Seuz., Privata

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view post Posted on 5/5/2023, 19:41
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My idea of 'help from above',
is a sniper from the roof.

Ha cominciato a piovere.
Le gocce d'acqua si susseguono lente, come lacrime impigliate fra ciglia. Bagnano la pelle delle mie braccia e la fattura di una maglietta sottile. Maggio ci inganna con le sue giornate soleggiate, e alla fine raccoglie l'uggia dal mondo per trasformare il cielo all'improvviso.
È grigio, e se il sole mi ha permesso un sorriso ora la pioggia mi induce a chiudere ogni finestra.
I tetti spioventi del borgo magico lentamente cominciano a riempirsi di lacrimoni, le strade di pozzanghere. Mi riparo sotto un portico, il tempo che la gita termini e i ragazzi si raccolgano in un sol punto in attesa di prefetti e caposcuola.

Sono sparito dai radar un'ora per andarmi a rintanare fra gli alberi di nocciolo oltre i vicoli stretti. La boscaglia di piena primavera è fitta, e ti racchiude come un mantello della disillusione.
In questo periodo ricerco la natura. Il suo silenzio mi distoglie dal brusio nella testa. Solo quando mi metto davvero ad ascoltare il respiro delle foglie mi rendo conto di quanto chiasso essa produca, e al contempo di quanto io sia in grado di ammutolirmi.
Il mio intento era quello di studiare. No, non per le lezioni. Quest'anno che volge al termine mi sta privando di ogni tipo di energia, e sono saturo. Seguo troppi corsi, non riesco più a rendere come prima. I miei voti sono scesi. Non di tanto alla fin fine. C'è un meno qui, uno là, ma sono più lento ad alzarmi dal letto quando si tratta di scrivere un rotolo di pergamena. Procrastino, e mi riduco all'ultimo minuto.
Preferisco impiegare le poche energie che mi accompagnano durante la giornata ad andare oltre. Ci sono sempre quelle note a margine dei libri di scuola che ti attraggono più dello stesso contenuto dei capitoli, ma che i programmi scolastici non approfondiscono. È ingiusto, eppure è proprio questo senso di mistero —è troppo dire proibito?— che mi attrae.
È il Corpus Ermeticum che mi accompagna. Pagine strane, quasi da storcere il naso, trovate in un tascabile con qualche altro scritto arcaico in una bancarella a metà prezzo. Alchimia è fonte di ispirazione per bibliografie dubbiose, che ti fanno chiedere se sei tu l'idiota che non capisce niente o se lo fosse lo scrittore. Ma gli scrittori sono sempre nomi noti e venerati, proprio come Ermete Trismegisto, Thot, Mercurio, o come diavolo si chiamava. Poteva non aver ragione?
Tutt'ora, sotto questo portico, non fanno altro che risuonarmi in testa le sue lodi a Dio —quale Dio?

La conoscenza consiste nel solo desiderio di conoscere più profondamente la divinità mediante una contemplazione incessante e una santa devozione.

Rabbrividisco. Un po' per le goccioline gelide assorbite dalla mia maglia, un po' per il quantitativo esorbitante di volte che ho dovuto leggere questo nome: Dio. Più delle volte che ho evitato di pronunziarlo nella chiesa del convento.
La domanda che mi affligge è: quanta religione deve esserci nella pratica alchemica? Sento una profonda delusione farsi largo fra le mie idealizzazioni infrante. Mi stavo appassionando alla materia, ma ora che ho aperto gli occhi sui suoi scritti non si fa altro che discutere su quanto Dio sia grande e in grado di salvarci.
Dio non ha mai fatto niente per me. Non lo ha mai fatto e non lo avrebbe mai fatto se fosse esistito, dato che sono un reietto raccolto da un manipolo di suore. Non credo potesse andarmi peggio.

Il grigiore del tempo rispecchia il mio umore. Il maltempo mi deprime, ma ancor più le mie speranze disattese. La pioggia ora cade più fitta e invade l'aria. Non c'è traccia ancora dei miei compagni. Forse sono arrivato troppo presto.
Il vento, prima solo un lieve spostarsi delle correnti, inclina gli spilli d'acqua rendendo vana la mia copertura. Divento fradicio in breve, allora decido di avventurarmi in cerca di qualcuno.
C'è un gruppo di ragazzini da Mielandia. Mi affaccio alla finestra ed uno mi nota. Gli indico il polso per ricordargli l'ora, ma lui mi guarda con una supplica e sento la sua voce, attutita dai vetri, dire che è presto. Sbuffo. Faccio per entrare, ma uno dei commessi mi guarda con orrore. Stizzito, torno in strada. Manco intendessi scotolarmi l'acqua di dosso come farebbe un San Bernardo.
La pioggia ormai cade a fiotti. È troppo tardi per farmi un Impervius. Il boato di una crepa abnorme risuona nel cielo, lontana. Questa situazione mi innervosisce. Mi fa tremare. È gelo, è nervosismo. La carica elettrica di un corpo sollecitato.
Devo trovare un luogo all'asciutto dove non posso insozzare la merce. Forse i Tre Manici o il Testa di Porco. Mi dirigo verso quest'ultimo, il più vicino, con il capo incassato fra le spalle. I miei libri in borsa saranno fradici. Persino Dio, con tutte le volte che viene menzionato da Ermete, si sentirà l'acqua fin dentro le mutande.

Giunto alla periferia del villaggio, affiora la campagna. L'erba prende il posto del selciato ed è smossa da turbini d'aria che per poco non fan cadere pure me. L'insegna appesa del Testa di Porco sbatte furiosa contro le pareti del pub, si fa notare subito non appena svolto l'angolo.
Il sollievo mi pervade. Corro in direzione dell'ingresso. Il fragore del tuono, però, non riesce ad avvertirmi in tempo, ed il fulmine cade a qualche centinaio di metri da me, nel bosco di querce sul pendio.

Non sento più niente. Non vedo più niente. E' bianco, gelido, infuocato. Una valanga di dolore mi attraversa le cellule. Stringo gli occhi accecati, li copro con le mani, il respiro mi si mozza in gola mentre l'acqua tenta di infiltrarsi nel mio naso.
Riapro gli occhi, faticando fra gli spasmi. Devo sbatterli per vedere la linea di fumo che si erge dalla boscaglia in fondo. Le fiamme sono soffocate dalla pioggia.
Non riesco a muovermi. La pioggia continua a scorrermi addosso mentre rimango immobile ad osservare con occhi spalancati il fuoco che si spegne e il dolore che scema dal mio corpo.

«Forse è meglio entrare. Che ne dici?»
Il tempo è ingannevole, scorre a modo suo nella nostra testa. Quanto tempo sono rimasto qui?
I miei occhi spalancati ora guardano un omino canuto e barbuto che sbuca dalla porta del pub.
«Avanti, muoviti!»
Aziono un piede, poi un altro. Non sento di star camminando sulla terra, non sento di essere nel presente. Tutto sfugge, mi spinge via. Barcollo sullo scalino e oltrepasso la porta. La penombra del locale rinfranca le mie iridi vuote.
«Hai la faccia scioccata, ragazzo. Avevi già fatto la doccia?»
Il vecchio tira una sedia da sotto un tavolo e mi fa cenno di sedermi. Io non sento alcuna ragione per oppormi. Lascio cadere la tracolla e mi accascio sulla sedia, sgocciolando ovunque e tremando come una foglia.

