Hadiat min alraml, Evento straordinario | Horus

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view post Posted on 18/8/2023, 19:20
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Il Fato

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La casa di Sitra è laddove ti ha indicato la ragazza, verso l'orizzonte qualche ora fa. Ci vuole un po' a trovarla, questo è vero, Cairo antica è come un dedalo di labirinti pallidi. L'architettura non è evoluta se non per quei templi che si innalzano in alcuni punti, per il resto le case sono simili tra loro. Alcune vicine e comunicanti ti danno l'idea di essere tenute assieme da quegli arazzi e quei drappi che le legano l'un l'altra.
Ma tu devi seguire il Nilo, come ha detto lei, perché è su quello che la modesta dimora si affaccia. Le sue acque docili ben accompagnano una notte stellata.
Il profumo tiepido del deserto ti raggiunge, sprezzante del pericolo, ignaro di come tua nonna abbia spinto a fondo pugnali intarsiati. Ti culla, di coccola nel suo dolce abbraccio. C'è un'aria frizzante ora, pronta a farsi freddo tra un pochino, hai ancora modo di godere del suo solleticarti la pelle bollente.

Ma sai, quando ti destreggiavi in quella partita a scacchi, anche Sitra combatteva una silenziosa battaglia. Contro se stessa, conto quelle ansie che ha dovuto chetare con semplici gesti rituali. Preparando il pane non lievitato, stendendo quei sottili strati di farina da scaldare piano in forno.
Ha preparato un'insalata di frutta fresca, datteri ripieni, qualche salsa di accompagnamento al pane caldo. A stomaco chiuso.
Oh non si è limitata a questo. No, Sitra si è fatta una doccia, si è bagnata la pelle con quella crema d'aloe che Neferet insiste a prepararle personalmente - sebbene la figlia sappia arrangiarsi da sola. Ha portato tutto su quel terrazzino che - adesso - puoi scorgere.
Vivere da sola da qualche mese le ha dato respiro, eppure non è una di quelle serate per cui darsi pace. Non ha preparato due calici, a dir il vero ha solo riempito il suo. Ed ha già bevuto qualche generoso sorso del vino speziato di datteri che prepara Amir, suo padre.

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Lo sorseggia anche ora, quando scorgi la sua figura. Ha orecchini meno rumorosi, ma più lunghi, ricamati in arabeschi morbidi. I capelli sono raccolti in lunghe trecce castano e gli occhi, beh ora riflettono solo la luna nel suo candore. A contrasto la pelle di Sitra sembra fatta di puro d'ebano.
**Andrà bene, ora calmati stupida ragazza, dai...**
Ripete a se stessa, guardando il Nilo e quelle imbarcazioni commerciali che lo smuovono, senza però trasformarlo in qualcosa di diverso da una calma distesa d'acqua.
Calma come dev'essere lei, che neanche è certa del tuo arrivo.


Bene Horus,
riprendiamo da qui. Inizia adesso il secondo atto del tuo evento.




 
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view post Posted on 18/8/2023, 23:32
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– Daedalus –
24 yrs – cursebreaker – Il Cairo

