abstinence, privata

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view post Posted on 8/3/2023, 10:30
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A volte la Torre di Astronomia riserva dei tramonti mozzafiato. La luce del sole, che secondo dopo secondo scivola nell'ignoto dell'orizzonte, invade lo spazio fra gli archi della terrazza inondando d'arancio e calore il pavimento. Qui giaccio con la schiena poggiata ad un pilastro mentre fumo una sigaretta.
E' appena finita l'ultima ora di lezione e corpo e mente sono distrutti. I pensieri sono scivolati via e un fondo di dolore pressa il retro della mia scatola cranica. Si tratta della sempre più insistente richiesta di nicotina da parte dell'organismo, che se non soddisfatta rischia di prevalere sulle mie intere attenzioni.
L'ultima l'ho fumata dopo pranzo. Poi si sono succedute due ore di Pozioni e altre due di Storia. Oltre al fatto che Peverell è in grado di spappolare i nostri neuroni con la combo di tre domande metafisiche per volta, si tratta di un intervallo di tempo che prima ero abituato a spezzare con una pausa sigaretta.
Sto cercando di smettere. Sto cercando di eliminare tutto ciò che mi rende nervoso e che non mi permette di dormire bene. Dovrei togliere anche il caffè ma mi sembra una follia, soprattutto se non dormo. Se non ne bevo un'intera tazza al mattino e una dopo pranzo non capisco niente a lezione. Mi danno quella leggera spinta di cui ho bisogno, che però si intensifica alla sera in tachicardia ed occhi da gufo.
Con le sigarette è diverso. Le lezioni mi obbligano a stare in aula, il rischio di arrivare in ritardo mi fa rinunciare alla pausa. Però è difficile quando al fine settimana non sono costretto a rimanere in un posto per ore e devo gestirmi lo studio da solo. Cinque, sei, dieci, intervalli, uno ogni ora o fra una pagina e un'altra, magari ripetendo all'aperto non appena il tempo si fa buono, così non devo entrare ed uscire continuamente dal castello.
E' ancora più difficile quando devo gestire il nervosismo, che durante le lezioni è ancor più forte del normale. Non c'entrano i compiti e le interrogazioni, quelli incrementano la mia adrenalina e mi distolgono dall'ossessione di scandire i ritmi della giornata in base al fumo. Sono le persone e il doverci avere a che fare che mi fanno desiderare di alienarmi tramite la nicotina.
Tenere fra le labbra una sigaretta appare quasi come un atto di forza. Di fronte agli altri, inalando ed espirando fumo, ti senti quasi più interessante. Credo sia nato così, qualche anno addietro. Poi, in privato e non più in pubblico, una pausa necessaria della mente; infine una necessità senza cui non riesci a star sereno.
Sto tentando di smettere, e dicono che per smettere si debba ridurre lentamente il quantitativo di sigarette della giornata. Attualmente il mio obiettivo è: una prima dell'inizio delle lezioni, una dopo pranzo e una dopo la fine delle lezioni. A volte sgarro, mi è inevitabile. Come ad esempio l'altroieri, quando ne ho fumate tre di fila chiuso nell'aula vuota del terzo piano perché, nella pausa tra Divinazione e Rune, due Tassorosso non appena mi hanno visto hanno smesso di parlare. Mi hanno fissato finché non gli ho dato le spalle camminando, per poi tornare a parlare. A posteriori mi rimprovero sempre di credere che le bocche di tutti parlino di me e dei miei difetti, che devo smetterla di considerarmi al centro del mondo. Soprattutto mi sono rimproverato per quelle tre sigarette, perché ci ho messo un paio di giorni per ristabilire la routine prefissata.
Dio mio, devo smetterla di pensare. Voglio godermi questa sigaretta, che deve essere l'ultima della giornata.
Aspiro profondamente e mi lascio andare. I muscoli si svuotano delle tensioni e formicolano, e mi viene da poggiare la testa contro la dura colonna come se io sia su un soffice cuscino. Niente più pensieri, niente più nervosismo. E' come cadere fra le dolci braccia di Morfeo sognando le luci e i colori del tramonto, che ora mi riempiono gli occhi.
Questo è, a malincuore, il momento più bello della giornata.

 
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view post Posted on 10/3/2023, 03:07
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Se c’era un posto che non avrebbe mai smesso di amare dentro quel castello era la Torre di Astronomia.
Avvolta da una magia che nemmeno loro – che la studiavano costantemente – erano in grado di comprendere; quel posto riservava alcuni dei tramonti che Ayumo avrebbe faticato a dimenticare, erano lì scolpiti nella sua memoria.
Anche in quella giornata, finite le lezioni, aveva deciso di salire scalino dopo scalino per fermarsi ad osservare meglio i colori stupendi che il sole stava rifrangendo sulle nuvole, mentre lentamente il cielo si scuriva.
Il tramonto per lei durava un “attimo”, un battito di ciglia e la notte era già giunta, mangiandosi tutte quelle splendide sfumature e portando con sé solamente il buio o al massimo il chiarore pallido della luna.
Molto spesso le capitava di andare lì, nonostante il tempo, per prendere una boccata di ossigeno; allontanandosi infine dalla calca degli studenti.
Andava lì quando aveva bisogno di riprendere il controllo della propria vita, lì osservando l’orizzonte si sentiva in grado di proseguire lungo le sue scelte senza sentire la propria vita scivolarle tra le mano.
Spesso sfuggiva anche alla cena della Sala Grande, pur di godersi qualche minuto di solitaria meditazione, prima di scendere nuovamente quegli stessi gradini per poi rifugiarsi nella propria camera in Sala Comune.
Qualche notte avrebbe preferito sta lì, accoccolata sul ballatoio ad osservare le stelle cercando in esse di comprendere quale era il suo destino, prendendosi beffa di coloro che seriamente vi credevano.
L’Astrologia era per lei qualcosa di troppo deterministico, non vi era nessuna strada segnata e ogni persona doveva arrendersi all’idea di fare i conti con le proprie scelte, ma in un qualche modo perverso tutta quella questione l’affascinava, o meglio era stupefatta di come ancora ad oggi vi fossero persone convinte di avere un fato scritto tra gli astri celesti.
Vi era la cieca convinzione di quelle persone, lei nella realtà percepiva quest’ultima come profonda scusa; un modo come un altro per non prendersi sulle spalle le conseguenze delle proprie scelte, il peso dei propri fallimenti.
Ma certo! Se la giornata era andata male la motivazione era che le stelle avevano predetto ciò.
Tra le fila dei babbani aveva visto tantissime persone fare affidamento alle predizioni di astrologi che avevano letto le stelle, finendo a seguire un percorso di cui non erano né padroni né responsabili, uguale per tutti.
Si strinse sulle scale per permettere ad un gruppetto di ragazzi del Primo Anno di scendere, le voci troppo alte per i suoi gusti e troppo acute – sinonimo del mancato sviluppo – ma non era sui compito riprenderli per gli schiamazzi, ci avrebbe pensato qualcuno di più consono.
Passati si allargò per poi riprendere a camminare, di lì a poco avrebbe raggiunto la sua agognata meta.
Affrontati gli ultimi scalini – quando giunse in cima - si bloccò a mirare lo scenario del Tramonto che si apriva lì di fronte a lei.
Fu la figura di un ragazzo fermo a fumare che spezzò l’incantesimo, era cosciente che non sarebbe stata la sola ad osservare quel panorama mozzafiato.
Che lei non amasse i contatti sociali era chiaro a tutti, se ne stava costantemente in disparte e possibilmente con un libro in mano in modo da non essere involontariamente disturbata.
Agli eventi mondani – quei pochi in cui si costringeva a partecipare – stava defilata dalle masse sempre sul bordo a guardare gli altri prendersi la scena, invisibile agli occhi dei più.
In questo caso stava a lei fare la prima mossa? Non lo sapeva con certezza, non le piaceva approcciare le persone preferiva piuttosto esser lei approcciata.
Non sapeva mai come interloquire con le altre persone e l’idea di non avere il controllo sugli altri le dava estremamente sui nervi; questo perché le interazioni sociali comportavano un certo impegno, soprattutto se si voleva tenere le redini di un discorso per far andare le cose a proprio vantaggio.
Chi muoveva il primo passo, al contrario che negli scacchi, si trovava in una situazione si svantaggio.
Dato il suo mancato carisma, preferiva evitare gli approcci.
Optò per la scelta più adatta, defilarsi lì vicino senza proferire nemmeno una parola.
In certi casi, seppur contro la sua natura, sceglieva la strada a lei più semplice e congeniale.
In questo caso per prima cosa era far finta di non averlo visto e in secondo luogo annullare la propria presenza e attendere che il ragazzo se ne andasse, si quella era sicuramente l’opzione migliore presente sulla sua scacchiera.
In questa equazione, però, non aveva messo in conto l’odore pungente della sigaretta, che all’olfatto le apparve fin da subito sgradevole e che andava – oltre che a impregnarle le narici – a spezzarle il momento.
Un tramonto stupendo incorniciato dall’odore acre e amaro della sigaretta di quel ragazzo.
Cercò di allontanarsi il più possibile, per non disturbalo e per non essere infastidita dal fumo, infine inspirò per poi espirare violentemente tossendo sommessamente.
Quando aveva preso la boccata d’aria, un rivolo di fumo si era infiltrato nel suo esofago portandola ad espettorare involontariamente, cercando di liberare i bronchi da quel fastidio.
L’avrebbe sentita? Poteva essere, poco le importava a dire il vero.
Ora voleva riprendere il controllo del proprio respiro, era certa di aver maledetto in qualche modo la sigaretta e forse in minima parte anche il possessore sconosciuto.
Quando finalmente l’eccesso di tosse si decise a finire, si mise a guardare chi era il giovane.
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Figura nota nella scuola lo era di certo, era sicura di averlo già incrociato per i corridoi, naturalmente dalla divisa aveva notato che era un impavido Grifondoro.
Chissà quale delle doti tanto care a Godric l’aveva portato tra quelle fila, il coraggio o la cavalleria? Oppure era la spavalderia legata ad entrambe le precedenti qualità?
Pensando ai Grifondoro le venne in mente l’unica persona che aveva trovato veramente interessante, Oliver Brior, seppur avessero stretto un bel legame il tempo che era trascorso dal loro ultimo incontro era veramente tanto.
Lei aveva sempre rimandato di mandargli un gufo e mai ne aveva ricevuto uno da lui.
Un rapporto finito? Solo il fato sapeva se effettivamente quello era il loro destino, ma per ora poteva dirsi sicuramente interrotto o spezzato.
I suoi occhi tornarono sull’orizzonte.
Il sole stava lentamente scendendo, le tonalità dell’arancio si sarebbero man mano scurite arrivando a sfiorare lentamente il rosso carminio, andando poi a spegnersi sul viola e lasciarsi infine andare al blu notte.