 
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view post Posted on 6/5/2023, 16:21
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Non li cercai, quando gli istanti fiorivano:
i tuoi occhi non li cercai.
Ma adesso, ci tormenta il ricordo.

U n raggio di sole fa capolino dal cielo improvvisamente coperto di nuvole. Doveva essere una bella giornata, ma così veloce come si susseguono i pensieri, le nuvole hanno preso posto intorno alla luce, osteggiandone la vista. Lo avverto comunque, in quei bagliori sconnessi, il calore. Nonostante la minaccia di pioggia e le prime gocce che bagnano la terra, so che il sole è ancora lì, immobile dietro alla sua schiera di grigi. La primavera arranca, ma le tracce della sua comparsa sono evidenti, la natura si risveglia e con essa il caldo abbraccio della terra sembra avvolgermi tutta d'un pezzo.

Siamo in gita ad Hogsmeade con gli studenti e per qualche motivo sembrano tutti incredibilmente eccitati di prendere una boccata d'aria. Sarà che gli esami sono alle porte e la gente cerca di scaricare la tensione al meglio che può, sarà che i primini sembrano sempre così felici di qualsiasi novità, il loro entusiasmo è così pieno che mi coinvolge. Mi lascio trasportare dal ritmo delle loro risate fragorose, sebbene abbia un ruolo istituzionale in questo momento, non significa che debba stare sempre sull'attenti, non è nella mia indole.
Una ragazzina di Tassorosso mi porge una margheritina, trovata al bordo della strada, lo fa con un grosso sorriso, le guance piene ed arrossate, tanto che faccio fatica a non intenerirmi. Li vedo quegli undici anni, nel riflesso dei suoi occhi. Mi piego sulle ginocchia per avvicinarmi a lei.
<< Non ho ancora abbastanza galeoni per prenderti un regalo, ma questo è per te Alice! >>
Le sorrido, scompigliandole i capelli sulla testa. E' uno dei pochi gesti disinteressati che non mi capita di ricevere da un po'. Vuole a suo modo ringraziarmi per averla aiutata, pur essendo parte dei miei compiti di prefetto, è una cosa carina.
Afferro il fiorellino e lo porto tra i capelli. Poi la vedo allontanarsi di corsa e raggiungere i suoi compagni. Chissà come si ritorna così spensierati, forse bisogna limitarsi a raccogliere margherite ai bordi del prato.

Mentre giro tenendo d'occhio il gruppetto, avverto la pioggia arrivare senza preavviso, tutti si stringono sotto agli ombrelli, i più esperti sanno già qualche incantesimo per isolarsi dalla pioggia. Insieme ad altri prefetti ci adoperiamo per ritornare il più presto possibile verso il castello, il tempo sembra star impazzendo tutt'a un tratto. Ognuno di noi ha un compito, il mio è di andare in ricognizione per vedere se qualche studente è rimasto indietro o se è così carogna da essersela svignata, dopotutto sono un'esperta in merito. Avverto le gocce di pioggia bagnarmi le gambe e i lati della giacca ma sono troppo caparbia per utilizzare un incantesimo o un ombrello. Non sono mica fatta di zucchero, cosa vuoi che sia un po' di pioggia? Sarà che la mia metà babbana e tedesca mi impedisce di accettare le condizioni meteorologiche che mi circondano, sarà che c'è qualcosa nell'aria, un presentimento che mi tiene in allerta. Mi limito a camminare sotto i cornicioni dei negozi, anche se la pioggia non sembra voler diminuire, anzi.

Un tuono squarcia il cielo e mi ritrovo a sobbalzare, ma non per quello. La figura che mi trovo davanti è la più inaspettata possibile. Casey Bell si trova a pochi passi da me, ma non sembra nemmeno avermi visto tanto presa dai suoi pensieri, mentre io ancora una volta ho finito per vedere più di quanto dovessi. Ha uno sguardo come perso nel vuoto mentre tenta di proseguire verso il Testa di Porco, è così grondante d'acqua che mi fa pensare stia vagando senza nemmeno rendersi conto di dove stia andando. Perché, perché questa immagine mi disturba così tanto? La sento risalire fin sopra la pelle, è come se si iniettasse nelle mie stesse vene. Mi disturba, mi fa arrabbiare, mi fa ribollire. Non m'importa. Non è un mio problema. Questo è ciò che mi ripeto, mentre faccio dietrofront, tornando verso il gruppo di studenti. Mi sembra di percepire un freddo che prima non percepivo e ogni passo che compio nella direzione opposta sembra urtare ogni cellula del mio corpo. Non m'importa. Non è un mio problema. Mi ripeto, ancora una volta. Mi è stato messo ben in chiaro quanto la mia presenza non sia accettata, nè tantomeno gradita. E poi perché dovrebbe fregarmene qualcosa? Non siamo mai state amiche e mai lo saremo.
<< Sto meteo non promette bene, siamo rientrati giusto in tempo. Con questa viabilità sarebbe difficile perfino smaterializzarsi! >>
Dice qualcuno scherzando, mentre gli altri scoppiano a ridere aggiungendosi allo schiamazzo. Non so perché questa frase non sembra confortare il campanello d'allarme che continua ad urlare da qualche parte nella mia mente. Tra poco abbiamo un'altra delle allegrissime riunioni di staff, com'è che pensa di prendevi parte esattamente? Sbuffo sonoramente fermandomi di botto. Tutti mi fissano con un punto interrogativo sulla faccia. Cosa sto facendo non lo so manco io, sono impulsiva, questo è il mio problema. Non rifletto abbastanza sulle cose, mi lascio trasportare dalle emozioni come un ciottolo portato dalle onde del mare.
<< Ho dimenticato qualcosa al negozio. Proseguite pure senza di me. Tanto ci metto poco. >>
Mi volto senza dargli il tempo di rispondere e proseguo con una certa fretta esattamente nella direzione precedente. Non so perché sono così nervosa, né perché cazzo io stia tornando indietro. Per far che? Da impicciona indesiderata ancora una volta? Fatto sta che alla fine finisco per rincorrere la porta del testa di Porco col fiatone, la spalanco con più forza del necessario. Il mio sguardo si solleva sui presenti, cerca quello di Casey.



Edited by Nontiscordardime - 6/5/2023, 18:12
 
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view post Posted on 6/5/2023, 18:24
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«Mi senti ragazzo? Sei fra noi?»
La mia carne è percorsa da spasmi che non mi spiego. Sono seduto su una sedia di legno e grondo d'acqua. Non sono il reduce di una scazzottata, non ho infilato il dito in una presa. Nessuno mi ha colpito con un incantesimo, ma è come se lo avessero fatto. Di nuovo.

«Ci sei? Rispondimi.»

Dio, quel fulmine mi è caduto vicinissimo. Lo realizzo solo ora, pian piano, mentre gli occhi si connettono al cervello e vedono il vecchietto che mi ha aperto gironzolare attorno alla mia faccia. Provo ad annuire, portando in basso la testa tremante.
Dio, non ho mai provato così tanto dolore. Eppure niente mi ha colpito, non adesso.
Eppure posso giurare di aver visto Sirius in fiamme scagliarmi contro il suo incantesimo prima di sciogliersi. I miei vestiti erano bagnati e l'effetto dell'elettroshock mi è rimbombato nelle ossa. Il riverbero è così forte che non sento la mano che mi si posa sulla fronte.

