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| 23 yrs – Head of DMLE – Devonshire |
PS 449 PC 382 PM 403 EXP 94,5 « Si dà il caso che domani sia il suo primo giorno libero. Cosa farà? »
Mi volto verso Bentley, colta in fallo. Lui deve averlo capito, per questo continua a fissarmi, impietrito sul posto; un leggero sorriso si apre sulle labbra strette. Devo sembrargli proprio assonnata e scuotendo leggermente il capo, cerco di dare una risposta sensata: voglio fargli una buona impressione, mi rendo conto e, a volte, questa cosa mi turba.
« Una passeggiata… Credo. »
« Dalle sue parti? »
Dalle mie parti… Dubito di aver mai avuto modo di esplorare la contea. Forse da piccola, quando ancora c’era permesso di vederci, di giocare insieme, ad Aryadne e a me. I ricordi sono così lontani nel tempo, che è difficile - se non impossibile - che mi torni in mente cosa diamine facessimo - o facessero le nostre famiglie.
« Può darsi », sorrido, incerta. « Mi raccomando, non senta troppo la mancanza della sua allieva preferita », ho fretta di aggiungere al fine di cambiare discorso.
Non è che non mi piaccia tornare ogni sera a casa mia. È solo triste.
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I ripidi pendii della Valle di Barle si accavallano ai miei occhi. Scendo di qualche passo, con cautela. Morissi qui, dubito qualcuno mi troverebbe - o che verrebbe a cercarmi visto il caldo umido che si sta riversando sulla penisola. Sono passate diverse ore da quando sono arrivata, dall’alba, e ho ancora un bel po’ di strada da fare per potermi dire soddisfatta.
L’odore della salvastrella accompagna la mia discesa verso il fiume, lungo un pendio intaccato da raggi troppo cruenti. L’odore fresco della sanguisorba mi avvolge, il margine seghettato delle foglie mi solletica le gambe nude e il rosso intenso dei fiori si estende come lago di sangue sotto ai miei occhi. Mi fermo quando una folata di vento, bassa, proveniente forse dalle acque vicine, mi dà un momento di sollievo, e mi chino per toccare l’apice di un bocciolo. Starnutisco immediatamente, mi rendo conto di avere le gambe completamente arrossate e intuisco che non è il caso di concedermi ulteriore tempo per ammirare il panorama. Scendo rapidamente il pendio fino ad incrociare il sentiero; se tutto va bene, dovrei riuscire a risalire il fiume entro il tramonto.
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Le gambe urtano leggere contro le rocce erose per via della corrente che, considerata la pendenza in questo punto, è ancora sopportabile - o quanto meno, non mette in discussione il mio equilibrio spendendomi faccia all’aria. L’acqua è piacevole, soprattutto contro la cute lesa e che è peggiorata durante l’avanzata. Da questa giornata ho sicuramente imparato a dover restare a casa nei miei giorni liberi (per riposare “i muscoli antigravità”, come direbbe Bentley riferendosi ai suoi lombari) e a non avvicinarmi, per qualsiasi motivo, a quelle cazzo di graminacee.
Sento la bacchetta fremere appena, al sicuro lungo il fianco sinistro: potrei curarmi ma qualcosa, nell’intima frustrazione che mina la mia voglia di vivere in questo momento, mi spinge a procrastinare.
Mi siedo sulla riva, minuscole gocce d’acqua risalgono verso le ginocchia e fingo di poterle osservare evaporare una ad una. Non desideravo vedere il tramonto ma ora che mi è concesso solo l’eco dei suoi colori, col sole ad eclissarsi oltre l’ennesima collina, un po’ rimpiango di non essere riuscita a incamminarmi verso l’ultimo pezzetto della via scoscesa.
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Non mi aspettavo di essere interrotta da un gufo. Uno piuttosto scheletrico, le ali simili a quelle di un Thestral, ed il becco ossuto e scavato come quello di un corvo. E' un'accozzaglia tremenda a guardarsi, se unita al color pece incatramato delle sue piume e contrasta odiosamente con i colori del cielo ormai prossimo alla notte. S’agita in cerchio sul mio capo, dissimile dai Codirossi che ho osservato prima, nascosta come una ladra dietro il tronco di un rovere.
Poggio le mani a terra e vado indietro con la schiena, temendo un atterraggio rovinoso sulla mia testa. Sento i muscoli del collo tendersi mentre mi costringo a seguirne la rotta e quando le iridi intercettano la pergamena che lascia cadere, sento un tonfo al cuore, come se mi aspettassi di riceverla. Come se non aspettasi altro che riceverla.
Da chi, poi? O meglio, per conto di chi?
Per Emily Rose,
ovunque ella sia.
Arriccio lo sguardo mentre giro il foglio tra le mani ancora fresche per l’acqua del fiume. Non riconosco la scrittura e questo mi spinge ad aprirla avidamente. Ho già vissuto questo momento, odio ricevere lettere da chi non conosco, ma non c’è un sigillo ufficiale a decorare la chiusura e questo dovrebbe già lasciarmi intendere che, chiunque l’abbia spedita, non ha intenzione di palesarsi. Un giglio scarlatto mi costringe a ripensare alla Salvastrella. Un giglio, non un narciso, s’impongono i pensieri.
