Second place, Privata

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view post Posted on 4/8/2023, 16:57
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I miss what we never were
È difficile prendere le misure dei gradini che portano al dormitorio femminile. Niahndra alza il piede più in alto di quanto non sia necessario e vede i dintorni inclinarsi pericolosamente (il che, suppone, significa che sia lei ad essere storta). Si aggrappa un po' di più alla spalla di Eloise, stampella di dubbia sobrietà anche lei; dall'altra parte è Thalia a garantire quel minimo di stabilità che le salva da ruzzolone certo. Memory e Camille, fuori dal suo campo visivo, ridacchiano impertinenti.
«Forse l'ultimo giro potevamo risparmiarcelo», dice una di loro e Niahndra annuirebbe se non avesse paura di come lo stomaco potrebbe reagire al movimento.
Non ha bevuto molto, in realtà, e non è così ubriaca. Ma ha finito in fretta i bicchieri, avida e in cerca di quella vertigine stordente che previene che il suo sistema nervoso si illumini come un albero di Natale ad ogni minimo rumore, tocco o odore. Ha bevuto quel che è bastato per annegare l'amarezza dell'ultima, definitiva sconfitta contro le bestiacce.
Era davvero stata convinta che i T'Assalto potessero vincere il torneo, schiacciare la squadra imbattuta fino a quel momento in un twist inaspettato e tornare al castello con la coppa. Non è andata così, ovviamente, e adesso Niahndra non sa cosa fare di quella mollezza che rimane dopo una combustione repentina; non sa cosa fare di quella nuova ruvidezza, di quella sensazione di cruda vulnerabilità. Non sa cosa fare della notorietà, degli sguardi del pubblico, della bestia delirante ed egocentrica che si è impossessata di lei in volo.
Per cui chiude gli occhi e si lascia trascinare dal chiacchiericcio vivace intorno a sé, si aggrappa al senso di inebriamento che la avvolge e fa di tutto per trattenerlo. In quel momento è solo un'adolescente che sta smaltendo la sconfitta in una maniera più rumorosa del necessario.
«Mozione per infestare il campo da quidditch di gnomi».
«Noo, la Ostensen merita di peggio».
«Sì, tipo una quarantena da vaiolo di drago».
Vanno avanti così, sghignazzando ciondoloni sulle scalinate, poi lungo i corridoi su cui si affacciano le stanze; finché Niahndra non sente male alla pancia e alle guance tirate, finché non si dimentica del torneo, dell'indomani e di tutto ciò che non sia il presente.

«Buonanotte, ragazze».
Il gruppo si sfalda alla spicciolata; Camille e Memory spariscono nella loro stanza, Thalia ha già svoltato l'angolo per raggiungere la propria.
L'umore è ancora alto e scoppiettante, e per un po' sembra che non sia cambiato niente anche se Lynch e Alistine sono rimaste sole. Eloise ride, e la stanza le sembra d'un tratto più luminosa. Eloise ride e Niahndra si è già dimenticata la ragione; sa solo che vorrebbe ridere anche lei e che rimarrebbe così per sempre, senza complicazioni.
Sono sole, però. E il torneo —che fino a quel momento ha dettato i loro ruoli e le loro interazioni— è concluso. Quella nuova consapevolezza si fa strada d'un tratto e senza preavviso; germoglia innocente, prima di ramificarsi in una serie di implicazioni che la mente di Niahndra non è in grado di sviscerare a dovere.
Qualcosa, a quel punto, cambia; nell'aria, tra loro.
Ancora mezzo avvinghiate l'una all'altra, Niahndra è abbastanza vicina da poter distinguere le pagliuzze dorate nelle iridi di Eloise. Dovrebbe avere paura, si dice; paura di quella vicinanza, di rimanere bruciata un'altra volta, ma nella nube alterata in cui galleggia in quel preciso momento, può fingere che vada tutto bene. Il torneo è concluso e, nel suo solito modo egoista di leggere il mondo, Niahndra ne è grata perché significa che adesso Eloise è solo Eloise, e non più il capitano Lynch; perché significa che adesso è solo sua, e non anche del resto della squadra. Perché quella è la loro stanza, e non il campo di quidditch o lo spogliatoio; e perché lì, tra quelle mura, Niahndra non si accontenta del secondo posto.
Da sotto le palpebre abbassate sostiene lo sguardo di El, incapace di interrompere il contatto. Sta già parlando, quando registra le parole.
«Baciami di nuovo».
La sua voce è un soffio bollente.
Metà preghiera, metà provocazione.
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view post Posted on 6/9/2023, 11:34
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Second place

Ci sono due tipi di coraggio.
Il primo è il coraggio di portare a termine un impegno preso, di spingere fin dove le proprie forze lo consentono e andare avanti nonostante le difficoltà per raggiungere - o non raggiungere - il proprio obiettivo. E poi c’è il coraggio di uscire da sé, abbandonare il proprio modus operandi e fare quello che non si sarebbe mai pensato di riuscire a fare.

