| Più turbata di quanto avrebbe mai ammesso ad alta voce, Adeline stava ripercorrendo i propri passi tra il soffice manto erboso dei giardini di Hogwarts, l’andatura vagamente più rigida del solito – i pensieri più sparpagliati che mai. Li vedeva, li percepiva quei pungenti frammenti di sé – ora a ricoprire l’erba verde, i cespugli in fiore, le panchine legnose – parevano schegge e brandelli di una bomba implosa - vedeva persino il riflesso delle scaglie più sottili arrivate sino alle rive del Lago Nero. Ma chi si credeva di essere? Il senso affilato di ipocrisia le scorreva sulla pelle come lame affilate non le piaceva affatto - con quale pretesa andava a elargire “consigli” - ma quali consigli - su certe tematiche – quale boria e presunzione – Londra arrestò di botto il suo moto, le braccia incrociate al petto, ancora strette attorno ai suoi libri. Sollevò lo sguardo e scrutò di sottecchi l’ambiente circostante: la vita al castello in realtà continuava a scorrere serena, placida – un numero indefinito di studenti – persino fantasmi, traslucidi sotto la luce diretta del sole – si facevano scivolare addosso quel sabato pomeriggio come se fosse stato seta e granatina alla menta – del resto era pur sempre Estate. E poi di fondo c’era la tristezza sincera, perché si sentiva così limitata nel suo potenziale di aiuto – così inutile - le sembrava di poter dare così poco agli altri – questo per lei era il peggio del peggio, qualcosa che le mozzava il fiato e le bastonava le ossa, sino ad arrivare al piccolo animo accartocciato al loro interno. -Abith.- Chiamò con un fil di voce, lo sguardo imbronciato e i lineamenti irrigiditi, anche mentre la piccola elfa compariva al suo fianco con una sonora materializzazione: -Puoi prendere i libri per favore e..- E cosa? Di cosa aveva bisogno? -Abith ripone i libri al proprio posto, signorina. Signorina ha bisogno di altro?- Le iridi bicrome dondolarono dagli occhioni rotondi e lucidi dell’elfa ai tomi ora stretti tra le sue braccine esili all’orizzonte che si profilava oltre i flutti scuri e dorati del Lago. Tornarono sulla piccola creatura solo dopo aver sondato in lontananza i contorni di un oggetto (?) volante (?) non meglio precisato. -Non fa nulla Abith.- sospirò appena, silenziosa e meditabonda. -Occupati solo dei libri e del mio studio per piacere, io rimarrò qui fuori ancora per un po'.- L’elfa le fece un piccolo cenno con le lunghe orecchie da pipistrello e scomparve con la stessa velocità con cui era apparsa. Doveva fare qualcosa. No, non doveva fare niente. Voleva camminare ancora un po' e schiarirsi le idee – quietare l’animo in tempesta - no voleva sedersi lì dov’era, anzi, sdraiarsi e fondere le iridi blu e verde con l’azzurro luminoso del cielo perdendosi nella sua personalissima mareggiata, aizzandola per capire sin dove si estendesse - no voleva immergersi nel lavoro - no voleva distrarsi e non pensare più - no voleva - no, doveva - forse entrambe le cose? trovare una soluzione, voleva e doveva capire come fare quel primo passo per sbloccarsi – forse non doveva quietare la tempesta, ne aizzarla, non doveva ignorarla ne farsi sommergere ma.. un piccolo metaforico tuffo in acqua – avrebbe di certo aiutato. Ecco cosa le serviva – ecco cosa voleva – ecco ciò di cui aveva bisogno. Lo sguardo bicromo tornò a sondare maggiormente presente l’orizzonte – e ciò che gli si parò di fronte, una volta giratasi appena su sé stessa, ebbe a dir poco dell’incredibile – persino in un luogo come Hogwarts, un accidenti di enorme castello magico per maghi e streghe.
-Camillo!?- L’esclamazione a metà tra la domanda e la sorpresa espresse a meraviglia lo stupore di Adeline. I “contorni di un oggetto (?) volante (?) non meglio precisato” di qualche momento prima infatti – si erano infine assolutamente, chiaramente, decisamente e platealmente ben definiti: la docente era scoppiata genuinamente a ridere osservando con il naso all’insù la discesa a spirale del suo olandese preferito che – sissignori – armato di zainetto, su un tappeto volante.. le stava infine ora tendendo la mano, per aiutarla a salire. -Il Gran Tour.. delle Cose Senza Nome?- ripetè ridacchiando Londra, afferrando la mano del mago senza porsi poi tanti grandi dubbi, domande o problemi: forse, più che un piccolo metaforico tuffo in acqua.. anche un grande, non metaforico, tuffo nel cielo sarebbe stato altrettanto valido. -Wow, e lo hai organizzato con un gruppo-dialcolistisenzanome-anonimi?- Si mise a ridere da sola per quell’ironia tutta sua che faceva ridere solo lei, it’s a sad story in realtà e questo le costò un ondeggiamento pericolante mentre cercava il suo posticino nel mondo no, le sarebbe bastato un angolino sicuro su quel tappeto. Rabbrividì appena, non per l’idea del volo a cavallo di un tappeto – né per inesistenti brezze o per la potenziale prima caduta non della giornata ma di sicuro da quel tappeto: lo sguardo di mare e di bosco andò a cercare quello nocciola, cercandoci dentro risposte a domande che non sarebbe riuscita neanche a verbalizzare in quel momento. L’attimo seguente ad ogni modo le iridi saettarono via, e dopo un piccolo respiro silenzioso - un sorrisone prese vita tra le labbra di Londra: -Sono pronta a tutto.-
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