Uno Smile? Camillo non era il tipo che ti rifilava robaccia, anche per una questione di brand. Nel momento stesso in cui avesse tradito la fiducia di qualcuno, che fosse un cliente, un fornitore o semplicemente qualche anima in disgrazia a cui aveva deciso di fare un dono, la sua credibilità sarebbe crollata. Così il suo network. Le voci correvano in fretta tra i maghi ed i passi falsi lasciavano orme indelebili sul sentiero dell'autodistruzione.
«Come preferisci, ma se cambi idea…» se cambi idea la frutta è fresca, altrimenti non piacerebbe così tanto al pappagallo, no? Un pensiero espresso a metà. Non era lì per convincerlo a farsi una scorpiacciata, era lì per perdere un po' di tempo prima di tornare alle sue faccende. Con la testa, i pensieri, si catapultò per un istante altrove, in quel reame dove la lancetta piccola dell'orologio già aveva fatto il suo ineluttabile scattino. Poi sospirò, tornando alla realtà.
«E a chi mi segnaleresti per il pappagallo? A Mike?» Domandò, con la lingua affilata, totalmente noncurante del tentativo di intimidirlo, con il suo solito fare tra l'anarchico e il nichilista. Poi tornò a guardare l'ara, che pareva un po' agitato, non tanto perché avesse effettivamente fame, quanto per golosità. A lui quei frutti piacevano e l'avrebbe presto ingozzato, ma già che si parlava di cibo tornò senza tanti indugi sulla questione tirata in ballo.
«Senti, c'è la possibilità che qualcuno l'abbia ingerito e non sia morto all'istante? Ti aiuterebbe rifletterci e interiorizzare quell'immagine, per quanto… uh? Disturbante?» Spostò lo sguardo sulla figura del prefetto, mentre un soffio di passivo gli faceva arricciare il naso per il disgusto. Odiava i fumatori, ma solo quando fumavano, specialmente in sua presenza. Specialmente in luoghi al chiuso. Già che si trovava lì, all'aria aperta, la combustione del tabacco appena innescata aveva iniziato ad irritarlo oltre misura. Si domandava se il signorinello Shaw fosse "uno di quelli".
Gli artigli della bestia gli si strinsero l'avambraccio, stropicciando la stoffa della giacca scura neanche fosse stato un foglio di pergamena da accartocciare. Nemmeno lui sembrava godersi particolarmente l'odore della sigaretta accesa. Si era ritratto leggermente, sbilanciandosi un po' indietro col corpo e raggomitolandosi come fosse un riccio – per quanto possibile ad un pappagallo. Poi spalancò le ali in uno slancio che quasi schiaffeggiò il suo padrone, come per respingere l'aria impestata dal cancro in formato gassoso, a mo' di ventaglio.
Era un ingombro, lo mandò ad ammalarsi.
«Cortesemente, prendilo un secondo». Porse il braccio messo a gancio verso Draven e diede una piccola gomitata al vento, con fare annoiato ed al contempo lieto di prendersi una pausa dal demonio con le penne cremisi, prevalentemente. Se l'altro avesse voluto accoglierlo, gli si sarebbe poggiato addosso, altrimenti conoscendolo avrebbe trovato un trespolo improvvisato su cui piazzarsi.
Poi con la bacchetta avrebbe puntato la mano libera e compiendo il cerchio richiesto dall'incantesimo, avrebbe enunciato mentalmente la formula Cenam, seguita dal nome del cibo: mela. Niente piatto, decisione volontaria. La mela sparì dal cesto e gli finì in mano. Guardò Draven per capire se avesse inteso dove voleva andare a parare, conscio del fatto che era un secchioncello e che sicuramente conosceva quel sortilegio.
Gli occhi del pappagallo guizzarono verso il frutto succulento ed il meccanismo si innescò.
«PRIMA ERO. MIKE? Cloc».
Breendbergh fulminò la bestia con lo sguardo, intenzionato ad abortire l'esperimento. Se lo avesse mandato a Thalia, era certo si sarebbe incazzata come poche altre volte in vita sua, perché era impossibile fosse così stronzo, doveva solo seguire il copione. E non era una che perdeva la pazienza facilmente, lei, dall'alto del suo trono di compostezza.
Ignorò la belva.
«Il punto è che ci sono due requisiti fondamentali: se riesci a fare uno sforzo di fantasia e immaginarti quella sbobba come cibo… ed è effettivamente ingeribile, puoi svuotare il disastro evocandolo dentro il primo tombino utile» Concluse così il momento "maestrino-di-questo-ca-minuscolo", senza stare a fare tutte le premesse del caso. Senza citare il fatto che gli incantesimi erano mere linee guida, poi stava all'artista piegarne l'esito alla propria volontà. Senza insistere sul fatto che, se ci credevi abbastanza, anche un sasso poteva essere valido ai fini dell'esperimento, bastava visualizzarlo come qualcosa di commestibile; lo sforzo mentale, in quel caso, era oneroso, ma chi poteva dire quale delle due opzioni fosse peggiore tra la fetida viscosa giallastra e una pietra?
Diede un morso alla mela e parlò a bocca piena, tra un morso e l'altro, mandando giú a metà discorso.
«Comunque ho lavorato qui un bel po', conosco il giro, ma mi sono licenziato perché Sinister mi sta sui coglioni e la sua visione imprenditoriale è talmente antiquata da innervosirmi. Scommetto che se entro in negozio adesso – qui buttò giú, si pulì le labbra con la manica buona e con il braccio in moto indicò la bottega – ci trovo gli stessi articoli in vendita quando ci stavo io. Si salva un paio di volte l'anno con gli eventi e i mercatini vari, e solo perché sono i garzoni a mettergli pepe al culo e a farlo sentire un rincoglionito. Ammetto però di non conoscere per nome il tizio alto, ma sono letteralmente affari suoi, di Sinister. Non voglio averci niente a che fare, so solo che questi episodi non sono una novità, per quanto rari. Ai miei tempi ne capitavano di peggio».
Sputò il suo veleno, poi richiamò l'ara sul braccio e gli avvicinò la mela, cosí che potesse beccarne la polpa. Cosa che fece, sbrodolando ovunque.
«Se il piano ti garba e le cose funzionano, posso andarti a prendere al volo qualche prodotto babbano per pulire la bottega, magari un deodorante per ambienti. Intanto ti consiglio di agrumarti le braccia, perché puzzi come la latrina di Trainspotting. Non è una soluzione a lungo termine, ma credo che non ti dispiacerà profumare di arancia o limone».
Non sapeva, effettivamente, che odore avesse quella latrina, giacché l'olfatto mai ne aveva fatto esperienza, ma se doveva immaginarsi quale potesse essere, l'associazione nasceva da sé. Almeno, si disse, ai tempi lui guadagnava bene. Qual era il prezzo della dignità di un uomo? Era una di quelle domande di cui conoscevi la risposta solo dopo aver lavorato a stretto contratto col signor padrone di quell'inferno. E poi in due la vita era piú lieve; un po' la Evans gli mancava.
«Quand'è che lo molli con le chiappe a terra e ti trovi un impiego piú umano?»
«Prima eri umano. Ora. Sei latino».
Glielo concesse, in virtù del suo odio per gli spagnoli.