Eloise sente di aver attinto al primo coraggio in quella stagione di Quidditch, nonostante le suoni ancora strano l’essere riuscita a guidare la Squadra, tenerla unita e arrivare in finale. Non riesce proprio a sentirsi delusa dalla sconfitta. Le è piaciuto giocare, le è piaciuto fare squadra, le è piaciuto scoprire la persona che è diventata alla guida dei T’Assalto.
Così, affronta i festeggiamenti con uno spirito vivace e roboante. Quell’audacia che ha provato non riesce a togliersela di dosso, e lascia che si incarni nei brindisi, negli abbracci festanti, negli schiamazzi. La Squadra è stata raggiunta dai tifosi della Casata, dai simpatizzanti studenti ed ex-studenti, e piano piano i giocatori di Quidditch si sono mischiati a tutti gli altri.
La sola nota triste in quel momento è sapere che domani non ci sarà un nuovo allenamento, che la solidità di quel gruppo scemerà inevitabilmente, che quelle loro relazioni si intrecceranno ad altre relazioni. Le piace il caos, ma ha scoperto che le piace anche sentirsi parte di qualcosa di umano e circoscritto, che le consenta di dire “noi” sapendo di essere capita dagli altri. Le cose sono semplici e definite, non fraintendibili.
«Lì non era una questione di coraggio!» Esclama sporgendosi verso i suoi interlocutori, compagni e compagne di studio di Kevin, con cui stanno ripercorrendo i momenti più memorabili del torneo. «Il buon Confa, qui, ha deciso di volare in modo da sfruttare la mia presenza per schermarsi dall’arrivo di un Bolide imminente. L’aveva sicuramente premeditato.» Ha appoggiato la mano sull’avambraccio di Kevin, che è lì con loro, e che si gode il racconto e le lodi con la solita aria compiaciuta. «Ho fatto in modo di vendicarmi entro la fine dell’allenamento successivo.» Fa un cenno del capo verso Mary, lasciando che l’immaginazione riempia i vuoti del racconto.
«Ecco! Secondo me la forza che vi ha distinti - a parte il Capocannoniere e Re dei Cacciatori a cui ci inchiniamo ogni mattina - sono state le Battitrici. Presenti quando necessario e determinanti nei loro interventi… E che botte hanno tirato… Non come certi primini mollicci!» A parlare è stata una ragazza alta, dal naso sottile e i capelli vaporosi. - Nancy, le sembra che si chiami - e ora annuisce decisa, convinta di quell’opinione.
«Hai ragione. Abbiamo avuto la fortuna di partire con giocatrici di esperienza. Sono state preziose, e sul campo sono riuscite a trovare un’intesa che non mi sarei aspettata da due semi-sconosciute. Non avevano mai giocato insieme, prima. E Niah era Cacciatrice.» Mentre Nancy e gli altri reagiscono con esclamazioni ammirate, Eloise sorride sorniona, cercando Niah con lo sguardo.
Quando la individua, Alistine ha l’espressione che assume quando sta servendo un commento sarcastico, con un sopracciglio un po’ alzato e l’aria di chi la sa lunga. C’è qualcosa di disinvolto e spontaneo nella sua postura, qualcosa che di solito cerca di sopprimere nel tentativo di rimpicciolirsi agli occhi degli altri, ma che emerge quando la sua attenzione è proiettata altrove, o forse quando ha preso a Bolidate altri umani, o forse quando ha bevuto troppo alcol. O forse le tre cose insieme.
Qualcosa, in Eloise, vorrebbe azzerare le distanze per rispondere al suo commento sarcastico e ingaggiare Niahndra in quei loro scambi verbali incalzanti e interminabili, per avere quel corpo disinvolto a poca distanza, ma la consapevolezza di tutte le cose rimaste in sospeso tra loro la frena. Dopo la prima sconfitta contro le Bestiacce tutto è rimasto immutato all’apparenza, ma inevitabilmente corrotto sotto la superficie. La sua mossa azzardata - il bacio, si costringe a pensare - ha spezzato l’equilibrio. Essere nella stessa squadra e ricoprire il ruolo di Capitano è stata un’ottima scusa per lasciare le cose in sospeso, e anche se allenare Niahndra e vederla trasformarsi in una Battitrice le è piaciuto, ora vorrebbe mandare a quel paese quelle dinamiche rigide. È un controsenso: vorrebbe rimanere in quella situazione, a fare squadra, e allo stesso tempo vorrebbe spezzare gli equilibri.
Prende tempo. Le gambe restano immobili, la sua mano destra stritola il bicchiere di birra premendo forte contro il vetro freddo. Ha bisogno del secondo tipo di coraggio per il salto nel vuoto. Ha bisogno di uscire da sé.

Ore dopo, mentre stanno arrancando sulle scale del dormitorio, a malapena ricorda quel treno di pensieri. I bicchieri si sono susseguiti uno dopo l’altro, e mentre dire di no ai brindisi sembrava impossibile, è riuscita a mantenere un regime alcolico tale da garantirsi di non collassare in un angolo del cortile. La sua mente è annebbiata, ebbra, i contorni si confondono e i suoni si fanno ovattati.
Ritrovarsi il corpo di Niahndra appeso al suo è quasi automatico. Le frizioni e le remore sono state lavate via dai bicchierini di Whisky Incendiario, e cingerle la vita con il braccio è un gesto spontaneo, così come intrecciare le dita con la mano che sta sulla sua spalla. La stabilità è importante, in casi come quello.
Quando Thalia dichiara di voler prendere la strada per la stanza n°4, Eloise le assicura di riuscire a recapitare Niahndra a destinazione. «Alla peggio domattina ci ritrovate ancora qui sulla scala!» Esplosione di risolini, corpi che ondeggiano nel tentativo di trovare un appiglio solido. «Se poi non riuscite a passare potete portarci dei pancake e del caffè caldo per toglierci di torno… Io mi porto avanti con l’ordine!» Ancora risa, e imitazioni grottesche della scenetta, che poi si confondono in altre gag e altre battute.
E poi, finalmente, Eloise e Niahndra restano sole come non lo sono mai state davvero nel corso del torneo. Quel corpo minuto, che ha osservato a distanza per tutti quei mesi, è stretto al suo, è presente, è concreto.
Baciami di nuovo.
Eloise chiude gli occhi, respirando profondamente. È stufa di girare attorno alle cose senza mai entrarci, di fuggire dalla terra, di temere di farsi risucchiare dalla corrente, di evitare di bruciarsi con il fuoco. Aria non è soltanto rimanere sospesi, ma anche scendere, sfiorarare, e poi lasciarsi travolgere dal tornado senza indugiare sulle conseguenze.
Eloise, quella notte, vuole farsi travolgere.
Quando riapre gli occhi e si volta verso Niahndra finge una lucidità che non le appartiene, ma la determinazione, quella è sua. Si prende il tempo per guardarla negli occhi, rimandando di qualche istante di troppo quello che sente di voler fare. È una sospensione del tempo in cui indugia sul suo sguardo magnetico, sulle labbra semichiuse, sulle efelidi fitte, è il fulcro del suo desiderio. La studia e annusa come una bestia selvatica che sta scegliendo se farsi addomesticare, la testa un po’ piegata, le distanze che diminuiscono.
L’ha sempre trovata attraente, ma non ha mai pensato di poter trasformare quella curiosità fisica in qualcosa di concreto. Fino a poco tempo prima non sapeva dove incanalarla. Essere compagne di stanza e amiche da sempre aggiunge un sapore proibito a quello che sta per fare, ma Eloise ha assaporato il secondo tipo di coraggio, e ora vuole arrivare fino in fondo.
Quando le loro labbra si sfiorano si attarda ancora un po’, pregustando il sapore di quel corpo su cui si è avventata senza remore l’ultima volta. Socchiude gli occhi, lenta, incapace di fare in fretta. Sfiora il suo labbro superiore con il suo labbro inferiore, sente il ritmo del suo respiro, i muscoli della schiena sotto i polpastrelli, il profumo familiare della sua pelle. Niahndra Alistine è tra le sue braccia. Niahndra Alistine le chiede di baciarla di nuovo. Niahndra Alistine, le sue labbra morbide, la sua pelle liscia, la sua bocca dischiusa.
Quando la bacia, la bacia con tutto il corpo.
La bacia con la mano che le accarezza il collo, la bacia con il braccio che le circonda la vita, con il petto che respira lento e con la bocca, che prima si sofferma sul labbro superiore, e poi si schiude, audace, alla ricerca di un contatto più intimo. Alla richiesta di Niahndra ha risposto con molto di più di quanto aveva previsto: Lynch si sta donando totalmente, mettendo nelle mani di Alistine quel coraggio che ha scelto di cavalcare.