Carissima Milly,
non godo del piacere dalla tua compagnia da troppo tempo. Te ne sarai accorta.
Mi…lly? Rileggo, confusa. Non credo di aver capito nulla delle prime righe. Curiosa, riposo lo sguardo frettolosamente sulle parole già viste e proseguo.
Credo sia giunto il momento di riallacciare i rapporti e definire la nostra relazione.
Lilian ne sarebbe felice.
Di nuovo il peso. Di nuovo smetto di respirare. Si adagia sul petto come se non aspettasse altro, familiare e struggente al contempo. Lilian… I ricordi si accavallano nella mente. Nomi, persone, incontri… Ricordi, a cui ho ripensato così tanto che ho finito per credere che fossero i miei. Il lago, l’arco innaturale. In qualche modo avevo vissuto quei momenti, seppur non realmente. Ero lì mentre lui mi reggeva… Stringo il foglio tra le mani, con rabbia. Era un altro giorno, un altro tramonto. È il passato. Non che non ci ripensi, a Mhálainne… Ad Horus.
Lo sguardo scivola sul mio polso, lì dove riposa, silente e invisibile, quel dannato simbolo che ha marchiato quel giorno per sempre. Per anni, il bisogno di capire di cosa si trattasse mi ha tormentata, e quando ho finalmente compreso cosa fosse, la mia mente è stata travolta da ancor più domande a cui non potevo rispondere. Che non potevo fare a lui. Non più…
Sono certo di esserti mancato,
da sempre tuo.
Ripensare allo scettro di Uas, farmi cullare dalla rabbia, mi ha momentaneamente distratto dalla lettera. Forse è il rancore, forse è l’ennesima domanda senza risposta ad incrementare l’irata insoddisfazione, sta di fatto che sbuffo e agito inconsciamente la pergamena, costringendola a stendersi del tutto. Dalla piega scivola via un nastro ottanio, carezza la mia mano nella sua fugace discesa verso la terra e nell’istante stesso in cui l’afferro, come per salvare un cristallo di cui temo l’impatto, non sono più lì.
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Non penso di essere andata troppo lontano quando chino lo sguardo su quella che è, a tutti gli effetti, una passaporta a tradimento.
L’odore dell’acqua, fresco e silente, mi ha abbandonata per far posto a qualcosa di più pungente, più stonato, che anticipa lo sguardo e il timore che sto per provare.
Lascio vagare l'attenzione; la sinistra, lenta e precisa, volge all’arma, pensando all’ennesimo inganno. Questa è casa, mi dico ma mi accorgo di quanto ciò sia sbagliato nell’istante stesso in cui incontro la fila di case lugubri, spente. Morte.
È estremamente silenzioso e questa calma mi allarma più di ciò che percepisco con gli occhi. Mi concentro, sento le onde in lontananza e, d’istinto, muovo piccoli passi. Uno. Due.
Tre.
La strada è arsa da spaccature. Abbasso il capo verso quella in cui sono inciampata. Non è la realtà, non quella visibile a tutti, almeno. È la magia la fautrice di questo mondo perverso. Sono oltre lo specchio. E in questo mondo, vige l’abbandono.
Provo a stringere la bacchetta quando noto le croci bianche disegnate sugli ingressi e, osservandole una ad una, lascio cadere lo sguardo verso la baia e solo in quel momento mi rendo conto di lui.
Il cuore accelera i battiti, avverto il calore che scalda la mia pelle.
Respiro.
« Sei tu che mi hai trascinata qui? »
Chiedo. La mia voce deve risuonare ferma, come se non fossi affatto sconcertata da tutto questo. Ci riesco, mi dico. Resto immobile nell'attesa di una risposta alla mia perentoria domanda, venata da una gentilezza che ho imparato a serbare agli sconosciuti che mi adescano in un vicolo - giusto per non finire come quella volta, quando…
Concentrati.
– Spend the rest of my lifetime trying to unlearn your lies
Only one of us is built to survive. –
Abilità – Incantesimi fino alla VI classe + Repsi Genitum, Stupeficium – Oscuri: Sectumsempra; Vielente; Essenza Converto; Segreto Ombrae; Protego Totalus; – Smaterializzazione – Elementalista inesperta (△); – Banshee
| Equipaggiamento Coerentemente alla situazione: ▸ BACCHETTA: Legno di Salice, Crine di Unicorno, 11 pollici e un quarto, rigida ▸ STILETTO DELLA BANSHEE: Pugnale di antica e pregiata fattura (tasca posteriore) ▸ SCAGLIE DI ASHWINDER: Collana. Indossando questa collana, si amplifica la forza degli incantesimi di fuoco. ▸ CIONDOLO PREZIOSO RICORDO: Legato alla catena di Ashwinder. Si può conservare un ricordo dentro il ciondolo. ▸ CIONDOLO, NARCISO: legato a un bracciale e indossato sul polso sinistro. Molto antica e facente parte della collezione della famiglia Gordon. ▸ ANELLO LUMINOSO: Acceca l'avversario per due turni, facendo scaturire dalla pietra incastonata in esso, un raggio di luce molto chiaro ed abbagliante. Sull'anello sono presenti incisioni non ancora decifrate.
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