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| 24 yrs – Cursebreaker – Diagon Alley |
Noto la cupezza che si dipinge sul bel viso di Megan.
È il passare veloce di nubi su un cielo limpido di primavera, come quello che abbraccia le nostre teste. Ma se la volta su di noi è sgombra e cristallina, quella su di lei è rannuvolata e, mi chiedo, se minacci tempesta.
Non dico niente: non so cosa si celi, non so quali pensieri si siano generati come turbini dietro gli occhi di zaffiro, ma la guardo mostrandole tutta la mia comprensione. So bene cosa significa portare il peso della spilla e annuisco con vigore alzando gli occhi verso l’alto per palesare ciò che ne penso al riguardo. Mi poggio sullo schienale della sedia con le braccia incrociate. Scaccio via il ricordo di quando io e Amber ne abbiamo parlato e –soprattutto– il maledetto momento in cui mia madre ha incontrato John Hydra. Il mio fastidio aumenta e una piccola ruga si delinea fra le mie sopracciglia.
Sono felice quando vengo a sapere di un possibile contatto con Sinister.
« Oh! » Il sorriso riaffiora sulle mie labbra in una smorfia divertita. Megan non ha mai parlato molto della sua vita privata anche quando eravamo fianco a fianco nelle domeniche polverose all’Ars Arcana; ed in effetti, nemmeno io. Sa di mio padre, chiaramente –la famiglia sono la prima cosa che salta fuori in questi discorsi– e delle mie origini, ma tutto ciò che ci riguarda direttamente è ben chiuso nei cassetti della nostra riservatezza. Mi rendo conto che non sappiamo granché l’uno dell’altra e una parte di me è contento di questo piccolo scorcio che mi ha permesso di vedere.
E del contatto, chiaramente, soprattutto del contatto.
« Credo proprio che andrò a trovarlo, allora. » Sospiro di sollievo, evitando di aggiungere altro per non metterla in imbarazzo. Ammetto che sono curioso, ma mi appunto mentalmente di trovare un buco, oggi pomeriggio, per andare a Nocturn Alley.
Finalmente la cameriera posa sul tavolo il nostro caffè fumante ed il suo aroma mi riempie le narici. Mi scaldo le mani attorno alla tazza di porcellana e scuoto il capo.
« Niente, grazie. » Ho mangiato fin troppo a colazione, ma se risalto il pranzo, Isabella m’ammazza. La ragazza se ne va con la gonna che ondeggia nella brezza e la guardo andar via con sguardo vacuo.
Quando prendo un sorso, il sapore amaro e lievemente acido del caffè mi invade il palato e socchiudo gli occhi per il solo piacere di avere qualcosa di caldo e in grado di svegliarmi, soprattutto.
Quel calore, però, svanisce e le mie labbra si serrano. Poggio con lentezza estrema la tazza sul tavolo e fisso Megan dritto negli occhi.
“Un mistero quasi folle e non credo che io abbia altri interessi per il mio futuro. Sono, come dire: destinata a questo.”
Non dico niente, nella pausa che segue; la mia mandibola è irrigidita e il mio volto è una maschera di cera.
Non sapevo, ovviamente, della morte dei suoi genitori; so poco di loro, ma ricordo con quanto entusiasmo Megan mi avvisava che per le vacanze di Natale non ci sarebbe stata. Mi ha raccontato delle cene e di cosa avrebbe fatto con i suoi e a me divertiva sapere delle tradizioni altrui. E adesso non mi viene nemmeno una parola di conforto. Zero.
Vedo solo qualcuno caduto nello stesso abisso in cui sono finito io. Per prendere tempo, bevo ancora il caffè. A dirla tutta, lo finisco in un lungo sorso e mi aggrappo alla tazza.
Nascondo così l’espressione dura e rabbiosa che fa impallidire il mio viso abbronzato. Quando la poso, il discorso su Hogwarts mi permette di deviare la mente, ma quella serenità che prima mi aveva animato ora è sfiorita.
« Cos’è successo in Sala Grande? Se ci fossi stato ancora io, qualche testa sarebbe volata, poco ma sicuro. Le clessidre ricordano ancora tutti i punti che ho tolto. Spesso, sempre ai soliti imbecilli. » Cerco di assumere un tono rilassato, ma forse il sarcasmo che imporpora la mia voce è fin troppo percepibile.
« Ti manca? »
Per un momento la mia espressione si ammorbidisce e le mie iridi si fanno più liquide, come mercurio. Distolgo un attimo lo sguardo da lei per puntarlo distrattamente sugli altri tavoli, ma vedendo solo ombre sedute.
Chi mi manca, vorrai dire. Giocherello con l’orecchino in un gesto meccanico, poi il braccio scatta irritato non appena me ne rendo conto.
Fanculo, Horus.
« Un po’. » Mento, con malinconia.
Il ritorno di gran carriera della cameriera con lo zuccotto di zucca ben caldo è la distrazione che mi permette di allontanare il suo viso dai cassetti della memoria per concentrarmi, piuttosto, sul braccialetto che indosso e che porta le iniziali di coloro che mi hanno fatto sentire a casa. Solo con Eloise ho mantenuto i contatti, tramite suo fratello Ned. Lo sfioro con l’indice, poi torno su Megan.
Sono di nuovo serio e la nube più grande, nera e buia, è giunta anche sul mio volto.
« Meg. » Il suo nome mi scivola sulle labbra prima che io possa fermarlo. Gli occhi si spostano rapidi sui suoi, sulle ciglia lunghe, sulle lentiggini, sui capelli scuri.
Sospiro e mi porto una ciocca ramata, sfuggita all’elastico, dietro l’orecchio; poi incrocio nuovamente le braccia, sul tavolo questa volta. Stringo la stoffa della manica.
« Cosa ti fa pensare di non essere destinata ad altro? »
Non sono nessuno per giudicarti, Megan. Non io che per primo ho mandato tutto a puttane.
Perciò non è con biasimo che ti pongo questa domanda; al di là di questa palese percezione, è difficile comprendere il tono e persino interpretare il mio sguardo.
Sono sempre stato molto bravo a nascondere i miei sentimenti e le mie emozioni.
Sono gli occhi che spesso mi fregano, eppure non riesco a distoglierli dai suoi.
– Tell me would you kill to prove you're right –
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