«Suda freddo. Tieni, bevi un po' d'acqua.»
«Mi sa che è una ragazza, Jo.»
«Ah sì? Suda comunque freddo come fanno i maschi. Ho detto bevi, ragazzo!»

Il bordo di un bicchiere di vetro mi preme contro le labbra. Non riesco ad azionarmi subito, e il tremore ne fa cadere il contenuto a terra.

Dio, non era Sirius. Era un albero a star andando a fuoco. È stato l'albero ad esser colpito dal fulmine. È colpa dell'accecamento. Non c'è stato nessun attacco. Io non ho visto niente di tutto ciò.
Porto le mani al bicchiere e comprimo i palmi contro il vetro. Cazzo, non stanno ferme. Provo a bere. Butto giù un sorso. Cambia poco. Ne butto giù un altro. Non cambia niente.

«Dategli qualcosa di più forte!» Sento ordinare il vecchio. I colori stanno diventando più concreti, i suoni meglio scanditi. Nonostante questo, io non sono lì.
Com'è possibile che abbia risentito tutto quel dolore? È bastato un attimo per riproiettarmi sulla pedana della congrega, bacchetta contro bacchetta, e poi dentro l'esplosione. Ho visto Sirius bruciare, e subito dopo una lama di fuoco bianco mi ha attraversato di netto.

All'improvviso il pavimento, su cui tengo gli occhi fissi, si schiarisce. Riflessi luminosi vibrano sulla pozzanghera che si è creata all'ingresso.
«Eccone un'altra tutta zuppa!» Qualcuno ride. «La conosci?»
Mi picchiettano sulla spalla. Non riesco a badarci. Non sento chi sta parlando con me. I miei occhi sfarfallano perché sono ancora sensibili alle luci più forti. Li sollevo d'istinto verso il varco, su cui si staglia una sagoma ancora nera.
«Entra! Chiudi la porta che ci bagnamo tutti!»
La luce mi acceca e piego il capo. Stringo le palpebre e lentamente i colori riassalgono le superfici.
Per un attimo mi è parso di vedere Drinky. Ma no, non è possibile. È lontana, molto lontana. Questo schiaffo, però, mi induce a mettere a fuoco chi ho davanti.
«A-a-alice…»


Ssalve! c:
Come ho preannunciato in pvt, mi sono permessa di far dare a Casey dal mio png un bicchiere d'acqua.
Se questo richiede un costo mettetelo pure sul mio conto.
In ogni caso lui ha richiesto qualcosa di più forte per Cas (un grezzone). Magari un whiskyno?

 
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view post Posted on 6/5/2023, 20:11
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Non li cercai, quando gli istanti fiorivano:
i tuoi occhi non li cercai.
Ma adesso, ci tormenta il ricordo.

N on so cosa stia facendo. Non so perché mi sia precipitata con tutta questa fretta in quel maledetto pub, non so perché non riesca a scrollarmi di dosso questo nervosismo. L'unica cosa che so in questo momento è lo sguardo confuso di Casey. Il suo corpo tremare sconvolto. Non ho idea di cosa sia successo. Non so perché sia ridotta in questo stato, non so perché il destino ci faccia ritrovare sempre in queste situazioni in cui ci ritroviamo a rispecchiarci nell'anima dell'altra. Non so nemmeno perché chiami il mio nome, pensavo lo avesse dimenticato.
L'unica cosa che so è che ha bisogno di me. Il suono della sua voce mi spezza il cuore in due. Non importa quanto sia arrabbiata con lei, nè quanto voglia preservare il mio orgoglio, non posso frenare i miei movimenti, succede tutto così in automatico che sfugge dal mio controllo. Mi avvicino a lei, ignorando qualsiasi cosa stia dicendo la gente intorno a me. Grondo ancora d'acqua, ma non mi sembra di percepire nè freddo nè umidità. Mi chino sulle ginocchia, cercando di modulare la voce in un sussurro leggero. Non le chiedo cosa sia successo, sarebbe inutile.

[C'è gente che ci passa la vita
che smania di ferire: dov'è il tallone gridano, dov'è il tallone.]

« Sono qui.» La guardo, cerco di catturare la sua attenzione con il mio viso. Ha bisogno di concentrarsi su qualcos'altro, altrimenti i pensieri, qualsiasi essi siano, la divoreranno. Afferro il bicchiere dalle sue mani, e lo poggio sul tavolo. Occhieggio i presenti di farsi i fattacci loro.

« Vieni con me. »
Le porgo la mia mano. Tutta questa confusione intorno non aiuta. Ha bisogno di un posto isolato, qualcosa per riordinare i pensieri, adocchio con lo sguardo quello che sembra un retrobottega. Stigrancazzi che è limitato al personale, è un'emergenza, dovesse afferrarmi la mano è lì che mi dirigerei. Proverei a farla calmare, almeno per un secondo in uno spazio più racchiuso, dove meno occhi le sono puntati addosso.

[Sapessero che disarmato è il cuore, dove più la corazza è alta.]

 
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view post Posted on 8/5/2023, 00:07
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𝑤𝑒'𝑟𝑒 𝑎𝑙𝑙 𝑚𝑎𝑑 𝘩𝑒𝑟𝑒

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La primavera era arrivata. Tuttavia quel giorno emanava il tipo di atmosfera che la mora gradiva di più da quando lavorava al Testa di Porco. Grosse gocce d'acqua che scendevano veloci all'esterno erano ben visibili oltre le finestre pregne di polvere del posto, ove Lyvie - in quel momento - le fissava pensierosa. Di certo a quel pub non venivano associate maghi dall'animo buono, per cui la pioggia contornava perfettamente l'atmosfera del pub: aveva servito loschi tipi incappucciati, streghe con facce di chi aveva un piano diabolico da finir di elaborare, o comunque semplici ubriaconi solitari. Aveva già fatto il suo dovere, ora era in semplice attesa del suo prossimo cliente.
Un lampo, poi un tuono davvero molto vicino rispetto ai precedenti, e un viso conosciuto fece capolino all'interno del Testa di Porco. Casey, varcata la soglia, era zuppo da capo a piedi. Sollevò le sopracciglia Lyvie, sorpresa di vederlo arrivare per la prima volta da quando aveva cominciato a lavorare lì nel pub. Sembrava disorientato, qualcuno lo aiutò ad entrare e ben presto si sedette su una sedia, facendo piovere a terra goccioline di pioggia dagli orli dei vestiti indossati.
Guardandolo bene in viso, Lyvie si rese conto di quanto fosse sconvolto: non poteva conoscere il motivo, ma ciò bastò ad allarmarla. Cos'era successo? Di certo, non erano fatti suoi, ma poteva dare una mano da garzone.
Aveva avuto un contatto diretto con Casey tempo prima, tale contatto non fu dei più piacevoli ma, in fondo, non aveva nulla contro di lui. Forse, solo un po' di confusione circa la sua persona: non lo conosceva affatto.
Brandì il vassoio vecchio e consumato dopo aver riempito un bicchiere d'acqua fresca e, senza farselo ordinare da nessuno ma muovendosi da sola d'istinto, lo portò all'uomo che si stava occupando di lui. Non disse una parola Lyvie, ascoltò in silenzio la conversazione.

