Twinkle, Quest di addestramento.

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view post Posted on 3/7/2023, 22:43
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Twinkle

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La testa poggia contro il grande albero del giardino. Le gambe rannicchiate sostengono fogli di pergamena sul quale scrivo poche righe.
“La storia del Corvo e del Cratere”, l’incipit di un breve racconto di cui ho letto i dettagli la scorsa estate in una biblioteca di Londra. Mi convinco possa essere interessante per concludere il lungo compito assegnato dalla Professoressa McLinder. Ma è inutile, ci provo e non trovo la giusta concentrazione anche solo per scriverne l’introduzione.
Disegno piccoli fiorellini lungo il bordo della carta ocra e la tensione pare attenuarsi. Questo anno è faticoso, sono molto stanca e spesse volte ricorro a più della quantità di caffè consigliata al giorno.
Inspiro ed espiro, chiudo le palpebre e mi concentro sul silenzio che ho attorno. Vorrei chiamare Draven ma so che è a lezione e con molta probabilità non avrò modo di stare insieme a lui se non nel fine settimana. Uno sbuffo si libera dalle labbra. Schiudo le palpebre e guardo le fronde muoversi: seguono la direzione del vento, così come alcune ciocche che ora mi coprono parzialmente il viso. Una smorfia mi rattrista l’espressione. È frustrante sapere che frequentiamo la stessa scuola e il tempo che abbiamo a disposizione non è più di un’ora al giorno durante i pasti, o uno scambio di pochi minuti nei corridoi prima della lezione successiva.
Ci provo ad abituarmi a questa condizione, a non lasciarmi travolgere da ciò che provo.
Mi nascondo. Proteggo me stessa dall’ennesima delusione: alzo muri invalicabili, mostro ciò che voglio lasciar vedere... L’ho sempre fatto.
Con Draven, però, è diverso. Ho imposto a me stessa per mesi di non farmi travolgere dalle emozioni, di averne perlomeno il controllo, ma ho ceduto. Una parte di me fa fatica ad accettarlo e lotta inutilmente. Il controllo sfugge e non c’è verso di rallentare i pensieri, calmare il cuore e regolare il respiro quando lui mi è attorno.

Picchio la testa contro la corteccia, cerco di scrollare di dosso qualsiasi frustrazione e risvegliarmi dal torpore che ha cinto gambe e braccia impedendomi di muovere un singolo muscolo. Gli occhi chiudono e poi si schiudono dopo un altro profondo respiro. Il blu oltremare attraversa il verdeggiante confine che mi separa dalla Foresta Nera. Il mento torna in giù, le ciocche abbandonano il mio viso e cadono lungo le spalle. Scrollo via quei pensieri; vorrei tanto trovarmi in dormitorio, spegnere la luce e dormire per giorni interi. Così, torno a sentire la fatica. Mai come questo anno la spilla pesa come una grande palla legata al piede la cui catena, dove è ancorata, al vertice mi costringe la caviglia con un meccanismo difficile da aprire. Ed io trascino il passo senza potermi divincolare dalle responsabilità di cui, in parte inconsciamente, mi sono fatta carico. Passerà, ripeto ogni giorno.

"Il dio Apollo, volendo offrire un sacrificio, mandò un corvo a cercare dell’acqua pura in una sorgente."
Era così che iniziava la storia. Appallottolo il foglio e lo lancio nell’erba, non mi convince.
Nello stesso istante in cui la carta tocca il terreno e rotola fino a fermarsi tra alcuni ciuffi di erica color viola acceso, il bubbolio lontano mi distrae. Conduco lo sguardo nel cielo e porto la mano a coprire gli occhi per ripararmi dal sole: le palpebre si stringono appena, le iridi oceano mettono a fuoco le ali, sempre più vicine, di un giovane gufo reale.
Il rapace atterra qualche istante dopo avvicinandosi con una missiva stretta nel becco. Stringe gli occhi, ruota la testa di lato e l’allunga per consegnarmi la lettera. Mi appare subito chiaro il mittente, rabbrividisco e il cuore inizia a battere forte e arriva in gola.
Cosa vuole il Ministero adesso?
Rompo il sigillo di ceralacca, le mani tremano aprendo l’involucro che racchiude le poche righe che mi sono ancora sconosciute. Afferro i lembi, tiro su lentamente il contenuto e...

Gentilissima Sig.na Milford Haven,
A seguito della ricevuta d'acquisto per uno snaso a suo nome, la invitiamo a procedere con l'addestramento.



«Mi era completamente passato di mente!» Dico ad alta voce. Scuoto la testa, libero un sospiro tra la frustrazione e il sollievo. Questa mia totale dimenticanza mi ricorda e sottolinea quanto io sia poco connessa con il mondo ultimamente.

Si rechi quanto prima presso la nostra struttura in Craven Street, 137, Londra.


Continuo a leggere.

Risponderò più tardi comunicando il mio arrivo.
Venerdì mi sembra un buon giorno, chiederò a Jean il cambio turno al lavoro.



Sono le 9 e mezza e mi trovo nel quartiere di Covent Garden a Londra. Ho avvisato del mio arrivo lo stesso giorno in cui ho ricevuto la comunicazione dal Dipartimento Regolazione e Controllo delle Creature Magiche e ora mi trovo a camminare tra le vie della città alla ricerca del numero 137 di Craven Street.
Bevo del caffè da asporto mascherando l’agitazione che durante il tragitto non ha fatto che scombussolare lo stomaco. Mi chiedo se sia pronta a prendermi l’ennesima responsabilità e da quando mi pongo questo tipo di problemi.
Sospiro, stringo il bicchiere di cartone tra le dita e vado avanti. Mi guardò intorno, un bambino tiene stretta la mano di sua madre indicando un giocattolo nella vetrina; poco più in là, un signore anziano cammina lento a fianco ad un giovane con la testa china sul cellulare.
Svolto a destra, percorro una piccola zona pedonale per poi ritrovarmi al 120 di Craven Street. Mi fermo giusto il tempo per accertarmi della direzione da prendere, se andare a sinistra o a destra lungo la via. Giro a sinistra e faccio circa cento metri prima di trovarmi davanti ad un edificio a tre piani con ampie finestre.
Lo sguardo si ferma sul numero civico: 137.
Sono arrivata.