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Quando sono uscito dal tempio, col sole ormai tramontato, ho camminato.
Ho camminato fra le strade semi deserte di questo Cairo, fra le vie che duemila anni fa i miei antenati hanno attraversato; su questa terra pura, prima di essere corrotta dall’invasione di popoli che hanno annientato la nostra storia; all’interno di quest’angolo di una città –di una civiltà– che ormai non ci appartiene più. Qui non ci sono macchine, non ci sono costruzioni storte, incastrate fra lamiere di metallo, non ci sono luci abbacinanti, false; non ci sono uomini frenetici che sfilano fra di loro in un formicaio confuso, rumoroso, brulicante.
Qui, se alzi il viso, senti il vento che ti accarezza la pelle, il profumo del Nilo, la voce di Hapi attraverso il leggero sciabordio delle acque che ti giunge soffuso, come il sussurro di una donna. Non senti rumori, non senti vociare, non senti nulla di tutto quello che è al di fuori di questo scorcio rimasto immutato nel tempo, protetto ancora dagli Dei.
Ho camminato in silenzio con lo sguardo vacuo, senza nemmeno rendermi conto di star allontanandomi dalla direzione che Sitra mi aveva indicato, prima di lasciarmi andare nel tempio.
Do le spalle al fiume con un peso nel petto che mi schiaccia la gabbia toracica. Non mi sono tramutato in falco –non ancora. Per la prima volta il desiderio di evadere è stato soppiantato da un sentimento diverso che, sono certo, mi aspetterà comunque una volta tornato in forma umana. Nella mente del rapace si sarebbe solo attutito, in pausa, in attesa che il raziocinio d’essere umano tornasse tale, nella sua vera, maledetta forma.
La sento crescere in me, come un cancro che mi divora: rabbia.
Non mi accorgo nemmeno di quanto il mio corpo sia contratto, di come i miei passi siano marziali e scanditi come il ticchettio dell’orologio al mio polso; sento però che è nel mio sguardo che si concentra il ribollire del mio cuore che inquina gli occhi chiari.
Se potessi griderei, tirerei pugni ad un muro, conficcherei le unghie nella pietra. Invece sono qui, ad implodere come una stella del firmamento, incapace di trovare un filo da dipanare.
La voce di mia nonna, le urla di mia madre, le lacrime di Emily, i sospiri e gli occhi tristi di Sitra: si rincorrono in un vortice di cui non trovo l’inizio, che non so fermare e di cui mi sento in balia.
Mi fermo e mi appoggio con la spalla contro la parete di una casa, stanco di quest’ira che mi fa tremare come una foglia nel vento. Dalla finestra aperta giunge il profumo del pane, le risate acute di bambini, la voce di una madre che li sgrida per convincerli a mettersi a tavola.
Basta. Non ce la faccio.
Mi punto la bacchetta al centro della fronte.

Viro verso est, sentendo il soffio dell’aria fra le piume che vibrano nel cielo notturno. Salgo di quota illuminato dal riverbero di mille stelle: a Londra non ho mai modo di vederle così, come quassù. Tuttavia non riesco a sentire su di me lo sguardo benevolo di Nut; è come se, d’improvviso, io mi sia reso conto di essere stato abbandonato dai miei Dei.
Ma il falco tutto questo non lo sa, a lui basta volare e così fa –così faccio.
Le iridi scrutano l’intrico di vie strette e piene di case che si susseguono in un reticolato tortuoso, la trama di un tessuto antico intrecciato dai secoli.
Mi rendo conto che l’istinto mi sta portando verso il Nilo e quando finalmente le sue acque mi ammiccano, piego di lato, scendo e sfioro con la punta delle remiganti l’acqua, fresca e pura, com’era al tempo dei Faraoni.
Risalgo con un battito più vigoroso, respiro e torno a giocare con le correnti finché non raggiungo nuovamente le abitazioni in calce bianca, in cerca di riposo.
Così la vedo e maledico la vista del falco, acuta e terribile, da cui nessuna preda scappa. Nemmeno io stesso.


Ti vedo, Sitra. Ho visto prima i tuoi capelli, neri contro il fuoco, poi il tuo viso illuminato dalla luna che riflette su di noi la sua luce schietta.
Volo verso il tetto piatto di una casa poco più alta della tua e atterro sull’angolo, con le ali ripiegate ti osservo attento. Forse dovrei dire che ti studio e piego la testa di lato per poterlo fare meglio.
È bello, dove ti sei rifugiata: il velo smosso leggermente dalla brezza tiepida, il profumo della tua cena apparecchiata su questo angolo che ti sei faticosamente guadagnata. Sì, ti si addice, penso nella placida pace donatami da questa mente semplice.
Spalanco le ali fulve, pronto a riprendere il volo e a lasciarti sola con il tuo vino, con i tuoi pensieri, con le tue ferite aperte.
Ma è proprio questo pensiero a farmi vacillare, evocando l’eco delle parole di mia nonna e a mandarmi in stallo. Ecco lo spasmo della mente umana, quella dolorosa stilettata in un cranio troppo piccolo che sembra spaccarsi in due. Faccio schioccare il becco infastidito e mi spingo con le zampe per darmi lo slancio del decollo; gli artigli sbriciolano un angolo di questo muro fragile.
Fuggi, mi dico, perché ho visto e riconosciuto il tuo sguardo.