«Suda freddo. Tieni, bevi un po' d'acqua.»
«Mi sa che è una ragazza, Jo.»
«Ah sì? Suda comunque freddo come fanno i maschi. Ho detto bevi, ragazzo!»


E lì lanciò uno sguardo truce proprio dietro le spalle del pubblico formatosi in quel momento, ma - in fondo - non poteva aspettarsi altro dalla gentaglia del Testa di Porco. Era chiaro che tutta quella gente intorno non fosse proprio l'ideale per quella situazione. Se non altro, almeno si stavano occupando della sua incolumità. Casey tremava, sul viso di Lyvie quasi si poté scorgere una nota di preoccupazione nei suoi confronti. Poteva solo immaginare che cosa gli fosse successo. Le fu ordinato qualcosa di più forte, dunque si affrettò dietro al bancone del pub, alla ricerca di un po' di Whisky Incendiario che trovò praticamente subito.
Una testa dai capelli rossi che conosceva bene varcò l'ingresso a sua volta, di tutta fretta, alla chiara ricerca di Casey. Sollevò le iridi verdi al soffitto quando Lyvie vide Alice, sentendo in subbuglio lo stomaco per quanto la sua vista non la sopportasse affatto. Tuttavia, al momento stava lavorando, dunque non le avrebbe rivolto la parola.
Non perse tempo nel sistemare il bicchiere lungo e stretto di whisky, limitandosi a metterci un po' di ghiaccio dentro per poi portarlo direttamente a Casey, ignorando i presenti.
Alice gli porgeva la mano.

« Ecco. Offre la casa. »






Fanciulle, del whisky se ne occupa Lyvie :fru:
 
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view post Posted on 26/5/2023, 14:44
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L porta si richiude e i miei occhi vengono costretti ad abituarsi ancora una volta alla luce soffusa degli interni. Li stringo, li riapro, li stringo, li riapro. È un'illusione, oppure ci sono più persone adesso? Una, due, tre. O il mio cervello sta dando forfait, oppure ho attirato un po' di calca. Quest'ultima opzione mi innervosisce.
È solo quando riesco a mettere a fuoco che identifico le due nuove venute. Alice si spiega non essere una semplice apparizione, la storpiatura del desiderio di Drinky. Una Serpeverde, conosciuta di vista, che porge un bicchiere dal contenuto ambrato. Il fatto di riuscire a ricordarmi di aver già incontrato quest'ultima mi rassicura. Però continuo a tremare, e sento freddo. Vorrei ringraziarla, ma la mia voce esce a malapena.
«Avanti, bevi. Questo ti aiuterà di più.»
Sento spingermi nuovamente il bordo di un bicchiere contro la bocca e mi si costringe ad aprirla. Bevo, tossisco. Brucia, è forte. Ma è sollievo. La vista si acuisce, il respiro si dilata. Continuo a bere di mia spontanea volontà riuscendo a trattenere il bicchiere tra le mani.

I battiti rallentano. Sarà l'effetto scaldante dell'alcol, che fa diminuire i brividi e allarga il respiro. Il mio sguardo si perde ancora verso il basso e lentamente la ragione comincia a riprendere il suo funzionamento.
In questo momento di insperata lucidità, comprendo quanto non mi aspettassi di vedere Alice far capolino dalla porta. E quanto la coincidenza del suo arrivo combaci con la sensazione di sicurezza che mi ha pervaso, pari ad un abbraccio.
L'ho confusa con Drinky. I capelli rossi traggono in inganno in un momento di puro delirio, ma non credo si tratti solo di questo. La consapevolezza che mi trapassa come un lampo ora mi affligge e mi carica di vergogna.
Risento quella debolezza. Sono debole, ancora una volta, fra le sue mani.
Eccola che mi alza il volto e mi guarda coi suoi occhi comprensivi. Eccola che ricerca la mia anima frugando fra i demoni tentando di salvarmi.
Lo detesto. La detesto.

Ti detesto Alice perché, dopo Drinky, il tuo abbraccio è stato l'unico in grado di farmi sentire totalmente accettato e amato.

Mi prendi la mano e io la stringo. Annuisco come farebbe un bambino al seguito del suo adulto, e nel mentre mi chiedo perché anche tu non mi odi. Ti ho allontanata con grande indifferenza per non badare a questi sintomi. Cosa me ne faccio io della tua cura? Tu non puoi cambiarmi, tu rischi e basta. Non hai già visto abbastanza? Perché ti ostini tanto?
Una patina di lucore cade sui miei occhi sentendo una voce dentro di me ringraziarti profondamente per non aver ceduto anche tu, come tutti gli altri, alla mia distanza. Il mio egoismo —il mio istinto di sopravvivenza— non mi ha mai permesso di soffermarmi sulla domanda più necessaria.

E tu che cosa provi?

Ti ho seguita senza badare tanto a dove mi portassi, ma mi consola l'idea di non giacere più sotto gli sguardi dei curiosi. Quando ti fermi, mi lascio cadere contro la parete e comincio a scivolare. Il dolore trafigge i miei muscoli freddi, ma dentro un rinnovato calore spinge per uscire. Ti afferro e, se non ti opponi, non ti lascio più andare. Non voglio il tuo abbraccio, voglio darti il mio. Voglio darti qualcosa in cambio, anche se non è molto, anche se potresti ricevere di meglio da qualcun altro.
I pochi centimentri che ci differenziano in altezza mi permettono di poggiare una guancia sulla tua tempia, mentre trattengo il respiro per non scoppiare pateticamente a piangere. Non è mia intenzione farti male o costringerti, e mi imbarazza fortemente ciò che intendo fare, tanto che il cuore pompa a più non posso nella gabbia toracica.

«M-mi dispiace, Ali» sussurro in vicinanza al tuo orecchio. E l'elettricità mi pervade come se abbia appena preso la scossa.

 
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view post Posted on 26/5/2023, 23:12
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Ma adesso, ci tormenta il ricordo.

Osservo il viso di Cas mettere finalmente a fuoco il mio, i suoi occhi vagare dal delirio alla consapevolezza, inquadrano il mio viso, accarezzando parti di me che voglio tenere nascoste. Non so per quale maledetto motivo siamo destinate a questo, cosa esattamente ci porti a scavare dentro l'altra così in profondità, ma so di custodire un pezzo di lei dentro di me. Un pezzo che egocentricamente penso di essere l'unica a poter riparare. Qualcosa che mi appartiene.
Le afferro la mano perché voglio portarla via dagli occhi di chi non capisce, di chi non riesce ad afferrare cosa stia accadendo, con la fretta e l'apprensione di chi in fondo ha più domande che risposte. Perché sono tornata a cercarla? Perché non imparo mai dai miei errori? Perché non penso a quanto questo potrà ferirmi? È come se consapevolmente mi gettassi in un dirupo circondato da rocce appuntite. Il mio cuore maledetto è colto dalla fretta, afferra la sua mano, la porta dove forse sa di poterla custodire al meglio.