«Buongiorno, ho un appuntamento con la Dott.ssa Mary Howard.»

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Passi frenetici scalpicciavano il terreno acciottolato in un via vai perpetuo lungo tutto il piano terra della palazzina di Craven Street. Sembrava essere una giornata caotica e Megan ebbe fortuna che qualcuno riuscì a prestarle attenzione.
Una donna di bell’aspetto sulla quarantina, con i capelli neri legati in una coda alta, frenò di getto a un passo da lei. Battè le palpebre velocemente e schiuse le labbra in un’espressione sorpresa. «Quindi è vero.» L’accenno di una risata sardonica seguì quelle prime parole. «Nessuno di noi pensava seriamente che il Ministero avesse deciso di affidarle una ragazza ancora in età da scuola. Sei fortunata che sia solo per uno snaso. Chi lavora con lei finisce ucciso o peggio.» Proseguì a spiegare, con la stessa nonchalance che si poteva concedere a un discorso ben più frivolo. Ancora incredula, scosse la testa tra sé. «Seguimi, ragazza. La “Dottoressa” Mary Howard ti aspetta in giardino. È da giorni che se ne sta lì a contemplare chissà cosa. »
Diede le spalle alla Corvonero e le fece cenno di seguirla. La traversata del piano terra, nonostante il flusso di gente, non sarebbe risultata ostica. Solo pochi metri separavano l’ingresso dal chiosco a cielo aperto che anticipava il giardino sul retro.

Qui, un paio d’occhi verde acqua fissava il cielo plumbeo londinese, come se sperasse nella sparizione di quel manto di nuvole che minacciava di rovinarle la giornata. Se avesse iniziato a piovere sarebbe stato un bel casino… Non aveva pensato a un piano B! Avrebbe dovuto pensare a un piano B. Era stato sciocco da parte sua, un comportamento da dilettante. Si era lasciata prendere dall’entusiasmo ed era arrivata al giorno concordato con la studentessa di Hogwarts pensando di avere tutto sotto controllo. Oooh… Se avesse iniziato a piovere sarebbe stato proprio un grosso, grosso problema.
Mary Howard camminava, su e giù, su e giù, nell’ampio giardino verso il quale la collega e Megan erano dirette. Per nervosismo si era svegliata presto. Era scesa al piano terra per controllare che nessuno dei suoi dispettosi colleghi avesse tentato di boicottarla nella notte, manomettendo l’area che aveva riservato per l’addestramento dello snaso.
Preferiva di gran lunga avere un ufficio lì, piuttosto che in uno di quei bugigattoli che rifilavano ai dipendenti del Dipartimento. L’unica pecca erano i colleghi di stanza lì.
Forse tanto estrosa, bizzarra, al punto da risultare fastidiosa, eppure ciò non giustificava il modo in cui veniva bistrattata. Una pazza! Ecco com’era considerata. Con i suoi modi sempre gioiosi, non c’era nulla che potesse intaccare il suo buonumore. In un luogo in cui vigevano stress e frustrazione, il suo carattere veniva schernito a giorni alterni.

Qualcuno schiarì la gola con un colpo di tosse e la Dottoressa Mary Howard volse lo sguardo in quella direzione. Riportando la testa dritta, si rese conto di aver indolenzito il collo a furia di fissare il cielo. Le sfuggì un lamento a mezza bocca e la donna davanti a lei roteò gli occhi al cielo, spazientita.
«È arrivata la ragazza per lo snaso.» Pronunciò svogliatamente e indicò Megan con un gesto della mano. «Finalmente. » Sospirò a mezza bocca.
La Dottoressa Howard aveva assillato l’intera palazzina con quell’addestramento, così tanto che nessuno le aveva davvero creduto. Sembravano tutti così irritati e, allo stesso tempo, sollevati che finalmente la giovane da Hogwarts fosse arrivata.
Mary mosse un passo verso Megan e scostò accidentalmente con una spallata la povera collega che l’aveva condotta fin lì. «Grazie, Rosaline. Grazie davvero. Ci penso io. Che piacere conoscerti, Megan. Vieni. Vieni pure.» Pronunziò con sguardo vispo e diretto negli occhi della giovane, le labbra distese in un sorriso così ampio che sembrava andare da un orecchio all’altro. Un sorriso genuino, carico di onesta bontà. Il viso rubicondo costellato di lentiggini, i capelli rossi legati in una treccia a spina di pesce. Sarebbe sembrata una donna normale, a una prima occhiata. La dissonanza tra il viso e il resto del corpo era ciò che scatenava sconcerto: squarci, graffi, cicatrici profondissime. Dal collo in giù ne era cosparsa. Indossava una canotta su un pantaloncino largo che le arrivava a mezza coscia e i segni che le lambivano la pelle si vedevano tutti chiaramente. Chissà quali creature erano state in grado di lasciarle ricordi così indelebili. Era praticamente un miracolo che avesse il viso ancora intatto, nonché gli arti ancora attaccati al torso.
Mentre Mary Howard si approcciò alla ragazza per stringerle la mano e trascinarla con sé verso il giardino, Rosaline girò sui tacchi e sparì dalla loro vista alla velocità della luce.
«Benvenuta! Non vedevo l’ora di conoscerti. Ti va qualcosa da bere? Mettiamoci comode. »
Mary Howard tirò Megan senza attendere risposta. Il tocco era leggero, ma insistente. Non si fermò finché raggiunse un tavolino sistemato sotto un cipresso. C’erano alberi di tutti i tipi, a perdita d’occhio. Quel giardino aveva un qualche tipo di magia estendibile che lo rendeva ben più spazioso di quanto le dimensioni della palazzina lasciassero intendere che dovesse essere.
Eppure, Mary Howard aveva scelto di posizionare il suo tavolino con intarsiature in madre perla, corredato da due sedie altrettanto barocche, proprio sotto un cipresso. Ironico, per qualcuno così gioioso che aveva la nomea di lasciar morire chiunque si trovasse a lavorare con lei… Almeno, per detto dei colleghi.
Spinse Megan ad accomodarsi su una delle sedie, poi si voltò a darle le spalle.
«SELVYA!» Chiamò a gran voce e con un pop sordo comparì dinanzi a loro un’anziana elfa domestica. La Dottoressa flesse le ginocchia e si chinò sulle punte dei piedi. Con le mani posate sulle cosce, si protese verso l’elfa con un atteggiamento infantile, quasi stesse approcciandosi a una bambina.
«Selvya, potresti portarci… Ehm-» Cominciò a dire, ma si fermò. Si rialzò in piedi di scatto come se avesse appena ricordato qualcosa che non avrebbe dovuto dimenticare e si voltò a incontrare lo sguardo della Corvonero. «Perdonami, non ti ho chiesto cosa gradiresti da bere.» Stavolta avrebbe atteso una risposta, per congedare l’elfa a seguito di essa.
Si accomodò sulla sedia di fronte a Megan e, con il sorriso che le andava di nuovo da una parte all’altra del viso, incrociò le dita sul tavolo.
«Allora. Eccoci qui! Raccontami di te, Megan Milford Haven. Dimmi pure: come mai hai deciso di accogliere uno snaso nella tua vita?»
Con il busto un po’ più in avanti sul tavolo a protendersi verso la ragazza, Mary prese a osservarsi intorno con fare guardingo.
«Non hai intenzione di commettere una qualche effrazione, vero?!» Sussurrò, per non farsi sentire, nonostante intorno a loro ci fosse un silenzio tombale e nessuno nelle vicinanze.