Off-Topic
Ho dato per assodato che la tua faccia sia nota, seppur non abbia ancora visto la spilla da Caposcuola.
Il post è scritto dalle mie adorabili manine e dal supporto peloso di quattro zampette della mia gatta! Abbi pietà di noi :<31: :hedgehog:
 
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view post Posted on 10/3/2023, 09:28
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Sono accasciato contro la colonna come una marionetta abbandonata nel retroscena dal suo marionettista. Sono svuotato dalla stanchezza e dall'euforia da nicotina, intrappolato in un momento di pura estasi corporea. Nessun movimento, articolazioni congelate in una posizione perfetta che mi permette di riposarle. Nessun dolore, nessun pensiero. E' come se stessi meditando, anche se non ho mai provato questa buffonata Drakeniana, mantenendo fisso al centro del mio cervello l'imperativo di non muovermi.
Probabilmente da fuori sembro una lucertola immobile intenta a scaldarsi il freddo sangue sotto i raggi del sole. Ma con dei riflessi peggiori, considerato che queste bestiole scappano a perdifiato non appena qualcuno gli si avvicina. Io, invece, rimango congelato.
Sento dei passi risuonare nella tromba delle scale e, maledizione a Merlino e a tutti i suoi discepoli, mi irrigidisco perdendo la magnifica sensazione di quiete fisica. Rischia di cadermi la sigaretta sulla divisa mentre stacco la schiena dal mio supporto di pietra, ma stringo ancor più le labbra sul filtro non permettendole di scivolarmi.
Ok, devo tranquillizzarmi. Anche se la delusione di non poter avere un momento in solitaria tutto per me mi scuote. Spero solo che chiunque stia salendo faccia improvvisamente dietrofront e se ne torni da dove è venuto. Invece, eccola.
Il sole ancora abbaglia gli occhi e voltandomi verso l'uscio devo stringere le palpebre. Così sembra che io guardi la nuova venuta con espressione torva, ma non posso fare finta di non sentire delle valide motivazioni per farlo. In ogni caso, il sole è troppo forte per riuscire a scorgerle il volto. Vedo solo una catasta di capelli castani che scendono sulla divisa nera, incorniciata da un rever giallo tipico di Tassorosso.
Devo distogliere lo sguardo per evitare la cecità, nonostante l'inutile spinta ad individuare il volto della disturbatrice mi avrebbe indotto ad indugiare con insistenza su di lei per segnarla in una momentanea lista nera.
Le pupille mi bruciano come se le abbia avvicinate alla fiamma di un fiammifero. Aspiro dalla sigaretta e scuoto via la cenere, che senza averle dato le dovute attenzioni si è bruciata fin quasi alla metà.
Torno a fissare l'ingresso. La ragazza non c'è più. Sento dei passi dietro di me e tendo le orecchie per capire cosa intenda fare. Poi tossisce sempre più forte. Spero non mi attacchi niente.
Poi, ad un tratto, sembra tornare tutto quieto. C'è ancora il sole che danza sulle vette delle montagne, quasi pronto per essere risucchiato dall'orizzonte in un battito di ciglia. Ma ormai è fatta, è tutto rovinato. Non sono più solo, anche se non la vedo. Tutto torna silente, ma il brusio dei miei pensieri è in crescendo.
A un tratto sento dei nuovi rumori. Passi, frasi, risa. Fanculo. E' meglio che me ne vada, ma la mia sigaretta non è ancora finita. Il mio organismo, predato dal nervosismo, ne richiede un'altra. Sprofonda nel fumo, annienta il cervello. Sei stato bravo oggi, questa è solo la terza. Ma dove dovrei andare a fumarmela? O scendo in giardino, o sto in bella mostra sotto un portico, o salgo e scendo tremila rampe di scale che mi fanno girare in tondo perché a loro piace cambiare per raggiungere la torre di Divinazione. Che schifo.
Le voci si infittiscono. Un gruppo di quattro ragazzi di casate miste sbuca dalle scale. I raggi del sole si infrangono sul vetro delle bottiglie che tengono in mano. Camminano, si avvicinano, si disperdono sulla terrazza schiamazzando e rivolgendosi battute. Si rendono conto di me subito, e un serpeverde, alto, moro, impostato e dall'aria spocchiosa, mi si avvicina. Lo guardo mentre la schiena mi si irrigidisce e la sensazione di un guaio imminente mi fa divampare la faccia. La sua ombra mi sovrasta. Che cazzo vuoi?
«Mi dai una sigaretta?»
Tiro un lungo respiro. Il suo tono fa schifo, ma non voglio problemi. Estraggo il pacchetto e gliene porgo una. Se l'accende e faccio per mettere via.
«Ne voglio una anche io.» Mi volto e mi accorgo di un Corvonero che si è appena avvicinato. Senza dire una parola e con la nuca che formicola, riprendo il pacchetto e do una sigaretta anche a lui. Alla fine entrambi distolgono l'attenzione da me. Direi che la scelta di andarmene è definitiva. Devo solo aspettare un attimo, giusto per non dare l'impressione che me ne vada a causa loro.
Gli altri due della comitiva sono scomparsi. Dovrebbero essere Grifondoro e un Tassorosso più grandi di me e che conosco solo di vista. Probabilmente sono dall'altra parte del terrazzo.
«Ciao carina.» Mi irrigidisco. No, non parlano con me, impossibile. La voce proviene dalle mie spalle. «Ti piacciono i tramonti?»
Mi congelo. E' chiaro che uno dei due mancanti si sia rivolto alla Tassorosso. Sento il suono del liquido che scroscia contro il vetro delle loro bottiglie fra un sorso e l'altro. Non posso più andarmene.



Nun te preoccupà. qui nessuno si mette a cercare col microscopio difetti e difettucci. :gattello:
Ti passo la palla dei PNG. Facci quello che vuoi!


