I colori della divisa Tassorosso risaltano sotto la luce del sole estivo, persino attraverso l'ombra di un albero a fioritura inoltrata. Sdraiata sul prato del giardino, con il braccio sinistro posato sulla fronte come maschera per gli occhi, lasciava imprimere sulla sua pelle le forme di un bracciale dalle origini sconosciute, seppur indossato fin da quando ne aveva memoria.
L'ennesimo ballo era sulla bocca di tutti, praticamente sia dentro che fuori Hogwarts e stavolta non era riuscita a trovare un motivo per non andarci. Si sarebbe sicuramente goduta la vera eclissi dalla Torre di Astronomia prima di partire per le vacanze, luogo decisamente più accogliente delle piste da ballo, ma non avrebbe più avuto occasione simile a quella che l'evento forniva. Anche se il nome della Coven che sarebbe stata ospite non era molto rassicurante, aveva iniziato a rimuginare tempi indefiniti sul rinomato rituale che aveva eco in ogni corridoio e luogo del Castello, come ogni altro aspetto del ballo.
Prima che la targhetta con il suo nome lasciasse davvero l'impronta sulla propria fronte, la Tassorosso sollevò il braccio ed aprì piano gli occhi, dando modo alle pupille di rimpicciolirsi per consentirle di osservare quel bracciale dorato: non sapeva nulla di quell'oggetto e non aveva idea di cosa potesse significare il privarsene. In qualche modo continuava a sentirsi legata al monile, non perché vi era il suo nome inciso sopra – questo per lei andava principalmente a suo scapito – ma perché apparteneva a questioni ancora irrisolte sulle sue origini. Le sembrava insensato volerlo usare come cambiamento se ancora non aveva assunto alcun vero significato. Continuava ad osservarlo, incapace di prendere una decisione.
Durante i pasti alla tavolata Tassorosso, pur di evitare di parlare del suo dilemma, si concentrava nei termini fin troppo babbani che spiegavano il fenomeno della Luna di Sangue. Dirette interessante sicuramente Olivia e Patricia: la prima ascoltava con interesse, al contrario della seconda che preferiva mettere sempre di mezzo la magia. Ma tra le concasate con le quali parlava ininterrottamente c'era la cara Memory: era l'amica con la quale aveva condiviso praticamente più dolori che gioie! E probabilmente per questo avevano acquisito una fiducia reciproca senza pari. Il ballo sarebbe dovuto essere quello che avrebbe corretto l'ultimo tassello mancante del loro rapporto, un dettaglio che per Gwen poteva essere trascurabile tanto quanto il motivo per il quale la concasata avrebbe potuto decidere di troncare i rapporti con lei. Aveva mentito sul suo stato sociale per così tanto tempo che avrebbe più che compreso se l'amica avesse preso una decisione simile.
Nessun momento le sembrava quello giusto, non aveva nemmeno idea di come cominciare il discorso. Cosa avrebbe dovuto dire? "Sai, in realtà non ho mai conosciuto i miei genitori", oppure semplicemente "sono un'orfana", così senza alcun contesto? C'era un modo più giusto per dirlo ed evitare che Memory non la guardasse più come la guardava adesso? Avevano condiviso così tante cose che era diventato impossibile buttare al vento gli anni in cui aveva portato avanti questa menzogna.
Quando ne aveva parlato con Casey era stato facile, il discorso era venuto fuori in maniera naturale ed ogni volta che ci ripensava, la Tassorosso non riusciva a capacitarsi di come avesse fatto. Con la Grifondoro non aveva avuto alcun timore, ma non era più riuscita a trovare la stessa semplicità con nessuno. Ci aveva provato persino con Thalia, ma il coraggio fuggiva via in ogni occasione. Era già convinta che con Mem avrebbe collaudato nuove emozioni, del tutto diverse dai due casi precedenti. Solo, sperava di riuscirci.