Lo sgabuzzino è buio e freddo e mi sembra dopo minuti interi, di iniziare ad avvertire la pioggia sui miei vestiti inzuppati. C'è un qualcosa di razionale che sussurra di pari passo nella mia mente di andarmene. È troppo pericoloso stare qui, al suo fianco. Mi volto appena, obbligandomi a muovere un passo o due nella direzione opposta ma avverto il suo tocco afferrarmi e tirarmi a sè. È come se il mio cuore perdesse un battito, lo stomaco si ricontorce su se stesso e rimango imbabolata in quella posizione per un'infinità di tempo che non saprei quantificare. Il suo calore mi avvolge, da dentro, da fuori, da tutte le parti possibili. Il suo cuore batte rapido, facendo eco al mio stesso. Tremo. Non riesco a capire più niente di cosa provo. Le sue parole mi perforano come una pallottola, sono sincere lo so ma dentro di me c'è una rabbia ed una disperazione incontrollata. La detesto. La detesto perché la sua macanza fa più male ora di sempre. Ora che avverto le sua braccia intorno a me, ora che i nostri vestiti sgualciti di pioggia si intrecciano, appoggiati al muro di un sudicio locale. La voce che mi esce è un sussurro sommesso, tra il profumo delle sue braccia che mi avvolgono.

P-Perché. Perché Cas?

Perché mi hai abbandonata, quando sapevi quanto avessi bisogno di te? Come hai potuto. Come? Avverto le lacrime raschiarmi la gola, mentre afferro un lembo della sua maglia, lo stringo. Vorrei distruggerlo, urlare, colpirti e dirti che sei una maledetta idiota, vorrei dirti che ti detesto ma so in fondo che non è così. In fondo so che anche colpirti lì sul braccio è un modo per dirti che sì ti detesto, perché ho bisogno di te. Perché sento di averti dato un pezzetto di me. Che ti appartiene.

 
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view post Posted on 27/5/2023, 08:49
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L'acqua mi scorre addosso trascinando via i pensieri. Un lampo ha bruciato via ogni incertezza. Si è innestato così in me il vuoto, pari ad un'illuminazione che piomba dal cielo e mi investe con tutta la sua potenza, ricordandomi quanto io sia fragile e umano.
Guardo al me di poco prima, che correva sotto la pioggia inveendo contro entità sovrannaturali in cui non ho mai creduto, ma di cui in fondo ho sempre nutrito un muto timore. Sono una diapositiva lontana nel mio tempo, e probabilmente ero anche un'altra persona, ora morta alla caduta del fulmine.
Vorrei dire che sia stato un caso e che leggi razionali predisponevano la successione degli eventi manifesti, ma una voce in me si è accesa ed urla al fatalismo a più non posso mentre ti stringo fra le braccia e l'acqua che gronda sulla nostra pelle erode le barriere.
«Ho avuto paura» rivelo. Parlo di te, come parlo di tutto il resto. Sulle mie iridi si specchia ancora la luce accecante che mi è caduta addosso, ma ancora ancora e ancora "paura" è la parola d'ordine per poter accedere alla mia vita e studiarla senza veli.
Ho avuto paura del rifiuto.
Ho avuto paura dei giudizi.
Ho avuto paura del dolore.
Ho avuto paura dei miei occhi.
Ho avuto paura della mia paura che mi induceva all'ira.
Ho paura adesso di parlarti e di scoprire che in fondo non te ne importa niente di me, che sei qui perché sei solo buona e hai bisogno di prenderti cura di un ammalato. Io non voglio farti pietà, non voglio essere la tua palla al piede che sollevi con orgoglio perché puoi farcela. Chiunque mi si avvicini e sappia vuole solo erigersi a mio salvatore e provare l'estasi di poter contare in tutto e per tutto per qualcuno. E se questi sono solo sogni della mia testa, allora dimmi perché ho sofferto tanto quando essi si sono stancati di me, consapevolizzandosi ancora prima del sottoscritto di una verità per me atavica?
«Perché non merito niente» dico. «Non penso che gli altri possano aver bisogno di me quanto io ho bisogno di loro.»
Mi fa male la gola perché non riesco a mandare giù l'ossigeno. È tanto tanto grande questo ostacolo, talmente grande è stata la determinazione necessaria a sorpassarlo, che sento gli spasmi tornare per via dello sforzo compiuto. Il bisogno di accasciarmi mi spinge ancora contro la parete e mi fa separare da te. La guancia è rigata dell'umido dei tuoi capelli, che ora ti cadono attorno al volto in spesse ciocche ramate unite dall'acqua.
Ti sei aggrappata con rabbia a un lembo della mia maglietta. Vedo le lacrime che scorrono sul tuo volto. Colgo resistenza e colgo delusione. Mi fa male. Mi fa male e anche mi stupisce, e forse mi da anche un po' di sollievo saperti in pena a causa mia. Avrei solo creduto che mi odiassi perché sono un incivile detestabile di mia natura.
Porto una mano alla tua guancia. Ti tolgo via una lacrima col pollice. Il mio sguardo è compassionevole, ora che capisco. Non mi fai pietà, non sei debole, non sei da curare. «Mi dispiace di averti allontanata» dico ancora. «Mi dispiace di non aver pensato a te.»

 
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view post Posted on 27/5/2023, 10:52
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Non li cercai, quando gli istanti fiorivano:
i tuoi occhi non li cercai.
Ma adesso, ci tormenta il ricordo.

M
i colpisce il suo volto, scavato da paure e demoni che so di non poter allontanare, cerco di farmi spazio in quel buio, ma non posso vincere. Sento che mi avvolge mentre tento di far da scudo per entrambe. La margheritina che tenevo tra i capelli mi pende a mezz'aria. La paura è una costante nella mia vita. La gente pensa che il coraggio sia l'assenza di paura, anche se in realtà è davvero la capacità di convivere con questa. Ma i sentimenti sono un qualcosa di incomprensibile ed ignorarli è più semplice che affrontarli. Almeno questo è quello che mi dico spesso, per andare avanti.
Quando avverto il suo corpo distaccarsi dal mio mi sembra di morire di freddo. Tremo dal gelo e dal panico di ciò che sta accadendo. Pensavo fosse una riconciliazione, ma forse questo che ci stiamo scambiando è un addio, non lo so nemmeno io. Era il mio cuore a parlare, là dove ora la mia mente si infiltra e setaccia quelle che sono le cose. Sento come se fossi anestetizzata, inizio a risvegliarmi e tutto tutto fa male. E una rabbia mi sale dentro come se improvvisamente andassi a fuoco.

No infatti. Non capisci proprio un cazzo, Cas. Non sai niente, niente.

E non ti interessa saperlo, mi dice una voce, forse più disillusa. È come una secchiata di acqua gelida. Perché sono così stupida. Perché continuo a offrirle il mio cuore, su un piatto d'argento? Sento un calcio nello stomaco come se il mio stesso corpo mi stesse dicendo di smetterla. Eppure Cas, come puoi non leggere nei miei occhi tutto, tutto il tuo valore per me? Avverto il suo tocco sul mio viso, è delicato e più intimo di quanto si sia mai stato. È una sensazione strana, solitamente sono io a cercare il contatto, ma questa volta sembra naturale per lei avvicinarsi a me. Non ho idea di cosa stia pensando. La mia presa non molla, si intensifica, perché non voglio piangere maledizione, perché sono arrabbiata, ma anche non voglio che smetta. Non so nemmeno quando sia stata l'ultima volta che ho pianto di fronte a qualcuno. Forse in infermeria, quella volta in cui sono quasi crepata, da quel momento di infinita debolezza dove ho avvertito la rabbia di Cas sovrapporsi tra di noi.