 
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view post Posted on 25/8/2023, 14:56
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Osservo la donna davanti a me in attesa di una risposta. Le rivolgo un sorriso cordiale che muore l’istante seguente in cui mi fissa con espressione sorpresa.
Provo un senso di nausea che mi contorce lo stomaco. Il tono è indubbio carico di scherno e la sua risata soffocata mi infastidisce. Rimango in silenzio, mi limito a seguirla quando me lo chiede e non pronuncio parola alcuna mentre proseguo giungendo dapprima al piano terra, poi attraverso l’ampio arco che anticipa il chiosco.
Un soffio d’aria accarezza le vesti appena esco allo scoperto. Rabbrividisco e, prima di scorgere Mrs Howard poco più avanti, porto il naso in sù. Da qualche parte piove; non è solo il cielo plumbeo che mi sovrasta a suggerirlo, anche il profumo inequivocabile di terra bagnata che sento.
Il suono gutturale della mia accompagnatrice mi fa tornare ad abbassare la testa. Guardo davanti a me, Mrs Howard avanza e congeda Rosaline rivolgendomi un’espressione radiosa, accogliente. Mi risulta difficile credere che possa essere stata la causa di parecchie morti.
Stringo la mano e le rivolgo un cordiale sorriso. Le iridi cobalto seguono il suo profilo e ne studiano rapidamente le caratteristiche fisiche.
Non mi soffermo troppo a lungo, non voglio sembrare scortese ma continuo ad osservarla di sbieco, di tanto in tanto, mentre avanzo al suo fianco.
Cicatrici lunghe e profonde ricoprono le parti scoperte del suo corpo in netto contrasto con il viso rubicondo intatto, costellato da miriadi di lentiggini. Mi chiedo come mai non abbia cancellato quelle tracce, come mai abbia deciso di lasciarle visibili agli occhi curiosi e sentenziosi di chi la osserva.
Sussulto appena mentre mi stringe il braccio e mi invita, senza permettermi una risposta, a sedermi sotto ad un cipresso. Posto singolare, penso, alquanto pertinente con quanto sentito poco prima da Rosaline. Mi sfugge un sorrisino divertito che nascondo quasi subito. Osservo la pianta, la trovo meravigliosa.
Mi accorgo di essere a mio agio in quel luogo. Il giardino è florido e ampio. Mi sembra di non essere più a Londra; dimentico il grigio che macchia le pareti di migliaia di edifici, il clima umido, strati di nebbia a ridosso del Tamigi e pioggia fina a bagnare l’asfalto.
Il piccolo ambiente preparato, immagino, per accogliermi quel giorno è sorprendentemente grazioso.
Mi siedo. Respiro profondamente e torno a guardare ciò che mi circonda da una nuova prospettiva. Dura poco più di un attimo, riesco a scorgere solo oltre le siepi a un metro dalla mia posizione, dirimpetto.
La voce di Mrs Howard irrompe squillante.
«SILVYE!»
La guardo, poi vengo catturata da un pop sordo e Silvye, un’anziana elfa domestica, appare davanti a me.
Ancora una volta mi riesce difficile pensare che quella donna abbia causato molte morti mentre la osservo piegarsi sulle ginocchia e rivolgersi all’elfa con tono gentile, come se parlasse ad una bambina. Mi scappa un altro sorrisetto e le palpebre si stringono appena.
«Un tè inglese va benissimo, Silvye.»
La mia voce è gentile, amichevole.
L’elfa svanisce l’istante seguente.

