Daedalus, Evento straordinario | Horus

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view post Posted on 30/3/2023, 14:09
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Il Fato

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from: fontana di trevi → to: fori romani (cesare)

Il sole spende su Roma, come nelle migliori giornate primaverili. La temperatura è mite per i locali, non supera i sedici gradi quando il sole è a picco, e trai vicoli intravedi i primi turisti accorsi nella capitale. Sei in uno dei centri nevralgici culturali di questa splendida quanto caotica cittadina, e te ne accorgi dal vociare multiculturale attorno a te. Puoi udire parlare in qualunque lingua europea, poiché tutti oggi accorrono lì. Tra loro vi è già chi detesta la stagione estiva ed approfitta per anticipare le vacanze e godersi un momento quasi tranquillo.
La Roma babbana non è così diversa da quella magica, ed il velo che le separa è davvero sottile, quasi impercettibile, tant'è che alcune zone sono solo interamente dedicate ai non maghi. Per fortuna non si tratta di quella a cui dovrai avvicinarti oggi: i Fori Romani.

Hai una passaporta - alle 17.07 - l'ultima di questo breve viaggio, che ti condurrà al Cairo, laddove l'attesa di Meresankh si fa pressante, spinta nelle ossa come uno scalpello contro il marmo. Non ha risposto - tua nonna - alla conferma, segno tangibile che ti attende senza alcuna successiva pretesa. D'altronde, il suo ordine era limpido e vergato con eleganza. Un ordine, non un invito. Forse il momento ultimo per ribadire un concetto.
Hai ricevuto informazioni su quel piccolo angoletto dietro una delle Colonne Tetrarchiche , a cui ora ti avvicini. Quello che sai - dal cartello esposto - è che alle 16.30 le visite si interrompono e la gente viene fatta fluire di nuovo, con calma verso l'uscita. E' la finestra temporale perfetta per svicolare verso il punto segnato e che ti è stato comunicato dall'addetto alle passaporte. Sei stato anche informato che ti avrebbe atteso un ragazzo molto gentile, un magonò di nome Yari, biondo e dagli occhi azzurri, con il casco di un centurione in mano. La passaporta, per l'appunto. E di loro non c'è traccia. Zero, nulla cosmico.

In compenso, vi sono due figure al loro posto, intente a non badare a te minimamente. Avvicinandoti puoi sentirli parlottare a bassa voce, il ragazzino non sa stare fermo, striscia i piedi a terra quasi fosse un piccolo toro, solleva terriccio e sabbia al suo insistere. Guarda i piedi, poi stringe di più le braccia, e la sua preoccupazione è palpabile in un'espressione palese. L'altra, dal canto suo, è molto rilassata, le braccia sciolte utilissime al dialogo - gesticola parecchio in ampi movimenti - la schiena appoggiata ad una colonna, la scarpa piegata a fare da appoggio. Parlano in un inglese con fortissimo accento italiano.

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«Me sembra na stronzata e farai n'casino, Anna.»** Sibila lui, abbassando il tono della voce ad un ringhietto.
«Sei così pessimista, guarda che la mia è un'idea geniale Rilassata, lei risponde con piglio sicuro, intenta a spiegare un progetto di grandissima importanza.
«Io non credo che il Ministero sarebbe d'accordo-» protesta, ancora, ma viene interrotto da un indice premuto contro le labbra.
«Shhh il Ministero lo saprà a cose fatte e non potrà che esserne affascinato. Mi riprenderanno e noi torneremo ad avere modo di tirare avanti, ok fratellino?» Con questo è convinta di mettere a tacere ogni rimostranza, tanto che palesa un sorriso pieno, soddisfatto. Tuttavia l'altro non è d'accordo, attende solo il momento in cui liberarsi dalla presa e fare giusto due passi indietro.
«Ma non ti ho mai chiesto niente! Ancora meno di distruggere una passaporta, cazzo.» gesticola mantenendo il sibilo dell'inizio. Trattiene un moto di rabbia, sbuffa infastidito. «E quel ragazzo non-» «Zitto!»**

[** in italiano]


Horus, bentrovato.

Come per i capitoli precedenti di questo filone, stai prendendo parte ad un evento straordinario, pertanto cumulabile, tuttavia chiaramente qualunque cosa apprenderai all'infuori, non verrà concepita al suo interno.

Siamo prossimo all'ultimo capitolo di questa trama, nonché il più importante.
Fai tesoro degli indizi raccolti in Prometheus ed Icarus, ti serviranno.

Segnalami statistiche ed inventario nel tuo prossimo post.

In aggiunta, ti chiedo qualche tiro di dado, utile ai passaggi che stai per affrontare. Indicheranno solo alcune svolte di sorte, non intaccheranno in alcun modo il tuo casting o abilità, che verrà calcolato come sempre.

• Dadi richiesti: 1d10; 1d12, 1d20

Al solito, sai dove trovarmi per qualunque chiarimento. Iniziamo!

 
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view post Posted on 4/5/2023, 21:16
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La Città Eterna regala una splendida vista di sé sotto un sole caldo e avvolgente.
Non ho mai avuto modo di visitare l’Italia, nemmeno durante una trasferta tramite Passaporte, fino ad oggi. Ho deciso di arrivare con un giorno di anticipo, concedermi una notte vicino al Colosseo, assaporare la libertà, il tepore primaverile, il cibo (un cliché, ma decisamente azzeccato) e, soprattutto, il godurioso pensiero di far attendere mia nonna ancora un giorno di più.
Infilo le mani nelle tasche, mentre osservo curioso Via del Corso, gremita di turisti con il loro chiacchiericcio allegro e rumoroso. Dei ragazzini mi sfrecciano di fianco con degli strani affari a rotelle sotto i piedi, mentre una coppia di studentesse —a giudicare dagli zaini— ridono animosamente mentre mangiano un colorato gelato. Non mi piace e non mi è mai piaciuta la folla e indubbiamente Roma sembra essere un concentrato caotico di persone di qualsiasi nazionalità. Non sarei mai in grado di viverci, penso, mentre svolto in direzione della Fontana di Trevi in un vicolo che profuma di pizza. Ciononostante, viverla come turista ha il suo fascino e mi auguro di trovarmi in missione, prima o poi, alla ricerca di qualche domus d’epoca romana protetta da chissà quali incantesimi da scoprire. Guardo l’orologio al mio polso: pur prendendomela comoda, sono in anticipo.
Sbuffo e mi infilo in un bar Babbano con una graziosa veranda all’esterno, mentre cerco nelle tasche qualcuna delle loro strane monete per prendermi un delizioso caffè e perdere tempo in modo proficuo. Per quel che mi riguarda, potrei persino perderla, quella Passaporta.

Ma non la perdo. Quando raggiungo i Fori Imperiali, lo faccio con un bello scarto di tempo a disposizione. Mi lascio conquistare dalle rovine di queste piazze antiche racchiuse fra colonne rose dal tempo ma che conservano ancora la propria maestosità, punti d’incontro di un centro nevralgico di quello che è stato l’impero più grande del mondo. Mi perdo cercando il tempio dedicato a Marte, il dio romano della guerra, chiedendomi se ci sia stato un qualche collegamento fra lui e la mia Dea protettrice.
Già la Dea… e la sua benedizione per quel maledetto matrimonio. “I miei doveri” li ha chiamati mia nonna. Sì, come no.
Non sono così ingenuo da pensare che Sitra sia stata sincera quando mi ha giurato che non avrebbe mai rivelato a mia nonna di quando siamo andati a letto insieme. Anzi, ho sempre saputo che le avrebbe riferito tutto nel momento stesso in cui è sorto il sole e non mi stupirei se fosse scesa persino in dettagli. Credo di averlo fatto più come un segno di ribellione; stupida, certo, ma una presa di posizione che vuole sottolineare la mia indipendenza contro quelle regole che trovo assurde e per niente collegate con i voleri degli Dei. Mi sembrano piuttosto stupide scuse per giustificare tradizioni sciocche ed inutili come questa dei matrimoni combinati. Probabilmente questa mia scelta avrà conseguenze anche per Sitra stessa che sarà costretta a ricordarmi continuamente come colui che l’ha introdotta forse alla sua prima infrazione alle cosiddette “regole”, venendo meno all’ingiunzione che la vergine della Dea deve rimanere “pura ed inviolata prima del matrimonio”. Ed ora che si è giocata la carta della purezza (e non credo ne abbia mai posseduta una, a dire il vero), il matrimonio è sempre valido nonostante questo? Ne dubito. Dovrebbe dispiacermi per come ho sfruttato Sitra, ma la verità è che no, non mi dispiace. Non mi sento in colpa, Sitra è maggiorenne ed è stata lei, la prima, a cercare di sedurmi. Le ho solo fatto credere di aver ceduto ma le ho chiarito che no, non la sposerò mai e non provo —né proverò— mai nulla per lei. La rispetto per la sua dedizione alla Dea; la rispetto meno per la sua cieca devozione a mia nonna.
Cresciuta per diventare la madre dell’erede del Culto? Per sposare me?
Stronzate.
È solo una stupida convinzione (o una vendetta) di mia nonna per il semplice fatto che mio padre le ha disobbedito sposando mia madre.
Non è una mia colpa se Sekhmeth ha deciso di punirla non facendole mettere al mondo una figlia a cui far ereditare il tempio e interrompendo così una tradizione protratta per millenni. Mi chiedo solo cosa possa aver fatto di così grave da inimicarsi gli Dei. La devota, irreprensibile, saggia Madre Meresankh: cosa hai combinato, nonna, per far incazzare così gli Dei?