Edited by ion` - 10/3/2023, 12:29
 
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view post Posted on 19/3/2023, 01:52
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Lei non amava avere contatto con la gente e non si faceva scrupoli a nasconderlo, semplicemente evitava di uscire con gruppi di persone che superavano i due membri di numero, compresa lei.
Conseguentemente non amava neanche il rumore che era collegato ai gruppi di persone, questo perché ormai si era fin troppo abituata al silenzio di cui solitamente si circondava.
Fu per questo motivo che Ayumo decise di defilarsi senza disturbare il Grifondoro che era già lì presente.
Si era limitata ad osservarlo da lontano senza proferire alcuna parola, se questo avesse avuto l’intenzione di parlarle avrebbe colto l’occasione e probabilmente si sarebbe rivolto a lei, situazione che fino ad ora non si era ancora verificata.
Forse anche lui – intento a fumare – voleva semplicemente godersi il silenzio che permeava quella Torre e la quiete del tramonto che si stagliava in cielo, qualsiasi scelta che lo sconosciuto infine avrebbe preso sarebbe stata ben accetta dalla Tassorosso.
Peccato che lei non teneva mai in conto le variabili imprevedibili che quel castello poteva riservare, in questo caso erano gli eventuali studenti che come lei erano saliti sulla torre, anche loro intenzionati a nascondersi su quella Cima.
Ma non tutti rispettavano le altre persone e, in questo caso, i giovani che stavano salendo sembravano appartenere alla categoria di persone che Ayumo tendeva a detestare.
Il rumore proveniente dalle scale si fece man mano più alto e chiaro, il vociare dapprima distante e incomprensibile trovò un senso compiuto nell’esatto istante in cui il gruppetto di ragazzi si palesò sull’imboccatura delle scale.
Si girò per un istante, giusto il tempo per dare un’identità più precisa ai ragazzi, le sembrarono poco più grandi di lei e naturalmente il dettaglio che le balzò all’occhio fu la serie di bottiglie mezze vuote che stringevano tra le mani.
Quegli involucri di vetro erano la reale causa della mancanza di inibizioni che caratterizzava i quattro, motivo per cui era certa di non volerne sapere niente e considerò tra le sue opzioni il metodo migliore per trarsi d’impaccio.
Se li avesse ignorati probabilmente anche lor avrebbero fatto altrettanto, o almeno vi sperava.
Di vista apparivano spocchiosi e arroganti nel modo di porsi, le fu ben chiaro dalle poche parole che usarono per chiedere - o forse era meglio dire pretendere - una sigaretta dal Grifondoro alle sue spalle, convinti di poter fare tutto quello che volevano senza andare incontro a nessuna responsabilità o conseguenza.
Tornò a rimirare il tramonto, se qualcuno l’avesse osservata da fuori avrebbe notato un palese disgusto farsi largo sul suo viso, nel mentre continuava a sperare di rimanere praticamente invisibile in modo da potersi defilare poco più tardi senza essere coinvolta da nessun di loro.
Ma come spesso si ricordava da sola, lei non era una persona a cui la fortuna arrideva e anche in questo caso il dolce Fato si era divertito a giocare con lei: ogni tanto sperava di stagli simpatica, ma era fin troppo cosciente che la Fortuna sorrideva agli audaci e, lei, non rientrava in quella categoria.
Sempre troppo presa a ponderare le proprie scelte, perdendo molto spesso l’occasione di un attimo fugace che le avrebbe risolto una qualsivoglia situazione.
In questa circostanza avrebbe voluto con tutta sé stessa poter agire senza dover soppesare le proprie scelte, ma non poteva permetterselo c’erano troppe persone ad osservarla.
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Quando sentì la voce di quello sconosciuto Grifondoro rivolgerle la parola, un brivido di ribrezzo le scese lungo tutta la colonna vertebrale.
Probabilmente il ragazzo aveva deciso di approcciarsi a lei a causa del suo aspetto, fisico esile e pelle diafana che davano l’idea di una ragazza indifesa e che non si sarebbe ribellata a qualsiasi tipo di sopruso.
Peccato che lei tanto indifesa non era, il sangue le ribolliva sotto la pelle e le vene si fecero più gonfie quando strinse le mani nel nelle tasche, tastò in profondità alla ricerca della bacchetta che trovò quasi immediatamente.
Girò il suo sguardo sul giovane che si stagliava dietro di lei, si poteva leggere disprezzo nei suoi occhi color ghiaccio, il pentacolo nell’occhio sinistro si rifletteva negli occhi color cioccolato del Grifondoro che la osservavano da una posizione più elevata rispetto alla sua.
Nonostante questo, non vi fu alcun tentennamento e la voce le uscì sibillina, oltremodo sicura e decisa nelle intenzioni.

« Non credo ti interessi realmente saperlo, inoltre fossi in te opterei per girarmi dall’altra parte e andarmene… Si sa mai che la giovane fanciulla da voi considerata indifesa, non lo sia così tanto da voler sopportare le vostre patetiche avances. »

La presa sul legno si fece ben più salda, nella sua testa vi erano diverse possibilità per liberare il propri spazio vitale da certi personaggi, molte delle quali erano poco attuabili se voleva evitare di finire di fronte a qualche Professore per aver aggredito dei compagni.
Sperava nel senso di sopravvivenza dei ragazzi, nonostante l’alcol palesemente ingerito in precedenza.
Se così non fosse stato avrebbe agito spaventandoli un poco, facendoli fuggire giù dalle scale.
Lei, una piccola Tassorosso, cosa poteva fare? Molto più di quello che loro si aspettavano.
Il Coraggio non deve dar Diritti
per soverchiare il Debole.


Off-Topic
C'è qualche frase che non mi convince, ma dopo averle riscritte quaranta volte, le accettiamo così come sono. Tipo la prima
Giuro che mi farò meno pare XD
 
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Ho imparato a fregarmene. Quando si tratta di me, io ho poca importanza. Non partecipo alle vessazioni, né rispondo, né picchio duro. La mia invisibilità coincide con la mia indifferenza.
Ricevute le sigarette, i due ragazzi si sono dimenticati di me. E' triste ed è un sollievo allo stesso tempo. Non sono un'aitante ragazzina che possa attrarre i loro radar da maschi ribollenti di ormoni. Non sono interessante perché gli ho subito dato ciò che volevano e mi sono fatto i cazzi miei. Da quando tutto è cambiato, non sono più la mia dignità e il mio orgoglio a premere per farmi alzare la testa.
I miei occhi, però, saettano dal filtro bruciato che tengo fra le dita alla periferia del mio sguardo, non appena capto il nuovo argomento di discussione del quartetto. Uno di loro ha impostato il famoso radar sulla Tassorosso annidata alle mie spalle, e il suo tono non mi piace.
Se attualmente il senso di sopravvivenza che ho nei miei stessi confronti è quello di un opossum che si finge morto per sfuggire all'avvoltoio, quando entrano in ballo gli altri è difficile riporre un freno al mio istinto innato di guerriglia. Una spinta propulsiva mi mette ritto sulle gambe e, seppur tacendo, irrompo nella situazione in atto.
E' proprio questo il momento in cui la Tassorosso replica al Grifondoro. La spinta è partita e mi ha fatto alzare, ma all'improvviso la vista del volto adirato della ragazza para i miei intenti bloccandomi sul posto.
La osservo, e mi specchio con sorpresa nel disegno ermetico che affiora dalla sua iride. E' delicata, e forse persino debole. Una figura esile e sottile, ma affilata nell'espressione. I capelli castani piovono ai lati del volto tanto dolce quanto schiavo dei suoi tratti ingannatori. C'è un che di attrattivo nella sua immagine; ma vi è anche qualcosa di tanto crudele e appuntito nella sua risposta in grado di farmi indugiare nel mio intervento.
Il Grifondoro davanti a lei deve aver compiuto le mie stesse constatazioni, perché è rimasto di sasso. Ci impiega un po' per trovare le parole e, soprattutto, per caricare l'orgoglio dinanzi allo schiaffo appena ricevuto.
«Ferma, ferma, ragazzina...» Pone le mani avanti. Sento il suo sangue ribollire a tre metri di distanza. «Chi ti ha detto che ci sto provando con te?»
«Tsè. Assurdo quanto le ragazze se la tirino. Uno le parla e subito pensano che ci provi. Che mondo marcio» sottolinea il Serpeverde alle sue spalle.
«Puoi dirlo forte, Frank» risponde il Tassorosso accanto.
Mi è bastato un breve passo alla mia destra per scorgere il viso del mio concasato e consolidare le mie teorie sulla sua identità. E' Peter Crowden, del sesto anno. Stupido come la merda di jarvey. Non è lui che mi preoccupa, bensì il fatto che sia accompagnato e... che la ragazza sembri sul punto di intavolare altre minacce.
«Mai poi perché sei partita dal presupposto che ti consideri indifesa? Ti ha chiesto per caso di dargli i tuoi galeoni?» Si intromette anche il Corvonero, con la faccia di chi la sa lunga.
Mi urta, mi urta tutto.
«Perché Peter le si è rivolto con un atteggiamento del cazzo.»
Ho risposto, a tono. Ho replicato, ho buttato benzina sul fuoco. Non sono riuscito a stare zitto. Mi pigia la vena contro la pelle della tempia.
Non avrei dovuto. Ora ricomincia tutto da capo, ora mi getto in un'altra situazione da cui non saprò come uscire. Ora esploderò e darò in escandescenza.
Per contro, rimango immobile, poggiato contro la colonna e con le braccia incrociate. In questa posizione è più visibile a tutti la mia spilla da Caposcuola, ma a Peter non serve per rendersi conto di chi sono. Soffermo gli occhi su di lui e lo vedo far roteare a fatica gli ingranaggi nella sua testolina. Appare disperso, e in un certo senso ciò mi da piacere. Ma la mia gola non è più in grado di produrre un altro suono. Mi aggancio solo alla piega torva che hanno i miei occhi nel fissarlo e attendo qualcosa che mi dia una nuova propulsione.



