Le Gioie di Brixton, Privata

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view post Posted on 11/5/2023, 10:19
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Codice«Avanti, ripetimi ancora che è era proprio una buona idea quella di farsi un giro per la zona sud di Londra»
Camillo aveva cordialmente invitato la sua cara, carissima amica – due cuori, un'anima – Niahndra a ribadire quale trovata geniale fosse stata "Farsi una passeggiata verso qualche meta inesplorata". Ovviamente l'ironia del Tassofrasso si era fatta tagliente, ancor piú della lama che gli era appena stata puntata contro.
«Ti ho detto di darmi subito orologio, portafoglio e cellulare, tutto, prima che ti apra dalla gola all’inguine come la zip di un bomberino. Anche la tua fidanzatina!»
Brixton era un quartiere vivace, con tanti bei murales ed un immenso mercato che a quanto pare non offriva solo cianfrusaglie piú o meno utili, ma anche scarti umani tanto giovani quanto sgradevoli. Ora, per dovere di cronaca, sono tenuto a precisare che Breendbergh e la Alistine non erano due vecchietti che si spostavano per mezzo di carrozzine o strani e farlocchissimi deambulatori; lui non aveva una barba lunga come quella di Gandalf e lei, anche se mancava poco, non s'era ancora del tutto raggrinzita. Ciò a prescindere, l'anagrafe li voleva un tantinello piú attempati del marmocchio che stava goffamente tentando di rapinarli. Serramanico lungo come il suo avambraccio, tanti brufoli sul viso da poterci tracciare costellazioni con una precisione astronomica che avrebbe potuto far rizzare i peli sulla schiena della professoressa McLinder. Voce stridula, outfit piú tarocco della sua voglia di tirare a campare.
«Mio fratello in Cristo, ma quanti anni hai? Non dovresti fare i compiti o qualcosa del genere?»
Dal modo in cui gli parlava, pareva quasi che la curiosità di Camillo superasse di gran lunga il suo istinto di autoconservazione. In effetti era cosí. La Capitale inglese aveva un bestiario tutto suo, che trascendeva le regole del buonsenso e del buon costume come se non fossero mai state scritte. Ed era vero. Nessuno si era mai preso la briga di stilare nero su bianco cosa andasse bene e cosa no, legislatori a parte, ma dotare l'essere umano di libero arbitrio, stando ai fatti, fu il piú grave errore commesso dall'Onnipotente – chi ha una certa sensibilità spirituale concorderà con me. Ad ogni modo, tornando sui giusti binari di questa assurda vicenda, l'olandese aveva deciso di incalzare il ragazzino a caccia di risposte. Magari, cosí la droga gli aveva sussurrato, prima di giustiziarlo gli avrebbe fatto piacere scambiare un paio di chiacchiere. Fatto stava che da loro due non ci avrebbe ricavato un centesimo.
«Ora t'ammazzo!»
Neanche a dirlo, i due sventurati viaggiatori avevano beccato il meno eloquente tra i malintenzionati che pascolavano per quella zona e di questo Camillo un po' se ne dispiacque. Mentre in una mano teneva una busta di plastica con qualche souvenir dal mercato, l'altra era ancora piantata nella tasca della giacca. Un po' come a dire: "fallo, non mi importa". Ma in realtà le sue intenzioni erano ben altre, specialmente perché il sottopassaggio era in ombra, privo di telecamere e testimoni.
Breendbergh staccò gli occhi dal fanciulletto, volgendo il capo verso Niah, che stava un passo dietro di lui alla propria destra, esponendo la giugulare alla mannaia del rompino. Lasciò calare gli occhiali da sole sulla punta del naso e la osservò scavalcando la montatura. Si stava divertendo piú del dovuto, non era difficile capirlo. I suoi occhi erano come finestre sul parco giochi della follia interiore; gli angoli delle labbra si erano sollevati simmetricamente, dandole una sorta di conferma. Era tutto cosí buffo, almeno per lui.
«Sentito? Questo scemo mi sta per seccare, non so se morire di paura o per mano sua. Sono proprio indeciso…»
Commentò, senza celare quanto superficiale fosse il dilemma che lo stava affliggendo, anche un po' per gustarsi la reazione della signorina Alistine di fronte alla scena del proprio omicidio. Intanto l'altro, tremolante, aveva accorciato le distanze ed aveva già sollevato l'arma del delitto, pronto a sfilettare la sua vittima come si faceva con i salmoni. E pensare che era convinto sarebbe morto scivolando in doccia. La vita a volte era proprio strana. Il momento del trapasso pure.

 
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view post Posted on 12/5/2023, 16:40
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E
ra tipico di Breendbergh valutare una situazione, chiedersi "quale è il modo migliore per uscirne?" e scegliere di fare esattamente il contrario.
Ed era anche tipico, per un motivo che Niahndra avrebbe saputo attribuire solamente alla seconda legge della dinamica —secondo cui una forza è direttamente proporzionale alla massa dell'oggetto che la esercita—, che trovasse il modo di trascinarla nella sua orbita gravitazionale di sciagura e delirio.
Camillo aveva scambiato alcuni dei chili che lo appesantivano da marmocchio con dei centimetri in altezza, ma era la sua personalità ingombrante, invero, a rendere la sua stazza micidiale e, la forza esercitata di conseguenza, irresistibile.
Niahndra roteò platealmente gli occhi benché l'amico —amico? Boh, provava più simpatia per l'altro maranza in quel momento— di fianco a lei non potesse vederla, concentrato (ma neanche troppo) sulla lama che gli veniva puntata contro. A quanto pare, nemmeno una minaccia simile gli impediva di fare il saputello e lanciare accuse.
«Ma per piacere», sbottò lei. «Ti avevo detto di chiedere informazioni, invece tu "macché, conosco una scorciatoia"». Sì, per il Padre Eterno; che Niahndra, malgrado i daddy issues, non aveva particolare fretta di incontrare.
D'altronde, era colpa sua. Aveva creduto che fuori dal castello di Hogwarts, a debita distanza da piatti magici saltellanti e, più in generale, lontano dalle diavolerie dei maghi sarebbero stati relativamente al sicuro. Era stata fin troppo ottimista e aveva mancato di considerare che accanto a sé aveva una calamita per i guai.