Sospiro, mentre mi incammino verso le colonne onorarie di innumerevoli vittorie, andando in direzione opposta a quelle degli ultimi visitatori che si dirigono verso l’uscita.
Un tizio con gli occhi azzurri e i capelli biondi e un elmo da centurione in mano: mi guardo intorno, mi tolgo anche gli occhiali da sole, nel dubbio, ma non vedo nessuno. Stando all’orologio mancherebbe poco meno di un quarto d’ora alla partenza. Aggrottando le sopracciglia alzo la testa, guardo la cima delle colonne e mi chiedo se non abbia sbagliato posto; del resto, in questo dedalo di monumenti, potrei aver benissimo confuso i fori.
Alla fine siamo rimasti solo io e due ragazzi che parlottano fitto e ciò che mi incuriosisce e il connubio di inglese ed italiano che utilizzano. È sentendo la parola “Ministero” che mi incuriosisco. Mi avvicino con le mani nella tasca dei jeans, fingendomi interessato al travertino di un muro di un qualche edificio scomparso. Non so una parola di italiano a parte “ciao”, “grazie”, “prego” e, totalmente a caso, “vaffanculo” (che Isabella ha tenuto moltissimo ad insegnarmi spiegandomi quanto fosse necessaria in certi contesti). Perciò non comprendo una parte del discorso; ciò che invece capto, però, non mi piace per niente.
Ho due opzioni: o continuo a spiarli, oppure…
« Oh, scusatemi. È saltata la Passaporta delle 17.07? »
Oppure li colgo di sorpresa.
Lo chiedo con stupefatta perplessità, un’espressione a metà fra la preoccupazione e il panico, quella di chi è terrorizzato all’idea di perdere una coincidenza.
 Ho ancora le mani in tasca, dove nascondo la bacchetta per ogni buon pro. Di solito il mio lavoro mi insegna che la precauzione è la prima regola in situazioni sconosciute, ma ho anche imparato che andarci troppo con i piedi di piombo non ti aiuterà mai a scovare trappole. E se questi ragazzi hanno ben pensato di distruggere una passaporta… qualcosa sotto ci dev’essere. E io adoro andare a scavare sotto l’ignoto.

– Tell me would you kill to prove you're right –

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore]
▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura]
All'interno:
– Generi di viaggio.
– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
– Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici.
– Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest]
– Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2]

▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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Lancio dado: 6
  • 1d10
    6
  • Inviato il
    4/5/2023, 22:16
    Horus Sekhmeth
Lancio dado: 7
  • 1d12
    7
  • Inviato il
    4/5/2023, 22:16
    Horus Sekhmeth
Lancio dado: 16
  • 1d20
    16
  • Inviato il
    4/5/2023, 22:16
    Horus Sekhmeth


Edited by Horus Sekhmeth - 8/5/2023, 16:26
 
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view post Posted on 31/5/2023, 17:28
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from: fontana di trevi → to: fori romani (cesare)
Ti avvicini verso quella che è una conversazione zittita malamente. Ma non perché la tua presenza li abbia destati, ma perché la ragazza mette un veto sui discorsi più importanti. Lui, invece, si mastica le labbra per contenere il fastidio che lo lacera da dentro. Ti basterebbe un'occhiata, anche distratta, per vederlo tanto irrequieto. Sposta il peso costantemente da una gamba all'altra, si gira su se stesso. Compie qualche passo indietro con le mani trai folti capelli mossi.

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«Dio, Dio, Dio! N'ce dovevo venì. Sei pazza, sei»** Ma poi si interrompe bruscamente, proprio mentre gli occhi di lei stanno per uscire dalle orbite. E ti guarda. Horus, questo ragazzino ti guarda con un misto tra spavento e "mo so cazzi tua" rivolto direttamente a sibili alla sorella. Ti indica apertamente con il pollice mentre torna a fissarla. Poi alza le braccia e fa per andare appena più lontano, anche solo per respirare fuori dal controllo di Anna e dai vostri quattro occhi.

Se lo segui con lo sguardo puoi vederlo calciare dei sassolini e infilarsi le mani in tasca, facendo spallucce di tanto in tanto. Ma la tua attenzione può tornare su Anna, quella ragazza che ti accoglie con un sorriso enorme dopo aver lanciato un ultimo sguardo di disappunto in direzione del ragazzo. Affabile, allunga una mano per farsela stringere.

5mtQebG
«Horus, il ragazzo delle 17.07! Ciao** sono Alice» E' giovanile nel modo di porsi, anche se da così vicino puoi vederle qualche piccola ma accentuata ruga d'espressione, avrà all'incirca trai 30 ed i 35 anni. Tuttavia il suo è un sorriso perfetto, entusiasta. Sembra facile cancellare la discussione con il ragazzino quando può pensare solo a te. Alza le spalle e l'espressione sul volto si fa estasiata. Si avvicina di qualche altro passo, indossa un profumo delicato, molto fresco. «No, certo che no! La Passaporta è viva e vegeta» mente con sicurezza, lo fa imitando una certa professionalità. Allunga solo la vocale finale. «E sei molto fortunato, puoi testare uno dei primi prototipi che strizzano l'occhio allo Statuto di Segretezza» fierissima, prova a prenderti entrambe le spalle con le mani e voltarti in direzione di un angolino preciso tra le colonne.

Puoi vederla, compare piano ai tuoi occhi, occultata fino ad ora. E' una vespa, un modello degli anni '70, ma rimesso a nuovo con la vernice azzurro confetto. Alice sposta le mani per indicartela in modo teatrale. «Immagina, una passaporta che non funziona solo a contatto, che non ti fa sparire nel nulla e puff, babbani da obliviare, nah!» ti sorride, si incammina invitandoti a fare lo stesso. «Questo gioiellino ti porta in Egitto solo se lo spingi oltre i 70km/h» Soddisfatta, ti invita a salirci.

[**in italiano]