Edited by ion` - 4/5/2023, 17:32
 
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Aveva sempre preferito rimanere in disparte, invisibile alla maggior parte delle persone, condendosi di indifferenza per il prossimo e così per molto tempo aveva scansato l’interesse altrui.
Purtroppo però si era dovuta confrontare con il passare del tempo, per quanto a lei non interessasse particolarmente il suo corpo era mutato, le forme si erano fatte più adulte attirando maggiormente lo sguardo degli sconosciuti.
Aveva imparato a vestirsi con più cura, per sé stessa, ma anche questo non aveva fatto altro che mettere in risalto la sua figura.
Chiunque l’avesse osservata bene avrebbe trovato una ragazza dalla pelle candida, esile e dall’aspetto di una giovane ancora inerme di fronte alle difficoltà della vita.
La voce delicata e garbata nella maggior parte delle occasioni, diveniva anche un coltello affilato quando le serviva.
Forse qualche tempo prima avrebbe preferito indossare la propria indifferenza, rinchiudersi nel proprio mutismo per affrontare quei quattro giovani.
Ora, però, era divenuta cosciente delle sue capacità e questo aveva plasmato leggermente il suo carattere, le diveniva difficile soprassedere alle ingiustizie che la vita le poneva davanti.
Vi era più spirito di iniziativa? Forse era più spirito di rivalsa, dimostrare che non era come appariva e coccolarsi di fronte alle facce inorridite di coloro che pensavano di schiacciarla.
La mano destra strinse saldamente la bacchetta, i ragazzi erano rimasti per qualche secondo interdetti dalla sua risposta; sembravano essere pesci fuori dall’acqua per qualcosa di inatteso.
Ma quello non era bastato a comprendere la situazione e ancora si rivestivano di sagacia per cercare di affrontarla, in quattro contro una.
Interdetti da lei, lei che non rientrava nei canoni della ragazzina che si sarebbe lasciata andare a quelle avanches, che forse per pura timidezza li avrebbe lasciati fare per potersi liberare velocemente dalla loro morsa.
No, lei non era più così da tempo.
Lo sguardo che li osservava leggermente da sotto le palpebre, affilato e spavaldo.
Sorrise canzonatoria alla frase del Grifondoro, si era trincerato sulla difensiva adducendo che era stata lei ad interpretare male le sue intenzioni.
Sciocco da parte sua e anche da parte del Serpeverde che era corso ai ripari a proteggere l’amico, di certo a lei non interessava “tirarsela” come credevano.
La lasciò stupefatta notare la stonatura in quel gruppetto, osservava solamente ora che tra le fila di quei beceri ignoranti vi era anche un Tassorosso; un po’ le dispiaceva notare che neanche la sua Casata fosse esente dall’avere tra le proprie fila gente tanto spiacevole, ma la perfezione non era cosa umana.
Si segnò mentalmente il nome, costatando che lo avrebbe eventualmente evitato se le fosse capitato di vederlo in Sala Comune.
Infine, si aggiunse anche il Corvonero alla discussione, giusto per concludere il quartetto di frasi senza senso.
Buona parte dei ragazzi le appariva sconosciuta, naturalmente erano un po’ più grandi di lei, ma se avessero saputo duellare nello stesso modo in cui si approcciavano alle ragazze, non le sarebbe servita grande abilità per metterli in fuga.
Seppur fosse intenzionata a mettere in chiaro le proprie intenzioni, Ayumo non ebbe tempo neanche di ribattere quando una voce si intromise nuovamente nel discorso.
Proveniva dal giovane che aveva deciso di lasciare in pace precedentemente, si sporse oltre il capannello di giovani per comprendere chi fosse.
Si rivolgeva al Grifondoro chiamandolo per nome, dettaglio che lasciava intravedere una certa familiarità con certi soggetti, ma in questo caso si allontanava dalla comunella messa in scena per sbeffeggiarla andando velatamente a difenderla.
Si sentì quasi lusingata per tale gesto, in pochi lo avrebbero fatto, in molti invece si sarebbero affidati all’omertà pur di non confrontarsi con eventuali ripercussioni.
Ne scorse il volto, gli occhi verdi che osservavano quasi torvi le figure dei suoi “aguzzini”.
La posa stretta, in segno di chi non voleva avere un dialogo, le braccia intrecciate e chiuse sul petto ed era proprio lì che brillava alla luce del sole la spilla da Caposcuola.
Fu in quel momento che Ayumo collegò un paio di puntini, vi era un motivo per cui la figura del giovane non le era sembrata totalmente sconosciuta ed ora ne comprendeva pienamente il motivo.
Lui era il Caposcuola dei Grifondoro, si sforzò mentalmente per ricordarsi il nome o anche solo il cognome e in un lampo le apparve chiaro.
Bell, il cognome era Bell.

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« Beh, come asserisce il tuo Caposcuola, diciamo che la frase da te utilizzata nonché il tuo atteggiamento erano poco fraintendibili.
Sia ben chiaro, che non vi è alcun interesse nella mia persona di atteggiarmi o altro, semplicemente non vorrei essere disturbata per tali inezie.
Se non vi fosse tale intenzione, non ti saresti rivolto a me con carina, che reputo diciamo piuttosto inappropriato in questa situazione.
Ma, ehi, io non sono nessuno per insegnarvi eventualmente come si approccia una ragazza; a parte esserlo. »


Un ennesimo sguardo dal basso verso l’alto partì dalla Tassorosso verso ognuno di loro, i ragazzi erano naturalmente più alti di lei e in qualche modo cercavano di sovrastarla.
Prese un respiro per rispondere al giovane che le aveva chiesto come mai dovevano averla considerata indifesa.

« Per quanto riguarda la questione indifesa, sono qua da sola e voi siete in quattro che stata cercando una scusa plausibile per non ammettere di aver sbagliato.
Troppo orgogliosi per riconoscere che una ragazzina vi abbia snobbato, quindi infine avete deciso di agire in branco coscienti che da soli non sareste in grado di ricavarne un ragno da un buco.
Nel momento in cui ho rifiutato il vostro amico siete subito accorsi da lui a difenderlo, mi fate ridere e se non fosse per la presenza del Caposcuola vi avrei già allontanato con la mia bacchetta.
Mi dispiace aver leso la vostra sicurezza semplicemente rifiutando uno di voi, però vi dico un segreto…»


Ayumo lasciò una pausa di sospensione, utile solamente a far arrovellare i quattro giovani attorno a lei, tutti corrucciati per le parole affilate che ha deciso di rivolgergli.
Se vi fosse stata l'opportunità sicuramente avrebbero agito per fargli pagare un tale affronto, ma era cosciente che nelo stato in cui si trovavano e con la presenza di un Caposcuola non si sarebbero mai azzardati a tirare fuori le proprie bacchette e se così non fosse stato non avrebbe acuto alcun proble,a a difendersi.

« Se continuate così non sarà solo quella ad essere ferita. »

La sua voce si fece più bassa e divertita, era evidente che fosse provocatoria in quel momento, ma le sue erano velate minacce e nel qual caso il Caposcuola non avrebbe potuto in alcun modo agire verso di lei; non era stata sua intenzione iniziare quell’alterco semplicemente aveva – in maniera fin troppo chiara – chiesto al Grifondoro di lasciarla in pace e non tediarla con le sue inutili frasi.
Ayumo controllò nuovamente la figura del Caposcuola Bell, intenta a carpire eventuali intenzioni nei suoi confronti, sapeva di aver osato superare una linea di demarcazione che lei stessa si era auto-imposta.
Però non era riuscita a sopportare una tale prevaricazione, le apparivano semplicemente come una balbettante bambocciona banda di babbuini.
La Giustizia è uguale per tutti.
Non è colpa nostra se non Tutti sono Uguali.
 
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Galvanizzato. Così mi definisco.
Come il resto presenti, pendo dalle labbra della Tassorosso. Incredulo, sollevo le sopracciglia di un millimetro ogni volta che lei rincara la dose nel suo discorso. I quattro probabilmente non si aspettavano di incappare in una lingua tanto affilata, e rimangono basiti al mio fianco, senza osare parlarle sopra.
Non appena il silenzio viene sancito dal punto alla sua ultima frase, un lieve e trattenuto sbuffo di risa esce dalla mia bocca.
La Tassorosso è stata incredibilmente diretta e analitica nel mostrare ai quattro quanto fossero idioti. Ha messo in tavola ogni minuscolo pensiero che qualsiasi persona sana di mente avrebbe prodotto. Solo aggiungendo un po' di sale qua e là, dell'olio per farli scivolare sui loro stessi sederi e tanto, tanto pepe.
Peter si volta verso di me, rosso in viso. Penso che la mia risata sia stata il colpo di grazia.
«Ma chi ti credi di essere?» Avanza ancora verso la ragazza. E' evidente che non sappia cosa dire.
Il sorriso scompare dal mio volto non appena colgo i suoi passi verso la Tassorosso. Se ti manca il cervello, l'unica cosa che puoi fare per ribattere è intimidire fisicamente.
Forse un po' di cervello manca pure a me. Per questo mi getto fulmineo fra lui e lei e lo fronteggio.
«Calma, Peter. Adesso basta. Non peggiorare la situazione.»
«E tu che vuoi? Non hai sentito come mi ha insultato?» Si avvicina ancor più a me. Sento la puzza del suo alito. Alzo le mani. L'adrenalina mi spinge all'azione, ma qualcosa mi trattiene dal fare le solite cazzate.
«Ah, ah. Te la sei cercata. Non mi va di togliere punti ai miei concasati. Avanti, fila. Fatti una passeggiata altrove.»

Cosa sarebbe potuto accadere se le mani dei suoi amici non lo avessero spinto indietro? Il Serpeverde e il Corvonero lo hanno tirato dalle spalle, mentre Peter sembrava pronto ad esplodere in un potente grugnito. Posso comprenderlo, anche io sono allergico alla parola "calmati". Ma l'orgoglio di alcuni boccinidotati è sempre peggiore di quello di chiunque altro.
«Andiamo, Peet. Non ne vale la pena. Ci sono ragazze meno petulanti al mondo.»
Roteo gli occhi alla frase del Corvonero. L'ultima parola, che incredibile bottino.
«E ragazze che non hanno la bacchetta tra le gambe.»