«Ti ho detto di darmi subito orologio, portafoglio e cellulare, tutto, prima che ti apra dalla gola all'inguine come la zip di un bomberino. Anche la tua fidanzatina!»
I lineamenti del viso della "fidanzatina" si mossero a formare un'espressione disgustata, più per lo smacco di essere stata messa all'angolo dallo scarto di una baby-gang che per l'immagine grafica appena evocata. Si era morsa la lingua per evitare battute.
Sebbene il pischello col serramanico facesse meno paura di un berretto rosso munito di clava o di qualsiasi altra bestia avesse incontrato nei viaggi di Atene, Niahndra si sentiva tutt'altro che tranquilla. Per Godric, si sarebbe rifiutata di chiamare Breendbergh suo amico anche col coltello puntato contro, ma era innegabile che vederlo "alla mercé" di un pidocchio che ancora non aveva bisogno di sbarbarsi la stesse indisponendo di brutto. Poco importava che anche lei, negli anni, avesse fatto la bulletta con Camillo; quello, aveva decretato, era diverso.
Malgrado la parte più istintiva di lei la supplicasse di caricare a muso duro, la sua testa continuava a suggerirle di procedere per la via più pacifica, cercando una mediazione. Il problema con gli umani, rispetto ai berretti rossi, era che se li fatturavi ne dovevi pagare le conseguenze legali. I babbani, poi, erano tutta un'altra sottocategoria di incubi. Non poteva permettersi di perdere lucidità perché aveva di fronte una mina vagante caotica e imprevedibile, che le stava facendo rimpiangere di essere nata. E non si riferiva al delinquente col serramanico trovato nelle sottomarche scadenti di coco pops.
Sotto allo sguardo esterrefatto di Niahndra, Breendbergh aveva continuato a fare quello che sapeva fare meglio: provocare la gente e elemosinare nocche sui denti.
Basta, doveva intervenire; poteva ancora salvare la situazione.
Alzò leggermente le palme delle mani, maledicendosi per aver legato la bacchetta all'avambraccio, coperta dalla manica della giacca e fuori dalla sua portata. Maledisse anche la stupida moda femminile e quelle tasche così piccole che finte sarebbero state più utili.
«Senti—», cominciò prima di essere interrotta.
«Mio fratello in Cristo, ma quanti anni hai?»
...
L'avrebbe ammazzato. Lei stessa, con le sue mani. Banshee o meno, era certa di aver visto il futuro.
*Ti giuro, Breendbergh, devi solo pregare che 'sto disgraziato ti sventri prima che ti metta le mani addosso io.*
Stava sudando sette camicie, Niah, per cercare una soluzione che non contemplasse nascondere un corpo nel cassonetto o provocare un incidente nazionale cedendo al rapinatore col pannolone gli oggetti magici che si portavano dietro, e cosa faceva Camillo? Non le faceva manco il favore di fingersi preoccupato?
Ammiccava pure, il demonio.
Niahndra intercettò il suo sguardo e scosse impercettibilmente la testa, la sua stizza evidente nell'espressione giudicante e la mascella serrata. Sperò che l'altro potesse leggere il "sei veramente una testa di troll" scritto a caratteri cubitali sulla faccia di lei. Non poteva credere di aver quasi —quasi!— provato una specie di senso di protezione nei suoi confronti.
Se Camillo Breenbergh aveva fretta di tornare al Creatore, chi era lei per mettersi di traverso? L'avrebbe aiutato, da buona amica.
«Ho sentito», ribatté. Una scrollata di spalle indifferente prima che una smorfia ferina le incurvasse le labbra. «Se trova il modo di tapparti finalmente la bocca lo copro d'oro, cazzo».
Impassibile, spostò l'attenzione sul Gen Alpha. «Ti muovi o vuoi che lo tenga fermo? Devo andare a prendere la metro di ritorno».
Gli umani, alla fine, non differivano poi così tanto dai berretti rossi. Se provocati abbastanza.
 
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Codice«Mirhandra, devi imparare a rilassarti» Dopo che Camillo aveva volto lo sguardo verso l'amica del cuore, la "fidanzatina", come l'aveva chiamata il moccioso, lei era rapidamente impazzita. Breendbergh, a dire il vero, si era domandato cosa le passasse per la testa; probabilmente, si era detto, voleva fingersi dispiaciuta della sua morte imminente. Poi si era spazientita quando questa era tardata ad arrivare. Tutto nella norma. Lo sguardo furbetto e noncurante, che perforava le lenti chiare degli occhiali da sole, aveva catturato ogni singolo cenno di metamorfosi nella sua espressione facciale. Un percorso lineare, seppur caotico, che in quell'ossimoro si era dimostrato come uno specchio in cui si rifletteva il suo turbinio emotivo. Povera donna, doveva essere proprio stufa di lui. Gli venne da sghignazzare.
La lama gelida del giovanotto fece contatto con la pelle del collo e venne strisciata rapidamente, un po' troppo, come si faceva con le carte di credito. Gli aveva fatto un male cane, dolore che trasparì attraverso una smorfia crucciata. Ciò nonostante, nonostante il tentativo privo di grazia del giovanissimo di far fuori l'olandese, qualcosa doveva essere andato storto. Se vogliamo dilungarci sulla vicenda, quella non era la prima volta che Camillo si faceva scucire da qualcuno. Lungi da me voler dire che fosse un intenditore dalla verve masochista, ma a quel punto aveva quantomeno delle aspettative. Aspettative che vennero tradite: solitamente, al tocco freddo del metallo, doveva scorrere una copiosa colata di sangue caldo. Invece venne a malapena graffiato.
«Fratello mio.» Voltò la testa come una civetta, piantando uno sguardo ipertrofico – gli occhi strabuzzati – dentro quelli del bimbo. Faceva paura, per i motivi sbagliati: sembrava pazzo, forse lo era davvero. Il piú piccolo sussultò. «Ma è finta?»
L'altro non prese bene il commento, tantoché la sua paura si trasformò istantaneamente in una sorta di agitazione convulsa e sconclusionata, carica di rabbia. Il linguaggio del corpo tarantolato, le guance che si coloravano di rosso per l'imbarazzo.
«Stronzo, non è finta, è solo… lascia stare.»
Spuntata, rintuzzata, gli sarebbe venuto da dire.
«Molto male.» A quel punto Camillo si voltò nuovamente verso – a quanto si diceva ultimamente nei sottopassaggi di Brixton – la sua dolce metà. «Amore mio dolcissimo, luce dei miei occhi stanchi, tu sei un flebile raggio di sole nella mia vita grigia. Sai come lo so, amore mio? Lo so perché so che ricordi cosa facciamo a chi ci minaccia con una lama finta.»
E lì, sanità mentale considerata nell'equazione, si supponeva vi fosse il riferimento ad una punizione commisurata alla marachella del piccolo deficiente. Già ce la vedeva Niahndra pronta a spegnere entrambi a suon di cazzottoni in testa. Purtroppo l'unica cosa che mancava in tutta quella tiritera era proprio il senno. Camillo svuotò la tasca con la mano libera dalla busta con i souvenir, cavando fuori un coltello a scatto. Era bellissimo, per via dell'impugnatura vanta black. Un clic tanto soave quanto spaventoso da sentire, rivelava la perfezione di un meccanismo ben congegnato e lì vi fu la sorpresa piú eccitante. Una lama damascata, con tinte psichedeliche tra il blu, il viola a dominare e altre tonalità altrettanto piacevoli da osservare come colori secondari. Ferro che sembrava forgiato tra le onde del mare in tempesta, un quadro impressionistico carico di colore, che mutava il suo aspetto man mano che l'angolazione cambiava, rivelando riflessi meravigliosi ed ipnotici.
In tutto questo il ragazzetto s'ammutolì terrorizzato: quella era roba premium, roba che tagliava per davvero. Camillo premette il tasto e la lama si ritirò all'interno dell'impugnatura. Guardò il bimbo, la cui anima ormai stava fuggendo dalla sua prigione di carne, dinanzi alla prospettiva di una morte certa.
«Esatto, gliene diamo una vera. Vuoi riprovare?» Camillo lo guardò serio, volgendo l'arma al piccoletto, servita sul palmo aperto.
«N… non posso accettare, quella dovrebbe stare in un museo.» Lo vide raccogliere quel poco di onore che gli rimaneva, citò pure Indiana Jones, cosa che vi dirò, giocò a suo favore. Lo prese in simpatia.
«Bravo, sono fiero di te, lascia stare queste boiate, ti vengono in tasca solo guai.»
«Già, forse dovrei…» Pareva triste, anche i brufoli sembrava si fossero ammosciati, un po' come il suo sguardo. Al che Camillo mise via l'arma e gli posò una mano sulla spalla per consolarlo, con estrema riluttanza del bimbo.
«Datti al borseggio piuttosto, fidati di me, ti porta meno rogne. Tipo questo gioiellino l'ho appena raccattato da…» E lì si voltò ancora una volta verso Niah. «Amore, te la ricordi quella combriccola di ragazzetti tutti vestiti con robaccia fake che ho urtato "accidentalmente" poco fa. Ecco, lì.»
Tra ammirazione e disgusto, il bambino richiamò l'attenzione di Camillo e lui tornò nuovamente a guardarlo, con un'espressione che lasciava trasparire la fierezza che stava provando nei confronti del piccoletto. Aveva ripudiato la violenza, un cuore non proprio puro salvato da un girone dell'inferno e gettato in un altro.
«Ma che… ma che… ma che problemi avete voi due?? Siete peggio dei miei, dovreste fare prima terapia e poi anche terapia di coppia» Il young maranza la buttò lì come un consiglio sincero. Pareva parlasse con malinconia. Si divincolò.
«Io in realtà sono l'amante, lei se la spassa da anni con uno spagnolo di nome Salazandro o qualcosa di simile». Tagliò corto, ancora gli duoleva il cuore. Forse era quello il destino che lo aspettava, funzionava meglio come riserva, da celare al mondo per vergogna.