 
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view post Posted on 14/6/2023, 17:20
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Che il rapporto fra questi due ragazzi non sia proprio idilliaco ho già avuto modo di capirlo dai toni che hanno utilizzato tra di loro prima che mi palesassi. Ne trovo, però, conferma dal modo in cui lui, di un’età che non riesco proprio a stabilire, sembra essere animato da una smania e un nervoso che non riesce a controllare. È così palese che mi è inevitabile chiedermi cosa lo rende così nervoso. Quando mi indica col pollice in maniera così plateale mi viene da ridere. Inclino la testa verso di lui con curiosità e lo osservo allontanarsi. Poi imitandolo con forse un pizzico di malizia, lo indico col pollice.
« Ha qualche problema? » chiedo consapevole che non otterrò risposta. Mi stringo nelle spalle mentre vengo letteralmente abbagliato dal gran sorriso di Alice. Il suo inglese sporcato dall’accento italiano la rende effettivamente molto carina e mi viene da rispondere in modo automatico al suo sorriso. Un po’ lo faccio perché contagiato, un po’ perché sono restio a mostrarle le mie perplessità che si sommano a tutta la situazione atipica in cui mi sono ritrovato. Innanzitutto: perché stavano parlando in inglese se è evidente che sono italiani? Mi guardo intorno mentre lei prova a girarmi forzatamente dalle spalle: non c’è più nessuno oltre a noi. Poi osservo con palese scetticismo la vespa che Alice mi indica con tanto entusiasmo: sollevo un sopracciglio mentre valuto il livello di ridicolo che potrei avere su uno di quei cosi. L’azzurro confetto mi lascia ancora più dubbioso dell’evidente stonatura di quanto afferma la ragazza. È così felice di quest’opera di ingegneria meccanica Babbana che onestamente provo quasi dispiacere a smontarla.
« No, grazie. » Rispondo affabilmente, incrociando le braccia e scoccandole un’occhiata di sbieco. Incurvo le labbra in un sorriso condiscendente, giusto per ammorbidire un po’ il tono secco che mi è uscito spontaneamente.
« Preferisco le care vecchie Passaporte fatte di cianfrusaglie Babbane. » Replico, voltandomi verso di lei. Taccio un istante, fingendo di misurare il motoveicolo e pensando fugacemente alla mia bella moto. Settanta chilometri orari sono la metà di quanto faccio di solito quando mi trovo su una strada libera.
« Al di là del fatto che a questo punto sarei potuto venire su una scopa… » *Che sarebbe stata sicuramente più veloce*
Questa volta è lei che osservo attentamente, soffermandomi sui grandi e brillanti occhi castani e sulle piccole, appena accentuate, rughe d’espressione. Anche per quel che riguarda lei non riesco proprio a capire che età abbia. Non mi stupirei se fosse più piccola di me.
« Mi spieghi che Passaporta è se devo guidarla fino in Egitto? » Per quanto cerchi di mascherare il sospetto nella mia voce, credo sia piuttosto evidente che la storia che mi ha raccontato lei fa acqua da tutte le parti come un calderone bucato. Facendo due più due o mi ritrovo davanti due ragazzini che hanno fatto qualche magia illegale su quella vespa e cerchino un rincoglionito da sfruttare per testarne l’affidabilità oppure c’è qualcos’altro che mi sfugge. Nella prima ipotesi, per altro, tornerebbe anche il nervosismo del ragazzo.
« Il bello delle Passaporte è che non servono Babbani da obliviare. A prescindere. » Insisto per sottolineare la stupidità della storia che mi ha voluto rifilare e calco volutamente sull’ultima frase. La verità è che arrivati a questo punto la puzza di bruciato è talmente forte che non mi stupirei se la motoretta azzurro confetto prendesse fuoco da sola davanti ai nostri occhi. Potrei finirla qui, rimanere in attesa di una risposta per il gusto di sentire quale altra storia sarò costretto ad ascoltare, ma il punto è —penso tamburellandomi con impazienza le dita sul braccio— che di sicuro l’ora della partenza è sempre più vicina ed il mio livello di pazienza sta pericolosamente raggiungendo il limite sindacabile.
« Mi vuoi dire dov’è Yari e la vera Passaporta, o no? »
Suvvia, Alice & compagno: smettiamola di giocare e trovatevi un altro pollo.

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▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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from: fori romani → to: "Il Cairo"
Di problemi questo ragazzo sembra averne parecchi. A partire dal nervosismo che diffonde a macchia d'olio non appena per sbaglio ti avvicini al suo raggio d'azione, ed a finire con le occhiatacce che di sbieco lancia ad Alice e quella vespa.
Si perché è lei che in realtà attira moltissimo la tua attenzione, ma non come la ragazza vorrebbe. Forse un po' glielo vedi nell'espressione che vacilla, che si aspettava un po' più di entusiasmo. Tuttavia si ritiene ancora molto brava a vendere i suoi disperati progetti, e di certo non demorde. Sbuffa appena in direzione del fratello e come se dovesse togliersi un sassolino nella scarpa - trascinato sul pavimento per giorni - finisce per risponderti. E' divertita, c'è un pizzico di affettuosa ironia nella voce che le si scalda appena.

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«Marco è solo un po' nervoso» Te lo dice ma con la coda dell'occhio tiene sotto controllo il ragazzino, che prontamente alza il dito medio dopo aver trovato pace. Più o meno. E' poggiato con le spalle ad una colonna, a cinque metri dalla vespa in oggetto. In cuor suo spera che tu possa dare della pazza a sua sorella, e nel momento in cui inizia a spiegare che non ci vedi tutto questo "genio" nella sua opera, inizia a ridere.
Ride sommessamente, certo, per non farsi fulminare da Alice, che però non viene per nulla distratta. No, lei ti guarda con aria di sfida. Lo leggi nei suoi occhi profondi quel cenno di "Oh, sei un osso duro, va bene".

«No, grazie?» Ti fa eco, rilassa le spalle, osserva bene la tua postura e come questa sembri particolarmente stabile. «Oh, tu credi che il mondo magico non abbia bisogno di evolversi? Di cambiare un po' queste pratiche tanto pigre e noiose?». Ma sono domande retoriche, non ha bisogno di alcuna risposta, tanto che non ti sembra abbia capito bene quello che le hai detto. O semplicemente ci è già passata sopra.
Si avvicina alla vespa, toglie il cavalletto e te la porta davanti, sempre con un sorriso incoraggiante. Quello non può perderlo, neanche se ti poni come un osso duro sul serio.
Rimette il cavalletto e te la parcheggia ai piedi. Semplice, no? Tuttavia quando nomini Yari, anche il sorriso di Alice vacilla. Marco torna sull'attenti, quasi in difensiva. Percepisci distintamente una macchia di preoccupazione farsi avanti ai tuoi piedi, come se ogni sentimento di quel ragazzino fosse esponenzialmente esteso al massimo. Ti raggiunge, ti abbraccia la schiena scivolando come ghiaccio tra le scapole.

«La magia è pigra, va ibridata, resa più divertente, leggera!» risponde più secca. Ti indica ancora la vespa, sbuffa una risata più nervosa, che poco maschera il suo cambio d'umore. «E-» si appresta ad aggiungere «-non devi guidarla fino in Egitto, ti basta andare a 70km/h e chiudendo gli occhi avrai le sabbie del Cairo sulla pelle. E' solo un po', sperimentale. Tutto qui.» Tira su di nuovo un sorriso, ma Marco si fa piano piano più vicino, non riesce a sentire bene e non gli piace la postura di sua sorella adesso. La vede rabbuiarsi, gli occhi svelano qualche cenno di occhiaie meno fresche. «Yari è malato. Sali» sentenzia.




 
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Osservo con palese scetticismo Anna durante il suo monologo. Proprio non mi spiego cosa intenda per “noiose pratiche”: cosa c’è di più immediato di una Passaporta?
Mi porto una mano alla fronte e mi massaggio gli occhi tra pollice ed indice mentre conto mentalmente fino a dieci.
Non ho voglia di stare a discutere e se non ci fosse qualcosa di strano, me ne sarei bellamente fregato e va bene, sarei salito (forse) su quel trabiccolo. La verità è che se non fossi in Italia e quindi sotto la giurisdizione del Ministero Magico Italiano, avrei incantato la prima lattina di cola con un Portus e grazie e arrivederci. Invece sono qui –porca miseria– e mi tocca evitare la soluzione più pratica per non rischiare un incidente diplomatico.
Incrocio nuovamente le braccia e guardo con ostilità la Strega, senza lasciarmi sfuggire quel momento di esitazione sul nome di Yari.
No, non ho più dubbi: c’è qualcosa sotto.
Piego la testa di lato, ma i miei occhi roteano verso l’alto.
« Malato, eh? » Sibilo, socchiudendo le palpebre. Ma chi crede di prendere in giro ‘sta qua?
« Sperimentale, eh? Sulla stessa scia del tono piatto e vagamente denigratorio, ripeto le sue parole con fare esasperante. Mi picchietto l’avambraccio con un dito, unica dimostrazione del mio nervosismo galoppante. L’ordine imposto mi fa imbizzarrire come un Ippogrifo. Rimango in silenzio ed impassibile, dritto come una delle colonne che ci fanno da sfondo.
La testa di Marco che fa capolino, finalmente, dal suo angolino buio mi sorprende: non pensavo si sarebbe smosso dal muro, troppo occupato a prendere a calci i sassolini.
Le mie iridi, gelide come due pezzi di ghiaccio, si posano su di lui e lo squadrano.
« Se è così divertente, provala tu. Non sei nervoso per questo, no? » Mi rivolgo a lui direttamente, ignorando per la prima volta Alice: non comprendo l’insistenza di questa ragazza, ma è chiaro che è veramente molto felice di quest’invenzione così rivoluzionaria. Poi, improvvisamente, mentre vedo con la coda dell’occhio una cartaccia di merendina rotolare infidamente sul sentiero di terra battuta, vengo colto da un’idea. Folle, ma funzionale. Ormai, tanto, la Passaporta è bella che andata e onestamente non ho poi tutta questa fretta: il pensiero di far aspettare ancora mia nonna è dolce come il miele.
« Mentre attendo di vedere quanto sia “leggero”… » Mimo delle virgolette piegando le dita « … il vostro mezzo, vi chiedo: ce l’avete l’autorizzazione? »
Chiaramente non ho la minima idea di dove voglio andare a parare con questa discussione, ma anche se questo Yari fosse stato davvero malato, la Passaporta è sempre e comunque gestita da un ente governativo, no?
« In quanto membro del Ministero Inglese e quindi ospite, prima di muovermi su mezzi non autorizzati, voglio essere sicuro di non incappare in qualche fregatura, sapete. Se è tutto regolare, allora posso pensare di salire sul vostro trabiccolo. » Accenno col capo alla povera Vespa, poi torno a guardare Marco. Credo sia lui il punto debole, la parlantina di Alice è troppo difficile da sorvolare: rimbambisce, con quei gesti così esagerati.
« Chiaramente dopo che tu l’avrai provata. »
A questo punto sorrido ancora e non c’è più traccia di cordialità nel mio sguardo, ma il brillio che solo il gusto della malizia sa generare.