«Che cos'hai detto?»
Mi sono gelato. La mia voce ha risuonato tremante sul balcone quando ormai i quattro ci avevano svoltato le spalle.
I ragazzi si fermano. Il Serpeverde si gira e mi fissa beffardo. Gli occhi gli brillano. Apre la bocca e ripete la frase più lentamente.
«Ho detto che esistono anche ragazze che non hanno la bacchetta tra le gambe.»

 
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Li vide bloccarsi davanti a lei, attoniti di fronte al suo soliloquio; semplicemente impossibilitati nel risponderle.
Anche il Caposcuola era rimasto attonito in silenzio ad ascoltarla snocciolare tutti i punti uno dopo l’altro e ad ogni parola Ayumo non faceva altro che osservare i volti diventare sempre più paonazzi di rabbia a causa della figuraccia davanti a cui li aveva messi.
Si sentì galvanizzata e soddisfatta quando avvertì la risata levarsi dal giovane Bell, un ultimo accento in accordo con quello che aveva appena detto che le diede ancora più sicurezza in sé stessa.
Qualche mese prima avrebbe evitato una scenata del genere, di attirare le ire di qualcun altro su di sé, intimidita dal mondo che la circondava.
Quel mondo però non si era mai dimostrato clemente nei suoi confronti e non le aveva perdonato nessuna mossa, quindi perché lei doveva continuare a starsene ferma e carina; lei aveva il potere per farsi rivalere su gli altri ed ora comprendeva che era stato sciocco da parte sua subire in silenzio, attendere che una persona qualsiasi cambiasse.
Ora era lei che spingeva verso quel cambiamento, mostrando alle altre persone una verità che lei scorgeva limpida e chiara.

« Ayumo Vanille, studentessa della nobile casata di Tosca Tassorosso.
Ecco chi mi credo di essere, come detto prima fossi in te starei attento a minacciare. »


Non fece in tempo a sfoderare la bacchetta che si trovò il Caposcuola frapporsi fra lei e Peter, Ayumo era certa che se non vi fosse stato quell’intervento avrebbe puntato la propria bacchetta direttamente alla giugulare del Grifondoro, pronta a lanciare un qualsiasi incantesimo pur di allontanarlo dalla sua figura.
L’atteggiamento era visibilmente sprezzante in lei, pronta a raccogliere qualsiasi sfida i giovani fossero pronti a lanciarle.
Osservò la risoluzione tra i due concasati, facendo poi spuntare fuori la testa dal corpo del Caposcuola mentre i quattro si allontanavano così come erano arrivati, lo sciacquio di quel poco di bevande alcoliche che era rimasto nelle bottiglie interrotto solamente da due frasi inutili e inappropriate esattamente come quelle precedenti.
Rifletté sull’aggettivo che le avevano dato, petulante… Constatò che era inadatta pure quella come definizione, potevano dirle che era stata arrogante, ma di certo in quella situazioni il petulante era stato quel caro Peter.
Decise di soprassedere perché era inutile portare avanti quella discussione, ne era uscita vincitrice e quello le bastava per ora.
Fu la frase rivolta al ragazzo che le apparve strana, ma decise di far finta di nulla, sdrammatizzare la situazione perché il Caposcuola sembrava essere rimasto turbato invece da ciò che il Serpeverde aveva sputato.

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« Comunque è un piacere conoscerti, avevo deciso di non disturbarti in quello che sembrava un tuo momento di relax.
Eppure, quei quattro hanno ben pensato di animare la situazione… Mi dispiace se sono risultata spocchiosa, solitamente non sono così. »


Un momento di pausa, si rese conto che era un attimo in imbarazzo nell’allacciare quella conversazione.
Forse aveva straparlato, eppure non si era scusata in alcun modo di averlo messo in mezzo a quella situazione spiacevole.
Era stata decisa fino ad un momento prima, ora invece sopraggiungeva la titubanza che prendeva il sopravvento quando doveva presentarsi a qualcuno cercando di creare un rapporto e non di respingerlo.
Uscirono ancora altre parole per riempire nuovamente quel silenzio.

« Comunque mi dispiace che tu sia finito in mezzo a questa situazione. »
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Mi sento umiliato. Lo sono sin nel profondo, sin nelle ossa. Tanto umiliato da non riuscire nemmeno a balbettare. Continuo a fissare il Serpeverde andarsene mentre i miei occhi sfarfallano, accusando una debolezza crescente. La rabbia è in fomento, ma l'umiliazione la ghiaccia e le mie forze implodono. Ad un tratto non mi trovo più sulla terrazza in cima alla Torre di Astronomia, bensì in una stanza della mente dove i pensieri tacciono perché altrimenti tutto rischia di esplodere.
Le orecchie fischiano, come se l'esplosione fosse già avvenuta.
«[...] Mi dispiace se sono risultata spocchiosa, solitamente non sono così.»
Le do ancora le spalle quando Ayumo, così si chiama la ragazza, si rivolge a me. Mi volto di scatto, stralunato e ingoiando aria alla pari di uno spavento. I miei occhi sfiorano i suoi solo per un breve istante, senza vedere il pentacolo, e poi li rifuggono. La sua presenza in questo frangente rende il tutto ancor più urticante. Il fatto che il Serpeverde abbia ripetuto la frase più di una volta e scandendo per bene le sillabe mi permette di credere che abbia sentito (e realizzato) tutto.
«Dispiace a me. Mi dispiace che-» indugio «che una persona non possa starsene da sola e tranquilla senza rischiare incursioni moleste.»
Stavo per dire "una ragazza", ma poi, ripensando a quelle parole, non sarebbe stata un'affermazione semanticamente corretta.
Non so onestamente cosa dire. Vorrei essere in un altro posto. Non riesco a vedere altro se non l'immagine evocata dall'insulto e provare sdegno per me stesso e vergogna per l'idea che gli altri si sono creati di me. Che pure lei potrebbe avere di me. E amici, conoscenti, sconosciuti che mi additano quando mi passano vicino.
«Comunque mi dispiace che tu sia finito in mezzo a questa situazione.»
La guardo, di nuovo, nutrendo sospetto ma colpito. Una parte di me si aspetta che Ayumo si distanzi da me e che, semplicemente perché siamo solo io e lei, non commenti la cosa. Chissà come si comporterebbe se fosse col suo gruppo di amici. Che poi, l'ho mai vista in giro? Non mi pare, è nuova o si è sempre nascosta dagli sguardi altrui?
«E' un classico, no?» dico con un sorriso amaro. «Fare i forti col più debole e con la minoranza.» La butto lì. Tanto ormai sa, e derido me stesso perché credo ancora di poter nascondere la cosa a tutti nonostante l'evidenza. Sebbene parli con poche persone, mi riferisco a me stesso sempre al maschile; sebbene ormai sia normale per tutti, mi agghindo solo in un certo modo.
«Con i timidi, con le ragazze» mi fermo «e con quelli come me.» La squadro, pronto a captare ogni micromovimento del suo volto nell'atto probabile di disprezzarmi. Tanto, ormai, non mi stupirebbe più l'essere deriso e criticato per il mio essere.
«Comunque penso che sia stata una fortuna che ci abbiano trovati insieme.» E' triste da dire, lo so. Eppure è una possibilità altamente credibile su più fronti.

 
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Non aveva avuto modo di mostrare quella parte di sé, ma Ayumo tendeva ad essere una persona molto empatica nei confronti degli altri e le fu subito chiaro che vi fosse qualcosa che non andava nel Caposcuola.
Rifletté attentamente sulle ultime parole udite prima delle sue frasi, il Serpeverde che urlava una frase a cui non diede importanza, semplicemente perché non era riferita a lei, eppure un qualcosa di così semplice aveva scosso il suo compagno di avventura nel profondo.
Vi si fermò sopra un po’, ne comprendeva il senso eppure alla Tassorosso quello che la frase nascondeva non dava né ribrezzo né fastidio.
Ognuno era libero in un modo o nell’altro e di fondo quello era l’ennesimo tentativo, esasperato, di una persona piccola che non sapeva fronteggiare gli altri in maniera onesta, andare a parare sulle insicurezze altrui.
In questo caso per quanto stesse cercando di nasconderlo, il giovane aveva subito decisamente il colpo.
Vi fu uno sguardo sfuggevole da parte dell’altro e lei semplicemente accettò quel fatto, aveva bisogno di un momento tutto suo.
Ascoltò le parole, ne soppesò il significato e ci mise un po’ prima di rispondere, lasciando tempo e spazio in quella conversazione in modo da rispettare l’altra parte.

« Vi è un problema di fondo che noi sicuramente non possiamo risolvere, l’unica soluzione che ci rimane è non subire silenziosamente e farci carico della questione anche per gli altri.
Di fondo dovresti essere fiero del gesto che hai fatto, ti sei frapposto tra me e loro in mia difesa; molte persone avrebbe reagito omertosamente standosene dall’altra parte della Torre negando che vi fosse un problema. »


Voleva cercare di rassicurarlo, di farlo sentire dalla parte giusta per quello che aveva fatto prima di passare ad eventuali discorsi più pesanti e profondi.
Inspirò profondamente dal naso e poi lasciò defluire quasi totalmente l’aria prima di riprendere la parola e sdrammatizzare un poco quella situazione prima di appesantirla ulteriormente.

