Dismantled, Evento straordinario | Emily

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view post Posted on 28/7/2023, 14:15
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Il Fato

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emily rose - ovunque tu sia - tramonto

Non ti aspettavi di essere interrotta da un gufo. Uno piuttosto scheletrico, le ali simili a quelle di un Thestral, ed il becco ossuto e scavato come quello di un corvo. E' un'accozzaglia tremenda a guardarsi, se unita al color pece incatramato delle sue piume.
Ti ha disegnato due spirali sopra la testa, per calmare il moto di quei battiti d'ala veloci, prima di lasciarti tra le mani una busta chiusa con ceralacca scarlatta. Il timbro porta l'incisione di un giglio.
L'animale ha gracchiato qualcosa prima di lasciarti di nuovo ai tuoi affari. Non è rimasto ad attendere risposta, né ti ha implorato per un biscotto.

E tu hai aperto la lettera, hai letto di quella grafia che non riconosci. E' un inchiostro scuro, frammentato da una mano tremula per il troppo premere della punta contro la pergamena. C'è intenzione ossessiva nel modo in cui è stata scritta.

Per Emily Rose,
ovunque ella sia.

Carissima Milly,
non godo del piacere dalla tua compagnia da troppo tempo. Te ne sarai accorta.

Credo sia giunto il momento di riallacciare i rapporti e definire la nostra relazione.
Lilian ne sarebbe felice.

Sono certo di esserti mancato,
da sempre tuo.

Ma hai avuto appena il tempo di leggere la mancanza di una firma, perché un nastrino di velluto coloro ottanio ti ha sfiorato il dorso della mano, e tu - ovunque fossi - sei scomparsa.

infracombe, contea di devon - tramonto

Ci sei mai stata nella contea di Devon, Emily? Ti ricordi questo posto? Questa lingua di terra che si lascia bagnare dall'acqua? Ti è familiare?
Forse.
Forse l'hai vista in sogno, forse era il profumo di salsedine amaro che impregnava i capelli di Lilian, e forse era il posto in cui saresti già dovuta andare.
C'è qualcosa - però - che non sa tornarti in mente. Ci sono punti, laddove gli occhi si soffermano, che non sono naturali.
Infracombe non è accogliente, non è luminoso come sarebbe in queste sere di villeggiatura: non c'è il vociare dolce delle cicale in amore. No, solo lo sciabordio di qualche onda che bagna le coste e le rientranze. File di case dall'aspetto lugubre, abbandonato. Ti rendo conto presto che sei nello specchio magico di questa città, e non in quello babbano. E la magia deve aver fatto del male anche alla strada stessa, inframezzata da radici e spaccature. Alcune casa hanno una croce in gesso bianco disegnata sulle porte, altre invece ti danno un chiaro senso di oppressione ed abbandono.
Sei all'inizio di tante piccole vie che sfociano su una baia, avanti a te, e qualche costa sui lati. Alcune piccole colline alle tue spalle presentano casupole più isolate, ma rarissime sono quelle con qualche luce al suo interno.
Infracombe ha un odore intenso, come di polvere lasciata a depositarsi in una stanza umida e chiusa per anni.

Davanti a te, una figura indistinta. E' ad una ventina di metri, non ne vedi il volto, né senti alcun tono, è solo fermo - individui appena la sua figura come mascolina - in attesa.


Emily, bentrovata.

Come per i capitoli precedenti di questo filone, stai prendendo parte ad un evento straordinario, pertanto cumulabile, tuttavia chiaramente qualunque cosa apprenderai all'infuori, non verrà concepita al suo interno.

Siamo prossimo all'ultimo capitolo di questa trama, nonché il più importante.
Fai tesoro degli indizi raccolti in "Shattered" e "Cyanide Sun", ti serviranno.

Segnalami statistiche ed inventario nel tuo prossimo post. *

*Il nastro era una passaporta, pertanto in equipaggiamento hai ciò che indossavi nel momento in cui l'hai toccata. Lascio ovviamente a te la scelta coerente dell'inventario a queste condizioni.

Al solito, sai dove trovarmi per qualunque chiarimento. Iniziamo!

 
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view post Posted on 31/7/2023, 12:16
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« Si dà il caso che domani sia il suo primo giorno libero. Cosa farà? »
Mi volto verso Bentley, colta in fallo. Lui deve averlo capito, per questo continua a fissarmi, impietrito sul posto; un leggero sorriso si apre sulle labbra strette. Devo sembrargli proprio assonnata e scuotendo leggermente il capo, cerco di dare una risposta sensata: voglio fargli una buona impressione, mi rendo conto e, a volte, questa cosa mi turba.
« Una passeggiata… Credo. »
« Dalle sue parti? »
Dalle mie parti… Dubito di aver mai avuto modo di esplorare la contea. Forse da piccola, quando ancora c’era permesso di vederci, di giocare insieme, ad Aryadne e a me. I ricordi sono così lontani nel tempo, che è difficile - se non impossibile - che mi torni in mente cosa diamine facessimo - o facessero le nostre famiglie.
« Può darsi », sorrido, incerta. « Mi raccomando, non senta troppo la mancanza della sua allieva preferita », ho fretta di aggiungere al fine di cambiare discorso.
Non è che non mi piaccia tornare ogni sera a casa mia. È solo triste.
–––––––––
I ripidi pendii della Valle di Barle si accavallano ai miei occhi. Scendo di qualche passo, con cautela. Morissi qui, dubito qualcuno mi troverebbe - o che verrebbe a cercarmi visto il caldo umido che si sta riversando sulla penisola. Sono passate diverse ore da quando sono arrivata, dall’alba, e ho ancora un bel po’ di strada da fare per potermi dire soddisfatta.
L’odore della salvastrella accompagna la mia discesa verso il fiume, lungo un pendio intaccato da raggi troppo cruenti. L’odore fresco della sanguisorba mi avvolge, il margine seghettato delle foglie mi solletica le gambe nude e il rosso intenso dei fiori si estende come lago di sangue sotto ai miei occhi. Mi fermo quando una folata di vento, bassa, proveniente forse dalle acque vicine, mi dà un momento di sollievo, e mi chino per toccare l’apice di un bocciolo. Starnutisco immediatamente, mi rendo conto di avere le gambe completamente arrossate e intuisco che non è il caso di concedermi ulteriore tempo per ammirare il panorama. Scendo rapidamente il pendio fino ad incrociare il sentiero; se tutto va bene, dovrei riuscire a risalire il fiume entro il tramonto.
–––––––––
Le gambe urtano leggere contro le rocce erose per via della corrente che, considerata la pendenza in questo punto, è ancora sopportabile - o quanto meno, non mette in discussione il mio equilibrio spendendomi faccia all’aria. L’acqua è piacevole, soprattutto contro la cute lesa e che è peggiorata durante l’avanzata. Da questa giornata ho sicuramente imparato a dover restare a casa nei miei giorni liberi (per riposare “i muscoli antigravità”, come direbbe Bentley riferendosi ai suoi lombari) e a non avvicinarmi, per qualsiasi motivo, a quelle cazzo di graminacee.
Sento la bacchetta fremere appena, al sicuro lungo il fianco sinistro: potrei curarmi ma qualcosa, nell’intima frustrazione che mina la mia voglia di vivere in questo momento, mi spinge a procrastinare.
Mi siedo sulla riva, minuscole gocce d’acqua risalgono verso le ginocchia e fingo di poterle osservare evaporare una ad una. Non desideravo vedere il tramonto ma ora che mi è concesso solo l’eco dei suoi colori, col sole ad eclissarsi oltre l’ennesima collina, un po’ rimpiango di non essere riuscita a incamminarmi verso l’ultimo pezzetto della via scoscesa.
–––––––––
Non mi aspettavo di essere interrotta da un gufo. Uno piuttosto scheletrico, le ali simili a quelle di un Thestral, ed il becco ossuto e scavato come quello di un corvo. E' un'accozzaglia tremenda a guardarsi, se unita al color pece incatramato delle sue piume e contrasta odiosamente con i colori del cielo ormai prossimo alla notte. S’agita in cerchio sul mio capo, dissimile dai Codirossi che ho osservato prima, nascosta come una ladra dietro il tronco di un rovere.
Poggio le mani a terra e vado indietro con la schiena, temendo un atterraggio rovinoso sulla mia testa. Sento i muscoli del collo tendersi mentre mi costringo a seguirne la rotta e quando le iridi intercettano la pergamena che lascia cadere, sento un tonfo al cuore, come se mi aspettassi di riceverla. Come se non aspettasi altro che riceverla.
Da chi, poi? O meglio, per conto di chi?
Per Emily Rose,
ovunque ella sia.