Dovevo metterlo in conto che se la razionalità in questa forma è attutita, spinta in fondo all’anima, allo stesso modo l’istinto è più forte, viscerale, primitivo. È così che inverto la rotta, che raggiungo il tuo tetto e atterro.
È il piede di un uomo a calpestare il pavimento così come di uomo sono gli occhi che fissano il tuo viso sfinito. Le braccia e le mani, non più ali, ma miseri strumenti di carne ed ossa, sono lungo i fianchi.
I miei capelli sono carezzati dall’aria così come lo erano state pochi istanti fa le mie piume.
Ti guardo e non so nemmeno io che espressione abbia sul volto.
Mi rendo conto solo in questo momento che sei tu, per la prima volta, ad avermi visto nella mia forma più intima, assoluta.
Sei la prima ad avermi visto come falco.
« Sitra… » Ti chiamo in un sussurro.


– Tell me would you kill to prove you're right –

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore]
▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura]
All'interno:
– Generi di viaggio.
– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
– Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici.
– Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest]
– Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2]

▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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view post Posted on 19/8/2023, 10:41
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Il volto di Sitra accompagna, lieve, i suoi sospiri. Sono occhi che cercano di farsi forza nel guardare il confine sottile dell'orizzonte. Non sta - appositamente - voltando lo sguardo al Tempio. In parte perché ti immagina ancora in compagnia di Meresankh, a discutere animatamente sulla vostra comune disgrazia, ed in parte perché non vuole vederti uscire da lì ed andare via. Non vuole vederti ignorare un'altra volta il suo richiamo.
Certo, si dice, potrebbe accettarlo. Alla fine non è qui per assecondare i voleri di una piccola adolescente racchiusa in fondo all'anima. E' qui perché è l'erede che tua nonna non potrà mai avere e perché fin tanto che resta, onorerà la Dea in cui crede.
A prescindere cosa sia il suo futuro, non smetterà mai di essere tanto devota. Seppur non cieca, non più.

Quelle due notti le scivolano dietro il collo come goccia di acqua gelida. Massaggia quei punti di tensione con le dita, piano piano socchiudendo gli occhi. Anche lei, come tutti, ha i suoi rituali, i suoi pensieri felici. Difatti, respira. Prende aria in questa brezza che le accarezza il viso, fa dondolare le ciocche più corte lungo la guancia. Ed è in quel mentre, sul finire.che si accorge del tuo battito d'ali.
Per un motivo lampante, ha spesso guardato Ra danzarti attorno e sebbene il tuo falco differisca in parte con il tuo animagus, Sitra si allerta. E' quasi pronta a sfilare dalla tasca il bracciale in cuoi per permettere un giusto atterraggio sul suo polso, ma questo non può accadere.
Così come tu non sai che fine aveva fatto Ra per tutti quegli anni, vero? Quelli in cui ti è mancato terribilmente.

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Volta il busto, ed in un battito di ciglia, la tua presenza la fa sussultare. Anziché lasciare la presa sul bicchiere, in un avido attimo la rinsalda. Stringe con le dita per quel fiato trattenuto sulle labbra. Sgrana gli occhi, la sinuosità di questa mutazione la lascia senza parole.
Di questo lei non ne sapevi nulla, ma puoi notare in fretta come un accenno di cupa rassegnazione le rubi gli occhi. Oh, questo è tanto da tollerare adesso.
Ma con un respiro rialza il mento. «Horus, lo vedi che è ancora senza fiato. Compie giusto un passo indietro, quasi uniformando la sua espressione alla tua.
«I-...immagino abbia terribilmente senso» sussurra, riprendendo lentamente a respirare. Lo snodo di vene lungo il collo, brucia come sangue bollente.
Appoggia il bicchiere lungo il muretto del terrazzo e si, ti attende. Aspetta di capire - trepidante -cos'hai da dirle. Perché forse in cuor non si aspettava davvero che arrivassi.