«Mrs Howard, è un piacere essere qui.» Osservo la donna che ho davanti ancora più minuziosamente adesso, la mia attenzione deve essere rivolta alle sue domande e questo mi permette di scrutarla meglio.
«Sono una semplice studentessa del quinto anno di Hogwarts che ha una smisurata passione per le creature magiche» incrocio le gambe e porto dietro all’orecchio destro una ciocca sfuggita dalla chioma corvina. Non è il caso di raccontarle come sono arrivata a desiderare di avere una creatura del genere nella mia vita.
Era stato per lo più un commento, impulsivo, buttato lì senza pensarci davvero su. Durante una delle cene in Sala Grande ho sentito Fate Bennet parlare del suo primo incontro con uno Snaso a lezione di Cura delle Creature Magiche. Avevo trovato veramente insensata la gara del labirinto, nonostante si fosse impegnata al massimo per renderla avvincente. Vedere reagire gli Snasi nello scovare oggetti preziosi, scommettere su chi sarebbe arrivato al tesoro per primi… Avevo pensato fosse semplicemente patetico. L’unica soddisfazione che ero riuscita a trarre da tutta quella storia era stato l’incidente di Marcus Patel, Grifondoro settimo anno. Al suo ennesimo urlo di esortazione, sembrava che lo Snaso si fosse ribellato saltandogli in bocca. Il giovane Adepto di Godric se l’era cavata solo con qualche graffio, costatogli alcuni giorni in infermeria con la faccia gonfia e unguenti per prevenire le infezioni.
Mi ero rammaricata del fatto che non fosse riuscito nella sua impresa. Patel senza lingua, sarebbe stato magnifico!, almeno avrebbe smesso per un po’ di fischiarmi dietro ogni volta che lo avessi incrociato nei corridoi.
«Dai, Meg! A cosa vuoi che servano gli Snasi se non a rubare? I Goblin lo sanno bene… Cosa sanno fare di altro? Farli correre a scovare gioielli e scommetterci su è divertente anche per loro!»
Aveva ribattuto Fate osservando la mia espressione perplessa.
«Capitano gli incidenti… La prossima volta ci sarà una barriera magica a tenerli ben protetti da pressioni esterne» si era affrettata a dire alla fine.
«A tenerli prigionieri, vorrai dire» avevo ribattuto con estrema serietà, «mi pare assurdo dover sentire una roba del genere. Sottovalutare qualsiasi tipo di creatura magica è sbagliato e dovresti saperlo. A maggior ragione dopo quanto accaduto durante la lezione.»
Avevo scosso il capo con in volto un’espressione rassegnata. Dagli sguardi dei compagni attorno a me, Fate non sembrava essere l’unica a pensarla in quel modo.
«Ne vorrei avere uno solo per dimostrarvi che avete torto» avevo aggiunto a bassa voce, poi li avevo lasciati continuare la loro conversazione.
Ora che ci rifletto, Jean era al mio fianco e doveva avermi sentita pronunciare quelle parole; il regalo, con all’interno l’acquisto del patentino per lo Snaso, era arrivato a Natale.

Scuoto il capo e abbozzò un mezzo sorriso a Mrs Howard. Non sono molto sicura di non poter trarre un vantaggio da quella piccola creatura in futuro e quanto le leggi frenerebbero le mie azioni, ma questa tacita risposta potrebbe essere convincente quanto basta a lasciarmi proseguire. D’altronde mi chiedo se ci sia stato mai qualcuno che abbia risposto: “Sì, signora, ho intenzione di prendere il patentino per sfruttare creature e servirmene per scopi illegali!”
Limito quel pensiero tra le pareti della mia testa e sfoggio la più naturale delle espressioni. Non mi risulta difficile, mi sento bene dopotutto e qualsiasi cosa al di fuori di Hogwarts mi sembra migliore adesso.
«È stato un regalo.»
Le dita scorrono lungo la superficie del tavolo in pietra. Lo so che non è un bel modo per convincere qualcuno della scelta che ho fatto ma credo ci voglia un pizzico di verità per dire una bugia credibile; e una buona faccia, ovviamente, un’espressione cordiale e un finto sorriso.
«Sono appassionata di Creature Magiche e lo Snaso è tra le mie preferite» ammetto, almeno su questo non ho alcun dubbio, in cima alla classifica ci sono i Draghi. «Ne ho studiate molte ad Hogwarts, la maggior parte restano nascoste in pagine di libri che saltiamo durante l’anno ma sono una persona estremamente curiosa, sa... »
Rilasso le spalle sulla seduta, le mani tornano ad incrociarsi sulle gambe.
«Mia nonna mi raccontava spesso di Rupert, lo Snaso che mio nonno aveva adottato durante la guerra.» Inizio quel racconto mentre la più fantasiosa delle immagini s’inistalla nella mia mente rendendomi facile proseguire. «Si è preso cura di lui dopo che il suo amico è morto. Lo aveva preso con sé quando ritrovò il corpo e il piccolo Rupert acciambellato sul petto del suo padrone.»
Il tono si incrina appena, è una scena toccante e devo fare la mia parte.
Mi trovo così a mio agio a nascondere la verità che mi accorgo che dire le bugie mi riesce piuttosto facile: fanno dubitare anche me.
Forse… Forse Rupert era davvero uno Snaso ed era esistito?
«Ha combinato parecchi guai dentro casa, svuotava armadi, credenze… Tutto ciò che luccicava era la sua più grande passione. Ci volle un po’ di tempo per addestrarlo, fino a che l’unica cosa che riteneva interessante erano i nuovi giochi che mio nonno gli rifilava. Per lo più erano vecchi oggetti laccati d’oro e incantati in maniera che brillassero più di ogni cosa.»
Sorrido di nuovo, gli occhi osservano oltre la figura dinanzi a me. Fissano lo spazio con vacuo interesse ma nella mente preparo un finale degno, con il desiderio di voler proseguire solo ed unicamente nell’atto pratico dell’addestramento. Non avrei gradito altre domande inerenti alla mia vita, né avrei avuto alcun interesse nel volermi aprire con quella donna e confidarle qualsiasi cosa avrebbe voluto che le confidassi. Il tè presto in arrivo, però, spegne qualsiasi mio auspicabile desiderio di finirla lì.
«Non ho mai conosciuto mio nonno né il suo Snaso, ma ricordo che i racconti del piccolo Rupert mi fecero desiderare di volerne uno una volta avuta la possibilità e…» Prendo una piccola pausa e torno a fissare le iridi accese della donna, «Eccomi qui!»
Allargo le braccia sul finale e sorrido a labbra serrate.