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view post Posted on 17/9/2023, 19:29
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C'è qualcosa che brucia sul fondo delle iridi di Eloise.
Niahndra non sa darci un nome, ma ha il fiato sospeso mentre lo osserva danzare. È incapace di distogliere lo sguardo nonostante la sua precedente provocazione —supplica?— ancora sfrigoli sulla pelle come mille punture di spillo.
È folle probabilmente, ma quella notte le stelle sembrano raggiungibili. Al pensiero, sente il petto stringersi in una morsa di speranza e terrore a momenti alterni. Le stelle non conoscono gentilezza, rammenta a sé stessa, non brillano; le stelle si contorcono e ardono e muoiono in un tripudio di combustioni violente.
Allora perché, perché in nome di tutto quel che è sacro, lei non può esimersi dall'affidare loro i suoi desideri più intimi? Perché sente lo sfarfallare d'ali nello stomaco nel momento in cui Eloise ne esaudisce uno?
Niahndra ha perso ogni traccia di spavalderia —se ne ha mai avuta. Sente il rosso espandersi a macchia d'olio lungo l'epidermide, senza che neppure l'alcol possa impedirlo; rimbomba nel petto, nella gola, nelle tempie. Eloise è ovunque intorno a lei. La consapevolezze la colpisce di getto, faro nella nebbia, si contrae e si dilata per un tempo infinito. A differenza del bacio vorticoso della scorsa volta, adesso la rossa si muove con lentezza e premura. Niahndra non è abituata ad essere trattata con una simile cura, non sa come interpretare il livello di intenzionalità che traspare dai gesti dell'altra.
Si accorge di averla stretta a sé in automatico, ma di essersi frenata dal vagare con le mani; possiede la goffaggine e la rigidità di chi non conosce cosa sia consentito o meno. D'improvviso, è fin troppo conscia delle vesciche che costellano i suoi palmi e si vergogna di come carezze e tenerezze stonino sulle sue nocche spaccate.
La verità è che Niahndra non riesce a comprendere perché, quella notte, le stelle abbiano deciso di rivolgere il loro sguardo proprio nella sua direzione; eppure, dopo tutto il tempo passato ad ammirarle e pregarle da lontano, è quasi ironico che si imbarazzi e si faccia piccola sotto il focus delle loro attenzioni. Rabbrividisce e barcolla sotto quel peso, le gambe che minacciano di cedere; ma l'abbraccio in cui Eloise l'avvolge è saldo e accogliente; la trattiene dal cadere.
*Almeno per adesso.*
Il pensiero l'attraversa a tradimento e la tentazione di abbandonarsi completamente alla presa di El sfuma in un istante. Lo ha già fatto una volta, con esiti disastrosi; si è abbandonata e quando poi la marea è cambiata repentinamente lei è finita scaraventata sulla spiaggia —naufraga.
Perché questa volta dovrebbe essere diversa? Qualcosa di più di una valvola di sfogo al termine di una serata carica e adrenalinica; lo scoppio al culmine di una tensione prolungata? Non è forse quella l'unica cosa che si merita?
Si crogiola nella lusinga di un conforto temporaneo; qualcosa, però, la trattiene.
Nel buio della stanza, Niahndra scopre di avere ancora un barlume di autoconservazione.

Quando interrompe il bacio con dolcezza, Niahndra è intontita dal sonno, dall'ebbrezza e dall'ossitocina. Il cuore, però, batte forte e lo stato di allerta combatte la sensazione di appagamento prodotta dalle endorfine. Ha il fiato corto e la paura offusca il suo sguardo.
«Per favore non scappare». Un'altra supplica. Si detesta per quella debolezza.
Stringe la stoffa dei vestiti di Eloise nei pugni contratti.
Ha il terrore di toccarla. Soprattutto, ha il terrore di lasciarla andare.
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Second place