Sei un'idiota.

Perché pensi che gli altri non abbiano bisogno di te. Perché credi di non meritare nulla, quando meriti tutto l'affetto che da sempre ti è stato negato. Ma fai male, la tua rabbia, la tua indifferenza, la tua assenza, la tua ignoranza. Mi fai male.

 
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view post Posted on 27/5/2023, 15:17
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Sai del profumo del sole che brilla raggiante su una distesa di erba verde. Forse è per quella margheritina umida che sta per cadere dai tuoi capelli, che per istinto ti riaggiusto in una ciocca dietro l'orecchio. L'ossessione per la perfezione mi perseguita nei dettagli più infimi, ma mi muovo con titubante affetto. Come se tu possa spingere via la mia mano.
Sei ricolma di rabbia, e ti capisco. Benché tu sia leggera e non esplodi alla mia stessa maniera insensata, il tuo furore mi colpisce in pieno petto. È questo l'effetto che ti faccio. Se tu sei il sole, io sono le nuvole grigie che soffocano i tuoi raggi. Non dovrei abbracciarti né asciugare le tue lacrime. Dovrei solo andare via, lontano, come ho fatto con tutti gli altri.
Ma pure tu, no.

Non riesco a farlo. Ora che ti ho qui, tra le mie braccia, non voglio che ti allontani. Non voglio compiere lo stesso errore più di una volta. Mi sento un egoista a pensare questo, mi sento come se ti costringessi nella mia vita per stare bene. Non dovrebbe essere così, no? Non si dovrebbero trattenere le persone. Specialmente se in noi c'è del marcio che potrebbe farle stare male.
«Allora parlami. Fammi capire.»
C'è un che di disperato nella mia voce. Avrei voluto che tante persone mi dicessero questo, al posto mio.
«È stato un anno difficile per me.» Lo è stato davvero. Tutto ciò che tu non sai potrebbe spaventarti. «Ma quello che voglio non è essere guarito da te. Non sono un ammalato. Anzi, sì. Lo sono. Ma non voglio che tu stia con me per guarirmi.»
È fraintendibile ciò che dico. Mio intento è farti comprendere che, qualsiasi cosa tu faccia, non puoi cambiarmi. Non puoi vedermi sorridere da un momento all'altro, non puoi farmi smettere di dare ascolto ai demoni come se non esistessero, non puoi cancellare le allucinazioni. Non puoi uccidere il mostro che è in me.
«Mi basta che tu…»
Do una lieve spinta con la schiena contro la parete per darmi lo slancio. Tu ti aggrappi furente alla mia maglietta. Non comprendo se si tratta di una battaglia con te stessa per negarti la fisicità che vorresti. Non so nemmeno se la vorresti solo per continuare ad abbracciarmi o per prendermi a pugni. Dovrei intenderla come una minaccia? Ma hai sbagliato lembo, dovresti prendermi per il colletto. Così mi fai solo un piacevole solletico ai fianchi e fai rabbrividire la pelle già infreddolita col tuo contatto caldo.
Poggio le mani sulle tue spalle, risalgono sul collo, sopra i capelli bagnati. Mi fa strano starti così vicino, ma non è imbarazzo ciò che percepisco. Ho più paura che tu possa rifiutare la spinta protettiva che ho nei tuoi confronti.

«Mi basta che tu ci sia.»
Forse un tempo avrei detto queste parole urlando. Forse non avrei proprio detto queste parole. Avrei lasciato attecchire le mie emozioni al petto e, incapace di tradurle, avrei lasciato che il furore e la paura prendessero il sopravvento. È più facile così. Ma non è questo ciò di cui oggi abbiamo bisogno.

Sei un'idiota.
«Lo so.»
Non posso far altro che abbassare lo sguardo per qualche istante. Le mie mani inavvertitamente scelgono al posto mio e scivolano lentamente giù, sulla traiettoria dei tuoi capelli, mollando lievemente la presa. Esitano. Poi cadono lungo i fianchi.
Sì, sono un idiota. Forse mi sono spinto troppo oltre. Ho bisogno di riaccasciarmi lungo il muro per compensare la mancata tenuta delle gambe. Ma non è questo quel che voglio.
Indugio. Ti farei davvero così tanto male se per una volta mi prendessi quello che voglio anche se non lo merito?
I miei occhi sono sui tuoi, duri ma solo perché frugano in te, alla ricerca di un vago accenno di risposta, mentre un voce continua a gridarmi che devo agire. Ora o mai più.

 
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view post Posted on 27/5/2023, 18:30
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Non li cercai, quando gli istanti fiorivano:
i tuoi occhi non li cercai.
Ma adesso, ci tormenta il ricordo.

Mi sembra di aver smesso di respirare da quando sono entrata in quel maledetto retrobottega, le cose si sono susseguite ad una velocità inaspettata e non sono stata capace di controllarne nessuna. E' sempre così con lei. Non so per quale cazzo di motivo non riesco ad avere il controllo nemmeno su me stessa, la mia parte irrazionale prende il sopravvento e mi sembra di agire senza assolutamente nessun piano in mente. Sono arrabbiata per un casino di cose perché ha deciso di abbandonarmi, di tenermi lontana dalla sua vita, di sparire senza nemmeno una parola, ma soprattutto sono arrabbiata con lei perché ha una presa su di me che non ha nessun altro. Odio non avere il controllo sulle mie emozioni, mi spaventa a morte. Avverto ancora una volta il suo tocco intorno all'orecchio, dove ripone la margheritina che avevo perfino dimenticato di avere, assurdo pensare che sia uno dei miei fiori preferiti, così semplici da poterli trovare su un normalissimo prato. Sto lottando contro me stessa, se da una parte mi sembra di bruciare sotto ognuno di quei gesti di affetto, dall'altra sento il mio orgoglio che mi dice di andarmene, mi obbliga ad affrontare la razionalità che ho lasciato sulla soglia della porta del locale. Sono sempre stata brava a capire le persone e a leggere le situazioni, ma in questo momento penso di non avere il benché minimo indizio. Sono sorpresa dal suo tono, da quello che mi dice dopo come se in effetti fosse riuscita a cogliere ciò che nemmeno io era riuscita a capire all'interno del nostro rapporto. Ho sempre voluto proteggerla da se stessa, dal suo più grande nemico. Ho sempre cercato di salvarla. Come potevo girarmi dall'altra parte quando la vedevo soffrire in quel modo? Per qualche motivo non fraintendo nessuna della sue parole, mi è tutto perfettamente chiaro in quella nebbia indefinita tra di noi.

Smetti di allontanare, non ignorare e soprattutto smetti di pensare di non essere meritevole degli altri.