• • • •
Nel buio della
notte del 22 Giugno, era nel dormitorio Tassorosso, intenta a prendere in giro Galileo che tentava inutilmente di nascondersi: aveva ormai assunto la consapevolezza che il suo manto scuro si celasse dietro l'oscurità, ma non faceva mai i conti con il riflesso dei suoi occhi gialli che rivelavano la sua posizione e rendevano vani i suoi tentativi di agguato verso la povera Marie. La puffola se ne stava solitamente tranquilla sulla metodica scrivania, sulla quale ogni oggetto aveva una posizione precisa, scelta con accortezza, e si rendeva utile mangiucchiando ogni residuo di polvere che vi si posava. Comunque, il gatto non le faceva del male e preferiva allontanarsi per cacciare qualcosa di più sostanzioso, sfruttando il favore della notte, e mentre la Tassorosso salutava il felino offeso da quel momento, un gufo nero si posò a piede libero sull'ordinata scrivania. La Nieranth non mancò di sobbalzare per lo spavento e per qualche istante anche Galileo e Marie soffiarono verso quella presenza, quasi a voler proteggere la ragazzina, ma tornarono presto ai loro agi.
Conosceva bene quel gufo, i cui occhi penetranti la osservavano in maniera tanto inquietante che non osava nemmeno avvicinarsi. Aveva sentito tante, orribili, storie su di esso che il suo respiro rallentava fino quasi a fermarsi per tutto il tempo che lo aveva vicino. Si creava così un qualche tacito accordo tra i due: il pennuto si ipnotizzava percependo esclusivamente i battiti del cuore della ragazzina, senza i quali poteva benissimamente credere che fosse passata a miglior vita; la Nieranth in risposta lo fissava implorando mentalmente che volasse via e forse quell'espressione significava qualcosa per quel gufo. Senza distogliere lo sguardo, Marcabrù posò la lettera sulla scrivania, volò via dopo qualche istante con rinnovata quiete.
Nel dilemma che stava vivendo in quei giorni, ma soprattutto dopo tutto quel
silenzio, quella lettera era una vera e propria sorpresa. Il suo cuore mancò un battito, credeva di dover percepire quella fitta da sensi di colpa da aggiungere alla sua collezione, invece si ritrovò con un sorriso a fine lettura.
• • GIARDINO • •
Il giorno del ballo, percorreva la distanza che cominciava dai sotterranei del Castello.
«Lo scattering di Rayleigh descrive il fenomeno per cui alcune onde dello spettro luminoso si diffondono maggiormente rispetto ad altre e nel caso dell'eclissi di sangue, sono proprio quelle che compongono i toni dell’arancione e del rosso a raggiungere i nostri occhi!» Parlava con tono poco sicuro, incerta della completezza delle proprie conoscenze, ma l'entusiasmo era tale da nasconderlo completamente. Non stava discutendo da sola -
non era ancora arrivata a questo punto- era rivolta a
Memory, con la quale aveva passato le ultime settimane a cercare di capire come avrebbero potuto attuare la loro idea.
Qualsiasi altra cosa pur di tenere la mente occupata ed evitare di pensare al momento in cui avrebbe dovuto dire la verità. I vestiti che avrebbero indossato dovevano cambiare colore in qualche maniera, allo stesso modo in cui la Luna cambiava abito la sera dell'eclissi. A rigor di logica, era necessario un terzo elemento per rendere concreta la faccenda, ma mancavano di esperienza e la Nieranth aveva fin troppi garbugli per la testa, alla fine lasciò tutto nelle mani della fidata concasata, la sua unica richiesta era poter indossare una mantella con il cappuccio, così da potersi
eclissare nel momento in cui – era convinta – sarebbe rimasta sola. Quest'ultimo pensiero lo tenne per sé, mentre le sue colpe le suggerivano che non si meritava la compagnia di nessuno.
«Quindi il rosso della Luna è il colore della luce rifratta dallo strato di atmosfera terrestre, come quando il Sole è basso nel cielo. Praticamente è la Terra che dedica alla Luna le albe e i tramonti! E durante questa eclissi la guarderemo arrossire.» Non appena pronunciata l'ultima frase, non senza entusiasmo, fermò imbarazzata quel fiume di parole. Come facevano ad essere così facili da dire queste scemenze? Sorrise per smorzare il disagio, iniziando a guardare altrove. Le sembrava il momento adatto per indossare il cappuccio, ma trattenne quell'impulso continuando a camminare.