Non avrebbe mai pensato che lasciarsi andare l’avrebbe fatta sentire così bene. Perdere il controllo e non pensare alle conseguenze è qualcosa che le piace fare, ma è come se nel mondo dei sentimenti romantici quel lusso le fosse precluso. Ogni volta che ci è andata vicino, in passato, ha finito per fuggire il più lontano possibile per timore di arrivare al punto di non ritorno.
Ora scopre che stringersi a Niahndra è facile, e che le basta chiudere gli occhi per limitare al presente la vastità delle cause e delle conseguenze. Si nasconde dietro le palpebre e affida al tatto - delle labbra, delle mani, della pelle - il compito di prendere informazioni sul mondo. Non ci sono significati da leggere con sguardo attento: ci sono soltanto percezioni, sensazioni piacevoli, respiri. Finché il bacio dura, il presente è tutto ciò che esiste, un istante sospeso e separato dal tempo; ci si può permettere di non preoccuparsi di quel che accadrà.
Quando il bacio finisce, tuttavia, la realtà è lì ad attendere. La forza di quel che ha fatto la travolge, ed Eloise nasconde il volto tra i capelli di Niahndra, come un bambino che non vuole dire il suo nome a qualche lontano parente. I contorni del Dormitorio n°3 sono offuscati: la luce dell’unica lampada che sono riuscite ad accendere è tenue e la penombra è sua alleata per mitigare l’impatto con il tangibile.
Per quanto ne sa, quella potrebbe essere la scelta più giusta o più sbagliata della sua intera esistenza, ma al momento non ha gli strumenti per capirlo.
È ubriaca, su di giri per la fine del torneo, ma in qualche modo molto più cosciente di quando si è gettata su Niahndra la volta precedente. Sente di aver abbattuto un muro, di aver fatto una scelta definitiva e di aver accettato le conseguenze dei suoi sentimenti. E non può trattenere il sorriso che fa capolino. Ma allora perché guardarla negli occhi è così difficile? Perché sente le sue guance infiammarsi di imbarazzo? Perché non riesce a tenere a mente che tra le braccia c’è una delle persone con cui ha più intimità?
Si è sempre sentita quella spavalda, veloce e aperta, quando in realtà è stata Niah, con la sua acutezza nell’interpretare situazioni e persone, a muovere il passo decisivo, a puntare il dito su una verità che lei era incapace di vedere. Lei non ha fatto altro che seguirla con la sua lentezza esasperante.
In quel momento di sospensione, in cui Eloise ha ormai accettato di restare, si ritrova faccia a faccia con il pudore. È impacciata perché non si è mai impratichita, riducendo la sua esperienza a quelle scarse occasioni in cui il suo coinvolgimento era nullo e le conseguenze inesistenti. A costo di sembrare ostinata, resta tra le ciocche corvine, e cerca di concentrarsi sul respiro di Niahndra per provare a domare un battito scalpitante, e quasi trema. Il soffio con cui Alistine espira giocherella tra le sue ciocche fulve e scivola via; poi la sua schiena torna a espandersi per prendere aria e portarla ai polmoni. I respiri sono brevi e incalzanti, una marea che sale e scende, aria che riempie e aria che svuota, che dà vita. Come quel respiro veloce, tutto può scivolare in cambiamento continuo: ogni giorno si è diversi da chi si era il giorno prima. Oggi Eloise è solo un po’ più diversa da ieri, ma anche questo è parte del soffio vitale, e rifiutare quel volo vorrebbe dire voltare le spalle a un’occasione di vita.
Sente le mani di Niahndra appese alla sua felpa, e questo le dà forza. Sembrano due marinai alla deriva, che cercano di farsi forza a vicenda nell’esplorazione di un posto sconosciuto; ma il coraggio di quella sera non è scemato, anzi: è ciò che le permette di stare lì senza provare il desiderio di fuggire. Quando inspira, torna a guardarla con risoluzione rinnovata, affrontando qualsiasi imbarazzo di petto. Lo sguardo di Niahndra suggerisce incertezza, palesa le conseguenze di come Eloise ha agito in passato. Eloise prova vergogna per aver provocato dolore, e una volta per tutte vede in modo non fraintendibile quello che Alistine sta comunicando con la voce e con il viso. È sempre stata schietta. Non è mai stata disarmata come adesso.
Ascolta la richiesta che le scivola tra i capelli sapendo che non ci sono promesse che possano cancellare le sue fughe passate: solo restando potrà dimostrare di saper restare. Annuisce, socchiudendo gli occhi e prendendole il viso tra le mani. Ha capito. Le sue labbra sono serrate e il respiro è lento e profondo: la sua risposta è nell’immobilità, la sua promessa nel bacio lieve che le posa sulle labbra, leggero e cauto.
Quando si ritrae - di pochi centimetri, che è il massimo che si concede - si ritrova addosso un piccolo ghigno, sorto spontaneamente e impossibile da trattenere. Anche in un momento come quello, fatto di radici e semi piantati, lei resta leggera e spontanea, con quel suggerimento di complicità stampato in faccia. E qualche battito di cuore saltato.
«Magari puoi scappare insieme a me.»
La consapevolezza è disarmante: lei vuole che Niahndra faccia parte della sua vita, che condivida le sue avventure, che acceda a quella parte che non ha mai condiviso con nessuno.
Niahndra - è quel che pensa, senza dirlo - sono pronta a restare.

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Niahndra non è mai stata tanto terrorizzata nella sua vita come in quel momento. Qualcosa nella sua testa le suggerisce che per poco non ha visto Sam morire, proprio davanti ai suoi occhi, ma quello è diverso. Perdere Sam sarebbe perdere un pezzo di anima, forse tutta.
Il tipo di terrore che sta sperimentando adesso, però, ha contorni scheggiati che grattano dall'interno; sembra domandare col cuore in mano, resti? E appena più in profondità, sotto strati di vergogna, si smuove un pietoso quanto muto, sono amabile abbastanza perché tu resti?
Si sente così fragile che una sola parola sbagliata, una sola occhiata ambigua di Eloise potrebbe annientarla in quel momento. È il tipo di terrore di chi affida l'intera posta in gioco alla fortuna; anzi, peggio, alle mani potenzialmente disattente o noncuranti di un estraneo. È chiudere gli occhi e lanciarsi da un burrone, senza sapere se sotto ci sarà la rete di salvataggio ad accoglierti o acqua solida quanto cemento.

«Hai presente quella sensazione che hai sentito mentre cadevi? Quando non sapevi ancora se ti avrei preso al volo o meno? Ecco...Io quella sensazione non la provo più da un po’ di tempo».

Non riesce a dimenticare le parole di Eloise sul ponte sospeso, non riesce a dimenticare quella verità bruciante sulle labbra. Perché per Niahndra, quella è la sensazione più ricorrente quando si tratta di Eloise. Che sia in sella a una moto, mentre la rossa le grida di fidarsi e non decelerare; che sia fuori da scuola mentre le chiede di buttarsi indietro a peso morto e occhi chiusi e fidarsi.
Ogni volta, Niahndra si fida. Contro ogni istinto, Niahndra si lancia. Eloise l'ha sempre presa al volo.
Almeno finché non lo ha fatto.