 
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view post Posted on 1/6/2023, 17:14
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a pressione sanguigna schizzò alle stelle e Niahndra sentì una vena iniziare a pulsare sulla tempia.
Doveva imparare a rilassarsi, era stato il brillante contributo di Camillo —il quale, ironia della sorte, era anche il motivo per cui lei si trovava costretta a campare di Maalox e decotti per l'ulcera.
*Ora lo prendo, lo squarto a mani nude e coi denti ci faccio una collanina.*
C'era stato un tempo in cui la ferocia di quei pensieri intrusivi l'avrebbe fatta ritrarre raccapricciata; adesso si limitava ad assecondarli con una scrollata di spalle.
In una gara di caparbietà senza senso, Niahndra si era rifiutata di muovere un muscolo e aveva invece sfidato il bricconcello a dare seguito alle minacce che aveva sputato.
Un moto contenuto di sorpresa si fece strada alla vista del segno rossastro sul collo esposto del ragazzo. Una parte di lei era stata fermamente convinta che Breendbergh se ne sarebbe uscito con un qualche asso nella manica; ma a quanto pareva l'unica cosa che nascondeva lì sotto erano solo i polsi —e a dirla tutta temeva che, se non fosse intervenuta, lui avrebbe offerto anche quelli al suo giustiziere brufoloso.
Sospirò sonoramente, detestando ogni singolo appellativo romantico che le venne rivolto. Ingoiò il rospo per mantenere la parte, ma la sua pazienza era appesa ad un filo sottile.
«Non mi ricordo», si rifiutò di abboccare e indurì la propria espressione. Puntava il Gen Alpha con occhi truci e mascella serrata. «L'ultimo che ti ha infilzato come uno spiedino non si è più rialzato da terra, però». Quello lo ricordava bene. Il faccione di Camillo, contorto dal dolore e dalla paura di quel giorno nell'ufficio di Gazza, le era rimasto stampato nella memoria. Sentiva il sangue salire al cervello solo a pensarci.
Faticava a far combaciare quell'immagine con il ragazzo che aveva di fianco adesso, tutto spavalderia e istinti suicidi. Solo la capacità di frantumarle i boccini era rimasta la stessa. Decuplicata, forse.
Un altro sospiro quando lo vide cacciare fuori il coltello intarsiato e cercare di convincere il maranza a fare un ulteriore tentativo. Niahndra non sapeva più che pesci pigliare, tutto quel teatrino le stava facendo venire male; le situazioni di limbo la confondevano perché non sapeva come reagire: era impossibile fermarsi su un'emozione soltanto. Paura? Non poteva prendere sul serio quell'aspirante delinquente. Noia? Neppure, perché c'era Camillo ad assicurarsi che rimanesse sempre sull'attenti. Preoccupazione? Un po', dovette ammettere; ma faceva a gara col fastidio e con la rabbia. Tanta rabbia.
Se c'era una cosa che non sopportava era l'incompetenza. Niente di tutto ciò sarebbe successo se a metterli all'angolo fosse stato un rapinatore come si deve. Ma era come dicevano i vecchi, alla fine: le nuove generazioni mancavano di motivazione e spirito d'intraprendenza.
Si era persa le ultime battute e l'evoluzione che aveva quasi folgorato lo sgreng sulla via di Damasco Brixton, verso un'onesta retribuzione.
Non le sfuggì, tuttavia, il suo segnale d'entrata. «Chiamami amore in pubblico un'altra volta e ti tiro una testata».
Lasciò che l'ammonimento venisse recepito prima di scuotere il capo e portare la mano al berretto da baseball per sistemarlo in un moto nervoso. Si era accorta solo in quel momento di essere rimasta innaturalmente immobile, occhiatacce a parte.
Riservò un'espressione impietosita alla canaglia redenta che, in effetti, tutti i torti non ce li aveva. Niahndra si sentì quasi in colpa per la parte che aveva giocato in tutto quel brutto affare. Certo, Breendbergh aveva i nargilli nel cervello, ma cosa dire di lei che continuava a passarci tempo assieme? Le compagnie che sceglieva dovevano pur essere, in certa misura, indicative di una sua predisposizione personale. Non le rendeva merito quella facilità all'ira, si trovò a valutare con dispiacere.
«Io in realtà sono l'amante, lei se la spassa da anni con uno spagnolo di nome Salazandro o qualcosa di simile».
...
Ripensandoci, no. Non era dispiaciuta per niente. Forse, soltanto dell'occasione sprecata di menare cazzotti.
Decise di rimediare e sbollire parte della sua carica nervosa con un buffetto risentito della mano sul braccio dell'amico, troppo debole per fare effettivamente male. «Ancora con questa storia?!» Era esterrefatta. Quella di Salazar era un qui pro quo che si trascinavano dietro da anni. «Pensavo che l'avessimo superata, ti stai costruendo castelli in aria».
Si avvicinò cercando lo sguardo di Camillo, scrutando per una traccia di ilarità, un qualunque indizio che le confermasse che fosse un inside joke tra di loro. Uno che aveva ormai fatto il suo corso, ci teneva a precisare.
Un movimento convulso agli estremi del suo campo visivo la distrasse prima che potesse convincersi della serietà nel tono del mago.
«Guarda che questa ti sta facendo ghosting! No...glinting mmh»
Niahndra volse con deliberata lentezza la testa verso il ragazzotto (di cui, in tutta onestà, si era momentaneamente dimenticata l'esistenza) e sbatté un paio di volte le palpebre mentre lo osservava agitarsi e impappinarsi in cerca della parola adatta. «Gosling...gassing?»
Provò pena. «Stai— stai cercando di dire gaslighting?» Fu la sua offerta misericordiosa.
Il viso del galeotto pentito si illuminò e lui prese nuovamente vita, volgendo tutta la sua disperata attenzione verso Camillo. «Gaslighting, sì! Non farti manipolare, queste sono tutte uguali! Trovano il modo di intortarti e prima che te ne accorga finisci a rapinare persone in un vicolo solo "per dimostrare di avere ambizione"». Pareva ad un passo da una sincope, ma il terrore che gli guizzava negli occhi era reale.
*Well, that took a turn.*
L'invasato s'aggrappò al braccio di Camillo nel punto in cui la sua mano gli pesava ancora sulla spalla.
«Guardami, frà! Io volevo solo fare il piscicoltore» Era rimasto in attesa, orbite sbarrate, come a cercare l'approvazione della figura paterna che Breenbergh adesso incarnava.
Passò un secondo. Due.
Niahndra si schiarì la gola. «Beh, sei ancora in tempo —Non le serviva chiedere conferma a Breendbergh, ma gli rivolse comunque una rapida occhiata— possiamo lasciarci questa esperienza alle spalle».
L'altro parve sul punto di dire qualcosa, forse sempre a Camillo per salvarlo dalle grinfie della sua fidanzatina toxic, poi dovette ripensarci perché tirò sul col naso e annuì vigorosamente, ponendo finalmente distanza tra di loro.
«Spero che riusciate a salvare la vostra relazione. Con uno bravo, magari».
Niahndra sentì l'occhio twitchare. Tirò un respiro.
«Buona fortuna con la piscicoltura».

