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| 24 yrs – cursebreaker – Il Cairo |
PS 331 PC 253 PM 300 EXP 89 È fastidioso perché percepibile.
Il veleno che entra nelle vene brucia e incendia i corridoi della mia testa, è un’ombra che ha gli occhi verdi di Amber; sussurra nelle mie orecchie con la sua voce, è la sua sagoma nei corridoi, sono i ricordi di Hogwarts che scendono come una cascata tintinnante, trascinando una moltitudine di altre memorie.
Io lo so: so che dovrei parlarle, ma la verità è che con lei sono un vigliacco. Forse non solo con lei, mi correggo.
Poi mi dico che è chiaro, non ho costretto nessuno, a partire da Amber. Se c’è una cosa che posso riconoscermi è l’onestà. La stessa che ti ho mostrato, Sitra. Non ho mai costretto nessuna, men che meno ad amarmi o a sentirsi amata da me.
Ho costretto solo Emily ad odiarmi, contro ogni suo desiderio.
Digrigno i denti, arriccio il naso e ringhio come un leone pronto alla lotta.
A volte vorrei non essere erede di nessun Dio.
Il pensiero sfugge al mio controllo, giunge quasi alle labbra, attraversa gli occhi fissi sui cocci del bicchiere. Ma, stridendo i denti, lo trattengo come una falena sulla ragnatela: non bestemmierò.
Non oserei mai dire nulla del genere, non sotto questo firmamento, non sotto lo sguardo di Nut.
Eppure, a volte, vorrei solo per un giorno… dimenticare. Dimenticare tutto questo, dimenticare mio padre, dimenticare questa folle ricerca e tutto ciò che ha trascinato con sé.
« È chiaro, ormai, che lo sappia. » Mormoro rabbioso, l’ira trattenuta a stento; non posso tranquillizzarti, nemmeno se lo volessi. Sarebbe una bugia e forse una parte di me già lo sapeva. Di Amber però, no. Quello non posso sopportarlo, questo è un confine valicato senza alcun rispetto, diabolico.
Le unghie si conficcano nella pietra porosa della balaustra ed il mio corpo, in tensione, è contratto in avanti. Guardo il Nilo, guardo le barche, guardo i lontani riflessi bianchi.
Fino a che punto, mi dico, fino a che punto si può arrivare per perseguire i propri scopi?
Nonostante mia nonna sappia cosa abbiamo fatto, nonostante conosca i sentimenti di Sitra per me ancora continua ad esercitare il suo controllo su di noi. Mi sento impotente, incapace di sfuggire ad una morsa che si sta chiudendo su di noi. Che razza di promessa ti ho fatto, senza rendermi conto dell’entità di questo incubo?
Nel deserto, nel suo deserto mi sono sentito al sicuro, non solo quella volta.
Quante volte sono andato lì, sulla piana di Giza, accarezzato dallo sguardo millenario di Cheope dormiente, avvolto dal profumo della notte e coccolato dalle spire delle dune.
Lontano da tutto, vicino agli Dei; quante volte ho sentito l’amorevole mano di Iside su di me, quante volte ho visto sorgere Amon-Ra, al termine del viaggio sulla sua barca?
Mi sento violato nel profondo dello spirito e, ora, anche nel corpo. Piego il capo in basso, stringendo gli occhi. Regola il respiro, mi dico, controllalo perché, in fondo, Sitra non ha alcuna colpa. È solo una vittima.
Allora raccolgo tutto ciò che mi resta di questi organi distrutti, tento disperatamente di rimetterli al loro posto. È come cercare di ricomporre questo vino a terra aiutandosi solo con le mani. Incapace di far nulla, me le porto al volto, premendomi i palmi sulla bocca per impedirmi di ruggire di frustrazione.
Sono stanco.
Rimango in silenzio e le dita scivolano alle tempie, le massaggiano e arranco alla ricerca di una stabilità, chiamando in soccorso l’ottundimento provocato da tutto il vino che ho bevuto da quando sono arrivato. Ma è labile, fragile, perché in fondo non è ancora abbastanza, lo reggo troppo bene, ora. Continuo a pensare ad Amber, a Sitra…
E poi penso a Nieve, a come mi chiama, a come mi ha definito.
Umanoide.
Dio, se solo sapesse quanto cazzo si sbaglia.
Non lo sono più, non come vorrei, cazzo.
E se lei ha inceppato l’ingranaggio, Sitra tu hai divelto l’intera corazza di metallo e l’hai frantumata tra le tue mani gentili, l’hai liquefatta con la tua voce dolce, ridotta in cenere dai tuoi occhi di stelle, dal tuo bruciante orgoglio. Poi, hai esposto il mio corpo a Meresankh e lei mi ha squarciato, infilando le mani inanellate tra i bordi slabbrati della cicatrice che mi divide in due.
Così ora sono qui, completamente nudo, e tutto mi scorre davanti, tutto ciò che mi aspetta, il buco nero che mi attrae con la sua schiacciante gravità. Sono ormai sul suo confine, ondeggio e so che tra poco, quando mi verrà concesso –anzi, quanto tu mi concederai– il poco tempo che ci rimane, ci salterò dentro senza sapere cosa ci sarà dall’altra parte. Il buio di cui è fatta la sua materia o la luce che ha divorato?