Niahndra ha la testa che ronza, il cuore che martella, le mani che sudano. Lo stomaco sta facendo salti carpiati e giri della morte; s'accartoccia nel modo che ormai riconosce a menadito. Quasi ride quando si accorge che è lei a voler scappare, fuggire a gambe levate, rimangiarsi i propri sentimenti —il proprio cuore se necessario— pur di non lasciarlo lì incustodito. Come fanno le persone a tollerarlo? A esporsi, sostenere l'incertezza, quel senso di vuoto nelle viscere.
A tenerla bloccata è unicamente il respiro di Eloise vicino al collo. Non si azzarda a muovere un muscolo, esattamente come quando Lou dichiara tregua e finisce per accoccolarsi tra le sue gambe o contro la sua pancia sotto le coperte, e a quel punto lei è costretta a mantenere la posizione per ore per paura di spaventarlo e allontanarlo.
Adesso che le stelle sembrano quasi a portata di mano, Niahndra si accorge di non sapere quale desiderio esprimere. La luminescenza che ha visto da lontano, minaccia di abbagliarla così da vicino; il tepore immaginato, ora è ad un passo dall'ustionarle la pelle. Maestose e terribili, le stelle richiedono un tributo che non è sicura di poter pagare.
Niahndra ha interrotto il bacio anche per quel motivo. Eppure, al tempo stesso, è assolutamente certa che non sopporterebbe il vuoto dell'assenza di Eloise. Per cui rimane immobile e fa respiri lenti; non sa cosa darebbe per far durare quel silenzio per sempre e cristallizzare quell'istante di limbo per l'eternità.
Invece, ancora una volta, i suoi riferimenti crollano.
Aveva fatto i conti, più o meno, col non essere corrisposta; quello, si è detta, era un ruolo che poteva giocare purché i confini fossero chiari. I sentimenti unilaterali hanno il vantaggio di essere perfetti e idealizzati, non pagano alcun pegno alla realtà dei fatti; miraggi e chimere sono i loro unici padroni. È facile crogiolarsi nella commiserazione a quel punto, protetti dalla consapevolezza che qualcosa che non è mai cominciato non deve preoccuparsi di finire. In quella terra di nessuno fiorisce un potenziale senza limiti; e Niahndra può piegare la narrativa al proprio volere: è solo lei a soffrire, a subire, e accetta il castigo con la fierezza del martire.
Ma di rado la vita concede il privilegio di un taglio netto. Disordinata e caotica, sfuma i confini, ribalta le posizioni, impartisce insegnamenti. Niahndra non può più fingere che sia un'illusione; non quando ha il volto di Eloise incuneato nella curva del suo collo, non quando la sua pelle è ancora in fiamme laddove la rossa l'ha toccata. Quanto più forte deve stringerla a sé, Eloise, quante altre volte le loro labbra devono sfiorarsi perché possano ammettere entrambe di essersi spinte troppo oltre?
Non è più il vagheggiamento di una ragazzina che si confessa alle pagine di un diario, senza doversi curare delle conseguenze dei propri desideri, senza responsabilità alcuna se non quella verso sé stessa. Adesso che il manto dell'illusione è sollevato, la realtà fa capolino in tutta la sua concretezza.
Nell'immobilità, la stanza restituisce a Niahndra l'unica domanda che veramente conti qualcosa. Se Eloise restasse, avrebbe lei il coraggio di fare altrettanto?
Alistine tiene il collo rigido, non riesce a lasciarsi andare nelle palme delle mani dell'altra. Qualunque cosa abbia visto prima dardeggiare nello sguardo di Eloise è ancora presente e sembra consumarla. Poi spunta quel ghigno adorabile che porta il marchio Lynch e per un attimo sembra che niente sia cambiato.
Niahndrà trattiene il fiato. Cristo. Quello è un treno di pensieri sul quale non le conviene salire, ma è già tardi ovviamente ed una nuova scarica di terrore le arpiona il cuore. Perché anche se sembra che niente sia cambiato, qualcosa è in procinto di farlo, lì e in quel momento; Niahndra avverte la statica febbrile di un qualcosa in potenza che carica l'aria. Come un elastico che viene tirato; e non importa in che direzione, lo schiocco farà comunque male.
Niahndra ha fatto i conti con l'idea del non essere corrisposta. Invero, non ha mai visto alternative. Persino adesso dubita delle azioni e delle reazioni di Eloise, di quel ghigno malandrino che cela la varietà di trucchi e assi nella manica per la quale la rossa è tanto nota. Dubita; e il suo dubbio è un testamento alla propria insicurezza, più che al carattere dell'altra. Dubita; e sa di essere il suo peggior nemico. Dubita; e c'è conforto nel tenersi stretta un pezzo d'armatura.
Avvolge le mani intorno a quelle di Eloise e le allontana dal proprio viso. Sta scuotendo la testa e il nodo che ha in gola preme per uscire.
«La nostra amicizia è l'unica cosa che conta per me e l'unica che non posso perdere». Tutto il resto impallidisce al confronto. Come può metterla a repentaglio per quella che è né più né meno che una scommessa?
«Posso– dammi un po' di tempo per far passare...qualsiasi cosa sia questa —Il viso si accartoccia nella smorfia di chi ha appena assaggiato qualcosa di aspro— Posso continuare ad essere tua amica. Voglio esserlo. Lo giuro. El. Non serve che tu faccia niente *che non vuoi fare*...di...*più* diverso».
Si accorge di come il nodo salato nella sua gola faccia assumere alla sua voce un tono incerto e quasi lagnoso. Prova a compensare cercando il contatto visivo con Eloise e accennando un sorriso nervoso.
Nel resto del corpo, tuttavia, si legge il tentativo di sgusciare via e recuperare una distanza di sicurezza.
«Quello che abbiamo funziona, vero? La nostra amicizia». Annuisce, come a cercare conferma nel viso di lei. «Non vale la pena metterla a rischio, mmh?»
Quanto male può fare qualcosa che non è mai esistito?
Un elastico non può schioccare se non viene tirato.
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Scusa per il ritardo q_q e per, beh. *gestures vaguely
 