Quando, pochi attimi dopo, lei e Breenbergh rimasero soli in quel vicolo dimenticato dal Creatore scosse di nuovo la testa. «Ero convinta che in tasca avessi la bacchetta— ammise lei infine, rompendo il silenzio— Invece, sei la solita testa di troll. Dovevi proprio mettergli in mano un coltello?»
Più ci pensava e più usciva di cervello. Un altro pensiero la colpì subito dopo. «Rubato, poi!»
Perché finiva sempre così? Con lei che scuoteva la testa e metteva le mani sui fianchi, delusa dal comportamento irresponsabile del pargoletto monello. Solo che non aveva un pargoletto di fianco, bensì una branda di 180 cm che sapeva il fatto suo.
«Non posso credere che io non mi sia accorta di niente mentre lo rubavi. Sei sempre stato così furtivo?» A metà della sfuriata, il tono assunse l'eco di una risata. Poteva dirsi arrabbiata quanto voleva, ma la realtà dei fatti non cambiava: Camillo era una delle poche persone che riusciva a prenderla in contropiede. E, anche se non lo avrebbe mai ammesso nemmeno sotto veritaserum, lei gli voleva bene per questo.


Edited by Mistake - 2/6/2023, 01:15
 
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view post Posted on 7/7/2023, 16:15
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"Gos·ling"['gɔ:sling]

s. m. [dal cognome dell'attore Ryan Gosling].

1. (estens., fam., fig.) Utilizzato nel contesto di "fare Gosling", indica l'azione di una persona, generalmente una donna, che respinge ripetutamente le avances di un corteggiatore per un lungo periodo di tempo, nonostante quest'ultimo persista nel suo interesse, a causa del suo impegno in una relazione con un'altra persona, solitamente percepita come più attraente, presumibilmente con fattezze simili al Vice Ministro della Magia. Esempio: "Nonostante lui continui a corteggiarla, lei, facendo Gosling, rimane fedele al suo attuale partner".



CodiceChe a Camillo poco importasse di crepare era un dato di fatto, inutile girarci intorno. Erano anni che portava avanti quel threesome con la vita e la morte e di cose ne aveva imparate parecchie; si era addirittura convinto di avere una qualche sorta di "scudo di trama" addosso. Il marmocchio non era il primo – e nemmeno sarebbe stato l'ultimo – che aveva provato a mandarlo al creatore. Aveva perso il conto di tutte le volte che era stato gonfiato, sfilacciato, perforato, dato alle fiamme. Aveva perso il conto di tutte le volte che si era reso parte attiva nel processo – tutt'ora in corso – di abbandonare la vita terrena per concedersi il lusso di un meritato riposo. Magari all'ombra dei cipressi. Tutto ciò, come se ci fosse stato uno scopo superiore per cui doveva tirare a campare: continuare a pagare le tasse, s'era detto, non vedeva altre opzioni valide stagliarsi all'orizzonte. La realtà dei fatti era ben diversa, né Dio, né il Demonio volevano pigliarselo, e se anche vi fosse stato il Nulla ad attenderlo oltre il suo ultimo respiro, pure il Nulla poco ci teneva ad avere a che fare con lui.
Tirò un sospiro di stanchezza, ascoltando i moniti del fanciullo dalla pelle topografica. Niahndra gliene aveva fatte di cose, il Gosling era sicuramente una di quelle, ma non era una che cercava di convincerlo a tutti i costi fosse pazzo, quando non lo era. Lo era eccome, lui lo sapeva, lei lo sapeva ed entrambi si erano messi quella scomoda verità in tasca senza soffermarsi troppo sugli aspetti dell'analisi. Nessuno metteva più in discussione che due più due facesse quattro, per una convenzione accettata da che la matematica esistesse. E così, anche le loro dinamiche d'amicizia, si concedevano il lusso di cullarsi nella bambagia di qualche assioma inconfutabile.
«Dai fra, non ti preoccupare per noi, vedrai che in un modo o nell'altro ce la caveremo. Tu fai il bravo eh.». Consolò il fanciulletto traumatizzato. Gli aveva parlato dei suoi sogni e Camillo sarebbe stato ben lieto, un giorno, di vederlo realizzarsi nel campo che preferiva. Ma la vita era dura per tutti, non era sempre un balzo tra il bianco e il nero, specialmente se andavi pazzo per la ▉▉▉▉. Galeotta, per sua natura – o anch'essa a causa di una sorta di convenzione d'origine sconosciuta – ti portava a compiere le minchiate più improponibili; lo sapeva bene perché c'era passato.
Lo vide andarsene e lo salutò facendogli ciao ciao con la manina. Poi si voltò verso Niah e la guardò, come si guardavano le lucertole sulle rocce, quelle che se ne stavano lì a scaldarsi il sangue, mentre si leccavano gli occhi per inumidirli.