Qualsiasi altro termine era sicuramente più adatto di quelli che avrebbero rivelato la realtà.Giunte a destinazione, l'ambiente non lascia delusioni. Gli unici due motivi per cui la Tassorosso adorava partecipare a questi eventi erano il cibo, ovviamente, e gli addobbi senza eguali. Non erano necessarie ulteriori descrizioni, e di certo non erano paragonabili alle orribili cartapeste che preparavano i bambini dell'orfanotrofio. Si rese conto che, mai come quel giorno, ogni cosa che la circondava faceva riferimento all'istituto, riportando i suoi pensieri sempre in quel punto. Cercò di cambiare pensieri chiedendosi dove Casey avesse deciso di compiere la sua eclissi, senza però guardarsi troppo intorno inspirò; aveva un obiettivo ben preciso per quella sera, lo aveva già evitato per troppo tempo. Propose quindi alla compagna di andare a dare un'occhiata ai banchetti preparati dai negozianti, ricchi di pane per il portamonete.
Uno sul quale probabilmente si fermarono più tempo del dovuto era lo stand di
Zarathustra. Elegante ed ordinato, fu presto apprezzato dalla Tassorosso che chiese una dimostrazione della Coppa Lunare, sebbene avesse già deciso di acquistarne una. Si complimentò anche per gli origami, conscia della pazienza necessaria per prepararli. Avrebbe poi seguito la concasata a qualsiasi altro banchetto che avrebbe voluto raggiungere.
• • RITUALE • •
Quando d'un tratto la musica si ferma, la Tassorosso volge lo sguardo verso il cambiamento che quel silenzio stava creando. Ipnotizzata da quei taciti movimenti, osserva il rivelarsi dell'obelisco e rimane ferma, incantata, da ognuno di essi. Una fiamma avvolge il cielo ed il suo verso la risveglia: non arde davvero, sono solamente piume, tanto incantevoli quanto rare; i colori del vespro non fanno che esaltare i suoi voli. Poi il suono del gong riporta l'attenzione della Tassorosso dal cielo alla terra, è l'inizio del vero cambiamento. Alcuni dei presenti procedevano, imitando la sacerdotessa velata, lasciando i propri affetti, o i propri dolori.
La Nieranth inspirò e si voltò verso la compagna, avrebbe voluto pronunciare qualche parola e farle capire che in un certo senso stava facendo qualcosa che aveva a che fare anche con lei. Il suo sguardo era più che preoccupato, a tratti quasi disperato alla sola idea che Memory voltasse le spalle allontanandosi da lei, ne avrebbe avuto tutto il diritto e probabilmente al suo posto avrebbe fatto lo stesso.
In qualche modo, sentiva di riuscire sempre ad allontanare tutti quelli che aveva intorno. Cercò di reggere lo sguardo il più possibile, senza rispondere ad alcuna domanda, d'altronde era nota ad entrambe la partecipazione al rito. I suoi occhi poi si abbassarono, mentre le mani estraevano da una tasca del mantello il suo cimelio.
Svelò un righello babbano, i dettagli per le misure cancellati dal tempo e gli angoli quasi completamente smussati. Ricoperto di graffi ed evidenti segni di usura, oltre che dei continui viaggi che lo stesso aveva effettuato, tra Hogwarts e l'istituto nel quale aveva raccolto ricordi indelebili. Era un oggetto semplicissimo, ma ricco di molte più consapevolezze rispetto al bracciale che indossava sempre al polso sinistro; certezze dalle quali non voleva separarsi, ma che in qualche modo desiderava correggere, o forse meglio: rivelare.
Guardò l'oggetto per quella che doveva essere l'ultima volta, riportando alla mente il giorno in cui Paul glielo aveva restituito quasi come un re rende la spada al suo cavaliere, poi fece i passi necessari per raggiungere l'altare sul quale posarlo.