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view post Posted on 9/11/2023, 19:30
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La roccia salda a cui Eloise si era aggrappata in quel mare agitato prende in qualche modo a sgretolarsi. Naufraga del caos, aveva deciso di stabilirsi sulla terraferma almeno per un po’, ma quella viene meno non appena l’appoggio si è fatto solido. Riconosce nei movimenti del corpo di Niahndra il bisogno di aria, la necessità di districarsi dai vincoli e di ritrovarsi. La lascia fare: conosce bene quel richiamo e non vorrebbe mai essere l’àncora di qualcuno.
Accetta il reso delle sue mani, ritira gli abbracci, e le carezze, e il trasporto irrazionale di quella sera. E resta lì, immobile e abbandonata alle onde allo stesso tempo, con le mani strette al petto. Accetta, ma scopre in sé una serenità che non pensava di poter provare.
C’è qualcosa che le suggerisce che non c’è nulla di sorprendente in quella reazione. Niahndra non è programmata per accettare la propria serenità, per pensare di meritarsi quello che desidera, o anche solo per ritenere che le risposte semplici siano sufficienti a risolvere problemi complessi. Quello che si trovano davanti è solo il più complicato degli intrichi che la loro amicizia ha affrontato, e la risposta che si suggeriscono è la più antica del mondo.
Eloise nemmeno sa se può considerarsi uno strumento di felicità per lei o per chiunque altro; quello che ha da offrire potrebbe non essere sufficiente. È un’ipotesi che la terrorizza, ma è così semplice e immediata che non può non considerarla: Alistine potrebbe averci ripensato e aver deciso che non ne vale la pena, che nella sua vita sta cercando altro. Restare amiche, rifiutare il legame più intimo per un’esistenza più semplice e leggera. Raccontandosi di poter creare quel legame in uno spazio lontano dal corpo.
È quello che Eloise ha pensato finora.
Non è un’idea innovativa, né sorprendente, ma è un fastidioso prurito che si insinua tra le giunture delle ossa e che le suggerisce che lei non è abbastanza, che non ne vale la pena.
Quando espira decisa, uno sbuffo taurino che esce dal naso, la sua testa si inclina leggermente verso il basso, e il suo sguardo si fa più attento. Ha scelto di non indugiare troppo a lungo su quei pensieri oscuri e provare a capire quello che ha effettivamente davanti. «Niahndra.» Dice pacata, rifiutando di assorbire quelle parole stridenti che ha appena ascoltato, unghie sulla lavagna. «Io non lo sto facendo per te. Non mi sto forzando a baciarti per farti un favore.» Esprimere il concetto di baciarsi ad alta voce la fa sussultare, e il rossore alle guance si compensa con una decisa aggrottata di sopracciglia.
Ci ha messo tanto tempo ad arrivare a quello spazio mentale, e adesso che l’ha raggiunto le sembra più semplice parlare con schiettezza, come loro due sono abituate a fare. La cautela di Niahndra dà forma alla sua scelta e la rafforza, interpellandola indirettamente su ciò che sente e ciò che vuole. Ed è ironico che debba esserci sempre un’incerta in quel gioco delle parti. Eloise e Niahndra sembrano a bordo di un dondolo: una scende, l’altra sale, e poi una spinta le porta a invertire i ruoli.
Lynch sente di poter vivere nell’incertezza. Ha avuto il coraggio di immaginare cosa potrebbero essere e ora vuole rompere gli equilibri, assaporare una felicità piena a spontanea. E così superare il punto di non ritorno e dimenticare la domanda - possiamo ancora essere amiche, dopo questo?, che le sembra inesprimibile.
Non lo sa, se possono ancora essere amiche. Le piace credere che il suo legame con Niahndra vada oltre convenzioni e ruoli imposti, che non ci sia bisogno di decidere a tavolino che da oggi in poi ci si dovrà baciare e scoprire fisicamente, che le etichette della società non possano definire il loro rapporto. La sua natura curiosa, che proprio non riesce a non intraprendere percorsi nuovi e potenzialmente impervi, è catalizzata da quei sentimenti, e quello è un motore sufficiente per andare oltre.
«Sì, quello che abbiamo funziona.» Eppure non riesce proprio a soffermarsi su quel che potrebbe succedere se le cose andassero male, sulle conseguenze negative e apocalittiche. «Ma quello che intravedo sbirciando oltre è qualcosa di incredibile e meraviglioso… E misterioso.» Sospira, spostando lo sguardo dagli occhi azzurri alle lentiggini sul naso, imponendosi di non fermarsi a indugiare sulla bocca. Poi torna a guardarla negli occhi.
«Tu sai che sono un’incosciente. E credo che ci voglia dell’incoscienza per… mettere tutto in disordine. Ma io so chi siamo, io e te, e so che potremo affrontarlo, perché penso che ne valga la pena.» Per buttarsi con un paracadute bisogna essere sovrappensiero, e rifiutare di soffermarsi su ipotesi, possibilità e teorie, su ogni potenziale malfunzionamento che potrebbe verificarsi, e agire seguendo quello che l’istinto suggerisce. È il tratto che la differenzia di più da Niahndra, che ha una capacità innata di vedere i possibili risvolti, positivi e negativi, di ogni situazione che si trova ad affrontare.
Ma il volo… La sensazione del cuore in gola, il corpo che precipita un po’ e poi risale, la vista dall’alto e la consapevolezza di osservare ogni cosa come se fosse la prima volta…
«Vorrei vivere ogni cosa insieme a te.» Non vuole imporsi: vuole esprimere con chiarezza quello che prova e come si sente in quella situazione. Vuole calare le carte, e vedere se la fatica che ha fatto per arrivare a quella meta sarà valsa qualcosa. Se la vista, da quell’altezza in cui si trovano, potrà farle provare il brivido.
La poca aria che le distanzia è densa, tangibile, e percorsa da scariche di energia. L’alcol è ancora in circolo nel corpo di Eloise, e il desiderio di stringersi a Niahndra è ancora forte. Si impone di star ferma, di evitare di travolgere e imporre.
«Quindi per me non è un rischio: è una potenzialità.»
Tace, lasciando in sospeso la promessa di rimanere a prescindere da ogni decisione lei prenderà. Ne è certa, mantenere qualunque forma di rapporto è la priorità, ma non vuole sminuire la sua risoluzione e diminuire la potenza del suo messaggio.

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view post Posted on 8/1/2024, 12:20
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Sometimes I can feel my bones straining under the weight of all the lives I'm not living.

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I miss what we never were
You think I'll be the dark sky
so you can be the star?
I will swallow you whole


Niahndra potrebbe convivere col fatto di essere una vigliacca, se solo fosse in grado di mentire a se stessa così bene da non averne cognizione. Invece, i meccanismi fallaci che la muovono le appaiono evidenti nella loro pateticità e la coscienza si smuove colpevole per pungolarle la cassa toracica; è il corpo a rifiutarsi visceralmente di continuare la propria subdola pantomima. Vacilla sui propri piedi, non tanto per la vicinanza di Eloise —o la sua improvvisa assenza—, quanto per un tentativo inconsapevole di mettere più distanza fisica possibile tra sé e ciò che lei stessa ha appena detto.
È stata sincera nel pronunciare quelle parole ma non del tutto trasparente. Soprattutto, le domande sono state articolate per non avere una risposta giusta. Eloise ha ragione: delle due è lei l'incosciente, mentre Niahndra tende a non sedersi al tavolo senza essere prima sicura di avere la mano vincente. Ogni tanto osa, per il gusto euforico di corteggiare i limiti, ma si tratta quasi sempre di un rischio calcolato. In quel caso, dopo mesi e anni di emozioni confuse, violente e non corrisposte, Niahndra semplicemente non può permettersi di rischiare. Tra l'incertezza ed il risultato certo, preferisce quest'ultimo anche a costo di truccare il gioco e destinare tutte le persone coinvolte a sconfitta sicura. Raggiungere il controllo attraverso l'autodistruzione. Punizione, per sé stessa. Per il solo fatto di desiderare qualcosa.
La verità è che ha già deciso molto tempo prima, immediatamente dopo essere stata abbandonata nello spogliatoio al termine della prima partita del campionato. Ha già deciso, si rammenta, e la debolezza di quella notte non cambia le carte in tavola.