Arriccio lo sguardo mentre giro il foglio tra le mani ancora fresche per l’acqua del fiume. Non riconosco la scrittura e questo mi spinge ad aprirla avidamente. Ho già vissuto questo momento, odio ricevere lettere da chi non conosco, ma non c’è un sigillo ufficiale a decorare la chiusura e questo dovrebbe già lasciarmi intendere che, chiunque l’abbia spedita, non ha intenzione di palesarsi. Un giglio scarlatto mi costringe a ripensare alla Salvastrella. Un giglio, non un narciso, s’impongono i pensieri.
Carissima Milly,
non godo del piacere dalla tua compagnia da troppo tempo. Te ne sarai accorta.

Mi…lly? Rileggo, confusa. Non credo di aver capito nulla delle prime righe. Curiosa, riposo lo sguardo frettolosamente sulle parole già viste e proseguo.
Credo sia giunto il momento di riallacciare i rapporti e definire la nostra relazione.
Lilian ne sarebbe felice.

Di nuovo il peso. Di nuovo smetto di respirare. Si adagia sul petto come se non aspettasse altro, familiare e struggente al contempo. Lilian… I ricordi si accavallano nella mente. Nomi, persone, incontri… Ricordi, a cui ho ripensato così tanto che ho finito per credere che fossero i miei. Il lago, l’arco innaturale. In qualche modo avevo vissuto quei momenti, seppur non realmente. Ero lì mentre lui mi reggeva… Stringo il foglio tra le mani, con rabbia. Era un altro giorno, un altro tramonto. È il passato. Non che non ci ripensi, a Mhálainne… Ad Horus.
Lo sguardo scivola sul mio polso, lì dove riposa, silente e invisibile, quel dannato simbolo che ha marchiato quel giorno per sempre. Per anni, il bisogno di capire di cosa si trattasse mi ha tormentata, e quando ho finalmente compreso cosa fosse, la mia mente è stata travolta da ancor più domande a cui non potevo rispondere. Che non potevo fare a lui. Non più…
Sono certo di esserti mancato,
da sempre tuo.

Ripensare allo scettro di Uas, farmi cullare dalla rabbia, mi ha momentaneamente distratto dalla lettera. Forse è il rancore, forse è l’ennesima domanda senza risposta ad incrementare l’irata insoddisfazione, sta di fatto che sbuffo e agito inconsciamente la pergamena, costringendola a stendersi del tutto. Dalla piega scivola via un nastro ottanio, carezza la mia mano nella sua fugace discesa verso la terra e nell’istante stesso in cui l’afferro, come per salvare un cristallo di cui temo l’impatto, non sono più lì.
–––––––––
Non penso di essere andata troppo lontano quando chino lo sguardo su quella che è, a tutti gli effetti, una passaporta a tradimento.
L’odore dell’acqua, fresco e silente, mi ha abbandonata per far posto a qualcosa di più pungente, più stonato, che anticipa lo sguardo e il timore che sto per provare.
Lascio vagare l'attenzione; la sinistra, lenta e precisa, volge all’arma, pensando all’ennesimo inganno. Questa è casa, mi dico ma mi accorgo di quanto ciò sia sbagliato nell’istante stesso in cui incontro la fila di case lugubri, spente. Morte.
È estremamente silenzioso e questa calma mi allarma più di ciò che percepisco con gli occhi. Mi concentro, sento le onde in lontananza e, d’istinto, muovo piccoli passi. Uno. Due.
Tre.
La strada è arsa da spaccature. Abbasso il capo verso quella in cui sono inciampata. Non è la realtà, non quella visibile a tutti, almeno. È la magia la fautrice di questo mondo perverso. Sono oltre lo specchio. E in questo mondo, vige l’abbandono.
Provo a stringere la bacchetta quando noto le croci bianche disegnate sugli ingressi e, osservandole una ad una, lascio cadere lo sguardo verso la baia e solo in quel momento mi rendo conto di lui.
Il cuore accelera i battiti, avverto il calore che scalda la mia pelle.
Respiro.
« Sei tu che mi hai trascinata qui? »
Chiedo. La mia voce deve risuonare ferma, come se non fossi affatto sconcertata da tutto questo. Ci riesco, mi dico. Resto immobile nell'attesa di una risposta alla mia perentoria domanda, venata da una gentilezza che ho imparato a serbare agli sconosciuti che mi adescano in un vicolo - giusto per non finire come quella volta, quando…

Concentrati.

– Spend the rest of my lifetime trying to unlearn your lies
Only one of us is built to survive. –

Abilità
– Incantesimi fino alla VI classe + Repsi Genitum, Stupeficium
– Oscuri: Sectumsempra; Vielente; Essenza Converto; Segreto Ombrae; Protego Totalus;
– Smaterializzazione
– Elementalista inesperta ();
– Banshee
Equipaggiamento
Coerentemente alla situazione:
▸ BACCHETTA: Legno di Salice, Crine di Unicorno, 11 pollici e un quarto, rigida
▸ STILETTO DELLA BANSHEE: Pugnale di antica e pregiata fattura (tasca posteriore)
▸ SCAGLIE DI ASHWINDER: Collana. Indossando questa collana, si amplifica la forza degli incantesimi di fuoco.
▸ CIONDOLO PREZIOSO RICORDO: Legato alla catena di Ashwinder. Si può conservare un ricordo dentro il ciondolo.
▸ CIONDOLO, NARCISO: legato a un bracciale e indossato sul polso sinistro. Molto antica e facente parte della collezione della famiglia Gordon.
▸ ANELLO LUMINOSO: Acceca l'avversario per due turni, facendo scaturire dalla pietra incastonata in esso, un raggio di luce molto chiaro ed abbagliante. Sull'anello sono presenti incisioni non ancora decifrate.