« Inoltre ti dovrebbero essere grati, la tua presenza ha evitato loro di incorrere nelle mie ire e per quanto io sembri una giovane dall’aria fragile, ho molti più assi della manica di quanto qualsiasi persona possa immaginare.
Immaginateli che si capottavano giù per le scale, mi sarei fatta una grassa risata a vederli rotolare. »


Un sorrisetto canzonatorio e una piccola risata scapparono dalla sua bocca, certamente sarebbe stato cattivo da parte sua; eppure, non poteva fare a meno di apprezzare quell’ipotetica scena nella sua mente e di riderne involontariamente.
Ti carezzi la chioma, lasci scendere la mano lungo la spalla e ti carezzi il petto poco sotto il collo.

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« Le gente povera spiritualmente conosce soltanto la violenza, adesso siamo stati io e te, fino a qualche anno fa erano i mezzosangue ad essere il loro bersaglio.
Non sono in grado di elevarsi se non in questo modo, ma dovresti comprendere il tipo di persona ed imparare a soppesare quello che ti viene detto.
Non sentirti ferito per un insulto da parte loro, non vedono al di là del loro naso.
Io sono sarò additata come frigida e spocchiosa e alla fine qualsiasi cosa avessi fatto non sarebbe andata bene per loro.
Non rientriamo nei loro canoni, siine felice.
Devi rientrare solamente nei tuoi, devi sentirti a disagio se non riesci ad apprezzarti, non se una banda di quattro coglioni non ti apprezzano. »


Il discorso esce tutto di un fiato, ogni parola è pesante quando viene pronunciata.
Il tono si è fatto più profondo così come il tuo sguardo rivolto al tramonto stupendo che sta continuando.
Tu che per anni hai inseguito gli ideali degli altri, che tuttora cerchi l’approvazione di qualcuno che non apprezzerò mai nient’altro se non la violenza; conosci fin troppo bene la sensazione di inadeguatezza che percepisci nelle parole del Caposcuola.
Vi sarebbe troppo da raccontare, preferisci non indugiare troppo su quelle sensazione e vai avanti.
Sì, è stata una fortuna che vi abbiano trovati assieme, ma sei convinta che questa sia stata per loro e non per te.
La pelle candida nasconde uno spirito nero che in certi casi è in grado di immaginare e mettere in atto situazioni orribili.

« Ogni tanto il Fato è clemente, in questo caso non saprei dirti se con noi o con loro. »
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view post Posted on 11/9/2023, 16:26
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Guardo Ayumo da sotto le sopracciglia appiattite, in un'espressione che lascia trapelare un distacco titubante. La regola nella mia esistenza è quella di lasciar scontrare gli altri contro il mio muro apparente, quando prendono la carica nel tentativo di coinvolgermi. È una fine struttura la mia, un'armatura ben lucidata, battuta a ferro caldo dalle esperienze, che dà alla mia presenza un'aura di insofferenza. Ci ho messo un po' a dire addio alla bambina dalla lingua lunga e tanto espansiva al punto da farsi spesso tanto male. Adesso sono un gargoyle, e mi affaccio dalla mia cattedrale, granitico, minaccioso ed intransigente nei confronti di chiunque provi a varcare la soglia. È stato un lungo percorso, verso un ideale di perfezione difensiva che fatico a biasimare.
Quando cado in questi momenti, di fronte a persone che mi donano empatia, mi sembra di esser vittima di un terremoto. In maniera del tutto fastidiosa questo granito si sgretola, e fatico a reggermi in piedi sul cornicione aggettante su cui mi ero appollaiato.
In realtà dentro di me sento un forte desiderio di inglobare gli altri nella mia vita. Di gioire con loro, di raccontare e di ascoltare, di esprimere affetto. Ma in un modo o in un altro so che gli altri mi deluderanno e mi estrometteranno dalla loro vita; c'è una voce che lo ripete incessante.
Sto in silenzio ad ascoltare Ayumo. Non ho altra difesa in questo momento se non quella di non dire nulla. Ha molto da esternare, ed io cerco di seguirla per capire esattamente dove voglia arrivare.
Abbozzo un sorriso. Mi sciolgo di fronte alla sua affermazione sul mio gesto. La vanità è una porta priva di chiavistello che si affaccia sulle mie debolezze. Stringo braccia e spalle al corpo, irrigidendomi e ammonendomi per essermi momentaneamente aggrappato al complimento.
Poi raggelo. Ayumo va avanti, e di fronte alla sua apertura —di carattere e di mente— mi sento nudo. È come se qualcuno avesse fatto un Verto Lucidus al mio muro e mi avesse letto dentro.
Devi sentirti a disagio se non riesci ad apprezzarti.
Cazzo. Quanto ci hai preso.
La fisso negli occhi, stavolta. Il pentacolo danza sotto il riflesso delle mie iridi sulle sue. Non posso ignorare la mia curiosità al riguardo —il mondo magico è un'eterna scoperta, specie in questi dettagli all'apparenza effimeri— ma evito di pronunziarla. Nonostante questa stranezza, mentre si liscia i capelli, convengo che sia una ragazza come tante. Una persona come tante. E, come me, merita il suo rispetto.
E' stata tanto precisa da far male, però. Comprendo che con questo suo discorso abbia l'intenzione di rimettermi a mio agio e di farmi sentire accettato. Effettivamente è la prima persona qui ad Hogwarts che tenta di approfondire il discorso con me. Nessuno l'ha mai fatto —a nessuno ho mai permesso di farlo, nonostante l'evidenza. Sul momento non so come risponderle, e anzi torno ad avere il mio solito sguardo duro. Ingoio l'orgoglio, mi sforzo di farlo perché sto cercando di imparare a discernere a mio modo giusto e sbagliato, di usare la razionalità per giudicare e l'emozione per qualcosa di più costruttivo rispetto alla solita rissa. E' tremendamente difficile.
«Ti ringrazio» dico. Abbozzo un sorriso. «Sono felice che ci sia qualcuno al castello che la pensa come me.» Avevo detto che ingoiavo l'orgoglio?
Alzo un sopracciglio e mi faccio più serio; un serio ironico che vuole alleggerire il discorso.
«Avevo intuito che non eri tanto deboluccia quanto il tuo aspetto può lasciar credere. Ammetto che qualche tempo fa non avrei sopportato in silenzio, come dici. Penso che avrei cercato di fargli esplodere la faccia.» *per poi andare a piangere in un armadio per i sensi di colpa* penso mentre un ghigno amaro si disegna sul mio volto. «Sto cercando di accettare il fatto che la violenza non sia la soluzione.» Soffermandomi ancora su di lei, mi rendo conto di non aver poi tanto mascherato la mia indole indagatrice. Se non è il pentacolo il vero focus dell'attenzione, lo è la sua affermazione in merito alla fine che avrebbe potuto far fare a quei ragazzi. Ragiono su tutta la rabbia che ho provato io e su quella che abbia potuto provare lei. Non posso biasimarla. Sono io ad aver rinunziato ad ogni possibilità di scontro al punto da piegarmi. Eppure, penso, ha estratto la bacchetta così in fretta...
«Spero che non ti ricapiti più. Non vorrei dover coprire le tracce di un omicidio.» Ammicco.

 
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Ci volle un po’ prima che potesse rendersi conto che le sue parole avevano sortito un qualche effetto sull’altro.
Quando aveva deciso di parlare, aveva sperato di riuscire a confortare un minimo il giovane, ma d’altra parte sapeva di essere un nessuno entrato in quella storia per caso; era stata la protagonista di una disavventura che aveva coinvolto anche il giovane Caposcuola e proprio per questo motivo si era sentita in dovere di far qualcosa di fronte al fastidio e ai problemi che inevitabilmente gli aveva arrecato.
La maggior parte del tempo era una ragazza ordinaria che aveva imparato a rifuggire dai riflettori e a farsi trasparente pur di evitare sguardi fastidiosi.
Era un’eccezionalità che qualcuno la notasse e ancor di più che qualcuno decidesse di parlarle nonostante il suo isolarsi, eppure in quel tramonto successe l’impensabile.
Non solo qualcuno aveva avuto l’ardire di parlarle, ma era anche stato qualcuno di estremamente sgradevole che le aveva ricordato qual era il motivo principale per cui considerava la maggior parte dei contatti sociali sgradevoli, perché le persone stesse tendevano ad esserlo.
Nonostante tutto, però, vi era stato un risvolto inaspettatamente positivo, aveva avuto modo di parlare con il Caposcuola Grifondoro.,
Trasse la conclusione che quello doveva essere un’esemplificazione del concetto di karma, un contrappasso di fronte ad eventi negativi che portava a qualcosa di positivo.
L’osservò attentamente, i capelli biondi che sovrastavano due occhi verdi estremamente profondi e criptici, che riuscivano a non far trapelare quasi per nulla le emozioni del ragazzo.
Un fisico asciutto e in certi casi spigoloso che in altezza la sovrastava, la differenza si faceva ancor più evidente ora che erano fianco a fianco.
Vi fu uno scambio di sguardi ed Ayumo fu sicura che l’altro avesse visto che cosa l’iride sinistra nascondeva alla maggior parte delle persone.
Non era qualcosa di cui si vergognava, ma – d’altra parte – non era abituata al fatto che qualcuno potesse scorgerla così facilmente.
Lasciò scivolare la mano che si era incastra nei capelli ed assunse una posizione involontariamente più chiusa, ora le due braccia si stringevano attorno al costato appena poco sotto il seno.
Una piccola chiusura innocua, una forma di protezione fortuita di fronte a quella sensazione di apertura a cui non era abituata.