La ascoltò, gustandosi una ramanzina vecchio stile. Un po', vi confesso, gli erano mancate, tanto che quasi si commosse. Quasi.
«Non mi avrebbe mai seccato, le opzioni erano due: o la lama era finta o si sarebbe fermato prima di ammazzarmi». Spiegò sicuro ed omettendo la terza opzione, quella nefasta, schiudendo le labbra in un sorriso malevolo. Parlava dall'alto delle sue mille esperienze con gente che voleva a tutti i costi portarsi a casa la sua pellaccia. Un buon indicatore per capirlo era quanto il potenziale assassino abbaiava troppo, ma non era l'unico. Era improbabile, in vero, che qualcuno rischiasse di farsi la galera per anni e anni solo per mettersi in tasca quattro spiccioli. Le eccezioni non mancavano, come non mancavano gli squilibrati, ma in fin dei conti la parte più bella era proprio la scommessa. Chiamare il bluff e vedere quanto brutta fosse la mano dell'avversario. Poi farsi una risata.
«Dai andiamo». Invitò Niah a seguirlo, aveva adocchiato un cestino ad una decina di passi di distanza. Lui si mosse in quella direzione, con la stessa andatura che avevano mantenuto per il resto della passeggiata fino a quel momento.
«Comunque credo intendesse di intraprendere una carriera in campo medico, sai? Tipo coltura delle urine, esami di routine, quelle cose lì. Ammetto di aver seguito distrattamente». Piscicoltura. Immaginava barattoli gialli ed esami di laboratorio. Contento lui, contenti tutti.
Raggiunto il bidone ci buttò dentro il coltello – non sarebbe stato il primo dei suoi problemi se glielo avessero trovato addosso, considerata la quantità di oggetti magici che si portava dietro, ma pensò che se la sarebbe passata meglio in un compattatore piuttosto che nelle mani di qualche imbecille.
«Io, furtivo? Semmai caotico. Non si tratta tanto di essere furtivi, quanto di creare scompiglio. Attiri l'attenzione dove vuoi che la vittima guardi e gli freghi tutto ciò che sta fuori dal suo campo visivo».
Si voltò verso Niahndra e chiarì quel punto importantissimo. Lui non era un felino dalle movenze aggraziate, era un pagliaccio, col nasone rosso, le scarpe grandi e il fiore che spruzzava acqua in faccia alla gente. Un pagliaccio che ti tirava sotto col maggiolino, per divertimento, prima di saccheggiare il corpo esanime.
«Se mi prometti che non borseggi i disperati ti insegno, saresti anche insospettabile». La buttò lì come proposta, giusto per ammazzare la noia, aspettandosi un secondo rimprovero perché la vibe ormai era quella.
«Ah, comunque, per la questione di Salazar…». Inclinò la testa dalla parte opposta a quella dove era stata inferta la ferita e stese il braccio corrispondente a quella del graffio, un po' a lato e verso il basso, formando un angolo di quarantacinque gradi circa rispetto al busto. Massimo stretching della pelle, che finalmente si aprì a dovere grattando quel fastidioso prurito, strappandosi dove era stata lievemente incisa e lasciando scivolare lungo il collo un rivolo di sangue tiepido. Molto meglio.
Tornò dritto, guardò l'amica fissandola negli occhi con la sua solita aria da merluzzo e sogghignò, pronto ad infliggerle la più grande sofferenza della sua esistenza. Era arrivato il momento Musical. Cantò, stranamente intonato, senza mai mutare espressione.

«I'm a third wheeler / I'm a side-better / I'm a homewrecker / Give it up».

«I'll keep your, keep your best interest».

«I was, I was, I was, I was out here playing games / you were out here with a lame one / I can play the ▉▉▉▉ ▉▉▉▉▉ role easy / but not for too looong».

«I'm the, I'm the, I'm the, I'm the ▉▉▉▉ ▉▉▉▉▉ /
I gotta sneak around and hide with you / I wanna see you / give me five minutes / paparazzi probably got like five pictures / click-click-click-click
»
.

Mimò il gesto della foto con la mano

«Top, top, top, top of the morning like yeehaw / I took my shot, this is b-ball, ▉▉▉▉▉ / the team you play for is see-saw / so I know that it's fake when I see y'all».

«Don't wanna ▉▉▉▉ what you got up / I would never blow your spot up / I know my place, I'm the landlord / I'll carry the weight 'til my hands sore».

«I'll keep your, keep your best int-
It's our secret
»
.