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view post Posted on 2/8/2023, 22:38
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infracombe, contea di devon - tramonto

7RrDdf5

Cos'era successo quella volta, Emily? Quanto a fondo questo panorama può scavare prima che tu possa chiudere di nuovo un lucchetto attorno alla tua anima?
Te lo ricordi com'era passare di qui? Lo sai che questa contea è sempre stata un ottimo porto ai confini con il mare, un luogo in cui spesso si andava solo in villeggiatura ma che - abitato da suoi proprietari - prendeva vita anche nel freddo inverno.
Queste case che ti circondano erano abitate. Anche laddove il cigolio di porte aperte con la forza si fa largo, tu sai che c'erano persone. Come te, come quella che ti resta dinanzi senza darti risposta.
Ma non è un fantasma, ha una concretezza vivida e non si affanna a nascondersi. Baldanzoso, in bella mostra, non accenna a venirti incontro: sicuro che in qualche modo sarai tu a farlo.
Magari richiamata dal profumo di salsedine, magari risentita dallo strano pugno assestato alla bocca dello stomaco. Sono sensazioni subliminali, non tue, non concrete: nessuno ti ha preso a pugni, eppure la nausea è reale, ti blocca il fiato in gola.

Una folata di vento sferza aprendo porte e finestre, ti solletica il collo e - squallida - si insinua trai capelli come un respiro non voluto. Tu lo vuoi così vicino? E' un respiro che profuma di Gin e sigari. Tu l'hai già sentito. Hai già sentito qualcosa di simile, a volte anche addosso ad Ariadne.
Sono ricordi vaghi, ma li puoi raggiungere, come corridoi di una casa di famiglia che si tramanda di figlio in figlio. Rigorosamente e solo ai figli maschi. E così, com'era di suo nonno ora è sua. Villa Cavendish

Una risata spezza i pensieri, appartiene sempre a quell'uomo laggiù, che puoi raggiungere, certo non ha intenzione di nascondersi a te.
E, tuttavia ti basta compiere un passo verso di lui per sentire, nelle tempie, un dolore acuto. Un solo stiletto a perforale. E si, dapprima fa male, ma poi è quasi dolce, sopportabile, mansueto. E' un ricordo che non ti appartiene. E' la voce di Lilian che prega qualcuno, ma non puoi capire chi sia, cosa voglia da lei. Lo sta implorando, si sta discolpando, sta dicendo che non è stata lei. Cos'è che Lilian non ha fatto?
Le ombre si allungano, abbastanza perché tu possa scorgere una luce soffusa. Viene dalla tua sinistra, un bagliore, come una sottile linea di seta pallida che svicola tra le case e serpeggia nel vicolo, a qualche metro dall'uomo. Lui guarda te.

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«Trascinata? Sei sempre così melodrammatica, mia cara»
La sua voce, Emily. E' così simile a quella di suo padre, così fintamente roca per raggiungerne i toni. Che te ricordi vividamente oppure no, qualcosa da qualche parte, si smuove. Momenti di dolore, grida in un cielo di diamanti.
«Se vuoi giocare al gatto e al topo, sono pronto» suggerisce, sicuro.
La sua figura si staglia, alta oltre il metro e novanta. Lui, Emily, è John Cavendish Jr. E non si affanna a nasconderlo. Ti aspettava da un po'.




 
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view post Posted on 3/8/2023, 18:03
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Mi son sempre detta di non ricordare alcunché del passato, convinta che non vi fosse nulla degno di essere richiamato alla mente. La figura dinanzi a me, le vecchie case, ridotte ad ombre silenziose di quel che sono state un tempo… In questo luogo intricato, una sorta di percorso labirintico di memorie dimenticate, tutto urla a gran voce che mi sto sbagliando.

È la sorpresa, amara come il vento che mi sferza il viso, il primo colpo allo stomaco che avverto. Scruto la figura, illuminata flebilmente dall’eco di luci da tempo estinte; non mollo la presa sulla bacchetta. L’aria salmastra risale la trachea, s’espande nel petto e una forte sensazione di nausea mi costringe ad arricciare il naso. Respiro a stento eppure giunge un odore familiare, sgradevole che associo alla perdita, a ricordi orribili… Al rimorso.
Non capisco subito di cosa si tratti, forse ancora in balia delle emozioni contrastanti che m’assalgono. Allora lo guardo, ne studio il volto; i miei occhi scivolano sulle sue spalle, risalgono il collo, si posano sui suoi lineamenti…
Aryadne
Un risentimento travolgente mi invade, come l'eco di un'onda ancora troppo lontana. La sua risata m’innervosisce, eppure non posso smettere di guardarlo giacché una parte di me desidera ardentemente ricordare qualcosa che temo di aver dimenticato soltanto io.
Provo a muovere un passo, spinta dall’istinto di comprendere, guidata da quella dannata curiosità che da sempre prova a farmi ammazzare.
Il dolore è accecante, mi costringe alla resa e chino il capo, nascondendomi alla sua presenza. La destra si posa sulla fronte.
Respira
È tuo… Adesso
Ma è un dolore diverso, vero?
Ti prego…
Sento implorare con una voce che non è la mia ma che riconosco perché proviene dai miei incubi. La fitta s’accheta, s’insedia, prende il suo posto, resta a guardare e io mi appello alla lunga lista di nomi che tormenta la mia anima già da un po’. È diventato un mantra, a calmarmi quando sento l’ansia accelerare i battiti e il panico inizia a divorarmi. Ne cerco il senso, provo a non dimenticare, a ricordare… Almeno questo. Frederick.. Wyamond... Damon.. Jacob.. Due su quattro… Frederick.. Wyamond... Damon.. Jacob..
Due su quattro. I nomi che riconosco. E tra questi non figura lui…
« John..? » sibilo rialzando il capo. Non sono completamente sprovveduta, non ammetterò che non vi sia una trama in tutto questo. Anche se ancora non la comprendo.
Nella sua voce, sul suo volto, vedo loro. Vedo il mio sangue. Era da questo che dovevo tornare, Lilian?
Mily.
Anche lei mi aveva chiamato così e se prima pensavo fosse stato un errore, dettato dalla poca lucidità che era riuscita a recuperare al fine di riconoscermi, ora sono certa che qui sono io l’unica a sbagliare.
L’unica a non capire.
A non ricordare.
Urla silenti ammantano la mia gola ma non sono ancora realtà. Non è il mio sangue impuro che preme dinanzi a una morte imminente, è più una risonanza di qualcosa che è già stato e che è indissolubilmente legato a me, al mio sangue.
« Se vuoi giocare al gatto e al topo, sono pronto », mi sfida.
Mi sforzo di guardarlo tradendo confusione mista a dolore, quello che ancora s’aggira sinuoso nella mia mente, al pari del debole bagliore che serpeggia accanto a lui e ne illumina fragilmente i riflessi.
« Non ho la minima idea di cosa tu stia parlando »
Ogni cosa mi riconduce a questa maledetta famiglia e forse è arrivato il momento di smetterla di scappare.
Perché, mio caro cugino, se questo è il macabro gioco a cui sono destinata, io non sarò il tuo dannato ratto.