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view post Posted on 8/10/2023, 21:27
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L’educazione e il tono pacato della giovane colpirono piacevolmente l’attenzione della Dottoressa. Sorridere faceva parte del suo essere e nemmeno i suoi più infimi colleghi erano mai riusciti a privarla di tale virtù; c’era da dire, però, che quando si trovava a interfacciarsi con personalità docili e mansuete, esprimersi con entusiasmo le dava maggior soddisfazione.
Imitò la postura della ragazza e si appoggiò allo schienale della sedia, la gamba destra incrociata sulla sinistra. Le mani congiunte sul ginocchio destro. Si sentiva una vecchia signora borghese ad assumere una simile posa. Le piacque e l’aiutava a contenere l’entusiasmo.
Doveva apparire più mansueta e professionale.
Non vedeva l’ora di iniziare con l’addestramento e nella sua testa continuavano a frullare immaginari ipotetici del primo incontro tra la studentessa e quello che, con un po’ di buona volontà, sarebbe potuto diventare il suo snaso. Ma doveva fare tutto secondo manuale. Dunque, per prima cosa era indispensabile assicurarsi che le intenzioni della giovane donna fossero pure e sincere.
Aveva gettato l’amo con l’allusione a ipotetiche effrazioni.
Studiò la reazione: gli occhi della Dottoressa Howard si puntarono sul viso della studentessa e, nel suo essere un po’ bizzarra nei modi di fare, con il sorriso di nuovo a illuminarle i connotati, fece sì che quello sguardo risultasse stralunato, maniacale. Non si aspettava una risposta affermativa al quesito tanto quanto una risposta banale. Si disse curiosa di sentire cosa le avrebbe detto la Corvonero. L'ascoltò con sollecitudine. Qualsiasi maschera fintamente seriosa avesse pensato di erigere per portare avanti quel colloquio nel massimo del rispetto delle regole del Ministero, crollò miseramente come un castello di carte esposto al vento. Man mano che la giovane aggiungeva dettagli a quella storia strappalacrime, gli occhi di Mary Howard, attenti e osservatori fino a quel momento, si offuscarono di commozione e lacrime che trattenne a stento. Tirò sul col naso un paio di volte. Si accorse del ritorno di Sylvie con il servizio da tè solo perché l’elfa, dopo aver accuratamente posato il tutto sul tavolino, le porse un fazzoletto. Con un tempismo perfetto a conclusione del drammatico racconto di Megan, Sylvie sparì con lo stesso pop col quale era riapparsa.
«Povero Rupert. È una storia così… così…» Un soffio nel fazzoletto la costrinse a interrompere il commento. «È così coraggioso! Una storia così commovente! Oh, Megan, è il tuo destino avere uno snaso! Ma non portarlo in guerra, ok? Mi sembra eccessivo.» Schiarì la voce per ritrovare contegno.
Aveva ancora una missione da svolgere, dopotutto.
Un’asciugata teatrale ai bordi degli occhi con un angolo del fazzoletto, poi versò il tè a entrambe. Prese la tazza a lei più vicina: una, due, tre, quattro zollette di zucchero e poche gocce di latte. Il fazzoletto umido accartocciato nel palmo destro: l’indice e il pollice a sorreggere il manico, l’altra mano a carezzare il calore della bevanda.
«Con uno snaso in casa non potresti mai goderti un momento di leggerezza così, con un simile servizio da tè. Proverebbe a rubarlo.» Pronunciò la donna, sfiorando con l’indice sinistro il bordo superiore della tazza, intarsiato d’oro. Un servizio da tè che aveva un aspetto antico, quasi regale, con tutti quei ghirigori e bordi dorati. «C’è anche l’alto, l’altissimo, l’altissimissimo rischio che nel tentativo di furto la tazza si sbecchi all'altezza del manico in ceramica chiara e ferisca la creatura. Gli snasi non hanno una gran vista quando non si tratta di cose particolarmente luccicanti, sai? Sono quasi ciechi, è come se avessero buon occhio solo per ciò che gli interessa. Hai studiato a scuola la loro struttura, vero? Conosci tutto delle necessità di uno snaso, no? Sai di cosa si nutre? Come vive? Di cosa ha bisogno?» Prese un primo sorso dal tè e ne gustò l'aroma fruttato: pesche, mandorle.
Lo sguardo, però, rimase fisso sul volto della ragazza davanti a lei.


Ciao Megan, come richiesto dalla Dottoressa Howard esponi quanto hai appreso a Hogwarts riguardo gli snasi.
Per qualsiasi informazione esterna, specifica il modo in cui ne sei venuta a conoscenza.
Buon proseguimento!
 