– Tell me would you kill to prove you're right –

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore]
▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura]
All'interno:
– Generi di viaggio.
– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
– Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici.
– Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest]
– Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2]

▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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from: fori romani → to: "Il Cairo"
Marco non è solo nervoso, è un piccolo lupino affamato che gira attorno a voi due, che nel farsi più vicino arriva a due passi da Anna. Si piazza dietro di lei, rialzando il volto per puntarti gli occhi scuri addosso.
Alza il mento, come se uno scopo del genere potesse renderlo quasi ai poli opposti di come l'hai visto comportarsi prima. Ti sembra, ma lo percepisci perché neanche loro vanno per il sottile, che entrare in difesa sia di famiglia. Ma laddove Anna non si accorge di avere il fratellino alle spalle, lui sa bene che ora dovrai calibrare ogni parola. Non è minaccioso, o almeno, lui prova ad esserlo ma non è detto che ci riesca, non da come si pone. A lasciarti più sospettoso, potrebbe essere solo quella fastidiosa sensazione di gelo che risale piano la colonna spinale. Si arrampica come un serpente che - strisciando - lascia piano piano una scia fredda. E' quasi la sensazione che si ha in presenza di un Dissennatore, tuttavia non hai il pensiero di non poter mai più essere felice in vita. E' una dicotomia fastidiosa.

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Anna si rende conto dello spostamento di Marco solo quando sei tu, poi, che interagisci con lui. E, come una macchina ben oliata, apre un braccio per fermare il fratello come una cintura di sicurezza. Lui che avrebbe già fatto un passo di troppo, che appena lo hai interpellato si è fatto avanti.
«**Marco, ora basta, fa piano!**» Ha un tono imperativo, ma parla a te, non guarda il fratello negli occhi.
Marco non fa che guardarti, alzare le labbra come se snudasse i denti in qualche modo. E' passato velocemente dal "non so niente, affari suoi" al "cosa hai detto a mia sorella?" - non trovi?
«Le-» si massaggia le tempie, respira piano, Anna, «- certo che abbiamo le autorizzazioni, che domande!» sbuffa, porta le mani in vita. Ti cerca ma non ti guarda negli occhi per davvero, si ferma alla tua spalla. «Si è solo infortunato il gufo che le stava portando qui, e comunque non è rilevante no? Tu vuoi andare al Cairo ed ecco la tua passaporta e Marco non serve che-» Non finisce la frase, viene interrotta da un sonoro:

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«Ok» Marco non ha mai smesso di guardarti. Senza neanche prestare troppa attenzione ad Anna, si fa avanti. E' molto più basso di te, ma il suo avvicinarsi ti raggela ancora. «Ne abbiamo due. Gareggiamo. Se vinci vai dove dovevi andare, se perdi, torni a casa ed al Cairo ci andiamo noi due in vacanza.» Il suo inglese è pessimo, ma le intenzioni sono palesi. Anna è senza parole, cerca di fermarlo per un braccio, ma lui si scosta dolcemente dalla sua presa.
Il ragazzino allunga il braccio per sancire un accordo con te. «Il primo al traguardo, è il primo al Cairo» Stringi la sua mano?

SE SI
In quel caso, Anna si muoverà lentamente per tirare fuori una vespa gemella di quella che hai già visto, di un tenue verde pistacchio. Appare più trasandata della prima, è senza uno specchietto ed il sedile è mezzo rovinato da segni di artigli, come se dei gatti l'avessero usata come tiragraffi.


[**in italiano]




 
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L’ho sottovalutato.
È questo il primo e immediato pensiero che mi attraversa quando il ragazzino si fa avanti ponendosi come un’ombra dietro la sorella. Sento un brivido ghiacciato corrermi lungo la spina dorsale, in contrasto con l’umidità ed il caldo di Roma.
Corrugo la fronte ed il sorriso beffardo vacilla per un istante, salvo poi tornare fiero sulle mie labbra. Non so cosa nasconde tutto questo teatrino ma d’improvviso mi chiedo se sia davvero una stupida truffa ad opera di due adolescenti annoiati. Ascolto infastidito il crescendo di scuse e di dita scivolose su degli specchi di cui Anna sta magistralmente dando prova.
« Non dirmi, un Gufo perduto… » Sollevo un sopracciglio, poi mi passo una mano fra i capelli, sfinito, e alzo gli occhi al cielo.
Sono stanco, stremato dal caldo che, per quanto bella, la Città Eterna ha riversato da stamattina alle otto. Potrebbe finire così, potrei semplicemente inforcare quella dannatissima Vespa e finire questo teatrino. Magari mi sfilano quel che rimane delle banconote Babbane che ho cambiato alla Gringott’s e via, festa finita.
Non mi aspetto che…
« Ok. »
Il mio stupore è palese tanto quanto lo è quello sul viso di Anna.
« Ah! » Esclamo. Pensavo di averli messi alle strette e invece eccolo qui, Marco, che si presta ad una dimostrazione pratica. Anche se…
Anche se ancora sento un malessere avvolgermi le viscere, un presentimento –anzi, l’Istinto– che mi impone cautela. Faccio automaticamente un passo indietro, prendendo le distanze da i due italiani. Sono tentato di afferrare la bacchetta che tengo nascosta dietro la tasca dei pantaloni e il mio braccio, in un gesto meccanico, scivola lungo il busto, in allerta.
Questo ragazzino mi turba e non mi piace. Anche quando si palesa la fregatura –una gara– non mi viene da reagire come finora ho fatto. Dovrei ridere ma l’evidente stonatura, come una corda di violino rotta, risuona nelle parole di Marco.
Fisso le mie iridi prima sul suo viso inespressivo, poi verso la sua mano tesa.
Sto andando in Egitto. Mi dico e il ricordo del pyramidion della tomba di Djoser che ho visto nel mio volo con Ra mi ricompare davanti gli occhi. Il collegamento fra quella, il cubo di legno, il papiro con l’Ankh e lo scambio epistolare fra mio padre e John Cavendish mi corrono nella mente una dopo l’altra, come flash di lampi in una notte. Ora mi colpisce il sospetto che non sia lo scherzo che pensavo, che ci sia qualcosa di più sospetto sotto. La malignità che mi sembra emanare questo ragazzino…
« Non ha senso. » Mi sento rispondere e questa volta non mi riferisco solo a ciò che stanno dicendo o alla storia della Vespa Passaporta. Ignoro la mano di Marco.
« Dove devo andare io sono affari miei, con o senza la vostra Passaporta. Che io vinca o perda, non cambierà nulla. » Guardo verso Anna. Lei, che sembrava così sicura, così intraprendente, ora mi sembra ancora più inquieta da quando il fratello è uscito dall’angolo in cui s’era rifugiato.
« E se è una Passaporta, la gara non ha senso. Basta accelerare. Lo hai detto tu. » Accenno col mento alla ragazza, ma nel frattempo misuro le distanze.
« A pari mezzo, pari velocità di accelerazione al momento dell’accensione. » Le conosco le moto Babbane, so come funzionano. Credo si possa applicare lo stesso anche a quegli affari colorati.
Non mi fido un cazzo di voi due. Vorrei dire, ma serro le labbra e la mascella. Non ho altra scelta: non mi interessa far aspettare mia nonna. Per quel che mi riguarda può attendere che il Nilo esondi per un altro millennio. Ma è Ra che voglio incontrare, è la piramide a Saqqara il posto verso cui devo dirigermi.
« La faccio questa presunta “gara”. » Mi decido infine, pur consapevole della cazzata che sto per fare.
« Ma tu vieni con me. »
Su questo non transigo, non lascio correre. Non mi sfugge come Marco ha svicolato la mia prima richiesta e mi chiedo se questa provocazione non sia la goccia che fa traboccare un vaso che, fino a questo momento, ho creduto contenere la mia pazienza.
Involontariamente, le dita della mia mano sinistra hanno uno spasmo.