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Lo lusinghi, Emily, sei la prima che per una volta - dopo anni - non lo chiama Junior. E Dio solo sa quanto lui detesti quel nome, il nomignolo che lo spinge in basso rispetto a John, un padre che di certo non gli ha insegnato l'amore.
Ma questo voi due l'avete in comune, così come quelle madri che se anche vi avessero davvero cresciuti, poi non sarebbero state mai abbastanza, non credi?
Lui si, lui crede alla debolezza insita negli individui inferiori, poiché pochi possono reggere quello che siete, o quello che potreste essere.
Ed Infracombe sembra passata attraverso una guerra di giorni e settimane, ancora camminando rilevi le crepe dell'asfalto e dei ciottoli. Forse perché buio, ma non vedi quelle linee scarlatte muoversi nelle fessure. Qualcuno qui ha sanguinato, ma la pioggia ha lavato via ogni odore. La pioggia, il buio, e quell'umidità angosciante che si incolla alle ossa.
Niente di tutto questo pare dargli fastidio, no, John è nel suo habitat, tanto da tirare su mezzo sorriso meschino. Per quanto voglia distaccarsi, i suoi tratti sono spiccatamente Cavendish, come quegli occhi profondi come i pozzi del Diavolo. Come laghi senza luna.


5mtQebG

5mtQebG
«Va bene se sei confusa, anche io lo ero»
Ma che ne sa lui, Emily? Che ti ha portata comunque qui con l'inganno. Cosa sa di te che non si evinca da iridi palesi?
Ti viene più vicino, stavolta senza esagerare, e non per sovrastarti con la sua presenza, ma per guardarti meglio alla luce di un lampione che sfarfalla morente.
Come la fascia di luce che tira il tuo stomaco in quella sciocca direzione: cosa c'è lì?. Perché lui è qui e non c'è nessun altro nei dintorni? Nessuno che respiri, almeno.
«Preferivo farti le mie congratulazioni di persona, per la nuova carica, Milly Sebbene ti usi quel nomignolo, lo fa con fierezza, senza sminuirti per questo, onestamente e sinceramente convinto.

Si sporge in avanti, vuole lasciarti un bacio sulla guancia, al sussurro di: «Congratulazioni per la tua copertura. Ti sono mancato come speravo?»




 
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view post Posted on 4/8/2023, 13:00
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È l’Oscurità a farmi questo effetto, di solito, il dolce richiamo della Morte nell’esatto momento in cui si palesa e m'invoca.
Ma è un fascio di luce che, questa volta, mi attrae, spingendomi in sua direzione e ciò, lo ammetto, mi intimorisce. Chissà se tu puoi vederlo, John, mentre i miei occhi saettano dal tuo volto perfetto ai meandri di stradine che credevo di conoscere ma che qui, in questo specchio di una realtà che ho deciso di non rivangare fino a oggi, mi sono estranee.
Mi sento dire che la confusione è normale, che lo fossi anche tu. Ma quando? Ma con quale ragione?
Schiudo le labbra e mi rivolgo a te. Le domande si accavallano nella testa e per un istante, un solo istante, la mia presa sull’arma si fa più lenta.
Questo posto non mi piace, non lo comprendo. E non capisco te.
« Quando? E perché? »
Tento. Non mi oppongo alla tua avanzata, non indietreggio ai tuoi passi silenti nascosti dal suono del vento. Ho bisogno di sapere.
Milly. Mi chiami ancora così e per quanto io avverti la sincerità che vuoi far trapelare, semplicemente non ci credo. Non mi piace che utilizzi le stesse parole di Lei.
L’ingiustizia arriva però dopo, quando oltrepassi il limite, con le parole, con il tuo corpo.
La sorpresa è evidente nelle iridi che osservano oltre la spalla, perse nel vuoto, spalancate nella notte.
Eppure dovrei saperlo, tra simili ci si riconosce. Io non sono come te tuttavia, e il fatto che tu pretenda di avere una posizione centrale nella mia vita, inizia a infastidirmi.
Mi volto, a un soffio dalle labbra che hanno appena intaccato la mia pelle, che hanno osato. Abbasso lo sguardo sulla tua bocca per poi risalire ad occhi familiari.
« Come puoi mancarmi, se non mi ricordo affatto di te? »
Nella mia voce riverbera ora una certezza incrollabile. Indago il tuo sguardo, consapevole di poter ottenere ciò che voglio.
Ma per farlo, so di doverti offrire il diletto a cui tanto aneli: provocarti.

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▸ CIONDOLO PREZIOSO RICORDO: Legato alla catena di Ashwinder. Si può conservare un ricordo dentro il ciondolo.
▸ CIONDOLO, NARCISO: legato a un bracciale e indossato sul polso sinistro. Molto antica e facente parte della collezione della famiglia Gordon.
▸ ANELLO LUMINOSO: Acceca l'avversario per due turni, facendo scaturire dalla pietra incastonata in esso, un raggio di luce molto chiaro ed abbagliante. Sull'anello sono presenti incisioni non ancora decifrate.


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Quelle labbra fai bene a guardarle, perché sono state impossibili. Delicate oltre l'oltraggio. Appositamente giocose per poterti lasciare qualche brivido che, John, sfida a risalirti la spina dorsale.
E se s'aspettava che questo primo approccio fosse ben più difficile, non ti è dato saperlo perché la sua sicurezza è un mantello di tenebra. Impenetrabile.
È la docilità di una pantera a due passi dai crampi della fame ed è quel punto di nero che lascia pochi riflessi di luce al suo interno. I suoi occhi sono la grotta dei tuoi smeraldi. E, tuttavia, ha un ghigno che snuda i canini pallidi appena lo sfidi.
Da così vicino puoi sentirlo il profumo dell'ambra scura, due gocce lungo il collo, ancora scivolano.

5mtQebG

5mtQebG
«Si mh? Carine queste spine» sussurra, avido, consapevole di avere il tempo a bagnargli le caviglie. Acqua di fiume, l'insenatura di una costa, profuma anche un po' di salsedine e sangue.
Non gli sfugge la tua sfida, ma risponde con una carezza che non ha pressione, né si può sentire, sfiora l'aura con una richiesta esplicita e la faccia di bronzo di chi non dovrebbe esporla.
«Quanto si sbagliavano su di te» allude - « una rosa che sopravvive col sangue assorbito dalle sue spine»
Ti lusinga? Non lo fa con la lingua a toccare il suolo su cui cammini, lo fa guardandoti per carpire l'effetto di ogni sua parola, finalmente pago di un gioco di cui si sente all'altezza. È lui, difatti, a scostare per primo il viso. Indietreggia solo con il capo, il suo corpo resta qui con te
Ovviamente è ancora un gioco, è solo un gioco che si fa appena più serio, più vibrato di corde tese.
«Vorrei giocare a capire quanto mi nascondi, ma abbiamo una cosa da fare...Ed è molto importante» felino, non arretra neanche a pagarlo a peso d'oro. Te lo dice li: con te, come a giustificare così il motivo di una chiamata tanto simile ad una trappola, tanto disonesta e di chi va piuttosto fiero.
La sua voce è un ringhio basso, un minuto gutturale, vibra di una cupa eccitazione.
Ti sfiora il collo con le dita, ma non lo tocca. Scende veloce verso il polso, quello su cui è indelebile il marchio.
«Mio padre è quasi arrivato alla soluzione prima di te, per questo siamo qui. Vuole questo-»preme il pollice sul tuo marchio, al polso. «- ed io non voglio che lo abbia» Lo sguardo fisso nel tuo, complice.