 
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C
amillo stava dicendo una marea di cazzate. Niahndra continuò a fissarlo allucinata mentre lui affermava convinto di non essersi mai trovato in reale pericolo. Non capiva se la stesse prendendo consapevolmente per i fondelli o se ci credesse per davvero.
«Abbiamo assistito alla stessa scena? È un miracolo che non sanguini».
Le venne quasi voglia di richiamare indietro il piscicoltore, almeno per mostrargli che —tra i due— era Camillo a farle gaslighting e non viceversa. Roba da pazzi. Ormai, con tutti quei termini moderni dovevi prestare attenzione a qualsiasi cosa.
«Mmh». Fu il commento poco sentito di Niahndra, troppo stanca per precisare che la piscicoltura fosse tutta un'altra cosa. Povero disgraziato, quel ragazzo sembrava ad un passo dall'abbandonare la scuola dell'obbligo, figurarsi risparmiare per la scuola di medicina.
La sua attenzione virò nuovamente sul coltello spuntato, quando l'amico si mosse per buttarlo nel bidone. Una nuova ondata di nervosismo la percorse, mista ad una innegabile dose di ammirazione.
Era abituata a tenere d'occhio Breendbergh ogni volta che stavano assieme, per il semplice motivo che non si fidava di lui: bastava un niente, nelle sue vicinanze, per finire nel posto sbagliato al momento sbagliato con la compagnia sbagliata. Eppure, nonostante tutte le sue attenzioni, Niahndra era riuscita a farsi sfuggire il momento dell'acquisizione ostile dell'arma bianca damascata.
«Creare scompiglio? Okay, questo spiega cose», mormorò meditabonda dopo aver ascoltato la chiarificazione dell'altro —insospettabilmente permaloso riguardo all'etichetta da "furtivo". Comprendeva il concetto che le stava spiegando, però; per certi versi non era dissimile dalle strategie verbali che metteva in atto anche lei, quando voleva deflettere l'attenzione o le domande invasive degli altri. In quei casi rispondeva per mezze verità prima di dirottare sapientemente la conversazione verso lidi più confortevoli per lei (che erano, doveva ammettere, comunque molto pochi). Ma da lì a borseggiare...
Sgranò gli occhi alla proposta pazza di un mini tutorial, offesa più dalla scoperta che secondo Camillo lei fosse tipo da shippare i poveracci che dal resto.
Qualunque cosa volesse rispondere, tuttavia, venne dimenticata nel momento stesso in cui vide la pelle dell'amico tirarsi fino ad aprire il graffio inferto dalla lama. Una goccia tonda rotolò lungo il collo e lei non riuscì a camuffare la smorfia di ribrezzo mentre distoglieva lo sguardo. «Gesù Cristo, curatelo. Ci manca solo che ti pigli il tetano».
«Ah, comunque, per la questione di Salazar…»
Prometteva già male.
Cercò di nuovo lo sguardo di Camillo e lo beccò già intento a fissarla con l'espressione da bruciato nel cervello. Iniziò a sudare freddo. «Cosa c—»
«I'm a third wheeler / I'm a side-better...»
«No». Un comando perentorio, prontamente ignorato.
«I was, I was, I was, I was out here playing games / you were out here with a lame one / I can play the ▉▉▉▉ ▉▉▉▉▉ role easy / but not for too looong».
Stava arrossendo. Sentiva il sangue irrorarle le guance e la nuca pizzicare per l'imbarazzo. Mosse gli occhi a destra e a sinistra per valutare se qualcun altro stesse assistendo alla scena; poi tornò a guardare il ragazzo.
«Breendbergh, smettila subito».
Non importava quanto intonato fosse, i livelli di disagio stavano raggiungendo e superando quelli provati quando per il compleanno ti cantano "tanti auguri a te" nonostante tu abbia trent'anni per gamba. Quante strofe mancavano ancora? L'incubo non aveva fine.
Lo guardò esterrefatta mimare il click click delle foto con la mano.
Qualche persona rallentò il passo per lanciare loro un'occhiata perplessa.
«Per l'amor del—vieni qui!» In un impeto di disperazione, Niahndra si slanciò in avanti senza un vero piano che non fosse quello di contenere il più possibile Breendbergh. Una mano andò a stringersi intorno a quella libera di lui e l'altra si allungò per tappargli la bocca...diversi, troppi centimetri più in alto di lei.
Si alzò in punta di piedi, ancora niente. La gente fissava. Camillo cantava. Niahndra stava per esplodere.
«Don't wanna ▉▉▉▉ what you got up / I would never blow your spot up / I know my place, I'm the landlord / I'll carry the weight 'til my hands sore».
«Va bene, va bene! Basta così. Hai vinto tu. Salazar non esiste. Puoi insegnarmi a borseggiare, Quello che vuoi, ma ti prego: smetti di cantare».
 
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view post Posted on 26/2/2024, 14:53
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CodiceVedere Niahndra che si agitava come una triglia appena pigliata all’amo e schiaffata nel secchio del pescato quotidiano era sempre ritemprante. In fin dei conti si trattava di un modo come un altro per farle capire che non c’era scampo da quella vita. Che non era vero che l’abitudine rendeva sopportabile qualsiasi sofferenza. Ogni volta che lei provava ad adagiarsi sugli allori del “gli ho visto fare di peggio”, lui effettivamente faceva di peggio. E così, si ritrovavano sempre nel bel mezzo di qualche teatrino tragicomico in cui il cervello della disgraziata andava in tilt.
Quando lei gli afferrò la mano, Camillo sentì la pelle bruciare dal polso al gomito, dal gomito alla spalla, e poi di nuovo giú, ustionato fino alla punta delle dita.
Odiava essere toccato, il dolore fisico, per quanto frutto di una sua paturnia, veniva elaborato dal suo cervello come qualcosa di reale. In piú lo spazio che li separava era troppo poco. Sentiva quasi l’aria mancargli. Eppure, continuava a cantare – schivando i tentativi maldestri dell’amica di tappargli la bocca –, perché sì. Perché era vero che aveva iniziato lui, ma era stata Niah a superare un confine che non avrebbe dovuto oltrepassare, e ora voleva vendicarsi.
Del resto glielo aveva spiegato: il primo passo era distogliere l’attenzione di un ipotetico malcapitato, quando volevi fregargli pure le scarpe. Non si sarebbe presentata piú un’occasione così ghiotta di darle una lezione pratica su un’arte che presto avrebbe acquisito anche lei.
Così facendo, mentore e allieva si scannavano nel dojo delle loro disgrazie.
Quando Breendbergh divincolò la mano, lo fece con delle movenze tanto assurde ed indecifrabili da non poter essere comprese appieno, almeno non se non si stava a guardare attentamente. Un mix putrefatto di grazia e forza bruta. Uno piccolo strattone, una torsione leggera. Le aveva aperto il palmo e le dita dell’olandese si erano ritratte agili per sfilarle l’anello.
«E va bene!» Le aveva detto, senza gridare, ma con un volume di voce così alto da far saltare un battito ad alcuni dei passanti che si erano messi ad osservare la scenetta. Anche quello – un rumore forte, darle retta per la prima volta da che si conoscevano – era uno degli espedienti che aveva utilizzato per creare scompiglio.
Avrebbe voluto fingere che per lui, lo starle così vicino, azzerare lo spazio che li separava, fosse una cosa come un’altra. Ci aveva provato, con tutta la buona volontà del mondo, ma alla fine aveva ceduto. Il viso gli si era accartocciato in un'espressione di sofferenza, tanto sincera quanto simmetrica. Poi aveva disteso i muscoli della faccia, tornando a guardarla, con un muso inorridito che trasudava l’odio profondo per quel che aveva passato negli ultimi istanti.
«Guarda, io la pianto, ma non starmi così vicina, mi fa… strano». Le confessò poi, serio come lo era stato poche altre volte in vita sua, un po’ per gioco, un po’ per mantenere l’attenzione sulla dinamica psicologica e distoglierla dal piano reale e tangibile. Nel mentre l’aveva afferrata con entrambe le mani all’altezza dei fianchi e l’aveva spinta per allontanarla e mettere un po’ di spazio tra di loro. Forse afferrata e spinta non sono le parole giuste per descrivere i suoi gesti. Era stato misurato e l’aveva fatto con una discreta premura, per quanto avesse desiderato di poterla lanciare da un cavalcavia, ma il senso era un po’ quello. E cosa ne aveva ricavato? Un borsello? Roba di poco conto. Sperava che la Alistine si portasse in tasca qualcosa di piú interessante. Tipo un coltellaccio. Ce la vedeva a fare la maranza. Immaginate il twist.
Tanto svelto con le mani quanto era stato nello sgraffignarle quei due oggetti, li frappose tra il proprio viso e quello della nanerottola, interrompendo un contatto visivo a suo dire troppo austero – almeno per quanto concerneva il suo contributo.
Gli occhi nocciola di Breendbergh spuntavano da oltre la refurtiva, questa volta con fare giocoso. Se la ficcò lesto nella tasca destra della giacca, quella esterna.
«Riprendili, ricorda cosa ti ho insegnato. Urtami e prova a fare la svampita, ti dovrebbe riuscire bene». Aggiunse poi, con un sorriso da brontosauro a rendere le sua uscita ancora più lancinante. Si era mosso di qualche passo all’indietro, come un gambero, per evitare una reazione avversa, ma anche per simulare una sorta di passeggiata. Io sto camminando verso di te, tu verso di me. Via!
Si partiva a bomba e lui era curioso di vedere come lei se la sarebbe cavata. Sperava solo di tornare a casa vivo e tutto intero, anche se in cuor suo sapeva non sarebbe stata Niah ad ucciderlo. Doveva morire scivolando in doccia, glielo aveva detto una zingara e ancora nessuno gli aveva spezzato un manico di scopa sulla schiena. Sapete come funziona no? Serviva ad annullare la maledizione. O almeno così dicevano in Peaky Blinders.
Cristo, quella serie gli faceva proprio cagare.