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▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
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from: fori romani → to: "Il Cairo"
Anna smette di respirare quando Marco ti arriva ad un palmo dal naso e piega piano il capo. Non ha problemi a mantenere gli occhi nei tuoi, anche se il sole a picco col tramonto riflette anche la tua espressione sul vetro dei suoi occhiali. Ci ha riflettuto bene quando ti ha fatto questa proposta e si, per un momento ora sorride quando la accetti. Sorride in quel ghigno che si rivela come un sbuffo laterale, un piccolo mostrarsi di denti pallidi. E' Anna quella che ancora trattiene il fiato, che scuote il capo, magari pronta a sputare quel rospo che ha in gola. Ti guarda, Horus, dalla testa ai piedi ed un piccolo rivolo di sudore scende ad imperlarle la fronte. Adesso, dopo aver tirato fuori la seconda vespa, tutta trasandata, forse oggetto dei primi esperimenti, si fa di nuovo vicina a voi due. Ha una mano pronta ad allungarsi verso il polso di Marco, tuttavia lui ancora non la guarda. Immagini che ne percepisca i confini fisici, perché - di nuovo - nel momento in cui lei si allunga, lui si scosta. E' questione di attimi, come sempre d'altronde.

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«Che cazzo hai detto?» sempre attimi, Horus, in cui il ghigno si trasforma in un ringhio. Lascia Marco di sasso, a ringhiare in un punto fermo, così Anna può finalmente stringere quelle dita lungo il suo polso, e sussurrargli qualcosa. Mugugna qualcosa circa il non dover dare prova di nulla, meno che meno a lei. «No, non esiste» Ma lui ti guarda ancora, e tu adesso lo senti di nuovo. Un altro cubetto di ghiaccio che scende lungo la schiena, accarezza le scapole e giù verso le ultime vertebre. Ma non basta. No, i suoi occhi sono attraversati da un velo azzurrino. Se ti fermi a guardare con attenzione, sembrano vitrei, gli occhi di un pesce morto. E' il barlume di un secondo, una voce nella testa che ti avverte di non tirare la corda tanto con qualcuno di instabile. Marco ti sembra instabile?

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«Dai, va bene-» sussurra ancora Anna, guarda lui, e poi te. Lo vedi come appoggia la fronte sulla spalla del fratello. Gli occhi di Marco tornano umani, normali, il gelo però ti resta addosso. Lui si rivolge alla sorella, prende un respiro più profondo. Si fissano per un istante che rende tutto anche troppo intimo, ti percepisci stretto in una scatola di plastica che non ti può contenere a lungo. «Non sono mai stata in Egitto» gli dice, ammorbidendo i tratti del viso, prova a scherzare tirando su le pieghe di un sorriso. «... e poi, uno scienziato deve provare le sue opere» «Ma se-» «**Nessun "se", Marco. Funzionerà come hai funzionato tu.**» Lui digrigna i denti. «** Ma io non sto f-funzionando, Anna**» Anna gli accarezza il viso con il dorso della mano. «Shhh, corri. Fagli il culo a questo inglesotto borioso» Il tono di lei è ricolmo d'affetto, ma quanto ti schernisce lo fa nella tua lingua, perché tu lo capisca bene e ti fa cenno di scegliere la vespa più nuova delle due.

[**in italiano]

Ti chiedo di tirare 4d6, nel prossimo post.





 
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Rimango al mio posto sebbene non riesca ad impedire al braccio di sfiorarmi la schiena, cercare il bordo della tasca dei jeans e tentennare sull’impugnatura della bacchetta.
Non mi piace per niente la piega che sta prendendo questa situazione: c’è puzza di bruciato già da un po’, ma ora c’è un odore diverso nell’aria, l’odore di una carogna che se ne sta sul ciglio della strada a marcire.
Scruto Marco, osservo il suo sorriso afflosciarsi e divenire ringhio, ma non rispondo alla sua provocazione, sputata fuori dalle labbra con la stessa enfasi di un bulletto al suo primo anno ad Hogwarts. Quando vedo Anna accorrere verso di lui, sento un tic all’occhio che mi fa ballare la palpebra per un nervoso crescente.
Grande Amon, ma perché cazzo devo impelagarmi in queste situazioni? Il loro parlottare in italiano mi fa uscire di senno, questo malessere che si insinua all’improvviso, l’impressione di essere all’interno di dinamiche familiare di cui a me non frega un accidenti: non ho chiesto tutto questo.
Ancora una volta rabbrividisco quando noto, negli occhi di Marco, qualcosa di sinistro, un lucore ultraterreno che mi fa aggrottare le sopracciglia. In realtà –e me ne accorgo solo in un secondo momento– mi fa venire la pelle d’oca: ne ho viste di cose strane, di Magie andate male, di creature degne di uno zoo, ma questa è la prima volta che mi capita di vedere qualcosa del genere. E, spoiler, non mi piace.
Non guardo Anna, continuo a guardare lui: sento vagamente la ragazza blaterare qualcosa sul provare le proprie opere e se non fossi così impegnato a studiare chi diamine ho davanti, avrei sicuramente colto la Pluffa al balzo e avrei imbeccato la conversazione a mio favore, facendole notare il passo falso.
Dovrei agire con cautela: è così che si fa in un sito pericoloso. Si procede un po’ alla volta, si tasta il terreno, si creano magie protettive per prevenire.
Ma, per l’appunto, prevenire non è meglio che curare?
La mia mano si è allontanata dalla bacchetta che è ancora al suo posto, ma il pollice, ora, sfiora la pietra nera incastonata sull’anello infilato sul dito medio. Sento il rilievo della runa, lo percepisco.
Arriccio il labbro in un sorriso sardonico: sai quanto cazzo me ne frega, Anna, della vostra stupida gara.
Socchiudo gli occhi, mentre mi dirigo verso il trabiccolo. Le faccio un cenno col mento indicandole il sellino e pronuncio un secco –e assai simile al precedente ordine da lei impartitomi: « Sali. »
Solo allora mi posiziono sul davanti, inforcando quella maledettissima Vespa. La mia loquacità è andata a farsi benedire da quando il primo brivido mi ha attraversato le vertebre come un cobra fra le dune del deserto.

L’ho fatto mille volte in tutti questi anni, ma è ancora in grado di stancarmi come una corsa di cinque km. Eppure è inevitabile, è legata a me, un tutt’uno con la mia natura al punto da essere ormai l’altra faccia della medaglia. Così la evoco, la sveglio dal torpore in cui dorme, accoccolata dentro di me.
Benissimo, Marco: vuoi giocare a chi ce l’ha più grosso? Allora giochiamo.
Voglio che capisca che qualsiasi cosa ha intenzione di fare, con me non avrà vita facile, che percepisca, nella mia aura, lo stesso malessere che io provo quando si avvicina.
Accarezzo la Runa, la chiamo nella mia mente come se fosse un universo in cui esistiamo solo noi due. Su di me non c’è più traccia del segno del Golem, ma c’è la lunga cicatrice che mi attraversa: Lei è lì, la sento, è una convivenza che ormai ho imparato a sopportare. E, a dirla tutta, se non avessi Hagalaz, mi sentirei come se una parte di me fosse stata strappata via.
È nell’aria, è nella forma che essa assume, nel vuoto che racchiude, nell’essenza di ogni cosa.
Sei lì, mia vecchia amica, ti sento. Ma non voglio usarti, non ora. Voglio solo che tu rimanga con me, che vibri il tuo soffio come uno scudo contro ciò che non conosco.
Ripenso al proiettile d’aria che mi è sfuggito quando ero al Ministero e Nieve mi stava minacciando, ma ricaccio questo timore in fondo alla mia testa. Non è la stessa cosa, non sto ancora manovrando il Vuoto, mi rassicuro. Se ho fatto scattare un presentimento in Marco, allora è ciò che voglio. Forse non aspetto altro.
« Fa’ che non succeda niente, o te lo apro in due, il fratellino. Qualsiasi cosa egli sia. » Lo sussurro a malapena, non mi volto nemmeno per farmi sentire da Anna, ma sono convinto che il mio bisbiglio le sia giunto. Non provo empatia per questi due, non mi interessano le dinamiche tra di loro ed è finito il tempo in cui mi facevo mille scrupoli. Sono fin troppo incazzato per ciò che mi aspetta in Egitto.
Stringo la mano sulla maniglia di gomma, teso, e accendo questo ammasso di ferraglia borbottante. Che situazione ridicola, penso, ma guardo Marco, lo seguo in ogni suo movimento mentre mi lascio avvolgere da Hagalaz e la trattengo come una bestia al guinzaglio.