 
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Trepidazione e turbamento si agitano come acque tempestose, mentre mi immergo sempre più profondamente nella comprensione della pericolosa tela che stai tessendo attorno a noi.
Le tue parole intaccano i ricordi disastrosi di questo mondo e la mia mente prova a snodarsi lungo sentieri ancora poco visibili, cercando di decifrare le trame nascoste di questa danza fatale.
Danza a cui tu, John, mi hai costretta e questo non posso ignorarlo.
Lo vedo da come mi guardi, lo sento da come il tuo corpo sfiora il mio senza toccarlo, dalle libertà che pensi di meritarti solo perché io, adesso, te le sto concedendo… Pensi che io sia la tua preda, una difficile certo, e questo rende la tua caccia ancora più elettrizzante, non è vero?
Al tuo riso beffardo, io sorrido: non sai quanto ti sbagli.
Parole prive di significato risuonano nel silenzio, evocano immagini senza scopo, assoggettandomi alla confusione che s’avvolge intorno a me, placida, come un mantello oscuro. La luce nei miei occhi, mentre ti guardo, mentre il profumo della tua ambra mi inebria, riflettono le sfumature di questa partita; so che ogni mossa è calcolata, non sembri poi così diverso da tuo padre; ma ogni mio sguardo è un passo avanti nel gioco con cui ti diletti.
« Frasi fatte. »
Rispondo alla tua provocazione celata dalle vesti di una pleonastica lusinga.
« Sai cosa penso? » e alzo il mento per richiamarti a me quando volgi all’indietro il capo, « Credo che tu finga. Non mi conosci ma ti servo. »
Il mio tono è soddisfatto quando pronuncio ciò che serve a dettare i chiari confini di questa illusoria realtà: hai bisogno di me e ciò implica che tu debba darmi qualcosa in cambio.
Cerco il tuo sguardo; la tua voce s’arena come foglie alla deriva, bassa e penetrante, rivela un desiderio a cui assisto e da cui, non posso negarlo, risulto a mia volta attratta. Ma non per quel che credi tu John, perché non c’è possibilità che io ceda così facilmente al tuo fascino e, se mi conoscessi davvero come affermi, dovresti saperlo.
Fremo, perché sono vicina alla verità e ogni tua carezza, anche quella impalpabile che scivola fino al mio polso, ne è la prova.
La pressione mi costringe ad abbassare lentamente lo sguardo sulle nostra mani, un brivido attraversa la spina dorsale… Così vicina
« Ascolta » , ferma e perentoria, metto in pausa il tuo piccolo momento di svago. So che questo può fartici rimanere male, magari metterai il broncio come il bambino capriccioso che sei stato in passato, ma è esattamente ciò che voglio.
« È evidente che tu voglia qualcosa da me e forse sei davvero convinto che io conosca la verità. Ma non è così, quindi- » , la mia pelle scivola via dalla tua pressione mentre il braccio opposto, libero dall’arma, si frappone tra noi, sfiorandoti il bacino per arrivare al tuo polso, per farti da ostacolo. Le dita passano delicatamente sul dorso della tua mano e afferrano la manica.
« È il momento di parlare. »
E stringo la presa.
–––––––––
Ed esplose, come l’improvviso palesarsi della Vita allo stato puro e, figlio di quella visione, di un mondo a me sconosciuto che s’apriva oltre la porta dai contorni di pietra indefiniti, un Narciso fiorì, germogliato dall’oro del suo splendore.
È mio, pensai e volli allungarmi a riprenderlo. La sinistra corse al petto, alla ricerca del medesimo fiore che riposava sul collo nudo ma la mia avidità venne punita e quasi pensai di sfiorarlo quando un intenso bruciore mi fece ritrarre la mano. Come una bambina che per la prima volta comprende la pericolosità di fiamme avvenenti, arretrai, spaventata, portando sotto agli occhi cinerei il palmo della mia mano ferita. Voltai il polso e scivolando sul dorso della mano, lo vidi. Scavato nella pelle, marchiato a fuoco, tra pollice e indice, giaceva un incomprensibile marchio.
Cyanide Sun paper Memories

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– Oscuri: Sectumsempra; Vielente; Essenza Converto; Segreto Ombrae; Protego Totalus;
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Coerentemente alla situazione:
▸ BACCHETTA: Legno di Salice, Crine di Unicorno, 11 pollici e un quarto, rigida
▸ STILETTO DELLA BANSHEE: Pugnale di antica e pregiata fattura (tasca posteriore)
▸ SCAGLIE DI ASHWINDER: Collana. Indossando questa collana, si amplifica la forza degli incantesimi di fuoco.
▸ CIONDOLO PREZIOSO RICORDO: Legato alla catena di Ashwinder. Si può conservare un ricordo dentro il ciondolo.
▸ CIONDOLO, NARCISO: legato a un bracciale e indossato sul polso sinistro. Molto antica e facente parte della collezione della famiglia Gordon.
▸ ANELLO LUMINOSO: Acceca l'avversario per due turni, facendo scaturire dalla pietra incastonata in esso, un raggio di luce molto chiaro ed abbagliante. Sull'anello sono presenti incisioni non ancora decifrate.


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E' un gioco a cui siete avvezzi, Emily. Tu per scelta, per quella strada che hai intrapreso affrontando un percorso sempre più oscuro. E' per te che i lampioni si spengono. Sono tue le tenebre di cui ti ammanti anche solo per poter dire di aver scelta. Lui, d'altro canto ce l'ha nel sangue. La sua famiglia si dirama da sempre ai confini di una luce di facciata.
Mentire, respirare, che differenza c'è tra le due cose?
Per John nessuna, tutto si compenetra nel desiderio che macchia piano le labbra, che lo lascia stabile anche quando tu hai perfettamente ragione.

Lui sta mentendo, e se fosse facile trarlo in inganno ora sarebbe spinto in ginocchio davanti a te, succube di queste dita con cui - per rimarcare un concetto - lo sfiori. Come vorrebbe sentirti osare, spingerti oltre, prendersi una pausa dal sangue che si stabilizza piano nelle intercapedini del legno. Ma è bastato un suo incidere con il pollice per sentire il marchio bruciare fino alle tempie.

5mtQebG

5mtQebG
«Hai ragione» sentenzia, privo di sensi di colpa, quasi confermando le tue ipotesi perché così può rendersi ancora più trasparente. D'altronde, scoprire concretamente un asso nella manica di un giocatore è una prova più che sufficiente, no?
«Ma non ti sto mentendo» vibra il suo ego a contatto con il tuo, così come risale l'adrenalina come linfa lungo le vene. E' attratto, Emily, ma non è sciocco. Gioca con te all'unico gioco che sa di poter vincere - o così crede lui. Al gioco delle informazioni che possiede e che tu non hai. Tutto ciò che ha saputo rubare da suo padre.
Non distoglie lo sguardo dal tuo neanche quando gli afferri la manica, si lascia fare, prova un'insano piacere nel sentirti fare perno su di lui, come fosse una scoglio aguzzo in un mare implacabile.

«Tu mi servi, sei l'accesso al bastone, ed io-» suadente, lento ma con un ringhio che sfiora basso le corde più roche «- servo a te per ciò che non sai» un accordo semplice: le basi perfettamente in chiaro. Lui che ti chiede qualcosa, pronto a supportarti in cambio con quei pezzi del puzzle che non si sono mai connessi a dovere.
«Stiamo andando a casa di zia Lilian, la dimora in cui è impazzita. Dove ha visto morire i suoi cari e dove il tuo albero genealogico scende nei meandri dei più oscuri segreti dei Gordon. Nessuno di noi ha molto tempo» scende con il viso a sfiorarti il collo, sussurra ancora, un fiato caldo trai capelli - come un lungo, interminabile, preliminare. «Poi troveremo l'aggancio al passaggio per l'UAS.» Ti spiega, porgendoti il palmo della mano libera. Ti fidi di lui? La stringi, Emily?