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view post Posted on 20/10/2023, 04:59
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Pop.
Sylvie appare e con dolcezza porge un fazzoletto a Mrs Howard. Un sorriso tenero si fa largo sul mio viso poi torno a guardare la donna davanti a me. La sua reazione è un sospiro di sollievo. La storia strappalacrime pare aver centrato il punto e non posso che ritenermi soddisfatta.
Trattengo uno sbuffo divertito e tossisco appena per nasconderlo. Rifilarle una bugia è stato piuttosto facile, dunque, mi chiedo quanti prima di me abbia ritenuto idonei ad un patentino e quanti di questi, poi, si siano rivelati l’opposto rispetto al suo giudizio.
«Assicurato, Mrs Howard. Non porterò alcuno Snaso in guerra.» annuisco distendendo appena le labbra.
La guardo poi versare il tè, prendere la tazza a lei più vicina, mescere il latte all’interno e aggiungere quattro zollette di zucchero. Imito i suoi gesti e con un cucchiaino mescolo il tè, lasciando tintinnare la ceramica.
«Sono molto belle, non potrei biasimare lo Snaso» intervengo ponendo maggiore attenzione sulle rifiniture di quel servizio antico. Penso a Lysander e a come tenterebbe di venirne in possesso per la sua collezione privata.
Soffio appena e il vapore caldo mi accarezza la pelle spostando alcune ciocche che per la gravità sono finite a coprire i lati del viso. Ne sposto un paio con la mano e annuisco. «Tuttavia, come ha detto, riconosco che possano ricorrere a pericoli con conseguenze anche molto gravi» torno a guardarla mentre le dita stringono il manico della tazza e la sollevano.
«Nel programma scolastico non è previsto lo studio degli Snasi, a meno che il professore non decida di introdurli in una lezione extra. Temo di non sapere molto sul loro conto, se non le cose essenziali. Ho avuto modo di leggere alcune cose» torno a poggiare la schiena e bevo un sorso caldo di tè, poi porto la tazzina lungo le gambe tenendola stretta tra le dita.
«La biblioteca di Hogwarts ha tutto ciò che si desidera, basta un po’ di curiosità e voglia di sapere» sorrido compiaciuta.
«Per esempio so che mangiano formiche, scarafaggi, lumache, lombrichi… Che vivono in profondità, nel sottosuolo, fino a sei metri circa.» prendo una piccola pausa, poi: «Sapevo che erano creature con un senso dell’ olfatto e dell’udito molto sviluppati a causa della loro quasi cecità. Sono simili alle Talpe babbane, conosce? Fanno un sacco di danni nei giardini distruggendoli con le loro buche» e sono davvero brutte! sorrido.
Le mani si stringono alla ceramica e il tepore sui palmi mi rilassa. Non so se sto ancora recitando la mia parte ma non posso nascondere una certa emozione.
«Non conosco come vivono di preciso, né le loro necessità ma mi piacerebbe molto sapere» concludo, negli occhi il blu scintilla appena.

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view post Posted on 31/10/2023, 19:37
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Sconvolgente quanto l’inflazione avesse influito anche nella Scuola di Magia e Stregoneria migliore al mondo, così tanto da non potersi permettere di avere nel programma di studio semplici creature di Classe XXX come lo snaso.
O forse l’inflazione non c’entrava niente e davano maggior importanza a qualche altra creatura, potenzialmente più pericolosa, per mettere in guardia gli studenti. Beh, sì, anche così aveva senso.
In ogni caso, la Dottoressa Howard si soffermò a guardare la giovane Corvonero con tanto d’occhi e a bocca spalancata. Non riuscì a mandare giù con il tè il fatto che a Hogwarts non venisse preso in considerazione lo studio approfondito degli snasi. Riportò la tazza di nuovo sul tavolino affinché non spillasse via per l’improvviso tremolio nervoso delle sue mani.
Il Preside avrebbe ricevuto presto una sua lettera a riguardo.
Tra la storia strappalacrime, la curiosità di cercare informazioni in biblioteca e quella che mostrò essere devozione nei confronti dell’impegno, Megan poteva moralmente meritare di avere uno snaso di compagnia. Come avrebbe potuto, però, prendersene cura senza sapere più che pochi dettagli? «Ah! Ma certo!» esclamò ad alta voce la Dottoressa. Si battè il palmo della destra sulla fronte come a voler toccare con mano la lampadina di genio che aveva appena avuto. «Sei qui anche per questo!» realizzò con entusiasmo. Un gran sorriso solcò le sue labbra e il momento di nervosismo degli istanti precedenti sembrò appartenere a un passato lontano.
«È tutto corretto ciò che hai detto. Gli snasi sono creature onnivore, hanno bisogno di proteine e minerali per tenersi in forze. Trovano sotto terra tutti i nutrienti di cui hanno bisogno, motivo per cui è consigliabile non tenerli rinchiusi in un appartamento o un’abitazione che non abbia libero accesso al loro habitat naturale. Si adattano facilmente, purché abbiano tutto ciò di cui hanno bisogno sia a livello alimentare che di svago. Ti suggerisco di fare rifornimento di bigiotteria di poco conto così che il tuo snaso abbia sempre il suo gran da fare, tendono ad annoiarsi facilmente e ciò li rende inquieti. Non lasciare in giro null’altro che possa attirare la sua attenzione. Sai, la loro fisionomia è molto simile a quella delle talpe babbane, hai detto bene, ma sul ventre hanno un marsupio naturale molto simile a quello dei canguri babbani, hai presente? Con la differenza che gli snasi non lo usano per la cura dei loro cuccioli, bensì per nasconderci dentro i loro tesori. La loro pelliccia rende difficile scovare questo marsupio, per cui una volta rubato un oggetto potrebbe essere complicato recuperarlo. C’è chi li mette a testa in giù e li scuote fino a fargli svuotare le tasche, ma non mi sembra una scelta etica. Sta attenta, dunque: tieni sempre in sicurezza sia la creatura che i tuoi averi.» spiegò, annuendo tra sé con fare orgoglioso. Prese un sospiro, mostrò un altro sorriso e, infine, riprese tra le mani la tazza di porcellana.
«Finisci il tuo tè, cara. Abbiamo uno snaso da andare a conoscere.»
Uno, due, tre sorsi e la tazza tornò ancora una volta sul tavolino, stavolta vuota.
La Dottoressa Howard si disse fiera di come stessero procedendo tanto in fretta. Era finalmente giunto il momento delle presentazioni.
Avrebbe atteso che la ragazza fosse pronta a seguirla, poi si sarebbe alzata dalla sedia.
«Seguimi.» le comandò, voltando su se stessa a darle le spalle per direzionarsi verso l’area in cui aveva lasciato lo snaso a giocare.
«Da Il Serraglio Stregato vendono giocattoli morbidi visivamente identici ad oggetti luccicanti come collane, finti galeoni ed anelli e hanno anche delle tane a prova di Snaso, estese per magia da una serie di cunicoli dalle pareti dorate e fondo di terriccio davvero ottime, soprattutto per i primi anni di crescita in cattività, se ti senti più sicura che a lasciarlo in giro senza tenerlo d’occhio. Facci un salto.»
Prese a camminare nella direzione opposta da cui la ragazza aveva avuto accesso al cortile interno. La radura si chiuse su un piccolo gruppo di querce che circondava un’elaborata struttura in terriccio, fatta di cunicoli come un formicaio a vista e magicamente incantato per impedire allo snaso al suo interno di allontanarsi oltre quella porzione d’area a lui concessa.
La Dottoressa Howard si fermò a circa un metro da esso, con le mani posate sui fianchi e le gambe leggermente divaricate.
«Se fin qui è tutto chiaro, possiamo procedere con l’avvicinamento. Hai domande da farmi?» disse, annuendo tra sé di nuovo con quell’espressione fiera in viso.
Si volse, poi, per guardare con attenzione la giovane da capo a piedi, ispezionandola con lo sguardo.
«Niente orecchini, collane e bracciali in vista. Molto bene. Hai qualcosa di luccicante nascosto nelle tasche? Controlla, non si è mai troppo cauti.»