 
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view post Posted on 16/4/2024, 20:59
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D
ire che Niahndra fosse in imbarazzo sarebbe stato usare un eufemismo. Già da sola la sua temperatura corporea avrebbe dovuto garantirle lo status di supernova, ma qualora ciò non fosse bastato il resto l'avrebbe fatto la minaccia di esplodere sul posto. Cosa non avrebbe dato in quel momento per evaporare, per far sì che la terra si aprisse sotto i suoi piedi e la inglobasse per intero.
Benché non potesse vederli, percepiva gli sguardi stralunati dei passanti bruciare sulla pelle, facendole venire voglia di sfilarsela di dosso.
«Cam, giuro su—».
«E va bene!».
L'esclamazione la bloccò sul posto, prendendola alla sprovvista quanto il movimento inconsulto con cui Camillo liberò la mano dalla sua presa. Non aveva la minima idea di cosa lo avesse convinto a cambiare idea così repentinamente (si rifiutava di credere che potesse essere per bontà del proprio cuore o pietà nei confronti di lei), ma a disorientarla più di ogni altra cosa fu scovare sul volto del ragazzo un'espressione angosciata, gemella di quella che indossava lei. La confusione aumentò al sentire le parole successive, sostituite da qualcosa che somigliava sospettosamente all'orrore quando intuì il sottotesto implicito. Compensò con un passo indietro il movimento deciso di Breendbergh, registrando nel mentre il nuovo quanto inaspettato punto di contatto tra di loro. A quel punto, l'improvvisa consapevolezza di avere una forma fisica, un corpo, con i suoi attributi e le implicazioni che si trascinava dietro, la travolse di botto facendole rimescolare la bile. Se si era avvicinata —e non ricordava di averlo fatto— era stato per pura disperazione, per la necessità fisica di interrompere il teatrino e riappropriarsi a forza dell'anonimato.
Stava per aprire bocca e giustificarsi quando l'altro frappose tra loro un sacchetto portamonete e...un anello? Buffo. Sembrava quasi quello che le aveva regalato Eloise– Lo sguardo cadde di scatto sulla propria mano destra, dove di solito portava la semplice fascia argentata e, come previsto, non la trovò. Stessa cosa per il suo borsello. I denti degli ingranaggi nella sua testa fecero clic.
«Brutto figlio di meg–». La mano venne mossa ad arpione in avanti, ma Camillo era già sgusciato all'indietro come un'anguilla e la guardava adesso mettendo in mostra la dentatura che Nia gli avrebbe voluto spaccare. Se non avesse già raggiunto da qualche minuto il massimo grado di rossore che la sua pelle era capace di assumere, Niahndra avrebbe probabilmente preso fuoco e iniziato a fumare dai pori.
«Vai al diavolo», sibilò quando infine ebbe realizzato cosa fosse davvero successo negli ultimi minuti. La canzone, il diversivo, il momento in cui l'aveva allontanata. Aveva preso a camminare incontro al disgraziato, ma pareva più un toro inferocito che ha visto rosso che un'aspirante borseggiatrice. La sua rabbia era reale. «Vai al diavolo, Breendbergh— a quel giro il tono si era alzato accusatorio e di diaframma —Ne ho pieni i boccini delle tue stronzate».
Ormai il pubblico l'avevano attirato, ma qualcosa era scattato dentro la Alistine e difficilmente sarebbe stata in grado di frenare la collera che nasceva dalle viscere.
«Finisce sempre così, con te che non riesci a tapparti la bocca e io che devo pagarne il prezzo ogni santissima volta».
Non le era mai capitato di fare scenate pubbliche, non era semplicemente il tipo; ma c'era un limite a quello che la sua apparenza granitica poteva sopportare e Millo l'aveva oltrepassato da un bel pezzo. Se lei aveva sbagliato a non mettere in chiaro le cose prima, avrebbe rimediato adesso.
«Ti dà fastidio che ti tocchi?», scimmiottò muso "a muso". Non il suo momento migliore, decisamente. Specie perché allungò le mani per toccarlo di nuovo solo per dispetto, detestandosi nel mentre; ma aveva un'argomentazione da sostenere. «A me danno fastidio le tue battute allusive, i nomignoli, le serenate. E trovarmi un fottutissimo coltello puntato contro! Ma non mi sembra che tu, invece, ti sia mai fatto problemi».
Vergogna bruciante a parte, faceva bene sfogarsi. Ad ogni parola vomitata, un peso che neanche sapeva di avere si sollevava dallo stomaco. Una parte di lei riconosceva l'ingiustizia di sollevare tutte quelle rimostranze all'improvviso e in un colpo solo, ma non era contraria al giocare sporco —specie quando l'umiliazione pizzicava ancora fresca sulla pelle.
Così, tra un brancicamento e l'altro, mentre strattonava la giacca dell'altro sul lato sinistro, con tocco leggero cercò la tasca destra.