« Non c’è di che! Spero inoltre che vi sia più di qualcuno che la pensi come noi, se no le sorti di questo castello sono ben peggiori di quanto mai avrei immaginato.
O forse sono proprio queste situazioni, queste persone, che mi hanno spinto ad essere invisibile alla maggior parte degli abitanti di Hogwarts. »


Fece anche lei un piccolo sorrisetto di fronte a quella frase che nascondeva una grande verità.
Se ci fosse stata l’occasione avrebbe approfondito in discorso, ma non voleva farsi lei protagonista; dato che in molti casi era più brava ad ascoltare che a parlare.

« Molto spesso le persone dimenticano che il potenziale magico non risiede in un corpo particolarmente scolpito.
Nonostante questo condivido l’idea che un Corpo Forte aiuti nell’avere una Mente Forte e un’Anima Forte.
Di certo non è il mio caso, sono tonica quanto una pera raggrinzita.
Mi sarei limitata alla legittima difesa, sia ben chiaro che non amo usare la violenza come metodo alcuno, nonostante questo, è inevitabile che in certi casi rimanga l’unica opzione o soluzione possibile da percorrere. »


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La Tassorosso scoppiò a ridere sommessamente al pensiero della pera raggrinzita sul tavolo di casa, abbandonata lì.
Quando sentì l’ultima frase pronunciata del Grifondoro un brivido la percorse lungo la schiena.
Lui stava semplicemente scherzando, eppure a lei quell’eventualità non sembrava così assurda e lontana.
Lasciò morire lentamente la propria risata per andare a rispondergli ammiccando anche lei.

« Non credo di essere così pericolosa.
Ho solo imparato a mie spese a dovermi difendere, purtroppo…
Comunque sia, cerchiamo di lasciarci questi infausti eventi alle spalle.
Sono aperta a qualsiasi domande… Credo, quindi direi di dirigere la conversazione su argomenti più piacevoli e meno horror! Chiedi pure. »


Era giunto il momento di cambiare registro, sapeva che una tale disponibilità avrebbe suscitato in altri una curiosità troppo profonda per non cogliere al volo l’occasione di indagare meglio sulla sua vita.
Per lei era un modo per allontanarsi da argomenti che non era ancora in grado di gestire e svagarsi un po’ la mente dai dubbi e le angosce che la tormentavano.
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Riprendersi non è semplice. Né dallo scontro appena avvenuto, né da mesi e mesi di schivate di rapporti umani.
Non sono più abituato a stare con gli altri. O meglio, non sono più abituato a palesarmi nella loro vita. E' una fuga perpetua, un silenzio forzato, salvifico, che mi permette di non scontrarmi con niente e nessuno, di vivere una vita serena. Osservo, ma solo per poco; poi abbasso gli occhi e torno alla mia vita, a rodermi il fegato perché questo blocco parziale diviene totale sempre più velocemente, e scorgo pericoli in ogni dove.
Persino in classe. Non riesco più a parlare nemmeno quando ho qualcosa da dire, quando ho una risposta pronta, consapevole che rischiando di aprir bocca le emozioni possono sgorgare come un fiume in piena che devasta gli argini. Sento che con gli sguardi di tutti addosso e le loro orecchie tese verso la mia voce potrei finir per piangere, e urlare discorsi sconnessi che peggiorerebbero solo la mia situazione.
Ecco perché ritrovarmi a parlare con Ayumo adesso, invece che correre e andare a sbattere sedie e tavoli per terra nella mia camera, è estremamente difficile.
E' assai loquace lei, benché all'aspetto risulti timida e solitaria. Mi stupisce la sua ripresa così veloce dopo lo scontro, mi stupisce questa frenetica ricerca di contatto. Perché lo fa? Perché si sente in colpa? Perché ha paura del silenzio? Perché vuole tirarmi su di morale?
Per me? Mi sembra assurdo. Perché mai dovrebbe fare questo per me? Prova pietà, forse. Mi commisera, per quello che sono. Voglio mo-
Calmati. Sbarra i pensieri intrusivi.
Mi focalizzo sui suoi occhi. Non voglio metterla a disagio, ma ho bisogno di un focus esterno per uscire da me.
Lo sforzo per ascoltarla è immane. Dice di essere stata spinta a diventare invisibile da questo tipo di situazioni. E' stata molestata altre volte? Traggo deduzioni, cerco di concentrarmi su ogni singola parola. Da fuori probabilmente appaio il solito imbronciato che fissa gli altri con sguardo torvo, come se disapprovasse ogni cosa che gli vien detta. In realtà, quando dopo un ventina di secondi finalmente afferro il significato di quel che ha detto, sputo fuori un minimo di partecipazione al colloquio.
«Ti capisco.»
Ed è vero, perché svaligerei banche e gioiellerie se ci fosse qualcuno che mi vendesse una pozione in grado di rendermi permanentemente invisibile e di far dimenticare il mio nome e la mia stessa esistenza a tutti coloro che mi hanno incontrato. Almeno così, mi dico, alleggerirei il peso della loro esistenza.
«Sia ben chiaro che non amo usare la violenza come metodo alcuno, nonostante questo, è inevitabile che in certi casi rimanga l’unica opzione o soluzione possibile da percorrere.»
Non rispondo. Continua a fissarla, con una pressione all'altezza dello sterno che mi chiede in mille lingue di controbattere. Eppure, da una parte il profondo desiderio di silenzio perenne, dall'altra la fede sempre più fioca nell'ideale opposto a quello da lei appena espresso, alla fine io taccio. E, al di là di ogni controllo su me stesso, volgo lo sguardo verso la balaustra, nel vuoto, riprendendo a pensare forsennatamente.
Non c'era scampo, non avevo scelta se non la violenza.
Tale pensiero mi annichilisce, mi fa sentire impotente verso la spietatezza di un mondo che sento mi abbia tradito. Che ci tradisce tutti, persino sulla pedana di un duello. Preferisco schiaffeggiarmi mentalmente e dirmi che non è vero, piuttosto che considerarlo la realtà dei fatti.
«Sono aperta a qualsiasi domande… Credo, quindi direi di dirigere la conversazione su argomenti più piacevoli e meno horror! Chiedi pure.»
Cosa? Non ho capito. Devo farle delle domande? Toccare argomenti più piacevoli? Perché?
Perché adesso, che sembra tutto finito, semplicemente non torniamo nei nostri dormitori e ci facciamo i cazzi nostri? Perché dovrei voler farti delle domande per conoscerti meglio?
Rimango di sasso, senza esprimer niente, guardandola stavolta per intero e non fisso nel pentacolo.
Arrossisco lievemente nel momento in cui comincio a realizzare la possibilità di un vero interesse nei miei confronti, e col respiro apro le spalle tese ergendomi in tutta la mia altezza.
«Sì? Ah.» Temporeggio, con la bocca secca e i neuroni che schizzano come bolidi impazziti nel mio cervello mentre vengo assaltato dagli ormoni. Incrocio le braccia dandomi un'aria spavalda, e mi volto tirando su col naso. Gli occhi vagano in cerca di una domanda.
In questo strano picco che non so come definire, vengo sballottolato di qua e di là, dal voler apparire interessante al voler totalmente non apparire proprio un per un bel niente, manco una patina traslucida nell'aria come un fantasma. Poi realizzo, in un momento di incredulità puramente razionale, collegando l'ultima richiesta ai discorsi di Ayumo: anche lei vuole essere invisibile, anche lei è sola.
Forse un'amica, in realtà, non guasterebbe. Forse è un'occasione per tornare un po' a vagare nel mondo senza far finta di non farvi parte. E, quasi, nel suo esser piccola e così coraggiosa nel rompere i suoi gusci, mi fa una profonda tenerezza. Vorrei anche io essere così.
«Non ti ho mai vista in giro. In classe. A quidditch. Cosa fai durante la giornata? Cerchi i tramonti? Anche la mattina?»
Ho cambiato argomento del tutto. Nonostante questo dentro di me premono tanti discorsi. E sono sicuro —temo— che un giorno esploderanno, conflagrando il mio interno.