In ogni caso, ci sarò solo io.
Sospiro, ma la testa vortica quando rialzo gli occhi davanti a me. Mi sforzo di allontanarmi dal muretto con una spinta delle braccia ed estraggo la bacchetta. Tra noi c’è il silenzio che pesa come una ghigliottina la cui lama oscilla sopra le nostre teste.
*Reparo*
I frammenti di coccio si ricompongono: vorrei poter fare lo stesso con me e con te, penso mentre riporto lo sguardo in tua direzione. Il vino ha tinto le tue caviglie e una goccia scende lenta sulla pelle dorata; te ne stai appollaiata come una gatta, il viso perso chissà dove, logorata dai ricordi, tormentata dalle parole crudeli di mia nonna.
Mi chino a raccogliere il bicchiere e, insieme alla bacchetta, lo poso sul bordo del muro. Con un passo mi porto davanti a te ti guardo o forse dovrei dire che ti trafiggo con i miei occhi.
Non meriti nessun giudizio, non quando penso a quanto dolore ti abbia inflitto Meresankh.
Non ti sei pentita di niente, quello che è stato ti è piaciuto perché della tua libertà vai fiera, di aver infranto le regole… eppure anche tu sei solo una pedina. Una pedina che ha cercato di scappare dalla scacchiera in cui è stata costretta dalla Regina.
Se io sono l’erede di Sekhmet, tu cosa sei?
« Siamo solo umani, Sitra. Solo questo. » Bisbiglio e il mio sguardo si ammorbidisce. Come nel suq, non riesco a riservarti la freddezza che dovrei, soprattutto ora, e mantenere la dignità di questo lignaggio che ancora ci separa e forse lo farà per sempre, che tu sia mia moglie o no.
Sono stanco.
Mi avvicino ancora e allungo la mano: prendo la tua, la tengo fra le mie per un lungo momento, poi la conduco alla mia fronte, vi sosto, poi al mio cuore. Chiudo gli occhi e piego il capo, raccolgo le tue dita come fiori che crescono ostinati tra le sabbie.
È un gesto, questo, che nella nostra cultura rappresenta una comunicazione di sentimenti che a parole spesso non si possono esprime.
Ib, il cuore, è la fonte di qualsiasi emozione, qualsiasi impulso, qualsiasi desiderio: nella morte, in attesa del Risveglio, viene protetto accuratamente con amuleti per impedire alle forze maligne di Seth di inquinarlo, per preservarlo fino alla Pesatura, perché è lì che si cela la nostra anima.
Questo gesto è riservato alle persone care, alla propria famiglia. È un gesto che rappresenta un ponte fra due persone il cui legame si è spezzato per un motivo. È un gesto che i figli fanno con i propri genitori quando combinano qualche dispetto; è un gesto che fa un fratello con una sorella dopo un litigio; è un gesto che fanno due amanti quando si feriscono a vicenda.
« Perdonami, Sitra. »
Non sono le mie scuse che vuoi, lo so. Eppure non posso fermare tutto questo, non posso impedirmi di sentirmi devastato, ustionato dai miei stessi, letali raggi.
Tutto questo perché la mia natura di Umanoide, faticosamente messa insieme pezzo dopo pezzo, è finita schiacciata da i rottami delle mie stesse lamiere.
« Io non voglio ––non posso… » Mi correggo « Non posso avere legami. » Serro forte la presa sulla tua mano, sento gli anelli che decorano le tue dita conficcarsi nella pelle. Stringo di più gli occhi, stanco, stravolto da tutti gli eventi di questa giornata e anche di più.
« Non so fare altrimenti. So che non vuoi sentirlo, ma… perdonami. »
Per ciò che non posso darti, per come, per l’ennesima volta, sto uccidendo me stesso negandomi l’amore di qualcuno. Mi aggrappo alla tua mano sul mio cuore, solo per ora, solo finché non la sfilerai via, chiudendo quest’intimo rituale.
Tu non sai, non sai come vorrei abbandonarmi tra le tue braccia e rimanere anche solo così, cullato dal tuo canto. Fingere che tutto vada bene, che non ci sia niente là fuori pronto a divorarmi, nessun fantasma, nessun viso ad infestarmi la mente e il cuore.
Fingere che io stia bene.
Invece sono qui, a scappare ancora una volta.
Solo che…
« È che… sono stanco di combattere l’oscurità. » Sussurro.
Dopo un'infinità, nel buio delle mie palpebre e fra le spire di Apopi, mi spezzo.
– Tell me would you kill to prove you're right –
Abilità – I°, II°, III° no Fattoriam: ✓ – IV°: ✓ Proibiti Colossum – V°: ✓ Proibiti Stupeficium – VI°: ✓ Proibiti Perstringo – I° Chiara: Atlantis Cage – Smaterializzazione; – Abilità Runica; – Animagus Esperto; | Equipaggiamento ▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino) ▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago. ▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo. ▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore] ▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura] All'interno:
– Generi di viaggio. – Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC] – Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici. – Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest] – Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2] ▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx] |
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