbra dalla bottiglia di Belhaven e, storcendo il naso, te la passo. Questa robaccia scozzese non fa per me, ma è un bene avercela. Madama Rosmerta sta ospitando il raduno di una gang di piloti di tappeti volanti, e le era rimasta solo una birra babbana. L'ho pregata in tutti modi di darmi qualcosa di commestibile e di bevibile, perché ci tenevo che tutto fosse perfetto questo pomeriggio.
Perfetto. Perfetto è una parola grossa, considerato che il silenzio tra di noi si taglia col coltello. Tu sei qui accanto a me, dopo un infinito tempo in cui mi ero finalmente abituato alla tua assenza. La pressione di dover dire qualcosa mi aggroviglia ogni parola in gola sin dal principio di ogni suono. Ho dovuto stappare la bottiglia con l’accendino e annegare le nostre lingue nel suo contenuto per darmi la parvenza di star facendo qualcosa.
Al solito mi sento un incapace, sopraffatto dalla tensione. Incapace di risultare normale agli occhi degli altri, incapace di partorire un argomento di conversazione, incapace di condividere qualsiasi cosa con qualcuno. L’esigenza di andarmene e di tornare dentro la mia bolla è forte, ma mi sento ancorato qui.
Sono seduto con le gambe rannicchiate contro il petto, fra i rami secchi caduti dagli alberi. Persino la natura intorno a noi è piatta e morta. Le primizie sono ancora troppo timide per sbucare dal legno gelido e dal terreno impastato di erbacce marce. C’è ancora il silenzio dell’inverno, soprattutto tra di noi.
Da quanto tempo è così?
Non lo so. Mi ricordo solo che tu, Caleb, smettesti all’improvviso di parlarmi. Senza un’apparente ragione, senza mai spiegare nulla, senza nemmeno litigare per qualcosa. In quel periodo avrei fatto di tutto pur di scoprire il motivo della tua assenza, persino urlarci contro parole a casaccio di fronte a tutta la sala comune. Ma sei scomparso. Mi hai semplicemente lasciato solo.

Ti guardo per qualche breve istante, Caleb, e riconosco i tuoi tratti cresciuti. La mascella è leggermente più larga, c'è un accenno di peluria sul volto, e l'espressione cupa è accentuata da occhiaie profonde. Sei più alto e meno bambino. Mi si stringe il cuore al pensiero che se non mi avessi abbandonato non mi sarei stupito così tanto di fronte ai tuoi cambiamenti. Saremmo semplicemente cresciuti insieme.
Scanso lo sguardo appena i nostri occhi si incrociano.
La tua assenza, dopotutto, fu il motivo della mia prima vera insicurezza. Sei scomparso, e tuttora non so il perché. Cosa ci può essere di peggio? Mi ricordo che, dopo mesi di rabbia, infine mi addossai la colpa. Era molto più probabile che io, senza rendermene conto, avessi fatto qualcosa di sbagliato. Cominciai a dubitare di me stesso, ad aver paura che gli altri potessero giudicare strano il mio carattere quando per me tutto filava più che normale.
Una nota di rabbia mi risuona nel cuore, e stringo fra le palpebre tese l’immagine della Stamberga Strillante in lontananza. Non ci ho mai capito niente di te. Non ho mai capito perché tu mi hai lasciato solo, non ho ancora capito perché mi hai ricontattato. E ora fa male credere che la tua assenza ingiustificata abbia generato in me un’inconscia reazione emotiva a catena, fino a farmi diventare… così. Silenzioso, insicuro, pauroso.

«Perché?»

La domanda esce d’impulso. La matassa di pensieri aggrovigliati ha reso il tono della mia voce esasperato. Solo “perché?”, e nessuna specificazione. So che non è necessario.