 
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– Daedalus –
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Noto la tua sorpresa che si ripercuote in me, ancora consapevole di quanto ho appena fatto. Non so bene se lo sei nell’averti rivelato di essere un Animagus o, semplicemente, per essere qui.
Quando sono uscito dal Tempio e mi sono allontanato dalla direzione della tua casa, l’ho fatto perché non volevo vederti. Non volevo farlo perché cosa avrei potuto dirti? Cosa chiederti? Non avrei avuto il coraggio di vedere ancora il tuo volto, le tue occhiaie, i tuoi occhi spenti da una stanchezza che non avevo mai visto; di risentirti dire che nessuno è felice, che sono io la causa del tuo male. In realtà non so nemmeno ora cosa dirti sebbene sia stato l’istinto a condurmi qui e io lo stia maledicendo con ogni fibra del mio essere.
Quante volte non ho risposto ai tuoi inviti, adducendo scuse, andandomene via all’improvviso perché non volevo intessere alcun legame, dare spazio ad altro per convalidare la mia idea. E poi, dopo quelle notti, ho lasciato che questo legame in un qualche modo si creasse, distorto e crudele. È facile dirmi che non lo sapevo. Non sono mai stato bravo a capire i sentimenti degli altri quando si tratta di emozioni così. Forse perché nel mio passato, con le uniche due persone con cui sono stato, c’era sempre stata questa necessità di sotterfugio, di silenzi, di nascondersi, di non ammettere. Anche con Emily, sebbene lei sia stata più sincera anche di me.
È un mio retaggio quello di non mostrare nulla, una protezione che mi è stata insegnata da bambino, quando mia madre mi diceva di non mostrarmi a nessuno, perché chiunque sarebbe stato pronto a ferirmi. Devo, così, averlo riflettuto al punto da anestetizzare anche il bene e l’amore e la semplice infatuazione degli altri. Del resto perché cerco solo legami superficiali che, in effetti, non posso nemmeno definire legami? Durano il tempo di una notte, di un paio al massimo, recisi ancor prima di iniziare per convincermi che va bene così, che non darò mai spazio ad altro.
Allora cos’è che ha terribilmente senso per te?
Vorrei domandartelo ma la voce mi muore in gola perché ti ho chiamato, sì, ma tutto di me mi dice che è sbagliato che io sia qui.
Distolgo lo sguardo perché non riesco a trattenerlo su di te; non riesco a concentrarmi sulle decorazione della coppa che hai posato sulla balaustra. Vorrei davvero notare la semplice fattura della ceramica, così diversa da quella elaborata e fredda da cui solo poche ore fa ho bevuto il vino pregiato di mia nonna. Se non sentissi solo il tuo profumo portato dal vento, potrei captare le spezie di cardamomo e cannella provenire da quella coppa dentro cui mi annegherei molto volentieri.
« “Niente di più”… » Cito con voce arrochita, con ancora il sussurro del tuo nome sulle labbra.
Il mio viso si piega a metà fra la rabbia, la delusione e, credo, una triste sofferenza.
Non credo di essermi mai sentito così, di provare una frustrazione nata da vergogna e rabbia. Faccio un passo verso di te quando tu ne hai fatto uno indietro: eri o sei spaventata dal mio arrivo? Mi obbligo a tornare con gli occhi sulla tua figura.
Non riesco a decifrare le tue labbra tese, nemmeno quella sottile ruga fra le tue sopracciglia folte e scure che risaltano il tuo sguardo. Le mie dita si stringono nel palmo e fatico, ancora, a trovare le parole.
Mi sono odiato così solo una volta, anni fa, sotto un faggio con le guglie di Hogwarts a giudicare ciò che stavo facendo in nome di questa cazzo di causa.
« Era una bugia... vero, Sitra? »
Queste parole mi escono in un soffio che non riesco a trattenere.
« Dimmi di sí. »
Dimmi che non sono stato così cieco, dimmi che è tutto un complotto, che hai recitato la parte dell’innamorata per convincere mia nonna e gli Dei che eri pronta a quest’unione.
Ti guardo col fuoco alle tue spalle che accende il profilo della tua testa e delle tue spalle di un rosso brillante, quasi quanto Udjat sotto l’occhio. Ho paura della tua risposta ma mi dico –mi convinco– che sia tutto frutto di una costrizione, come del resto è tutta quanta questa storia.
Tu credi di amarmi. Tu non mi conosci. Tu non hai idea di che mostro sia io. Tu non hai idea di cosa ho lasciato indietro; di chi.
Tu, semplicemente, non puoi amarmi.
Perché io… io non posso.
Forse è supplica quella che intravedi nelle mie iridi accese dal riverbero.
Rimango immobile, col piede ancora in avanti in tue direzione, in una stasi perfetta.
Queste fiamme che ci illuminano, lo so, saranno il motivo per cui mi scioglierò e perderò forma.