Scusa il ritardo, pupo. Decidi tu se la bimba riesce a riprendersi la refurtiva o no. :mani:
 
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view post Posted on 23/4/2024, 15:39
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CodiceNiahndra aveva quell’incredibile capacità di passare dall’atteggiamento passivo-aggressivo all’aggressione attiva in un battito di ciglia. Ok, era vero, farsi borseggiare forse non era l’esperienza piú lieta che si potesse sperimentare. D’altro canto l’olandese rimaneva dell’idea che la rabbia, quella vera, era un’emozione che montava piano. Sicuramente la Alistine sembrava essere saltata in sella già da un pezzo, considerando com’era partita alla carica, ed in effetti – come presto avrebbe potuto constatare – galoppava a cavallo di qualche rancore serbato da tempo.
Se c’era un grosso “ma” in tutta quella faccenda, era che Breendbergh, da buon disgraziato qual era, si stava divertendo come poche altre volte. Sorpassato lo shock da contatto fisico, tutta quella scenetta con lei aveva un pizzico di comicità intrinseca, una cosa che lui amplificava, esagerandola a tal punto da far sì che le labbra si schiudessero, mostrando un sorriso sincero. Alla base c’era lo scherno, neanche a dirlo, ma era comunque una reazione consona alla vista di una nanerottola che gli andava incontro a muso duro.
Ma lei era così seria – o recitava così bene – che gli occhi, celati dalle lenti tenui, non riuscivano a leggere con chiarezza le sue intenzioni. Si era domandato cosa avrebbe dovuto aspettarsi. Uno spintone, uno schiaffo, un pugno forse? Una coltellata, giusto per rimanere in tema? E la cosa ancor piú assurda è che era pronto ad accogliere ciò che la vita gli avesse riservato, con quel linguaggio del corpo aperto e con l’immancabile sorriso sgraziato a decorare il viso da cretino. Una provocazione bella e buona.
Poi l’impatto. O meglio, lei lo aveva raggiunto, ed ora che erano muso a muso, gli stava leggendo la vita in faccia. La montatura scivolò fino alla punta del naso, permettendogli di sbirciare l’altra, senza filtri ad offuscargli la vista ed i pensieri, da sopra il vetro vermiglio.
Non si era tirato indietro quando era giunto il momento di uno scontro diretto e, pur conscio di cosa stesse combinando l’altra, frugandogli nella tasca, non si era opposto.
Per dovere di cronaca, trovava la sua tecnica priva di eleganza e pensava che andasse affinata, ma nella lunga scalata dei piccoli reati contro il patrimonio, riappropriarsi di ciò che le apparteneva era il primo gradino che doveva compiere per metabolizzare il percorso che aveva davanti. Lasciò che facesse. Lì dentro ci teneva il borsello e l’anello che le aveva sfilato, del resto, oltre che un altro coltellino a scatto. Cromato, un pezzo di design niente male, sulle tonalità dell’indaco e del lilla.
«Mi dà fastidio che mi tocchi, ma non sei tu nello specifico il problema». Glielo disse chiaro e tondo, con quell’anda da “Il problema non sei tu, sono io” che tanto piaceva alle coppiette quando era ora di darci un taglio. Metafora buffa, considerata la presenza di un’altra arma bianca.
Il respiro gli era quasi venuto a mancare per l’ennesima volta ed in aggiunta dovette tenersi il suo dolore per sé, senza darle chiari segnali del disagio che stava provando. Il pubblico non c’entrava nulla. Come le aveva lasciato intendere, la malattia mentale era sua e sua soltanto. Si sporse in avanti, giocando con la differenza di stazza per intimidirla un po’, o quantomeno provarci.
«Trovo tutta questa situazione molto intima, non è lo stesso per te?». Aggiunse poi, fingendo non gli avesse fatto del male sentire le mani di un’altra persona addosso. Ed ecco l’ennesima battutina allusiva che Niahndra tanto odiava. Lui era nato per rompere i coglioni, sollecitava ogni leva a sua disposizione e schiacciava ogni singolo bottone rosso con la noncuranza di un pianista che si esercitava, per poi far comunque cagare in un concerto a teatro.
«Non lo dico solo perché messa così sembra tu mi voglia baciare, sia chiaro». Scherzò, mentre le lasciava sfilare tutto ciò che fosse riuscita ad estrarre dalla giacca.
«È che ti tieni le cose dentro, poi scoppi. Non riesci mai ad essere seria fin quando non sei completamente satura, e allora ti partono le rotelle». Si ricompose, fece un passo indietro. Poi un altro ancora.
«Sento che sei veramente mia amica e riusciamo a parlare solo quando ti esaspero, perché altrimenti tra una frecciatina e l’altra pare ti dia fastidio tutto, quando invece a certe cose dai peso e per altre scocchi puttanate dal tuo arco, tanto perché ormai ti sei costruita un personaggio e ci stai pure comoda dentro». Aggiunse, poi rincarò.
«Ma se non ti divertissi a passare del tempo con me, so che mi eviteresti» Quindi qualcosa che le piaceva, in tutto quell’ambaradan di stronzate, doveva pur esserci. Difficile capire cosa, se ogni volta sembrava dovesse buttarla in una vasca piena di ghiaccio e asportarle un rene senza anestesia, da come si comportava.
«Ora dimmi che era una messinscena per riprenderti il borsello e ti scatarro in entrambi gli occhi». Sputò anche lui la sua buona dose di veleno, ringhiandole contro giusto perché gli piaceva cogliere la palla al balzo e tenere vivo il mood che si era da poco acceso. Chiamatelo come volete, metodo Stanislavskij, esaurimento nervoso, fare il Niahndra, ma Breendbergh era dell’idea che per recitare così bene, bisognasse per forza aggrapparsi a qualcosa. E se lei ne aveva davvero pieni i boccini, come diceva, per sembrare così sincera da qualcosa aveva pur dovuto attingere.
«Io non so tenere la bocca chiusa, attiro rogne come una calamita perché non riesco a darmi una regolata. E a me, povera principessina in pericolo, non me ne frega un cazzo se un demente mi massacra, ho perso il conto delle volte che mi han dato fuoco e ho un’arma puntata contro un giorno sì e l’altro pure. Ora spiegami cosa ci guadagni a passare del tempo con uno come me se sai benissimo che le cose stanno così». Si sbracciò, lasciando inconsciamente che il taglio sul collo si allargasse ancor più di prima ed il sangue finisse per colargli sul collo della t-shirt, tingendola di una macchiolina scura. Poi si ficcò la mano destra in tasca e diede un colpetto all’insù col naso, perché gli occhiali tornassero al loro posto.
«Vacci tu al Diavolo, è sicuramente un coglione più noioso di me, sono certo che te la passerai meglio in sua compagnia». E lì finì la sua sceneggiata, con il bellissimo cliffhanger da “Vaffanculo, Alistine, oppure ammettilo che queste parentesi fottute ti piacciono”. Questo senza contare che potevano sventrarsi ancora ed ancora, tante erano le cose che entrambi si portavano dentro. Il materiale per dare spettacolo non mancava. In fin dei conti, melodramma per melodramma, l’intrattenimento era assicurato.

 
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