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Compiacendo al señor Masteron, Horus evoca Hagalaz, ma non la attiva. L'intento è solo generare l'effetto che la Runa genera nell'aria, prima di essere attivata.
Chiaramente, niente condizionale per questioni meramente pratiche, ma tutto è rimesso alla sua decisione!


Lancio dado: 13
  • 4d6
    2
    3
    3
    5
  • Inviato il
    28/6/2023, 01:12
    Horus Sekhmeth
 
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view post Posted on 28/7/2023, 08:47
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Il Fato

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from: fori romani → to: "Il Cairo"
Anna ti ha sentito, forte e chiaro. E quando si è avvicinata a te, ha lasciato correre lo sguardo verso Marco, preoccupata. Non sai dire - sul momento - se sia perché il fratello le sembri tanto fragile anche quando ringhia come un cane da strada, o perché qualcos'altro bolle in calderone. E lei, rispetto a prima, è mite. Si siede, è vero, e s'incupisce.
Osserva con attenzione ogni singola mossa di Marco, come se volesse registrarle nella testa, come se girare su questi vespini fosse talmente pericoloso da metterle ansia neanche foste su una moto che può fare i 400km/h senza battere ciglio.
Marco si prepara come un vero corridore, prende un respiro profondo, ma nessun dei suoi gesti è teatrale o rallentato. Ti guarda solo quando è pronto. Come pronta è Hagalaz, che t'accarezza come una brezza amica, un'aria tesa come un'arco: è pronta a scoccare le tue frecce, pronta a proteggerti, a ricordarti il prezzo di ogni cosa, il pegno di un legame. Già, un legame, ti torna familiare come parola, Horus?

Ti torna, quando Anna si aggancia bene con le mani alle maniglie della vespa, lo sai da te che non intende stringersi alla tua schiena, né intrecciarti le dita in grembo. Lei non vuole toccarti, ha perso quell'espansività con cui ti stava trascinando verso il suo meraviglioso prototipo. E te l'ho detto, le tue parole le ha sentite, le hanno inumidito lo sguardo, che non ti ha ancora minimamente rivolto. E' solo per Marco, per un'intimità che lui neppure tollera. Tanto che non ricambia alcuna apprensione, oh no, il ragazzino ti alza il dito medio e sgomma senza darti il via [2], sleale e sciocco. «VAFFANCULO, STRONZO!»

Ma tu parti subito dopo, appena il motorino si accende, una piccola scia luminosa scatta davanti a te, ad indicarti quale via seguire. Non vedi lo stesso dalla vespa di Marco, ma d'altronde lui è davanti a te per la prima volta. Una che fa sussultare Anna, una che la costringe a tenere saldissime le dita contro le maniglie, ed i piedi ben lontano dal rischio di sfiorarti anche solo le caviglie.

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«N-non è colpa sua, ti prego.» Lenta ma solenne, la voce di Anna ti sfiora le tempie, come se ti stesse sussurrando qualcosa che altrimenti - con il vento in volto - non sentiresti. Ma devi stare attento alla strada, Horus, concentrati su un piccolo rettilineo che ti porta a guadagnare un pochino di vantaggio. [3] La voce di Anna, però, continua. «Ci avevano promesso che poteva tornare, che lo avrebbero rimesso in piedi. » Lo senti come serpeggia un dolore da spaccare il cuore. E tu vai avanti ancora, i vicoli stretti del centro bloccano un po' la vostra strada, ma Marco è implacabile, e - di conseguenza - lo sei tu. [3]
«D-dovevamo solo tenerti qui, e lui, il **Velo Vivente**.. I-io-» la voce quasi si rompe, ma Anna deglutisce, sicura, manda già il nodo in gola, sempre senza staccare gli occhi da Marco. «Mi mancava così tanto»

Lei, Horus, sa ciò che non sai, tuttavia è qui sul ciglio di una disperazione profonda. Stringe gli occhi, e quello che senti, oh, questa seconda voce tu la riconosci benissimo: John Cavendish


Questo è un ricordo che non hai voluto, Horus. Ma adesso ti sfiora - come tuo - mentre ancora il corpo è saldo sulla vespa, a sfrecciare contro il tramonto di Roma.
«Vuole fondere il suo corpo?!»
«E' il modo in cui agiremo, per avere ciò che chiedi è richiesto altrettanto sacrificio, ragazzina.»
«E riavrò m-mio fratello? Per sempre?»
Una risata calda e gelida al tempo stesso, un mondo che si chiude - oscuro - contro Anna. Lei è pallida, ha pianto giorni, ha gli occhi gonfi ed il battito lento: è stanca, Horus. Ed è in quello studio, il maledetto studio da cui te ne sei andato tu, con più domande che risposte.
«Ferma il ragazzo e lo riavrai. Marco non ti lascerà più.»
Anna piange, ma la mano di John le raggiunge una spalla, facendola rabbrividire. L'uomo si avvicina, snuda i denti pallidi, feroce, le sussurra: «Commetti un solo errore, e tuo fratello resta oltre il velo per sempre, chiaro?» «S-si.»


[5] Uno schiocco, e quel ricordo ti risucchia un battito, e poi due. Ma non perdi la presa sul manubrio, forse perché Hagalaz ti sorregge con l'equilibrio che non puoi perdere. Il contachilometri sta per arrivare alla giusta velocità, e la vespa trema piano mentre finalmente - in un vicolo più nascosto e poco trafficato - recuperi Marco. Lo affiancate, e sei sicuro sia lui anche se il suo aspetto è diverso. Come se fosse cresciuto di dieci anni in qualche minuto. I capelli sono meno ribelli, gli abiti sono scuri, il sorriso è sghembo, più un ghigno doloroso. Gli occhi, oh, quelli sono completamente velati. Non porta gli occhiali con cui l'hai visto fino a poco fa.
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Indossa un orecchino scuro, e si è anche alzato di qualche centimetro, snellendo la figura. Sembra più sottile, e rivolge a te uno sguardo di crudele sfida, urtato dal modo in cui stai riuscendo a superarlo. Ancora un po' e lo tagli prima di lui il traguardo. La vespa trema. «M-Marco...» sussurra nella tua testa. «No-non fargli male»


[**in italiano]
[numerico] = spiegazione dei dadi.



Per questo turno ti sono concesse due azioni.