 
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Non ti scomponi, non arretri. È nel reggere a tutti i costi la tua sicurezza che, in vero, ti tradisci. E ammetto di divertirmi, al di là della mia onesta confusione e necessità. Vedo delle crepe, ad ogni respiro sulla pelle, ad ogni flebile e finta carezza che mi dedichi. E così comprendo, più di ogni altra cosa che decidi di offrirmi, quanto il tempo sia importante per te e quanto poco tu ne abbia a disposizione.
Per fare cosa? Non lo so, ma non mi lascerò sfuggire l’opportunità di farvi crudelmente perno.
Il fuoco varca le mie spoglie mortali, tira dritto fino alle tempie e… Arde. La nebbia dei miei occhi si piega ancora sul marchio inciso, aspettandomi di vederlo comparire di nuovo. Non mi vedrai dolorante, non mi vedrai implorarti. Ti batterò, al tuo stesso gioco, stanca di essere succube di questa maledetta famiglia. Mi sono liberata di mio padre, cosa mi spinge a non fare lo stesso con i Cavendish?
Ho questo potere e ne ho su di te. È il motivo per cui sorrido, nonostante il dolore ed è la ragione per cui ti guardo, ancora e ancora, mentre mi sputi in faccia le tue sentenze. Stai provando ad ammansirmi, dopotutto, siamo simili, non dimenticarlo; conosco ogni tua mossa, ogni suo riverbero, ogni sospiro desideroso di posarsi su di me, su quello che ho da offrirti. Per me è lo stesso.
Le tue prove non sono ancora abbastanza, non si avvicinano nemmeno a quello che costa la mia fiducia.
« Ma non ti sto mentendo », ah no? recita il mio sguardo e il broncio che compare appena sulle mia labbra vuole prendersi dolcemente gioco di te; lascio appena la presa, pronta ad agguantarti di nuovo. Per gioco, per desiderio o per fermarti, questo concedo a te sceglierlo.
« Ma noi non stiamo andando da nessuna parte » affermo, la voce bassa, come se ti stessi svelando un segreto, « Non ancora, almeno », sussurro al tuo orecchio, ora a portata delle mie labbra. Piego il viso in tua direzione e la mia guancia si poggia appena sui tuoi capelli. Alla fine, mi sembra di conoscerti davvero, mi sembra di ricordare questo posto, man mano che la distanza tra noi si accorcia.
« Per cosa mi servi? », lascio del tutto la presa ora perché è su pelle nuda che la mia mano si posa, che tu lo voglia o no.
Le mie dita cercano il tuo viso, con la tenerezza e l’imposizione di una madre che è pronta a spiegarti l’errore che hai commesso ed esige che tu non lo rifaccia.

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E' una carezza contro il marmo, anche se la sua pelle è calda, Emily. Ne senti l'accenno di barba rada, il profumo dell'ambra ancora più intenso ora che lo sfiori in quei punti tanto precisi. John ti lascia fare, ma se prima era una precisa concessione, ora sembra godere di un contatto. Come se fosse una piantina rimasta lontano nella serra, che nessuno ha innaffiato quanto avrebbe dovuto.
Ma questi sono i Cavendish, per come li conosci tu: sempre meschini, sempre pronti a mentire perché possano averne un rendiconto personale. Quanti patti ha stretto e distrutto suo padre, il capostipite di un credo cruento. Ma nessuno qui sta dalla parte dei "buoni". Forse solo la povera Lilian, che ha ceduto al volere di Jacob, alla faida di famiglia.

5mtQebG

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«Ti servo per-» gli si ferma il fiato in gola, chiude gli occhi per un istante, prendendo vita in una gesto che lo porta poi ad abbassare la mano. Il gioco così è vita, per lui, ma quanto vorrebbe andare oltre. Magari per un attimo credere al non dover andare di fretta, e mostrarti quanto possono essere solide le mura di queste case svuotate. Deglutisce, le sue labbra di nuovo pericolosamente vicino alle tue, come se parlavi attraverso fosse l'unico modo per farti capire le cose, per comunicare con te. Siete della stessa pasta, nati dalla stessa pianta velenosa. «- perché non conosci la storia, ma se vuoi ci vado piano»
Non sei più sicura che stia parlando solo della vostra personale missione. «Ti servo perché se mio padre ci trovasse lo fermerei io come l'ho depistato questi giorni. Ti servo perché questa è opera mia» E deve provartelo, ancora, con quasi un ringhio a farsi largo oltre lo sterno. Non ti serve perché è un uomo, né osa dire di avere più forza di quanta t'immagini tra ossa e sangue.
«Ti servo perché non sai neanche dove abita Lilian, e la ricerca avresti dovuto iniziarla mesi fa» dolce, lascia parole di ferro come fossero fatte di seta, sussurri con un bacio che morde lento ai lati delle labbra.

«Ti servo perché non abbiamo tempo e nessuno ti ha mai detto la verità, sono il primo a farlo dopo anni, non è così?» le sue mani che ti avvolgono con lenta sicurezza i fianchi. «Vuoi aspettare?




 
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« Ci rivedremo molto presto »
La minaccia riecheggia nella mia testa come mi trovassi ancora tra le mura dell’Ospedale ed è fragile il momento in cui ti credo. Sembri abbandonarti alla mia mano e ne resto chetamente sorpresa. Forse puoi averlo sentito, il mio cuore accelerare di un battito per poi tornare tranquillo.
E se fosse vero? Sono io la prima vittima del cognome che porto, perché non potrebbe essere lo stesso per te?
Non ti conosco davvero, sto provando a capirti ma è difficile, quando ogni fibra del mio essere mi spinge a non fidarmi di te. Tu che mi hai portato qui con l’inganno, che affermi di conoscermi ma non hai davvero una storia da raccontarmi. Se fossimo in pericolo come mi lasci ipotizzare, io ti concederei ogni domanda, ti donerei tutte le risposte. Tu stai solo provando a sedurmi, e sai farlo maledettamente bene.
Ammetto che tutto questo mi piace ma c’è una parte di me, quella che le ricerche le ha fatte pur non trovando nulla, che inizia a spazientirsi e piuttosto che carezzarti dolcemente il viso, preferirebbe tirarti il capo all’indietro regalando il tuo sguardo all'oscurità del cielo. Questo desiderio assale la mia mente per un istante, e non sono certa sia solo frustrazione.
Le dita affondano appena nella tua guancia e tu parli, scostandomi. Stiamo cedendo?
« Non ti ho chiesto di andarci piano, lo stai facendo e basta. » confermo « E credo che sia evidente quanto questa cosa non mi piaccia. »
Non ne sono poi così sicura.
Forse una parte di me teme che non ci sia niente da scoprire, che io solo una marionetta nello spettacolo di qualcun altro. Che tu non abbia niente di vero da offrirmi. Sento di star fuggendo nuovamente dalla verità.
Non di nuovo, m’imploro.
Ma non è abbastanza. Non lo è, John.
« Cosa è opera tua? Cosa vuole… Tuo padre? » e nel pronunciare queste parole, puoi vedere il disgusto dipinto sul mio volto. Ma non è a te che è indirizzato. Chiunque sappia che sei legato a lui, sangue del suo sangue, a quest’ora ti disprezzerebbe, ti scanserebbe come si fa con un insetto rivoltante da cui prendere le distanze. Però… Io so cosa vuol dire essere Noi e l’empatia - maledetta, dannata empatia - si fa spazio e si pone il dubbio che io mi stia sbagliando, che siamo più simili di quanto immagini.
Il nome influenza le scelte dei più deboli.
« Dimmi questa verità e—» sussurro sulle tue labbra, non per diletto questa volta. Lo faccio con crudeltà, per puro, sensato egoismo, mentre mi afferri i fianchi e i polsi si fermano con forza sul tuo petto. La destra stringe ancora un lembo del nastro ottanio e ora lambisce anche la tua veste; il salice finisce per inerzia contro al tuo collo. Me ne rendo conto, premo appena, «—verrò con te. »
Non risale lo sguardo, indugia, spietato, sulla tua bocca.
È con calma che attendo; tendimi nuovamente la mano, conducimi a casa. Mi concentro sul battito del tuo cuore, sullo scorrere frenetico del tuo sangue pur celandoti la mia parte disumana. Così potrò capirlo, se ora mi menti.