Glielo ordino parlando al plurale come ha fatto lei, senza aver la presunzione che possa voler cambiare questi aspetti di sé per me. Perché tra le cose che mi colpiscono e fanno male ci sono considerazioni come quelle in cui mi rendo conto di non essere nessuno nella sua vita. Rabbrividisco ancora per le sue mani che mi sfiorano il collo, i capelli, i miei occhi chiari cercano i suoi. Cosa vuoi dirmi Cas? Vuoi che stia al tuo fianco? Perché? Perché mi stai così vicina? Le tue mani che risalgono suoi miei fianchi, mi fanno sentire di essere fatta d'aria, poi il tuo peso cambia e la schiena si poggia contro la parete. Mi sbilancia per un secondo. Non so nemmeno come faccia a reggermi in piedi. Mi guardi con un'intensità che non ti ho mai visto negli occhi e lo stomaco continua a contorcersi.
Vorrei parlare ma non riesco a formulare nessuna parola. Qualcuno metta fine a questo tormento. Qualcuno lo lasci proseguire all'infinito. Forse questa volta tieni più tu le redini di me. Ed io che pensavo di venire a soccorrerti.

 
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view post Posted on 28/5/2023, 14:11
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Curioso come tu oscilli sotto ai miei occhi. Appari immersa in un limbo, e mi ci trascini dentro in un gorgo d'estasi al solo pensiero che tutto questo sia a causa mia. Quanto sono narciso. Non lo avrei mai detto.
Ti ho vista protenderti non appena mi sono leggermente allontanato, ti ho vista pendere nella mia direzione come se io fossi la tua calamita e tu fatta di ferro irriducibilmente attratto ma resistente. Forse mi diverte un po', e fatico a trattenere un sorriso incredulo. Vorrei poter giocare con questa evidenza. Testarla, saggiarne gli estremi e compiacermi. Di qualsiasi cosa si tratti, il tuo respiro sospeso è per me carburante. I tuoi occhi fissi nei miei, incerti e in cerca di risposte, sono la preda di cui ho bisogno.
Borbotti con furia i tuoi ordini. Signorsì, tenente Wagner. Come vuole lei. È quasi tenero il modo in cui ti disperi e racchiudi in un capriccio le richieste che hai per me.
Mi verrebbe da pormi sull'attenti e di farti il saluto militare, ma non è questa l'ora di giocare. Nemmeno con i tuoi battiti.

Rimango immobile, con le spalle poggiate al muro. I nostri volti sono legati da un sottile filo argenteo che si tende ogni volta che creiamo un minimo di distanza. Tira, brucia, infastidisce.
Soppeso il tuo rimprovero. Devo smetterla di allontanarmi, devo smetterla di ignorare, devo smettere di pensare di non essere meritevole degli altri.
Quanti obblighi, quanti "devi". Quanto è necessario fare per non rimanere soli? Ma il vero punto è, Alice, che se io vuotassi il sacco tu scapperesti. Per questo non voglio parlare. È meglio tenerti a distanza, come tutti gli altri, e farvi credere che io sia solo uno stronzo.
Tu non sai le ore che ho passato a sperare di non dover più provare niente. Ho rinunziato ormai alla possibilità di essere una persona capace di saper stare con gli altri. Di poter vivere sereno, senza allucinazioni e mostri che mi perseguitano. Di essere una ragazza come tante e di non generare disgusto.
Penso che potresti rimanere delusa se davvero restassi nella mia vita, come lo sarebbe chiunque. Perché sei così determinata? Non vedi l'ora di addentarti di una galleria cieca per non uscirne più.
«Perché vuoi tanto che io resti?»
Che cosa ci guadagni? Cosa credi di poter ottenere da me?
«Che cosa vorresti da me?»
Ora la domanda mi ossessiona. Vorrei dire di aver capito tutto ma e più che probabile che io non abbia capito niente. Le mie gambe non riescono a muoversi perché non sono sicuro. Non riescono a fare un altro passo verso di te, benché il filo tiri e il respiro rimanga sospeso impedendomi di assimilare ossigeno.
«Ho bisogno di saperlo» aggiungo con voce ferma. Intuisco che il mio atteggiamento sia probabilmente intimidatorio, ma non è mia intenzione porti con le spalle al muro. Sono fatto così, io non riesco a fidarmi di nessuno. Ho imparato ad essere una statua di piombo irremovibile, e non è facile cambiare. Ma tu non devi lottare contro di me, non devi avere paura di me.
«Qualsiasi cosa sarà io l'accetterò.»
Provo a riaggiustare il tiro, anche se non sono così convinto che funzionerà. Eppure, in un certo senso, non posso cambiare del tutto e non solo io devo accettare. E tu mi fai sentire accettato. Ma mi accetteresti davvero sino in fondo?

 
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view post Posted on 28/5/2023, 16:03
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Ma adesso, ci tormenta il ricordo.

MRimango per qualche secondo interdetta, non so cosa dire, non è la domanda che mi aspetto. In realtà mi suona già strana di per sé, come se i rapporti tra persone fossero regolamentati da contratti, da cosa esattamente si vuole dall'altro, dalla somma da mettere in gioco, dagli immobili da investire. So che questa è una conseguenza portata dai tuoi demoni, ma nonostante ciò mi sento esposta. Perché mi fai questa domanda? Hai forse già capito più di quanto io abbia idea? In qualche modo l'idea di dover ricevere qualcosa in cambio mi ferisce. Se avessi voluto qualcosa da te Cas, perché sarei qui ora ad assicurarmi che tu stia bene? Se avessi voluto qualcosa da te, perché mi sono messa a protezione del tuo buio? Se avessi voluto qualcosa da te, perché ti avrei aspettata? I miei occhi non mentono mentre ascoltano le tue parole, la mia voce è un sibilo.

Io non- Non voglio niente da te.

O forse sì? Vorrei che ti importasse di me, per qualche motivo. Vorrei essere nella tua vita. Ma questo non posso dirlo, mi vergogno solo a pensarlo e mi impedisco di tirarlo fuori. E' stupido e patetico il modo in cui mi stia sentendo, lo detesto. Mi sento come pietrificata. Lascio andare la stretta che avevo sulla sua maglietta, mi sembra uno sforzo enorme ma lo faccio. Non posso cambiarti Cas, non posso indurti a volermi nella tua vita. Non so esprimere cosa provo, forse non voglio, forse ho solo paura, brulico nel buio dell'incomprensione. Forse nemmeno te lo meriti che te lo dica, perché io che certezza ho di non rimanere senza di te ancora? Devo cercare di evitare il tuo sguardo, perché mi brucia addosso e mi impedisce di fare qualsiasi cosa. Provo a scostarmi, a ricompormi, anche se mi sento in pezzi. Più piccoli del solito. Lo sapevo, lo sapevo che non ne sarei più uscita da questo maledetto locale.

Non ho mai voluto niente da te. Io ho sempre solo-

tenuto a te.
Mi fermo, per qualche motivo la rabbia mi sale addosso, ancora. Cosa vuole che le dica? Cosa esattamente la farebbe capire quello che in questo momento mi passa per la testa? Perché non riesce mai a fidarsi di me, nemmeno per una volta? Constato che darle dell'idiota non è servito a nulla, perché continua a fare domande stupide. Ma questo non mi ferma, tanto vale finirla allora, qualsiasi cosa sia. Perché la distanza creatasi mi sta uccidendo. Non sei l'unica ad avere paura, non sei l'unica a non capire. E' così strana questa sensazione, il tocco brucia sulla pelle, rendendola dipendente da esso, mentre una parola sbagliata riesce a perforare così nel profondo da strappar via ogni cosa.

Sei un'idiota lo sai? Che stracazzo di domanda è? Come puoi non aver capito che tengo a te? Che m'importa di te? Che mi preoccupo per te?