 
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view post Posted on 25/1/2024, 22:58
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L’attenzione che Mrs. Howard mi rivolge, il modo in cui segue le mie parole e reagisce ad ogni sillaba. Niente sfugge ai miei occhi attenti. Le mani della donna tremano, il tintinnio sul piattino non appena tenta di liberarsi del peso tra le dita. Il silenzio, poi. Uno strano silenzio che mi costringe a piegare la testa di lato, gli occhi appena socchiusi e le rughe d’espressione a formare linee al centro della fronte: ho detto qualcosa di sbagliato?
«Ah! Ma certo!» finalmente parla e lo fa improvvisamente. La vedo battere il palmo della mano sulla fronte, trattengo ancora una risata mostrando l’ennesimo sorriso appena accennato. «Sei qui per questo!» aggiunge subito dopo ed io mi ritrovo ad annuire. Il discorso si apre seguente, la spiegazione risulta esaustiva e mi ritrovo a seguire ogni singolo dettaglio senza mai trovare distrazione altrove. Ogni tanto sorseggio il tè e sposto lo sguardo sulle piante che adornano il grazioso giardino, dove gli insetti zampettano di fiore in fiore.
A fine discorso, lascio andare la tazzina sul tavolo mentre l’ultima goccia del liquido ambrato scivola lungo il bordo della porcellana; faccio leva con le braccia, torno in piedi. Seguo Mrs Howard che fa da apripista, ancora una volta mi trovo ad ascoltare i suoi consigli e già immagino quanto potrà essere divertente vedere lo Snaso dilettarsi con giochini realizzati per lui: galeoni finti e gioielli scintillanti. «Certamente, lo farò. Grazie!» rispondo mentre avanzo. Gli occhi dardeggiano da un lato all’altro del percorso, poi la radura svanisce dando spazio ad un piccolo gruppo di querce che circonda una struttura fatta di terra e cunicoli. Arresto il passo affiancando la donna, mentre il cuore accelera i battiti per l’agitazione.
«C’è qualcosa che non devo assolutamente fare?» domando, proprio quando lei mi invita a farmi avanti con eventuali dubbi e perplessità a riguardo. Sì, eviterei di rimanere senza un dito e sinceramente fargli del male per puro istinto di difesa mi ucciderebbe. «Le mie tasche sono sicure, ho tolto ogni cosa» proseguo poi, controllando ancora per sicurezza.

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view post Posted on 22/2/2024, 10:38
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Oltre le folte querce, la Dottoressa Howard studiò il cielo plumbeo con un’occhiataccia, quasi volesse minacciarlo di non azzardarsi a piovere proprio in quel momento. Il terreno si sarebbe infangato e sarebbe stato molto, molto più complicato portare avanti quel colloquio illesi. Senza contare che lo snaso sarebbe andato in solluchero e avrebbero rischiato di non trovarlo più.
La giovane studentessa aveva le nozioni indispensabili alla comprensione di quella creatura, nonché alla sua cura, per cui sarebbe stato un vero peccato dover interrompere il tutto per via del maltempo. Un imprevisto. Un’emergenza non calcolata.
Con la testa tra le nuvole, alla Dottoressa venne un’idea che alcuni avrebbero considerato poco ortodossa. D’altronde, era sua indole uscire dagli schemi comuni, a maggior ragione se tornava utile a favorire un’esperienza a 360°.
Dopo aver ricevuto conferma dalla ragazza che non avesse niente addosso di allettante per lo snaso, si mosse impavida verso l’imponente struttura a formicaio davanti a loro, con in viso un’espressione impassibile che non lasciava in alcun modo a vedere quanto le sue rotelle un po’ fuori posto stessero lavorando attivamente. Fece segno a Megan di restare a quel paio di metri di distanza di sicurezza.
«È bene che tu tenga sempre a mente di non fare movimenti repentini: una regola di base quando si ha a che fare con degli animali, soprattutto se dall’indole selvatica. Potrebbe tornarti utile anche in futuro. Nello specifico dello snaso, potrebbe morderti per difendere i suoi tesori se lo toccassi nella zona della pancia. Il marsupio è un’area molto sensibile. Ricorda le caratteristiche della sua indole e andrà tutto bene.» le rispose, studiando con lo sguardo la struttura fatta di cunicoli e strettoie di terra.
Estrasse da una tasca dei pantaloni una sacca di pelle che conteneva bigiotteria luccicante di ogni tipo: monete antiche, collane, bracciali, anelli, orecchini. Gli oggetti si fermarono sulla superficie del formicaio. Dopo un colpo di bacchetta, Megan li avrebbe visti scivolare nel terriccio e disperdersi tra i cunicoli a vista. Solo in quel momento, e finalmente, lo snaso fece la sua comparsa: qualcosa era appena entrato nel suo territorio e prese ad annusare l’aria e il terreno a lui tutto intorno in cerca degli inaspettati doni. Il muso che si muoveva a scatti, curioso e affascinato. Molto probabilmente non aveva fatto altro che dormire e mangiucchiare vermi nell’attesa, perché sembrò particolarmente contento di avere una missione da compiere.
«È un tipetto vispo. Non lo trovi carinissimo?» chiese la Dottoressa, indietreggiando per tornare al fianco della giovane. Le diede un minuto per godersi la scena ed elaborare il fatto che quella piccola creatura sarebbe presto andata via insieme a lei, poi si spostò alle sue spalle.
«Non appena avrà finito di raccogliere tutti i suoi nuovi tesori, si renderà conto che c’è altro oltre quei cunicoli di terra. Sai che gli snasi hanno un olfatto eccellente, per cui sfrutteremo questa dote per attirarlo da te e farvi familiarizzare. In maniera controllata, s'intende.» le spiegò, prima di far comparire una scia di monete che avrebbe tracciato il percorso dello snaso fino a raggiungere la studentessa. Un altro colpo di bacchetta e Megan si ritrovò con addosso monili di ogni tipo: mezza dozzina di collane ad adornare il collo, braccialetti luccicanti fino a metà avambraccio, le dita piene di anelli brillanti.
«Mantieni la calma e ricorda: niente movimenti repentini.» l’avvisò la Dottoressa. Un ultimo accorgimento prima di vedere il piccolo snaso spuntare in alto, oltre le strettoie di terriccio che lo avevano tenuto impegnato per quei pochi minuti di preparazione. Solitamente, per interagire con queste creature, il meccanismo era sempre lo stesso: dargli un oggetto luccicante come dono per generare il primo contatto, poi assisterli nella caccia al tesoro per instaurare fiducia reciproca. Era, di fatti, ciò che la Dottoressa Howard aveva previsto per lei: ma cos’è la vita senza un po’ di brivido e originalità? Senza contare che, molto spesso, chi si approcciava a degli animali aveva la tendenza a esserne remissivo. Pretese da Megan, invece, un atteggiamento sicuro: doveva essere convinta di saper gestire uno snaso anche in casi di presunto pericolo. Un primo approccio forse aggressivo, ma che si sarebbe rivelato efficace se eseguito con le dovute accortezze.
Tenne impugnata la bacchetta, per precauzione, nel caso in cui si fosse reso necessario intervenire per mantenere incolume la ragazza. Per quanto, sperò vivamente che non ce ne sarebbe stato bisogno.
Lo snaso si mosse lungo la stradina di monete, raccogliendole una ad una, fino a raggiungere la ragazza. Con la pancia già piena, visto il suo piccolo corpicino, si mosse più lentamente, appesantito dall’ingordigia. L’annusò, la studiò. Infine, si mosse: su di lei, sotto i suoi abiti, raccogliendo tesori qua e là, carezzandole i capelli, solleticandole la pelle. Come avrebbe reagito Megan? Avrebbe azzardato un approccio diretto o una distrazione? La decisione su come interagire con la creatura, come educarla alla propria presenza, spettava solo a lei.