Forse è vero che nessuno è dalla parte dei buoni, ma ciò non vuol dire che io non possa essere tra i giusti.

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John ti respira. Tanto vicino da contare le imperfezioni lungo il viso, i piccoli solchi lasciati sotto gli occhi, e quella pelle indurita da un padre severo. Ma tu cosa ricordi del tuo, Emily? Chi era davvero tuo padre e per cosa ha finito per lasciarvi andare? Qual è il tuo ultimo ricordo di quando eri bambina?
Per John è difficile dimenticare, lui ricorda ogni parola che il padre gli ha rivolto. Ogni percossa, ogni momento in cui il suo bastone passeggio educava e colpiva. Lui è nato nella violenza, è un altro figlio dell'odio come lo siete tutti voi. Per questo la connessione è solida, per questo la sua pelle vibra a contatto con la tua, e le sue mani ti accarezzano la schiena.
Ci sta andando piano, si, e non sai quanto fastidio possa dargli ora non esagerare. Non c'è tempo, si ripete, ma diavolo se giocherebbe con te fino allo stremo delle forze, fino ad invocare pietà per almeno uno di voi due.

5mtQebG

5mtQebG
«Mio padre vuole il potere...» strozza un ringhio quando la bacchetta lo minaccia. Ma questo, Emily, non fa che spingerlo dolcemente contro in avanti. Giocare sul filo della morte è tutto quanto gli resta nella vita, è una corsa - la sua - inarrestabile. «... il potere che deriva dal consegnare l'UAS al Signore Oscuro» Non mente, non osa neanche per sbaglio fare un giro di parole che non gli calzi perfettamente contro. E non aspetta null'altro che questo: stringerti per portarti via.
E lui il bacio non te lo nega, lo imprime con forza sulle labbra. «Non merita quella gloria, non merita quell'onore» ringhia, famelico.

E' un risucchio allo stomaco che ti trascina via dalla strada principale, e lo percepisci come piccole assi in legno scricchiolino - umide - sotto i piedi. La tua schiena è appoggiata ad un muro portante, e John ti è ancora tanto vicino da sentire il suo respiro contro di te. Sei in una casa stretta e buia, nel suo corridoio d'ingresso. Non si vede nulla, non ci sono luci accese.
Nessun rumore oltre quelli emessi da voi due. Nessuna rampa di scale, solo archi che portano a stanze. Se accendessi una luce, potresti vedere un salone, una cucina spoglia, due camere da letto ed un bagno. I mobili sono tutti ricoperti da teli di nylon impolverati. Questa casa puzza di vecchio e stantio.
E lungo il corridoio più grande, ti troveresti un arazzo "singolare" l'unico cenno magico in tutta casa, i cui nomi e le cui foto si spostano costantemente.

«Ho fatto tacere il villaggio» Ti risponde adesso, John. Li ha uccisi lui, Emily, gli ignari abitanti di quella via: i testimoni della vostra venuta. Li ha tolti di mezzo con sadico piacere, sfogando forse quel che restava del suo animo represso, della rabbia di un ragazzino crudele.




 
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Sei così vicino che dovrei ricordare qualcosa, ormai. Risalgo il tuo viso, i miei occhi cadono ad ogni ideale difetto, ma la verità è che i ricordi fuggono via, come scottati dal mio tocco ogni volta che provo ad afferrarli.
Cosa sai di me, che io non so?
Avverto questo contatto come inevitabile, come necessario perché ciò che ne scaturisce pare in grado di aprire porte sul passato che non credevo esistere.
Le tue mani… Avvolgono la mia schiena, e per quanto non vi sia tenerezza, tremo e il calore m’avvolge. Un calore freddo, senza luce, non in grado di rischiarare questo posto gelido e spoglio.
Ti guardo e posso vedere la tua frustrazione. Che è un po’ anche la mia.
Con dolcezza vieni avanti, e sappiamo entrambi che è inutile questo Salice che oppone resistenza.
Le mie iridi si aprono, forse spaventate per la prima, vera, volta. Quanto sono stata stupida a pensare di poter continuare a piegare il volere dell’Oscuro al mio? Quanto sono stata idiota a credere di essere al sicuro?
« Non si tratta di consegnare l’UAS. Si tratta di consegnare… Me » e il respiro s’arresta sulle mia labbra.
Non mostro sorpresa alla consapevolezza che tu faccia parte della sua schiera, è fatale per quelli come noi, vero?
E se anche ci fosse stato spazio per altro, oltre all'imprudente flusso di pensieri che mi spinge verso l’ennesimo piano di fuga, non avrei comunque battuto ciglio dinanzi alla tua confessione perché lo so. Lo percepisco. Tu ami essere al suo servizio e, in questo, vedo la prima, vera, differenza tra noi due. E ciò mi basta a cercare le distanze da te senza ottenerle davvero.
Perché, alla fine, mi sento comunque parte di questa tua Oscurità.
Meriti tu, quell’onore?
Avrei chiesto se, nonostante i polsi che ora ti spingono inutilmente via, tu non avessi impresso le tue labbra sulle mie.