 
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È una gran fortuna che questa benedetta ragazza faccia di tutto per non stringersi a me. Un parallelismo che mi rimanda a Nieve sulla mia moto e che mi sembra lontano di secoli, millenni fa.
In quel caso mi sono preoccupato di accostare per evitare che si ammazzasse, ma in questo voglio proprio sfruttare l’innata paura di cadere che gli esseri umani hanno e che a me, da quando sono falco, non appartiene più.
Ma per un momento questa paura mi coglie di nuovo. Il sangue nelle vene mi si gela, diventa scheggia di ghiaccio che percorre le vie del mio corpo, raggiunge il mio cuore stringendolo in una morsa che rasenta l’ibernazione.
Cavendish.
Mi manca il fiato mentre, senza neanche rendermene conto, stringo forte il manubrio della Vespa fino a sbiancare le nocche. La mia vista è appannata mentre rivedo quel maledetto ufficio dove la mia vita è andata in frantumi. Sento la rabbia montare, una furia cieca che mi fa desiderare di essere lì, in questo ricordo che non mi appartiene e che mi rimbomba nella testa come le parole disperate di Anna. Dio, quegli occhi, quei denti ferini: riconosco l’uomo che ho visto nelle foto e il suo volto deformato dalla malignità mi porta a pensare che, se Seth avesse un volto umano e non da cane, John Cavendish sarebbe il suo ritratto più riuscito.
Quando ritorno in me spalanco la bocca come se riemergessi da una nuotata in apnea, senza rendermi conto di cosa diavolo sia successo. Sbatto gli occhi rendendomi conto che se sono ancora qui e non sono scivolato giù dalla sella è solo per merito di Hagalaz. Aleggia nel vuoto tra le particelle dell’aria, mi sostiene senza distruggere e se fossi appena più lucido e meno concentrato sul vincere questa cazzo gara, me ne renderei conto e ne sarei sbalordito, visto il prezzo che di solito chiede per essere chiamata.
Ma io devo arrivare in Egitto, ora più che mai: Cavendish non mi vuole lì per un motivo e mi gioco tutto quello che ho che la Piramide di Djoser è la chiave.
Sbatto le palpebre, guardo davanti a me ma percepisco Marco con inquietudine. Mi volto appena per rendermi conto che lo sto superando e in un qualche strano modo non mi sorprende di vederlo totalmente diverso. Non dopo quello che ho udito. Non so cosa sia il *Velo Vivente*, un termine che non riesco a tradurre, ma se questa ragazza è pronta a scendere a patti con uno come John, buono non dev’essere. In fondo, non ha detto che è ibridato? Con chi e con cosa? Mi sfugge ma ora capisco perché ho sentito quel brivido, prima.
No, col cazzo che perdo, ragazzino di merda.
Con la mano sinistra, la dominante e più forte, raggiungo il polso di Anna che per fortuna è proprio vicino al mio. Non ha stabilità sui piedi, lo sento da come vacilla e dalla tensione delle sue braccia. Stringo forte, un po’ per tenermi in equilibrio, un po’ per impedirle di fare qualcosa. Può urlare, ma a quel punto cambierei piano.
« Stai ferma e zitta e non lo ammazzo. » Le rispondo, approfittando della sua vicinanza affinché mi senta lei e non Marco. Mi fanno pena, in fondo. Chi sono io per giudicare le sofferenze altrui? Ma, per Amon, non devi metterti contro di me. È un miracolo se non vi faccio fuori entrambi perché so che ne sarei capace. Soprattutto dopo la visione del volto di Cavendish che ancora infesta la mia mente come un poltergeist. Una possibilità, tuttavia, si concede a tutti e poi… c’è qualcosa che proprio non mi piace con questa storia del *Velo*.
Controllo velocemente la strada. Anna non deve intromettersi mentre stacco la destra dalla maniglia e cerco di estrarre la bacchetta dalla tasca.
Io devo vincere.
– Al momento giusto il mio braccio scatta verso la testa di Marco, approfittando del sorpasso e della rabbia che percepisco nel suo sguardo crudele.
*Confundo* La Magia deve sostituire il ghiaccio in circolo nel mio corpo, attraversare il polso rigido e raggiungere la tempia del mio avversario. Mi basta poco, anche solo mezzo secondo di smarrimento, uno sbandamento di pochi centimetri per lasciarlo indietro e approfittare dello scarto per aumentare le distanze.

Non sei l’unico a barare, ragazzino.

– Tell me would you kill to prove you're right –

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore]
▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura]
All'interno:
– Generi di viaggio.
– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
– Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici.
– Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest]
– Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2]

▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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from: fori romani → to: "Il Cairo"
Ovunque tu vada, la voce di John Cavendish rimbomba della tua testa. Ti perseguita, Horus, da quella volta in cui per poco non ti sei ritrovato viso a viso con la sua crudeltà. Ed ora, beh, ora l'hai percepita come catrame innestatosi nei ricordi di Anna.
Non poteva essere tutto solamente un caso, un momento isolato senza connessioni. Il tempo è propizio, e per quanto non ti piaccia ammetterlo: qualcuno ha provato ancora a manipolarti.
Qualcuno convinto che la tua libertà sia tutt'ora un problema, e così il modo con cui la eserciti. Ringhia più forte o rischierà di non sentirti, di non irrigidirsi come fa Anna.
Le tue sono minacce e per nulla velate, ma in qualche modo non bastano. Non sembra che tu stia colpendo un punto fresco, tutt'al più ti accanisci su una carcassa lasciata al sole, lacerata dagli avvoltoi.

La ferita di Anna è vecchia, stantia, riaperta dopo quasi due anni. Due anni in cui Marco non c'è stato, in cui lei si è disperata. Due anni al servizio di un uomo dalle abitudini crudeli ed i modi meschini.
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«Ora non cambierebbe più niente» affranta, sospira qui dietro, e la chiude da sola quella connessione di voci nella testa, come lo strappo di una frusta. Non può cambiare nulla, perché permetterti di andare via le costerà comunque tanto caro quanto rischiare che a rispedire Marco oltre il velo sia tu. «Hai vi-» Hai vinto? Forse, si, ma per accertartene tu vai oltre, Horus.

Tu spingi la vespa al suo limite, la sua vibrazione richiama un piccolo risucchio nauseante, tanto simile allo strappo della smaterializzazione, ma che ancora non ti porta via.
L'incantesimo, il tuo osare contro Marco, fa ciò che deve. La bacchetta che ti sta accanto da anni, non perde un colpo anche con tutte le difficoltà di una corsa costante, mobile. Lo colpisci, anche se non con precisione, arrivi a confonderlo quanto basta a vederlo perdere il controllo della vespa. Te lo ricordi, Horus? Te l'ho detto che è sempre questione di attimi. Attimi in cui si approfitta di una strada più simile ad un vicolo, una in cui in pochi possano vedervi, ma che Marco non può imboccare.

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«NO NO NO!» «MARCO!» Le loro voci si uniscono, sovrastandosi in un coro senza un vincitore. Beh, a parte te. Tu hai vinto. Vinci quando la vespa di Marco si piega. Vinci quando il ragazzo finisce a raschiare l'asfalto con una gamba, e questo non fa che agitare Anna. Ti pulsa una tempia.
E lei, Horus, si butta. Fuori dal tuo controllo. Si lancia verso il fratello che scivola ancora incastrato nella vespa, facendo leva sulla manopola, spingendo la tua vespa di lato. Lo stridio delle ruote, perché Marco andava troppo veloce, ma certo non era la prima volta per lui.
«MARCO RALLENTA!» Puoi riconoscere ancora la voce di Anna, ma con la paura suona il divertimento. Una risata, quella di Marco, a cui lei si sta stringendo. Sono in vespa, quella trasandata che si è preso per gareggiare con te. Sono felici, lui vestito come l'hai visto poco fa, sorride. Non hanno il casco e Roma è trafficata. Marco è un incosciente, lo sa fin troppo bene, ma quell'adrenalina lo accende. E più sua sorella grida, più lui la spaventa.
«E' che sei una PIPPA!» le grida, voltandosi piano.
In quello, perde il controllo.
Le ruote stridono, entrambi gridano. Lui fa come può per gettarsi distante con lei, perché il colpo - nell'adrenalina muscolare - non la ferisca. Una macchina, però, arriva prima di ogni premura. Anna, ricorda solo un grido, un altro schianto ed il buio. Non ha più visto Marco sorridere.
Però è questione di attimi. Attimi in cui si ritrovano, in cui a Marco non succede nulla, la vespa si ferma contro un muro in quella via, ma niente altro. Niente segni su di lui, se ti voltassi a guardarlo lo vedresti rimettersi in piedi, e mandarti a fanculo. Ma vedresti anche Anna corrergli incontro ed abbracciarlo tanto stretto da soffocarlo

Attimi in cui tu vinci, Horus.

Vinci un passaggio che questa vespa alla fine sa darti. Vinci lo strappo netto in petto, che ti porta via da li. Ti accoglie una luce più spenta, di un blu rosato dal tramonto. Il tuo corpo è fermo, sei in piedi tra le vie strette di un suq. Fa caldo si, ma un refolo di vento si innesta per metterti in guardia dell'escursione termica, respiri. Il vociare, il tintinnio dei campanelli appesi a bancarelle e gonne. Tu sai dove sei. Confuso, stordito, si, ma sei al Cairo. Se ti concentri bene, appena gli occhi si ambientano ed il corpo si assesta, puoi vedere che c'è anche la "tua" vespa. Incastrata in una bancarella distrutta. Il mercante ti guarda, agita le mani con rabbia. Il tuo arrivo ha fatto rotolare le sue arance ed i suoi limoni per tutto il viale. Sta venendo verso di te, abbigliato come i maghi d'Egitto.