 
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view post Posted on 25/4/2024, 20:10
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Seguo lo sguardo della donna. Gli occhi blu oceano incontrano il cielo plumbeo sopra di noi che minaccia pioggia di qui a poco. Repentinamente porto di nuovo l’attenzione su Mrs Howards che mi invita a restare ferma a qualche metro di distanza dalla struttura e mi spiega dettagliatamente cosa devo fare affinché torni a casa intatta. Annuisco, registro ogni informazione:
Non devo muovermi bruscamente, né toccare il marsupio. Ok.
Mi godo gli istanti seguenti. Una scia di monili scintillanti appare lungo il terriccio e subito uno Snaso curioso sbuca fuori. Lo vedo, gli occhi si muovono senza perdere il minimo passo all’interno della teca. Odora la merce, la mette nel suo marsupio di pelliccia con accurata rapidità. Sorrido colpita dalla tenerezza che genera in me quella creatura tanto pericolosa quanto terribilmente carina.
«È un tipetto vispo. Non lo trovi carinissimo?»
«Lo trovo adorabile» annuisco. Trattengo l’emozione, la voce esce senza alcuna inflessione particolare. Rimango immobile, non perdo nemmeno il più impercettibile movimento. Lascio che la donna nel mentre mi raggiunga, una strada di monete fino alla mia posizione. Poi, si sposta dietro le mie spalle, le ultime accortezze e un brivido attraversa la schiena al freddo contatto con i gioielli che ritrovo su tutto il mio corpo con un solo colpo di bacchetta. Solo in quell’istante avverto la tensione. Abbasso il mento, lo Snaso mi osserva curiosa muovendo il muso allungato per sentire l’odore e familiarizzare. Inevitabilmente mi irrigidisco mentre la creatura risale lungo le mie gambe e si nasconde sotto le vesti. Rifuggo all’istinto di piegarmi per il solletico non appena sfiora la mia pancia e risale lungo il collo, fino a sopra la testa. «Sei un po’ pesante, lo sai?» sussurro mentre unisco le mani ad afferrare l’anello attorno alle mie dita, cercando di rimanere immobile con il busto. Lo racchiudo nel palmo sinistro, poi con la stessa accortezza sfilo il bracciale e faccio lo stesso. Sollevo il braccio, ritmo lento per cercare di non spaventarlo.
Nessun movimento brusco, Meg.
«Guarda che cos’ho? Ti piacciono?» parlo ancora piano, il tono caldo mantiene la dolcezza con la quale ho deciso di approcciarmi. Schiudo le dita e lascio che i gioielli brillino, sotto lo spettro di luce che li attraversa, sul palmo della mia mano.
«Da bravo... Fidati di me».
Così, cerco di studiare il suo comportamento, lasciare andare la tensione affinché nemmeno lui l’avverta. So già cosa fare nel caso in cui raggiunga i gioielli: la mano destra si avvicinerebbe lentamente, il palmo verso l'alto e le dita appena schiuse. Immobile in quella posizione, a pochi centimetri dal suo corpicino rigonfio, consentirei al mio futuro amico di avvicinarsi e prendere ancora più confidenza con quel contatto. Se mi sarà concesso, solo nel caso in cui mi sentissi fuori pericolo, solleticherei con i polpastrelli il suo collo proprio sotto al becco smussato.

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