Tin. Un balzo, qualche piroetta. Il tuffo: testa.
Ormai era una certezza, giocare a testa o croce con il Merlion aveva perso ogni attrattiva; si era domandato più e piú volte se tutta quella valuta fosse stata coniata con una faccia più pesante rispetto all'altra o se avesse avuto la sfortuna di ritrovarsi tra le mani proprio l'unica moneta truccata.
S'annoiava, Camillo. E quando s'annoiava lavorava di fantasia per dare un senso anche al nulla, alle cose meno interessanti, forse per evitare di rimuginare troppo sulle questioni importanti, quelle da cui comunque mai riusciva a scappare, perché di notte tornavano a trovarlo.
Lo sguardo sondava i dintorni, lì nel villaggio di Hogsmeade, in cerca di qualcuno con cui attaccare bottone. Di tornare al castello non aveva alcuna voglia, specialmente considerando che quelle quattro mura, per quanto ampie all'apparenza, iniziavano a soffocarlo in una morsa claustrofobica. Poi gli occhi, che instancabilmente avevano scandagliato l'area circostante, protetti dalla penombra delle lenti scure, si erano agganciati sulla figura di Megan.
Un pensiero tanto stupido, quanto vero, gli attraversò il cervello da emisfero a emisfero. Bene o male tra studenti ci si conosceva, metti per via del fatto che Hogwarts fosse una sorta di collegio, tra le tante cose. Metti anche per il fatto che se seguivi gli stessi corsi con un altro studente, già ti era capitato di averci in qualche modo a che fare. Eppure, da che aveva memoria, non gli era mai successo di scambiare quattro chiacchiere a tu per tu con lei. Cosa che in un certo senso trovava buffa, per una serie infinita di ragioni che non starò a sviscerare.
Quel poco gli era bastato per abbandonare la sua comoda postazione e avvicinarsi in maniera involontariamente furtiva al Caposcuola Corvonero, intenta a sbirciare la vetrina di Bibliomagic. Già c'aveva dato un'occhiata, lui – seppur non fosse un gran lettore – incuriosito dalla novità esposta in vetrina. La montagna di libri che parlavano dello stilista folletto non gli aveva fatto un'impressione positiva, e su questo probabilmente torneremo più avanti, evitò di partire in quarta e si abbandonò ad un'etichetta, che pur stampata con la propria impronta, etichetta rimaneva.
Prima si annunciò, non con un saluto, né con un colpo di tosse per schiarirsi la gola, com'era consuetudine fare. Uno schiocco, il volo del Merlion tintinnante. Testa, che novità!
Quando Megan si voltò le abbozzò un sorriso a malapena accennato, facendo guizzare lo sguardo verso la vetrina. Si sporse leggermente volto al cartellone e impresse quell'immagine bene a mente.
Pur collaborando con la Gazzetta, non si era mai interessato del lavoro di Olivia Lee, men che meno di questo fantomatico personaggio su cui aveva deciso di puntare i riflettori.
«Lo trovo buffo anche io, sai? Forse per i motivi sbagliati». L'aveva sentita ridere, ma lui era rimasto serio, forte del suo spirito critico e delle perplessità che serbava per tutta la tiritera del folletto svincolato dalle proprie radici.
Poi riconquistò la propria statura e nascose la moneta sul dorso della mano, stretta tra il medio e l'anulare, celata alla vista della Caposcuola.
«Non credo abbiamo mai avuto modo di presentarci formalmente, ma ne approfitto ora. Piacere, Camillo». Ruotò di poco il corpo così da porgerle la mancina, con il palmo supino – per intenderci la stessa in cui aveva occultato il conio singaporense – per via del fatto che si fosse ritrovato alla sua destra e che ancora non avesse completamente staccato gli occhi dalla pila di libri, questa volta sul suo viso era comparso un sorriso più ampio.
«Posso approfittarne e rubarti dieci minuti?» Domandò, quasi distrattamente, fingendosi incuriosito dalla mole di tomi accatastati oltre la parete trasparente. La realtà dei fatti era un'altra. A lui di Zakzai non fregava nulla, ma lo considerava un'esca sufficientemente efficace per attirare Megan in trappola e rifilarle un simpatico trucchetto da bar che teneva in serbo per le occasioni speciali. Certo, non erano in un bar. Certo non era il caso. Magari nemmeno le andava di stringergli la mano. Ma in fin dei conti un no gli andava più che bene, così – si era detto – avrebbe trovato la motivazione per togliersi finalmente di mezzo e andare ad impegnare il suo tempo in qualcosa di utile.