 
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Trovo che ci sia qualcosa di profondamente disturbante in ciò che ho visto e sto vivendo. I ricordi di Anna mi travolgono ancora con fastidiosa insistenza, ma non posso fare a meno di pensare: che cosa cazzo ti salta per la testa di usare, di nuovo, ciò che ha quasi (…quasi?) ucciso tuo fratello? Non riesco a spiegarmelo. Il dubbio però su ciò che ho visto, l’improvviso cambiamento e le parole di Cavendish sull’oltre quel velo cominciano a rodermi come un tarlo. La parola usata da Anna, velo, suona molto simile al termine inglese per “velo”. Velo vivente, ripeto nella testa sovrapponendo i pensieri ai ricordi di lei. Oltre il velo… non intenderanno veramente la morte? O forse il coma? A giudicare da quanto sto vedendo tramite Anna, mi sembra più probabile l’ultimo.
Assisto a quell’incidente come se io fossi stato lì, non fatico a riconoscere la sbruffonaggine del ragazzino che, ancora una volta, gioca a suo sfavore: lo vedo volare oltre la macchina, scivolare a terra come un’anguria matura. È un’immagine che mi riporta alla mente quanto appena vissuto, quando il mio incanto lo spinge a sterzare, sbandare e a capitombolare giù. Non biasimo –e non fermo– la ragazza quando si lancia giù dal veicolo e, tra l’altro, non mi volto nemmeno. Onestamente cari fratelli, non mi interessa niente di voi due e se vi siate spalmati sull’asfalto o meno non è affar mio.
Non voglio avere niente a che fare con qualcuno che ha contatti con Cavendish e proprio mentre sento il fastidioso strappo all’altezza dell’ombelico, mi chiedo… come ci è arrivata Anna da Roma all’Inghilterra? Come ha conosciuto quell’uomo?

Mi catapulto al Cairo e non ho bisogno di aprire gli occhi per rendermi conto del cambio di scenario. È l’odore ad accogliermi ancor prima della vista e dell’udito che raccoglie, improvvisamente, non più il rombo storto della Vespa, ma il vociare confuso, cacofonico di mercanti che invitano alle proprie bancarelle, urlano prezzi per attirare gli avventori a comprare da loro, aprono rotoli di stoffa per mostrare la bellezza dei colori della robbia e della lawsonia, agitano boccette piene di erbe utili per qualsiasi tipo di pozione; sento il pizzicare delle spezie, il calore del Sole d’Egitto a scaldarmi la pelle, la brezza calda proveniente dal porto a sfiorarmi i capelli come la mano di un vecchio amico; è il profumo dell’incenso e della mirra, di arance e limoni maturi.
… Oddio, forse troppo maturi.
Sbatto le palpebre e apro gli occhi, portandomi una mano per schermarli della luce forte del Sole che per un momento mi acceca e barcollando appena per l’atterraggio instabile, ma tutto sommato decoroso. Capisco subito di essere in un suq, ma non faccio in tempo a guardarmi intorno che noto la maledettissima vespa a terra, proprio sopra un banco colorato di frutta dai colori vivaci. Arance e limoni, proprio quelle la cui fragranza agre mi ha accolto, rotolano sparse come tante palline per la stradina labirintica del mercato. Alzo gli occhi al cielo, ora massaggiandomeli fra indice e pollice. Quel dannato mezzo continua a fare danni. Preso da un moto d’ira, con ancora la bacchetta in mano dall’ultimo incanto, la punto verso la Vespa.
Fosse per me le darei fuoco, ma sono nel mezzo a, forse, uno dei luoghi più affollati del mondo e mi basta uno sguardo veloce per abortire immediatamente l’idea. A dirla tutta, prima di prendere qualsiasi decisione, a trattenermi è anche una voce irosa che mi spinge ad abbassare in fretta la bacchetta. Mi volto ed noto un uomo venirmi incontro: preso dalla rabbia non ho ragionato affatto sul trovarmi o meno già nel quartiere Magico del Cairo, ma mi basta riconoscere i suoni rochi della nostra lingua e la tunica in lino, piuttosto grezza, che l’uomo indossa. Non è altro che un umile mercante, giudico dalla semplicità del suo vestiario e non fatico a riconoscerlo come il proprietario di questa sfigata bancarella ed che io, con la mia comparsata, devo avergli appena distrutto una settimana di lavoro.
‘Sto viaggio già mi ha rotto le palle.
Alzo la mano in segno di scuse, non ho alcuna intenzione di attirare più sguardi di cosi perché non c’è un uomo o donna o bambino che, passandoci davanti, non lanci occhiate curiose a noi e al banco distrutto. Ho persino visto un ragazzino rubare un’arancia caduta e ficcarsela fra le pieghe del gonnellino di lana.
« Scusami, gentile signore. » Non perdo nemmeno tempo a pronunciare mezza parola in inglese ed in effetti nemmeno mi sale alle labbra come lingua: qua è un miracolo se qualcuno capisce mezza parola. Mi mancava parlare così, ultimamente comunico solo in demotico con mio nonno e ieratico con quella rompipalle di mia nonna. La mia pronuncia è sgombra da alcuna contaminazione copta che la mia famiglia non ha mai visto di buon occhio. Mi chino a raccogliere un limone, giallo come il sole. Il suo aroma pungente mi solletica le narici.
« Ti prego, permettimi di rimediare. Fammi un prezzo e comprerò tutta la tua merce. » Piego la testa di lato, in segno di gentilezza, e abbozzo un sorriso. Già mi vedo arrivare da Meresankh con un baule pieno di agrumi profumati.
Ecco qua, cara nonna, ti porto in dono una tonnellata di limoni, acidi come te.
Istantaneamente bannato dal tempio.


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– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
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▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore]
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All'interno:
– Generi di viaggio.
– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
– Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici.
– Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest]
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▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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"Long Cairo Suq - City "
Il Cairo profuma di casa, di spezie lasciate intiepidire al sole. Profuma di stoffa che strofina lenta tra un cittadino ed un turista. Profuma di quel sentore di sabbia che si infila dolcemente oltre i vestiti e solletica la pelle. Ad occhi chiusi, Horus, il Cairo è libertà.
Una libertà che ti sta per venire negata dall'uomo che - inforcando un bastone - ti viene più vicino. Di certo non si aspettava che tu parlassi una lingua simile alla sua, era pronto a darti contro sapendo che non lo avresti compreso.
Invece il suo volto si indurisce e con un gesto secco di strappa il suo limone della dita. Non ti parla, non si fida di aprire bocca, ma ti osserva i i muscoli delle braccia.
Sembra ti stia valutando, forse come forza lavoro. Ci ragiona, si. Fa un passo indietro, entra di profilo in quello che dev'essere uno degli ultimi raggi di sole prima della sera.
Il riflesso sul medaglione che porta al collo, ti acceca qualche istante. Il tempo che serve ad una figura agile per darti le spalle inserendosi tra voi due.
Parla, ed è quando lo fa che ne riconosci nitidamente il tono. E' sicura, solida ma dolce nel rabbonire il mercante. Si piega per risollevare una cassa, poggiandola con cura accanto all'uomo dubbioso.

[6] «Ripaga il Tempio, Nobile mercante» lui, ringalluzzito dal complimento, si ritrova di nuovo incapace di dire una parola che sia una. Annuisce e - nel farlo - si lascia aiutare dai suoi vicini di bancarella per tirare su tutto. Basta un tocco lieve di bacchetta della giovane donna, e la vespa incastrata tra le macerie si fa sabbia. E con la stessa velocità, Sitra ritrae il catalizzatore affilato. Così poi ha modo di voltarsi verso di te. E lasciarti ammirare il suo viso. Questi capelli raccolti e morbidi, il profumo di spezie delicate che indossa. Mai asfissiante come il cocco, né duro come le singole foglie di tè: anche se un po' lo ricorda.

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«Così a Londra hai perso di nuovo le buone maniere? Ci hai messo poco stavolta»
Chiediti pure se si riferisca a quanto poco tempo hai impiegato a perdere le buone maniere o quanto poco ci hai messo a tornare a "casa". D'altronde tu le sue radici le conosci, così come conosci le curve del collo, dove gli orecchini dorati sfregano anche quando sta ferma. E Sitra è ferma, Horus. Ferma davanti a te mentre il resto del mercato torna ad animarsi, come se prima - con il tuo arrivo - si fosse fermato il tempo, incastrato in una bolla che ora scoppia.

«Non sei arrivato con il passaggio adeguato, la Sacerdotessa Madre-» ultimamente dacché ne sai, non la chiama più per nome. Una volta con te lo faceva, una volta osava quasi lamentarsi della rigidità di tua nonna, o di quanto lei volesse che tutto fosse perfetto e sotto controllo. Ora neanche quello. Nei suoi occhi tuttavia non sa esserci freddezza austera. No, Sitra ha gli occhi scuri e dolci, screziati d'oro al tramonto e perfino agli occhi della Luna.
«- ti ha rintracciato qualche minuto prima che arrivassi» continua lei, ignara di quale sia il motivo che ti ha spinto a giungere in un modo così poco convenzionale. «Andiamo a piedi» ordina, a malapena addolcita.


[numerico] = spiegazione dei dadi.
1d10: 6
Inviato il 4/5/2023, 22:16 Horus Sekhmeth





 
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