Edited by ion` - 28/2/2023, 21:11
 
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view post Posted on 28/2/2023, 19:57
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—THERE IS A LIGHT THAT NEVER GOES OUT Accosto la bottiglia di birra alla bocca e bevo. Il sapore, amaro e a tratti acidulo, invade la bocca e scende giù, nella gola. Non posso dire che la Belhaven sia buona ma sa di casa. Di Scozia. Di questo posto in cui sono seduto e che odora di terra, di marcio, di una promessa ancora lontana dall’arrivare. Quella che poi, quando arriva, ti frega. Perché la primavera dalle nostre parti può essere piena di pioggia, persino di neve. Noi scozzesi ci siamo abituati. Parliamo sempre, ci mettiamo in mostra, esageriamo nell’odio e nell’amore così tanto da non sembrare nemmeno abitanti di queste isole. Conserviamo anche, però, una durezza di fondo, un’intransigenza verso noi stessi e gli altri, una spigolosità che a tratti viene fuori. Come questa terra, bella e dura. E questa forza che portiamo dentro può ferire in entrambe le direzioni, come un bisturi usato come un coltello.

Casey, tutte queste cose vorrei dirtele ma non trovo le parole. Qui, seduto con la schiena appoggiata a questa quercia ancora spoglia, guardo lontano e penso. Frugo nella mia mente per trovare le parole adatte, quelle che possono dischiudere porte. Dopo lo specchio e la tua risposta mi sono immaginato da qualsiasi angolo possibile di visuale il nostro incontro. Quello che ti avrei detto, quello che avrei fatto. Ogni singola battuta, ogni gesto calcolato. Come se fossi un attore intento ad imparare la parte. Ma qui, ora, mi accorgo che non è così facile.
Eppure. Eppure tu mi guardi e io vedo nei tuoi occhi, che non sono cambiati in un volto che non è più quello che mi ricordavo, che anche tu provi quello che provo io. O forse è solo un’illusione, chissà. Non condividiamo solo l’aroma aspro della birra, la seduta scomoda, il freddo che si insinua nelle nostre ossa. Abbiamo condiviso un pezzo di strada insieme ad Hogwarts. Lezioni, avventure, risate a perdifiato e corse a rompicollo. Eravamo le pesti dei Grifondoro, le simpatiche canaglie, quelli dotati che potrebbero fare di più. Poi, tutto è successo in un attimo. Ci siamo allontanati. Mi sono allontanato, perché non potevo più vederti. Ti odiavo, anche. Un sentimento così forte da occupare le mie giornate, da consumarmi prima come una fiammata e poi piano piano, a fuoco lento. Ma ora mi accorgo che anche se divisi, abbiamo continuato a condividere. Diversi dagli altri, abbiamo seguito due traiettorie simili ma parallele. Fino a questo momento. Perché, Casey, io vorrei tanto tornare a trasformare queste parallele in rette convergenti.

Casey, sembra che io sia bravo a parlare ma non è così. Nel momento cruciale le parole si strozzano in gola e non vengono fuori. Oggi, ora o mai più, però. Perché questo incontro è inaspettato e non voglio gettare ai cardi questa occasione per spiegarti, per cominciare ad avere di nuovo un futuro in comune.

Mi chiedi perché. E io capisco. Non c’è bisogno che tu aggiunga altro.

«Perché ti amavo.»

Le parole escono così, senza che possa frenarle. Rotolano via nel vento gelido di questo fine inverno.

