Passi frenetici scalpicciavano il terreno acciottolato in un via vai perpetuo lungo tutto il piano terra della palazzina di Craven Street. Sembrava essere una giornata caotica e Megan ebbe fortuna che qualcuno riuscì a prestarle attenzione.
Una donna di bell’aspetto sulla quarantina, con i capelli neri legati in una coda alta, frenò di getto a un passo da lei. Battè le palpebre velocemente e schiuse le labbra in un’espressione sorpresa. «
Quindi è vero.» L’accenno di una risata sardonica seguì quelle prime parole. «
Nessuno di noi pensava seriamente che il Ministero avesse deciso di affidarle una ragazza ancora in età da scuola. Sei fortunata che sia solo per uno snaso. Chi lavora con lei finisce ucciso o peggio.» Proseguì a spiegare, con la stessa nonchalance che si poteva concedere a un discorso ben più frivolo. Ancora incredula, scosse la testa tra sé. «
Seguimi, ragazza. La “Dottoressa” Mary Howard ti aspetta in giardino. È da giorni che se ne sta lì a contemplare chissà cosa. »
Diede le spalle alla Corvonero e le fece cenno di seguirla. La traversata del piano terra, nonostante il flusso di gente, non sarebbe risultata ostica. Solo pochi metri separavano l’ingresso dal chiosco a cielo aperto che anticipava il giardino sul retro.
Qui, un paio d’occhi verde acqua fissava il cielo plumbeo londinese, come se sperasse nella sparizione di quel manto di nuvole che minacciava di rovinarle la giornata. Se avesse iniziato a piovere sarebbe stato un bel casino… Non aveva pensato a un piano B! Avrebbe dovuto pensare a un piano B. Era stato sciocco da parte sua, un comportamento da dilettante. Si era lasciata prendere dall’entusiasmo ed era arrivata al giorno concordato con la studentessa di Hogwarts pensando di avere tutto sotto controllo. Oooh… Se avesse iniziato a piovere sarebbe stato proprio un grosso, grosso problema.
Mary Howard camminava,
su e giù, su e giù, nell’ampio giardino verso il quale la collega e Megan erano dirette. Per nervosismo si era svegliata presto. Era scesa al piano terra per controllare che nessuno dei suoi dispettosi colleghi avesse tentato di boicottarla nella notte, manomettendo l’area che aveva riservato per l’addestramento dello snaso.
Preferiva di gran lunga avere un ufficio lì, piuttosto che in uno di quei bugigattoli che rifilavano ai dipendenti del Dipartimento. L’unica pecca erano i colleghi di stanza lì.
Forse tanto estrosa, bizzarra, al punto da risultare fastidiosa, eppure ciò non giustificava il modo in cui veniva bistrattata. Una pazza! Ecco com’era considerata. Con i suoi modi sempre gioiosi, non c’era nulla che potesse intaccare il suo buonumore. In un luogo in cui vigevano stress e frustrazione, il suo carattere veniva schernito a giorni alterni.
Qualcuno schiarì la gola con un colpo di tosse e la Dottoressa Mary Howard volse lo sguardo in quella direzione. Riportando la testa dritta, si rese conto di aver indolenzito il collo a furia di fissare il cielo. Le sfuggì un lamento a mezza bocca e la donna davanti a lei roteò gli occhi al cielo, spazientita.
«
È arrivata la ragazza per lo snaso.» Pronunciò svogliatamente e indicò Megan con un gesto della mano. «
Finalmente. » Sospirò a mezza bocca.
La Dottoressa Howard aveva assillato l’intera palazzina con quell’addestramento, così tanto che nessuno le aveva davvero creduto. Sembravano tutti così irritati e, allo stesso tempo, sollevati che finalmente la giovane da Hogwarts fosse arrivata.
Mary mosse un passo verso Megan e scostò accidentalmente con una spallata la povera collega che l’aveva condotta fin lì. «
Grazie, Rosaline. Grazie davvero. Ci penso io. Che piacere conoscerti, Megan. Vieni. Vieni pure.» Pronunziò con sguardo vispo e diretto negli occhi della giovane, le labbra distese in un sorriso così ampio che sembrava andare da un orecchio all’altro. Un sorriso genuino, carico di onesta bontà. Il viso rubicondo costellato di lentiggini, i capelli rossi legati in una treccia a spina di pesce. Sarebbe sembrata una donna normale, a una prima occhiata. La dissonanza tra il viso e il resto del corpo era ciò che scatenava sconcerto: squarci, graffi, cicatrici profondissime. Dal collo in giù ne era cosparsa. Indossava una canotta su un pantaloncino largo che le arrivava a mezza coscia e i segni che le lambivano la pelle si vedevano tutti chiaramente. Chissà quali creature erano state in grado di lasciarle ricordi così indelebili. Era praticamente un miracolo che avesse il viso ancora intatto, nonché gli arti ancora attaccati al torso.
Mentre Mary Howard si approcciò alla ragazza per stringerle la mano e trascinarla con sé verso il giardino, Rosaline girò sui tacchi e sparì dalla loro vista alla velocità della luce.
«
Benvenuta! Non vedevo l’ora di conoscerti. Ti va qualcosa da bere? Mettiamoci comode. »
Mary Howard tirò Megan senza attendere risposta. Il tocco era leggero, ma insistente. Non si fermò finché raggiunse un tavolino sistemato sotto un cipresso. C’erano alberi di tutti i tipi, a perdita d’occhio. Quel giardino aveva un qualche tipo di magia estendibile che lo rendeva ben più spazioso di quanto le dimensioni della palazzina lasciassero intendere che dovesse essere.
Eppure, Mary Howard aveva scelto di posizionare il suo tavolino con intarsiature in madre perla, corredato da due sedie altrettanto barocche, proprio sotto un cipresso. Ironico, per qualcuno così gioioso che aveva la nomea di lasciar morire chiunque si trovasse a lavorare con lei… Almeno, per detto dei colleghi.
Spinse Megan ad accomodarsi su una delle sedie, poi si voltò a darle le spalle.
«
SELVYA!» Chiamò a gran voce e con un
pop sordo comparì dinanzi a loro un’anziana elfa domestica. La Dottoressa flesse le ginocchia e si chinò sulle punte dei piedi. Con le mani posate sulle cosce, si protese verso l’elfa con un atteggiamento infantile, quasi stesse approcciandosi a una bambina.
«
Selvya, potresti portarci… Ehm-» Cominciò a dire, ma si fermò. Si rialzò in piedi di scatto come se avesse appena ricordato qualcosa che non avrebbe dovuto dimenticare e si voltò a incontrare lo sguardo della Corvonero. «
Perdonami, non ti ho chiesto cosa gradiresti da bere.» Stavolta avrebbe atteso una risposta, per congedare l’elfa a seguito di essa.
Si accomodò sulla sedia di fronte a Megan e, con il sorriso che le andava di nuovo da una parte all’altra del viso, incrociò le dita sul tavolo.
«
Allora. Eccoci qui! Raccontami di te, Megan Milford Haven. Dimmi pure: come mai hai deciso di accogliere uno snaso nella tua vita?»
Con il busto un po’ più in avanti sul tavolo a protendersi verso la ragazza, Mary prese a osservarsi intorno con fare guardingo.
«
Non hai intenzione di commettere una qualche effrazione, vero?!» Sussurrò, per non farsi sentire, nonostante intorno a loro ci fosse un silenzio tombale e nessuno nelle vicinanze.