Mi agito, sono alterata e le mie guance prendono colore.
Torno a guardarti e ti colpisco, sul braccio, per la frustrazione. Perché mi dai fottutamente ai nervi e ormai non m'importa più nulla, anche se tremo così tanto da avere la forza fisica di un infante. Basta. Ho bisogno di porre fine a questa tensione che mi sta risucchiando. Devo metterla da parte, ma non faccio altro che perdere il controllo. Devo uscire da quella porta. Mi volto, cercando di riprendere il fiato. Se esco da lì forse posso tornare a respirare.







 
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view post Posted on 28/5/2023, 21:44
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Il cielo è carico di elettricità. Si sente nell'aria. La pioggia scroscia a più non posso sui vetri di questo retrobottega incalzando i battiti e il respiro affannoso. Picchia con forza e mi rende nervoso. Attendo le tue risposte e i secondi che ticchettano, le gocce che sbattono forsennate come uno stormo di uccelli che brama di entrare, sono spiriti maligni che si nutrono della mia impazienza.
Tu hai frainteso. Tu hai troppa paura. Ne hai quanta ne ho io. Oppure mi odi e basta, e sto solo procrastinando il momento in cui davvero non ti rivedrò più.
La tua prima risposta mi lascia interdetto. Arrossisci ma digrigni rabbia. La tua furia rincorre quella della pioggia e io non riesco più a contenermi. Sento di star per impazzire. È questa incomunicabilità che distrugge ogni cosa, ed è la paura il suo fulcro. Sto ciondolando alla ricerca del tuo "sì", perché non riesco a immaginarmi di poterti guardare ancora in faccia dopo aver osato muovermi nonostante il tuo "no".
Quindi non hai mai voluto niente da me. È tutta un'illusione. Una delle tante. Mi sento preso per il culo. Vorrei sbattere il pugno contro la parete e farti scappare via inorridita. Non è questo che vuoi?! Non vuoi odiarmi?! Non è questo che volete tutti?! CHE IO SIA IL MOSTRO DI MERDA DA METTERE ALL'ANGOLO?!

Fermo.
No.
Fermo. Fermo.
Non permettere ai pensieri intrusivi di prendere controllo del tuo cervello.
Sei un labirinto e insieme sei il viaggiatore che cammina al suo interno. È difficile lì dentro, ma puoi uscirne. Devi solo lasciare andare.
Lascia andare, lascia andare. Non è come gli altri ti vedono il problema, non è questo. Non importa ciò che è stato, importa ciò che è adesso, Aion. In questo presente tu hai il potere di cambiare il futuro.
Respira. Respira. Respira…
La paura ti può assistere. La paura non è il tuo peggior nemico.

Ho distolto lo sguardo e ho gli occhi riversi nel vuoto. Tu mi stai urlando contro. Sto cercando di non reagire, di far sì che i demoni non mi assaltino.
Sei più forte di quel che pensi. Riesci a farmi molto male, anche se continua ad esistere una vocina che mi dice che questo male l'ho creato io.
Alice, ti prego, smettila. Ti prego, torna da me. Nello spazio fra il collo e la spalla. Riempi questo vuoto altresì incolmabile.
Mi colpisci e io mi annichilisco. Mi insulti e io chiudo gli occhi. Voglio di nuovo quel vuoto che ha generato l'orrore della morte per non dover tenere a freno i pensieri.

E a un tratto mi sembra quasi che accada. Perché ti volti e fai per andartene.
La porta però in un lampo si chiude, ti sbarra il passaggio.
«No.»
No, questa scena non si ripeterà. Questa volta dovrò rischiare. Questa volta io non mi aspetterò niente.
Non c'è esitazione nei miei intenti. L'azione è l'unica cosa che davvero mi rimane. È l'unico modo per rendere le nostre lingue comprensibili l'un per l'altra. Persino la mia magia nevrotica si è mossa senza chiedere il permesso. La porta ora si riapre cigolando, come se il colpo ricevuto sia stato tanto forte da non permettere al chiavistello di assestarsi.
Ma non mi importa di star qui a pensarci. Ho già allungato il braccio e l'ho passato attorno alla tua vita e tutte le mie preghiere sono rivolte alla speranza che tu non opponga resistenza. Non sono rude, non ti trattengo con forza. Sei libera di andartene, come dice la porta, ma ti prego: non fraintendermi più.
Voltati. Il mio naso ricerca il tuo profumo, il mio respiro cerca il tuo, la mia bocca vuole le tue labbra. Io voglio il tuo sole. E anche se del tuo sole io ho paura, voglio sdraiarmi sotto i suoi raggi assieme a tutti quei panni che io e te non abbiamo mai steso.

 
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view post Posted on 29/5/2023, 05:54
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Ma adesso, ci tormenta il ricordo.

L
a porta sbatte violentemente, mi fa sobbalzare. Esito per qualche istante non riuscendo a capire la correlazione tra le due cose, prima che possa farlo tu mi afferri, avverto il suo tocco riportarmi verso di te e forse è per questo che non cado in duemila pezzi, sfracellandomi sul pavimento. Perché sei tu a reggermi. Per qualche motivo stai reggendo entrambe. Perché mi chiedo perché? Ma non riesco a compiere nemmeno un semplice gesto, figuriamoci un ragionamento di questo tipo. È un secondo quello in cui mi volto, guardo i tuoi occhi, il tuo viso si avvicina in un istante e io penso di star per implodere. Le tue labbra cercano le mie, le trovano e io davvero mi sembra di non essere più nel mio stesso corpo. Ho baciato tante, tante persone nella mia vita, ma non mi sono mai sentita così. È come se provassi una pace immediata, un sollievo al bruciore che prima mi avvolgeva con furore. Ed è come se al tempo stesso non facessi che affondarci ancor di più. Le mie mani si spingono su di te, salgono sulle braccia fino ad arrivare alle spalle, sul collo, dietro la nuca. Accarezzano i tuoi capelli bagnati.
Sai della dolcezza della notte, dell'aria fresca e misteriosa che avvolge il buio.
Non ho mai pensato a noi due in questo modo. Non razionalmente. Eppure l'effetto che hai su di me sembra generare una risposta che mi spaventa. È tutto così intenso, se non mi tenessi tra le braccia non penso che potrei ancora stare in piedi.
Non so cosa stia provando il tuo cuore in questo momento, ma sembra battere in sincrono coi movimenti del mio. Se prima implodevo ora esplodo, la luce dei miei raggi non può che colpire qualsiasi cosa anche la tua luna. Non ho bisogno di ossigeno, davvero, sebbene sembri mancare nell'intensità di quel bacio. Le mie labbra si muovono sulle tue, anche loro improvvisamente avide di quel contatto. Ne vogliono ancora, se possono lo intensificano.

Cosa stai facendo di me, Cas? Era così facile mentire a me stessa fino ad ora, ignorare il fatto che quest'anno passato senza di te fosse stato un gioco da ragazzi. Ma intanto dentro di me si creava un vortice di vuoto.
Non sono cosí buona come credi, anche io ho i miei demoni che mi trascinano giù, anche io sono spesso guidata dalla paura. Tu mi sembri diversa, qualcosa in te è maturato. Mi chiedo quanto dolore tu abbia provato da sola, quanto sia stato difficile. E ancora mi chiedo, cos'è che tu spinge a volermi nella tua vita?



 
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