—THERE IS A LIGHT THAT NEVER GOES OUT Accosto la bottiglia di birra alla bocca e bevo. Il sapore, amaro e a tratti acidulo, invade la bocca e scende giù, nella gola. Non posso dire che la Belhaven sia buona ma sa di casa. Di Scozia. Di questo posto in cui sono seduto e che odora di terra, di marcio, di una promessa ancora lontana dall’arrivare. Quella che poi, quando arriva, ti frega. Perché la primavera dalle nostre parti può essere piena di pioggia, persino di neve. Noi scozzesi ci siamo abituati. Parliamo sempre, ci mettiamo in mostra, esageriamo nell’odio e nell’amore così tanto da non sembrare nemmeno abitanti di queste isole. Conserviamo anche, però, una durezza di fondo, un’intransigenza verso noi stessi e gli altri, una spigolosità che a tratti viene fuori. Come questa terra, bella e dura. E questa forza che portiamo dentro può ferire in entrambe le direzioni, come un bisturi usato come un coltello.
Casey, tutte queste cose vorrei dirtele ma non trovo le parole. Qui, seduto con la schiena appoggiata a questa quercia ancora spoglia, guardo lontano e penso. Frugo nella mia mente per trovare le parole adatte, quelle che possono dischiudere porte. Dopo lo specchio e la tua risposta mi sono immaginato da qualsiasi angolo possibile di visuale il nostro incontro. Quello che ti avrei detto, quello che avrei fatto. Ogni singola battuta, ogni gesto calcolato. Come se fossi un attore intento ad imparare la parte. Ma qui, ora, mi accorgo che non è così facile.
Eppure. Eppure tu mi guardi e io vedo nei tuoi occhi, che non sono cambiati in un volto che non è più quello che mi ricordavo, che anche tu provi quello che provo io. O forse è solo un’illusione, chissà. Non condividiamo solo l’aroma aspro della birra, la seduta scomoda, il freddo che si insinua nelle nostre ossa. Abbiamo condiviso un pezzo di strada insieme ad Hogwarts. Lezioni, avventure, risate a perdifiato e corse a rompicollo. Eravamo le pesti dei Grifondoro, le simpatiche canaglie, quelli dotati che potrebbero fare di più. Poi, tutto è successo in un attimo. Ci siamo allontanati. Mi sono allontanato, perché non potevo più vederti. Ti odiavo, anche. Un sentimento così forte da occupare le mie giornate, da consumarmi prima come una fiammata e poi piano piano, a fuoco lento. Ma ora mi accorgo che anche se divisi, abbiamo continuato a condividere. Diversi dagli altri, abbiamo seguito due traiettorie simili ma parallele. Fino a questo momento. Perché, Casey, io vorrei tanto tornare a trasformare queste parallele in rette convergenti.
Casey, sembra che io sia bravo a parlare ma non è così. Nel momento cruciale le parole si strozzano in gola e non vengono fuori. Oggi, ora o mai più, però. Perché questo incontro è inaspettato e non voglio gettare ai cardi questa occasione per spiegarti, per cominciare ad avere di nuovo un futuro in comune.
Mi chiedi perché. E io capisco. Non c’è bisogno che tu aggiunga altro.
«Perché ti amavo.»
Le parole escono così, senza che possa frenarle. Rotolano via nel vento gelido di questo fine inverno.