 
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view post Posted on 7/10/2023, 17:03
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Ayumo Vanille
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Le parole fluiscono una dopo l’altra ed è assurdamente strano per lei.
Sembra che i mesi di silenzi, i mesi di parole interiori non abbiano fatto altro che farle accumulare tutti quei pensieri.
Non parla da tempo sinceramente con qualcuno, nella realtà non si approccia con qualcuno da così tanto tempo che probabilmente per i più è una figura totalmente sconosciuta.
Perché ora? Perché non riesce a fermarsi? Perché tutta quella strafottenza di fronte agli altri? O quella sicurezza che certamente ha sempre avuto, ma che in molti casi ha ingoiato per non spaventare il prossimo.
Allora perché in questo caso è uscito tutto fuori? Certo la situazione prevedeva una certa presa di potere da parte sua, se non voleva soccombere alle molestie.
Era sicura però che non avrebbe reagito così precedentemente, avrebbe incassato ignorandoli e poi si sarebbe rintanata nella sua camera semplicemente, abbozzando anche quella sconfitta.
Si era resa conto di star ricercando un contatto nel Caposcuola, un punto di incontro da cui partire per chiacchierare e rifuggire dai propri pensieri.
Il suo interlocutore appariva chiuso in sé, difficile da scrutare e da comprendere.
La Tassorosso d’altra parte ne era affascinata, quelle poche parole avevano lasciato intravedere qualcosa che l’aveva attratta come una fiamma faceva con una falena.
Ancor di più erano stati gli atteggiamenti, quel modo non verbale di parlare che per lei era più semplice da leggere delle parole stesse; era sicura di aver letto da qualche parte che le parole erano solo una minima parte della loro comunicazione, i gesti e la tonalità della voce indicavano ben più di quello che erano in grado di fare monologhi interi.
Un semplice «Ti capisco» che era in grado di celare una complessità di stati d’anima difficili da spiegare.
Cosa poteva indurre due giovani a ricercare una sorta di invisibilità era difficile da comprendere, probabilmente le situazioni erano state diverse e le persone prese in causa sicuramente non erano le stesse; ma la destinazione finale era diventata la medesima.
La voglia smodata di sfuggire alle attenzioni altrui, lei sapeva le sue di ragioni.
Non voleva essere giudicata come la sorella di colui che era stato trovato morto di fronte ad Hogwarts, quella stramba con un pentacolo nell’occhio, la poverina da compatire.
Oltre al giudizio altrui, da cui era fottutamente ossessionata, vi era la paura costante di avere qualche crisi di fronte agli altri, perché il lutto era già un avvenimento devastante se preso in un contesto singolo, ma quando sapevi di esserne la causa era impossibile non farsi schiacciare dal senso di colpa.
Ayumo era semplicemente annegata.
Ora aveva deciso di riprendere la vita di tutti i giorni, l’ultimo viaggio in Irlanda era stato un nuovo punto d’inizio.
Non che non avesse voglia di rintanarsi nuovamente, anzi certe situazione come quella vissuta poco d’anzi erano l’esemplificazione perfetta di ciò che la spingeva a chiudersi in sé stessa.
Quel percorso che aveva deciso di affrontare richiedeva fatica, richiedeva uno sforzo immenso per non ricadere nelle solite abitudine, in quelle certezze tanto comode che però, ora, notava l’avevano tagliata fuori dal mondo.
bCj8RE2
Vide il compagno farsi più dritto, come se si fosse reso conto solamente in quel momento di possedere un corpo.
Seppur di pochi centimetri il divario di altezze aumentò, facendo sentire la Tassorosso ancor più piccola.

« Direi più che cerco le notti anche quando non ci sono.
La Sala Comune, e prima di essa la casa dei miei in Irlanda, è stata un ottimo rifugio dove poter svolgere i miei compiti senza dover interagire con nessuno.
Diciamo che ci sono stati eventi sconvolgenti da giustificare la mia assenza. »


Un piccolo respiro, tempo per affrontare il ricordo.
L’attesa le sembrò eterna, ma non voleva lasciare il discorso a metà.
Non voleva fermarsi per l’ennesima volta.

« Comunque, mi manca parecchio il Quidditch.
Non che fossi chissà quale asso nella manica, però non me la cavavo male come Battitrice e in un certo senso mi dava modo di sfogare tutta la frustrazione che il mondo mi portava inevitabilmente a coltivare.
Un modo per reindirizzare certe emozioni, in maniera forse “salutare” direbbero alcuni.
Tu, invece? Cerchi tramonti o stelle? »


La Tassorosso era sinceramente curiosa di scoprire che cosa il Caposcuola andava cercando, per ognuno di loro i significati erano diversi.
Lei non si era fermata a spiegare i suoi e non si aspettava che neanche l’altro lo facesse, però era un primo scorcio da cui affacciarsi per indagare sul Grifondoro.
È il tuo Dono vedere la Bellezza e l’Orrore delle cose di tutti i giorni.
Non sei Pazza per questo… soltanto Diversa.
 
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view post Posted on 10/10/2023, 13:28
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Too many thoughts
Autocommiserazione, rammarico, odio, vittimismo. Questi i lati che sovente si aggrappano a me come parassiti non appena ricerco solitudine e silenzio. Con denti aguzzi scavano dentro le barriere, e spacciandosi per alleati, invece, mi divorano dall'interno.
Quanto di ciò sa Ayumo? Quanto conosce della via della solitudine e dei demoni che la abitano?

[...]

«Diciamo che ci sono stati eventi sconvolgenti da giustificare la mia assenza.»
La guardo con attenzione. Sembra esserle costato molto dirlo. Eppure l'ha detto. E' per la disperazione di possedere un contatto? Dar voce a qualcosa di simile per me, proiettandomi nelle mie di esperienze, sarebbe un azzardo atroce. Se qualcosa mi segna al punto da farmi desiderare di sparire, evitare qualsiasi accenno al riguardo è la prima regola della prassi da seguire.
Lei è un'altra persona, sicuramente. Poi ha detto "essere invisibile", non sparire del tutto —in un modo o in un altro. Questa è una mia prerogativa.
«Perlomeno hai un posto dove rifugiarti.»
Io non ho nemmeno questo. Se Nocturn Alley può definirsi una zona sicura, allora Hogwarts è il mio regno delle fiabe. Persino la stanza singola che possiedo nella Torre di Grifondoro ha un sapore sin troppo transitorio per potersi definire il mio posto sicuro. Durante l'estate, comunque, devo tornare nel mio buco polveroso invaso dai ratti e dai cattivi pensieri.
Non voglio dire niente sulla giustificazione che dà della sua assenza. I commenti sarebbero di troppo.
«Quindi la notte è una metafora per dire che ricerchi la pace del silenzio, di un mondo sopito e di una realtà idilliaca onirica, immagino.»
Risulterò spietato e sin troppo crudo. La frase esce dalla mia bocca come la deduzione logica di un investigatore o di un critico che parafrasa la metafora di un verso. Senza tatto; con quel distacco intellettualoide che vesto per distanziare la profondità emotiva di un qualcosa dalle mie corde smaniose di vibrare.
«Durante la notte tutto sembra possibile. Ci crogioliamo nel potere latente che vediamo nelle cose. Ma tutto è sopito, è quasi improbabile che il pensiero riesca a toccare il mondo senza prodigarsi nell'azione.»
Ragiono. Ad un certo punto non sono più Casey, non sto più parlando con Ayumo. Sto semplicemente elaborando. Le frasi scorrono sulle mie labbra agganciandosi alla ragione, che fluisce scardinandosi dall'esperienza personale e avvalendosi di puri riferimenti semantici.
Non guardo la ragazza che è con me. Fisso il vuoto. I miei piedi fanno qualche passo, ed è come se stessi percorrendo a piedi le pagine di uno di quei libri tanto sfogliati sopra il cuscino del mio letto.
Probabilmente sono andato fuori tema. Ho dato voce a delle deduzioni non richieste dalla situazioni. Mi risveglio alla consapevolezza del presente quando Ayumo tratta di Quidditch, palla che io stesso ho tirato in campo poco prima. Senza darle troppa importanza.
Buffo. Le ho dato uno spunto per cui parlare a partire da qualcosa di cui non mi importa minimamente niente. Il Quidditch le piace. A me fa veramente cagare. Mi rode ancora il fegato per l'ultimo torneo. Ma soprattutto per l'aver capito di fare schifo in qualcosa. Ci ho messo un po' ad accettare di essere una persona sin troppo mentale, solitaria e altezzosa per lanciarsi in un'attività interamente fisica e votata alla strategia di gruppo. Datemi il mio compito ed io lo farò bene, ma solo se non si tratta di non dover sottostare al compromesso con altri collaboratori. Con l'ansia da prestazione e da perfezione che mi caratterizza, gli altri ai miei occhi diventano infinitamente stupidi.
«Tu, invece? Cerchi tramonti o stelle?»
Le pupille si fissano per qualche istante di troppo sul pentacolo. Poi ritornano al volto di Ayumo.
E' di fronte a queste domande che mi rendo conto di quanto io sia bravo a filosofeggiare e ad analizzare la vita degli altri con distacco e, invece, di quanto faccia schifo nel confrontarmi con la mia.
Tramonti o stelle? Una rapida scelta, su. Come se fosse un test della personalità su un giornale.
Eh però... notte, stelle, tramonti... non dovevano avere un significato metaforico? O l'ho solo imposto io coi miei discorsi di merda da adolescente che vuole fare il poeta maledetto?
Va be', anche se lei non intendeva parlare per simboli, questa è direzione in cui io, l'idiota, ho instradato il discorso.
«Il vuoto.»
E' la prima parola che mi viene in mente. Anzi, è la prima immagine che la mia mente partorisce quando mi si parla di ricerca.
Non so bene che cosa io abbia evocato dicendolo, non so quali deduzioni si possano trarre a partire da tale scelta. Fatto sta che mi incupisco e che devio lo sguardo.

 
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