Non se sia stata la smaterializzazione a darmi un pugno allo stomaco o il riaprire gli occhi sul tuo volto, ora distante. Come se non mi avessi mai baciata, come se lo avessi soltanto immaginato.
Mordo il fulcro del mio disappunto, stringo il centro delle labbra tra i canini e distolgo l’attenzione da te. Di cos'è che mi rammarico, davvero?
La pietra dietro di me è fredda, bagnata. Non provo a muovere un passo nell’oscurità perché temo che, se azzardassi, il pavimento potrebbe ridursi in cenere sotto i miei piedi. Le mura premono contro la mia inattesa presenza, nel buio, come fossi piombata in una bara abbastanza grande per due, metri sotto terra. L’odore è simile a quello della città che abbiamo abbandonato ma qui, a differenza della strada in cui mi hai costretta, la vita ci ha abbandonati da molto più tempo.
La bacchetta scivola via dal tuo collo, la punta traccia una linea invisibile sulla giugulare e volge al buio, invocando la luce che illumina i tuoi tratti. No, non vi poserò lo sguardo di nuovo.
Mi libero dalla presa, mi convinco di essermi annoiata del tuo gioco, e quando ti lascio sento improvvisamente freddo. Le braccia si intrecciano al petto, la torcia mi guida tra le pareti di questo posto dimenticato.
Ci sono mai stata? Mi chiedo mentre, famelica, osservo tutto ciò che mi viene concesso. Arresto la mia brama dinanzi all’unica cosa che serba una parvenza di vita, in quel che percepisco come lutto della mia stessa anima.
La tua voce mi giunge oltre le spalle, non comprendo subito ma tanto basta per impedirmi momentaneamente di guardare davanti.
Mi bagno le labbra, mordo ancora lì dove tu ti sei arrischiato, fino a farmi male.
É un vanto quello che esce dalla tua bocca? Pensi che io ne sia estasiata?
« Non è stata un’ottima mossa », ti rimprovero a voce bassa. Tutte quelle vite… « Parrà un po’ strano, vero? Che siano tutti morti. »
Che tu ti sia liberato o meno dei corpi, sapranno che siamo stati lì.
Sono una figlia di Temi anche io, ho tessuto la fine di intere esistenze ma mai per diletto, mai per piacere o per crudeltà.
« Immagino che poverai lo stesso piacere quando mi donerai a Lui. »
Affermo, piegando di lato il capo, il mento che si poggia sulla mia spalla. Puoi vedere il mio profilo, illuminato dal riverbero magico.
Il dispiacere m’assale, il dolore arde in gola ma non c’è più nulla per cui gridare alla notte. Sono andati. Vuoi fare lo stesso con me, John? E per un momento quasi sento di volerti implorare.
Ma non lo vedrai.
Non mi vedrai cedere a tutto questo.

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L'albero si dirama oltre le vostre fiacche figure. Imponente, con radici solide che sembrano incavarsi nel terreno, sotto le fondamenta stesse di questa dimora. Non sei mai stata qui, Emily, ma il tuo sangue si. Il tuo cuore, si, quando batteva nel grembo vivo di tua madre. Louisa ha camminato lungo i tuoi stessi corridoi, ha sorriso - fiocamente - attraverso queste pareti. La casa, quindi, sa bene chi sei.
Ti aspettava, si, così come John si aspettava che dalla sua presa saresti scivolata via presto. Indipendente e infreddolita. Per questo alza le mani, ti dà modo di respirare il soffocante rivolo d'aria che raggiunge a malapena queste travi marce.
A ben guardarlo, Emily questo posto starebbe bene sul fondale di un abisso. Somiglia ad una nave di legno lasciata a marcire dopo un naufragio. Manca solo il muschio che si arrampichi con i licheni marini lungo le colonne. E manca l'acqua. E' riarsa e umida. E' un controsenso.

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«Tu sei già sua, come suo è mio padre. S-sento le sue spire» e questo, ciò che ti dice, lo senti come gli gratti fastidiosamente in gola. Vorrebbe fossi anche sua, anche se sa che il possesso è un cruccio che dovrà spingere più a fondo, oltre la mente delirante.
«Farà più comodo a te consegnare me» onesto, limpido seppur dica cose disturbanti.
Andrebbe contro il suo destino a testa alta, seppur ora stia un passo dietro di te, morbido nel suo incedere. Non accede alcuna luce, resta nell'ombra riflessa dalla tua. «Si, non piacerà a nessuno quello che ho fatto, ma li ritarderà abbastanza per darci il tempo di-» il suo sguardo ricade su di te, sulla tua schiena, sul collo accarezzato dalla chioma di fuoco. Deglutisce. «- di risolvere questo enigma prima di Lui»

Ma il tuo profilo, così illuminato, lo spezza. Gli ruba il fiato nel momento che gli serve per dirti altro. Tace.
Si, ma non tacciono le oppressioni che ti sfidano la mente, ed appena ti avvicini all'albero, il cervello esplode. Spire di dolore ti schiacciano le tempie, e poi le lasciano. Poi di nuovo schiacciano, perforano e rilasciano.

Ogni figura ha il volto sfigurato, dagli avi segnati più in alto, agli ultimi nati. Lilian, tra questi. Le tre sorelle che svettano in un unico ramo. Ma appena osi guardare qualcuno che è morto, ne senti l'urlo nella voce. Senti distintamente tutte e tre morire.
Tua madre, con l'ultima spinta per farti nascere, il suo grido ed il suo sospiro prima che scoppiasse il tuo pianto.
Audrey - tua zia, la madre di John - che grida prima che il drago chiuda le fauci e la strappi via.
Lilian, che esala l'ultimo respiro nel suo letto d'ospedale.

SI ATTIVANO INSIEME: Psicometria, Presagio e Udito
-- Banshee --

Fa male, Emily. Fa male, fa lacrimare questo stupido albero. Ti fa sentire quei passi lungo i corridoi, gente che entra ed esce dalle stanze, figure che pipano piano prendono forma. Una luce lieve intiepidisce la stanza. Non ti puoi muovere, sei spettatrice di un'intrusione dovuta solo a ciò che sei tu. Un presagio di morte, carne ed ossa.
«NON SONO PAZZA, BASTA! B-basta, ti.. ti prego» Lilian, grida contro un uomo. Lui la minaccia, lo vedi come si impone su di lei, le punta il dito ma non sai cosa dice. Non lo senti, i tuoi poteri sono confusi, limitati.

Uno strappo. Cambia il tempo, si torna indietro?

Tua madre, bella e triste, incinta visibilmente, poggia il capo contro Lilian. «Non tornare da lui, Lulu. E' pericoloso, è un traditore, guarda come ti tratta!» E adesso la voce di tua madre la senti, chiara e forte, nella sua estrema debolezza. E' stanca, bacia la sorella in fronte, imprimendo le labbra in quel gesto, con immenso affetto.«E' l'altra metà della mia famiglia, e quando Milly sarà nata, tornerò qui con te, ok?» «N-no, non è "ok"»

Uno strappo. Cambia il tempo, si va avanti, troppo avanti

Lilian piange, disperata, si dondola a terra cullando il corpo di un uomo che hai appena visto. Era Wymond, il fratello maggiore di tua madre, il primo di due figli maschi e tra tre sorelle. E' privo di vita, lo sai anche senza guardarlo in volto. Senti passi che si allontanano di corsa da dietro di te. «Wey, per favore no... guardami, io non ci riesco senza di te. Per favore.» lo scuote, piange.

Sobbalzi. Riapri gli occhi.


Questi i nomi che l'albero evidenzia, che mette in doloroso rilievo. Sono tutti sulla stessa diramazione, i fratelli Gordon.
LILIAN ANNE GORDON - WILLIAM FREDERICK LANCASTER
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HOPE ALYSIA LANCASTER
LOUISA CLAIRE GORDON - JACOB EMIL ROSE
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EMILY CLAIRE ROSE
WYMOND OLIVER GORDON - CORIOLANUS WOODSTONE

DARREN MATHEO GORDON - XX
AUDREY GORDON - JOHN CAVENDISH SENIOR
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JOHN CAVENDISH JUNIOR & ARIADNE CAVENDISH


Tutte le tue sensazioni si stanno amplificando, sei una Banshee in un terreno che ha ospitato la morte più volte di quante avrebbe desiderato.[-10PM] Impara a tenerti sotto controllo, distingui le informazioni che ti raggiungono alla rinfusa: scegli, chiedi all'albero.

Le mani di John ti si posano lentamente sulle spalle. «Che ti ha detto?»


R.Emily: PS 449 | PC 382 | PM 393/403
Iniziale senso di stordimento, lieve

J.J.Cavendish: PS ??? | PC ??? | PM ???
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