 
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view post Posted on 28/2/2023, 20:02
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—THERE IS A LIGHT THAT NEVER GOES OUT Andavamo in cerca di avventure. Undici anni sono troppo pochi per esser certi che un bambino si dimentichi delle bambole e degli orsacchiotti. Se quel bambino, le cui tasche racchiudono poco e niente, scopre il Mondo Magico e giunge ad Hogwarts, improvvisamente diviene il baldo protagonista di un’avventura.
Le vivevamo insieme, le nostre avventure. Laddove c’era noia, l’altro ci risucchiava in un nuovo gioco, reale o immaginario che fosse. Tu a volte desistevi, poiché giudicavi la mia ossessione per la Foresta Proibita un pericolo per i nostri rubini. Come se il resto delle nostre scappatelle fosse da niente.
Io e te vedevamo misteri ovunque. Pretesti per scappare dalla normalità che rischiava velocemente di inondare le nostre giornate. Moschettieri alla riscossa, come nei più bei libri dell’infanzia. La notte era il nostro scenario. Mostri, Pix, fantasmi e Gazza i cattivi da combattere e da cui fuggire. “Non ci avranno mai, non conquisteranno mai il nostro castello.”
Ma ci ha conquistato qualcos’altro: l’adolescenza.

«Perché ti amavo.»

Mi blocco. Lo sforzo di non voltarmi e di fissarlo sgomento mi congela. Voglio evitarmi ed evitargli di dovermi guardare negli occhi dopo queste parole.
Ho la necessità di chiudermi. Stringo ancor più le gambe al petto, come se ritirando il mio corpo in un unico miserabile punto io possa generare distanza e attenuare la violenza delle emozioni.
Di impulso mi viene da sbuffare che non è vero. Perché è inimmaginabile che qualcuno possa provare un simile sentimento per me. Guardatemi: sono un mostro. Lo sono dentro, lo sono fuori, per via del mio essere tossico, per via delle ossa che premono contro la pelle con l’intento di squarciarla e per il volto emaciato. Un barlume di ragione mi prega di non farlo, che potrei risultargli vanitoso.
Rimango in silenzio. Un lungo silenzio che mi fa sentire come intrappolato dentro un blocco di marmo, impossibilitato ad espandere i polmoni per respirare. Quando è così cerco di concentrarmi su altro. Conto fino ad un numero indefinito, finché la pressione cede e di nuovo non mi ricordo di esistere nel mondo. I fili di erba secca del prato sarebbero così tanti da permettermi di dimenticare ogni cosa. Ma, persino impossessata dal terrore, la mia mente preferisce allacciare analogie e continuare a pensare.
Da un momento all’altro tu sei scomparso, Caleb. Da un momento all’altro io mi sono trovato un ragazzo. Ora riesco a vedere chiaramente molte cose, e il riverbero dell’urto provocato dalle tue parole si dissipa. Allora lo stomaco mi si stringe in grembo, e penso a tutto quel dolore che hai provato. A tutto il dolore che io ho provato quando vidi Megan e Draven insieme.
Io feci la stessa, identica, cosa. Scappai, anche se per poco non tirai un pugno a Draven, anche se me la presi a morte con Megan al punto da insultarla. Preferii la solitudine alla chiarezza, preferii sopportare sin dal principio invece che comunicare i miei sentimenti.
Probabilmente è orribile ciò che sto per dire, ma adesso mi sento meno solo.
Quante parole dovrei spendere per descrivere tutta la speranza e tutta la sofferenza che ho provato? Così tante che mi risulterebbe impossibile farmi davvero comprendere. Ma se entrambi abbiamo vissuto lo stesso, non è necessario dire altro se non: «Ti capisco. E’ successo anche a me.»

Percepisco l’imbarazzo adesso. Stringo le gambe fra le braccia e ti osservo con la coda dell’occhio perché non riesco a voltarmi del tutto. Ho timore a chiedere. Forse un tempo avrei tratto un profondo piacere da questa rivelazione. Adesso non ne sono più in grado. E, a dirla tutta, credo sia solo colpa mia.

«E ora… ora perché sei qui?»