Cionondimeno il tono categorico di Eloise l'aggancia per il tempo sufficiente a respirare. Non è tanto quello che sta dicendo —sebbene l'idea che El voglia baciarla abbia del fantascientifico—, quanto il come. Diretta, inequivocabile, assoluta.
Niahndra la guarda senza sapere cosa dire. Sotto l'apparente fissità il suo cervello macina e rumina, cercando di individuare la nota stonata; ripercorre la ragnatela, filtra i ricordi, ripesca ciò che sa della ragazza. È difficile sotto la melassa depressa in cui l'alcol l'ha avvolta, ma un campanello d'allarme suona per dirle che qualcosa non va e dunque lei fa quello che le riesce meglio: approcciare ogni cosa coi guanti di gomma e il camice da laboratorio. È il suo modo di leggere e comprendere il mondo: tagliare e sminuzzare le cose per carpirne i segreti, scoprire cosa le renda vive e meravigliose; finché, a suon di tagli e vivisezioni, non sono più né l'una né l'altra e quel che rimane è un misto di sangue e lacrime.

"Vorrei vivere ogni cosa insieme a te".
È difficile respirare, è difficile muoversi, è difficile sentirsi. È tutto improvvisamente troppo; troppo intenso, troppo soffocante, troppo costrittivo, troppo reale, troppo possibile. Per un lungo e terribile istante, Niahndra non è sicura di sapere quali siano i propri confini. L'istinto di scappare permane ed è intossicante; adesso che non può più fingere di farlo per il bene di Eloise, è costretta ad ammettere che sarebbe la paura il carburante della sua corsa. Dall'incontro con Renzo, Niahndra si è promessa di non permettere più a quell'emozione di dominarla, ma cazzo se ha paura, una paura fottuta di barattare un giogo con un altro, di perdere la sua identità e indipendenza dopo aver appena iniziato a riappropriarsene.

"Vorrei vivere ogni cosa insieme a te".
Niahndra non vuole sentirlo. Non vuole una confessione, di certo non in quei termini. Eloise è aria, libera e frizzante, senza fissa dimora, senza padrone. Costringerla a fermarsi, ad assumere forma e densità, è un tipo di sacrilegio di cui non ha il coraggio di macchiarsi. Ha fatto così tanta attenzione a tenere il bisturi lontano da lei, terrorizzata dal toccarla, solo per scoprire che è stato tutto inutile. Non dovrebbe stupirsi, la sua è una pesantezza contagiosa.
«Per favore, smetti».
Neppure la rabbia che sta sentendo crescere nel petto è una sorpresa. Sta sudando e nelle orecchie sente solo il rimbombo del proprio cuore. L'elastico è ancora tirato, c'è aspettativa nella stanza, il fardello dell'ineluttabile. Ha quella paura fottuta di quando sa di trovarsi ad un punto di svolta, ma è incapace di analizzare i pronostici perché di fronte ha solo il baratro e la finalità della sua decisione. Forse Eloise non merita di essere il bersaglio della sua rabbia, forse se Niahndra avesse il coraggio di scavare più a fondo in quel rosso di fiamma, oltre all'astio nascente scoverebbe anche il sapore amaro del dolore e della delusione. Tuttavia, Niahndra è una codarda e, in quanto tale, non può fare a meno di colpevolizzare Eloise per quell'ennesimo tentativo di ignorare il copione proprio nel momento in cui lei ha in qualche modo fatto pace con i propri sentimenti non corrisposti. Con quale coraggio le parla di futuro e incoscienza e disordine e potenzialità adesso? Con quale coraggio le chiede di tollerare il mistero e l'incertezza, quando sa —o almeno deve intuire— il prezzo e lo scotto che Niah ha pagato per tutto quel tempo? Che si ritroverebbe a pagare cento, mille volte peggio se quella scommessa le scoppiasse in faccia?
In quel preciso istante, in uno sprazzo di assoluta lucidità, Niahndra è certa che potrebbe finire col detestare Eloise. Ne avverte le prime avvisaglie; la lama del bisturi maledettamente vicina, assetata di sangue che non sia il proprio. È con uno sforzo titanico, più un riflesso che altro, che dà uno strattone alla bestia. Questa sbuffa e scalpita, poi capisce l'antifona e nasconde i canini. Ha ancora qualche stringa attaccata e lo accetta.
Trattenersi è forse l'impresa più difficile della serata, specie perché nelle mani a Niahndra sembra ancora di sentire il peso fantasma della mazza da battitore; nel cervello, l'istinto primordiale della caccia. Sa di essere pericolosa in quel momento. Riconosce la necessità viscerale di danneggiare in maniera irreparabile ogni singola relazione interpersonale che ha. Più cara la persona, più feroce il morso. Chi sta cercando di punire, si chiede. Eloise o sé stessa?
Se potesse, fermerebbe il tempo e lo riavvolgerebbe per impedire all'altra di dire qualsiasi cosa, per farle rimangiare a forza quei proiettili. È la violenza dell'immagine a terrorizzarla fin nelle budella, così tremendamente sbagliata se accostata alla figura di Eloise. Deve rimuoversi fisicamente da lì, in fretta e prima di dire qualcosa di irrimediabile. Deve darsi il tempo di metabolizzare e riconquistare il controllo perché sa di non essere padrona di sé; sa che qualunque cosa dirà sarà quella sbagliata; sa che se ne pentirebbe l'indomani. Non è Eloise il nemico —prova a ricordarsi. Suona finto sul momento.
Si bagna le labbra e deglutisce prima di parlare.
«Adesso non riesco, El».
Scuote la testa. I muscoli smaniano per trascinarla via da lì.
«Non ce la faccio proprio, mi dispiace».
Vorrebbe dirle che è quella conversazione che non riesce a sostenere adesso. Vorrebbe spiegarle che è una mina inesplosa, sorda a qualsiasi cosa che non sia un pretesto per detonare. Niente di tutto ciò trova mai forma a parole perché ogni fibra del suo corpo è troppo impegnata a tenersi a bada per offrire anche la più elementare delle rassicurazioni, il più sottile dei ramoscelli d'ulivo.
Si passa la mano sul viso per l'incapacità di sostenere lo sguardo dell'altra. Si vergogna. La sola idea di essere vista o percepita in quel momento è più di quanto possa tollerare. Deve solo trovare un angolo sicuro in cui accasciarsi e permettere al proprio cuore di rallentare, al corpo di smettere di tremare, alla paura di sbiadire. Poi, forse, sarà in grado di fare i conti con quello che la rossa le ha detto. Forse l'indomani, forse il giorno dopo ancora, non lo sa, non riesce a pensare a nient'altro che non sia il presente; e, nel presente, sta bruciando come l'inferno. Come le stelle.
Neppure si ferma per gettare un'altra occhiata alla camera. Incassa la testa nelle spalle con fare da vigliacca e abbassa la maniglia della porta.
«Trovo un altro posto per dormire stanotte».