Edited by ion` - 28/2/2023, 20:58
 
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view post Posted on 28/2/2023, 20:37
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—THERE IS A LIGHT THAT NEVER GOES OUT AIl più è fatto. Ora che le parole sono uscite, ora che il dado è stato lanciato, posso rilassarmi. Che esca uno o sei, non è più importante. La sua faccia beffarda può mostrare quello che vuole, io sono pronto. Il cuore rallenta i battiti, prendo aria con un lungo respiro. L’aria sa di freddo e di te, Casey. Un odore diverso da quello che ricordavo, ma non troppo. Una traccia del passato, in sottofondo, rimane. Di quando procedevamo lungo gli anditi oscuri del castello e ci appiattivamo contro armature e sporgenze e io respiravo a pieni polmoni paura, eccitazione e l’odore del tuo corpo. Ti guardo e sorrido. Non credevo che anche tu potessi aver provato ciò che ho sperimentato sulla mia pelle. Tu, così sicura di te, così estroversa, sempre pronta a gettarti a capofitto in qualsiasi situazione. Come facevo a non amarti? Eri l’opposto di me e per questo mi completavi. Chi ti ha fatto questo? Come è stato possibile? Quindi abbiamo condiviso anche questo, una delusione feroce che ci ha messo in un angolo esistenziale? Ma se il passato ci ha inferto delle ferite, il presente è tutto da scrivere, no? Una pagina bianca, in cui qualcosa è stato cancellato per fare posto al nuovo. Possiamo ancora farcela, riprendere in mano noi stessi e la nostra amicizia.

«Perché l’ultima volta in cui sono stato felice è stato con te. Perché ho capito che senza di te sono solo. Perché tu, per me, sei importante.»

Lasciamo da parte l’orgoglio, il pregiudizio, la rabbia, la delusione. Ora è il momento di deporre le armi e condividere un calumet della pace.

«E tu?»

 
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view post Posted on 28/2/2023, 20:45
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—THERE IS A LIGHT THAT NEVER GOES OUT Trattengo. Trattengo i pensieri, le labbra e le lacrime. Trattengo così tanto che i miei muscoli intirizziti dal freddo di febbraio dolgono mentre tremano.
Non ho mai voluto mostrare il mio dolore. Non ho mai voluto piangere di fronte a nessuno. Ce l’ho sempre fatta da solo. Sono nato solo, sono cresciuto solo e mi sono mantenuto da solo. Il pensiero che qualcuno possa curare le mie ferite scatena in me l’ira più rovente. Penso perché ーanzi, ormai ne sono quasi certoー rischierei di crollare, totalmente e per sempre.
Per questo, Caleb, ti prego di non continuare. Adesso basta, voglio che tu non mi dica più niente. Non dirmi quanto io sia importante per te, non dirmi che mi amavi. Sappiamo già che i rapporti sono caduchi e veicolati dal volto più orribile del nostro ego. Se io adesso crollo e tu mi raccogli, e fra qualche giorno, settimana, mese o anno scompari ancora nell’oblio, io non mi rialzerò più.
E’ uno dei bisogni più urgenti dell’essere umano, no? Quello di non rimanere solo. Sì, io tengo a te, tu tieni a me, ma per quanto tempo andrà avanti così? Finché andrà. Poi tornerà tutto come prima. Poi tutto sarà da ricostruire. E, poi, di nuovo nascerà qualcosa, in un ciclo infinito di speranza e morte.
Lo prendo così com’è questo tuo sentimento. Lo pongo qui, accanto al mio, e va bene così. Senza esagerare, senza pretendere niente. Ho già visto troppe cose svanire nel nulla e io non voglio più prendermela.
Dimentichiamo tutto. Dimentichiamo l’astio, il rancore, le lacrime e il dolore. Anch’esse facevano parte di un ciclo, e chissà quante volte torneranno. Adesso non ci rimane altro che vivere.

Tiro sul col naso il muco del pianto. Le palpebre rosse trattengono tra loro le lacrime e, ancora, la figura della Stamberga in lontananza.
Mi alzo in piedi e ti tendo la mano.

«Per andare insieme verso una nuova avventura.»



Edited by ion` - 28/2/2023, 21:06
 
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