Lo sospettava. Può truccare tutte le mani che vuole, non c'è baro che tenga: alla fine, il banco vince sempre.
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view post Posted on 30/1/2024, 19:49
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Se si considera il curriculum vitae di Eloise fino a quel momento, non si può dire che sia stata una persona affidabile e stabile. Lo sa lei, lo sa Niahndra, lo sa l’intera Hogwarts. Quello che è stata, tuttavia, è un’amica fedele e presente, in tutte le forme in cui si è evoluta fino ad allora. Eppure capisce i tentennamenti e le remore che un desiderio manifestato di notte può provocare, soprattutto quando chi parla è sotto l’effetto di alcol e qualcosa di più, quando non ha fatto altro che scappare fino a quel momento e quando non ha alcun precedente per dimostrare le sue buone intenzioni. Capisce anche, Eloise, che se questo desiderio è portato davanti a chi di natura non è spontaneo o impulsivo, si sta mettendo in una posizione scomoda.
Questo non le impedisce di proiettare le sue speranze su quello che accadrà. Quei pochi attimi di sospensione li spende scrutando in quegli occhi azzurri alla ricerca di un cenno che le faccia intuire la reazione che le sue parole hanno suscitato. Ed è come se si sporgesse verso di lei, il peso sulle punte dei piedi, il petto leggermente inclinato in avanti, le mani che sorreggono i gomiti.
Per favore, smetti.
Quando le parole la colpiscono, si ritrae mentalmente da quella tensione, ma non riesce a muoversi. È stata travolta da una secchiata di acqua gelata, come se all’improvviso fosse tornata l’Eloise del primo anno, colta in fallo e sgridata dalla sua Prefetta per qualcosa che non avrebbe dovuto fare. Il tono greve le suggerisce che Niahndra non sta scherzando, e per la prima volta si sente come se qualcuno le avesse affondato un coltello nel petto, mozzandole il respiro.
Abbassa lo sguardo non appena si accorge che non potrebbe reggere un confronto diretto, e lo punta ostinatamente a terra.
Che stupida che sei stata.
Si è sempre crogiolata nel suo ruolo di inaffidabile, chi mai potrebbe darle fiducia adesso? Di certo non Niahndra, che la conosce meglio di chiunque altro e che forse ha capito meglio di lei come leggere la situazione. D’improvviso le sue parole le suonano stonate, esagerate, comiche. Parole troppo grandi per quello che ha da offrire: parole che sono promesse gettate al vento.
«Scusa…» Mormora tra i denti, accorgendosi solo in quel momento di averli affondati con veemenza nel labbro inferiore. Poi si indigna per quelle scuse, che le dimostrano ulteriormente di essere piccola e impacciata.
Vorrebbe darsela a gambe o sotterrarsi per scampare a quella vergogna bruciante, ma si scopre incapace di staccare il filo che ancora la tiene appesa alla conversazione con Niahndra, paralizzata in un limbo di parole criptiche.
Immaginarsi un’accoglienza a braccia aperte era tanto facile quanto assurdo. È convinta dei suoi sentimenti, è pronta a mettersi in gioco, e nonostante i modi non si pente di essersi esposta: avrebbe voluto trovare parole più giuste, evitare di travolgere Niahndra e lasciarle il tempo di metabolizzare. Eppure non c’è niente di cui stupirsi per le remore manifestate dall’amica: come si può sapere fino a quando un sentimento e un desiderio dureranno? Come si fa a giurare su un futuro imperscrutabile? Come si fa a pensare di essere degni di fiducia?
Una parte di lei, quella roboante e coraggiosa che l’ha portata a esporsi tanto quella sera, si risponde che prima di decretare di non essere in grado di gestire una relazione varrebbe almeno la pena di provarci, di mettersi alla prova. Ma Niah non è la sua cavia, né la persona giusta per vedere come va. Fino a quel momento non le ha mai manifestato il desiderio di voler esplorare quella relazione in un senso diverso da quanto non stessero già facendo: quello che ha saputo concretamente da lei non è stato altro che un bacio nel bosco, una risposta positiva al suo modo di travolgerla, e un affetto speciale. Non c’è stata nessuna parola specifica a riguardo, Eloise ha solo intuito che l’interesse potesse andare oltre, e ha agito sulla base di quella percezione nebulosa. Si è forse inventata qualcosa che non ha base di realtà?
Non ce la faccio proprio, mi dispiace.
Non è una vera risposta, ma solo un modo di sospendere il discorso. Non sa come interpretare quelle parole, e neanche vuole farlo, in questo momento. Vuole soltanto subire la sparizione in una nuvola di fumo che Niahndra sta mettendo in scena per lei, in un ribaltamento di ruoli che lascia il sapore amaro in bocca nel guardare la sua schiena sparire oltre la soglia.
Lascia un piccolo vantaggio a Niahndra, il tempo di schiarirsi le idee per trovare un buon posto dove dormire, e poi esce anche lei. Non verso un altro Dormitorio, non verso qualche angolo della Sala Comune, ma fuori. Prima al Terzo Piano, poi dritta al passaggio segreto fino alla Torre di Astronomia, per lasciarsi intorpidire dal freddo pungente prima dell’alba. Per ricordarsi, in modo concreto e tangibile, di essere sopravvissuta.
Coraggio è tanto provare a prendere ciò che si desidera quanto saper lasciare andare. E se anche questa volta è rimasta con l’amaro in bocca, sente dentro sé un vago senso di orgoglio per essersi sporta fino a quel punto. Se lo ignora è solo perché realizza che c’è una crudele ironia nel modo in cui gli eventi del campionato e della sua vita personale sono arrivati a un punto di convergenza. Per adesso, fino alla prossima opportunità, Eloise sente che rimarrà in sospeso, in attesa, al secondo posto.

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