« Ti prego…»
Ti prego, non rendermi un mostro.
Non rendermi l'ennesimo pugnale che si conficca nel cuore di qualcuno.
Non rendermi colui che ti ha tolto con fredda bestialità il dono più sacro che Iside ti aveva fatto in onore di Sekhmet.
Non rendermi colui che ti ha sacrificato tagliandoti la gola.


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Edited by Horus Sekhmeth - 25/8/2023, 22:58
 
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Anche Sitra indurisce il suo sguardo, alza il mento con fierezza ora che non può fare altri passi indietro. Il muretto preme contro la schiena, gratta piano il tessuto dell'abito.
E resta fissa su di te, assorbe ogni parola per capirne il senso. Perché è adesso che deve essere presente e non lasciar vagare la mente in pensieri errati, insistenti e sbagliati.
Adesso deve capire cosa stai dicendo perché il modo in cui ti esprimi potrebbe schiacciarla sul fondo di questi deserti.
Ma lei sa farsi scorpione, scavare quando serve e pungere se con la pianta del piede di finisci sopra.
Sembra avvisarti, come la coda di un serpente a sonagli, vibra, emette quei piccoli sogni d'allarme.
Forse perché stai andando esattamente verso le risposte che non vuoi. Forse perché nel suo trattenere il fiato finisce per sapere a cosa ti riferisci.
Meresankh per forza avrà capito tutto. Magari non sa nel dettaglio che diamine avete fatto, ma sa cosa si cela nel cuore di Sitra.
Immagina già come tua nonna possa aver usato quella sua informazione, e così aver collegato tutto al patronus che tu non hai ancora visto.

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«No» , rilassa le spalle, gli occhi tenui restano a cercare i tuoi. Le mani lungo il corpo non si muovono, non alza le braccia, non si protegge in nessun modo perché non sente di aver sbagliato con te. Sente solo la mancanza di quel tassello di cui tu hai bisogno. Quello che dovrà vederla nuda un'ultima volta davanti a te. Un'umiliazione che spera valga almeno un briciolo di comprensione.
«E' successo dopo, l-l'ho capito dopo» adesso distoglie lo sguardo, ma solo perché stringe i denti, si maledice di una sensazione che non avrebbe mai dovuto appartenerle. Lei odia questo amore.
«E comunque è un problema mio» si chiude in questa scorza morbida. Un riccio che non punge ma che tende a proteggersi. Che Sitra ti ami oppure no, cosa cambia? Si chiede, tornando a cercarti con lo sguardo. La fierezza di una predatrice ferita, una guerriera di Sekmeth momentaneamente difettata.
«Non serve per forza parlarne, è-» qualcosa che dovrà farsi passare, perché non essere corrisposti è brutale, ed essere costrette a sposare qualcuno che - pur amandolo - non ti amerà mai, è la tomba del cuore.

«Dimmi solo che le hai fatto cambiare idea» chiude gli occhi, si porta le mani al viso per liberarlo da quei filamenti castani. Ti prega a modo suo di dirle quella due lettere, quella stupida sillaba che possa risollevarla.




 
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Dopo”.
Dovrei sentirmi sollevato, innocente perché, in teoria, non sono stato un carnefice. Eppure non mi sento affatto meglio: sono comunque colpevole.
Butto fuori dai polmoni l’aria, come quando qualcuno ti sferra un cazzotto alla bocca dello
stomaco. Ed altrettanto mi sento stordito, con le gambe molli, come se davvero fossi sorpreso della tua risposta, come se non me l’aspettassi.
Mi appoggio con la schiena al bordo del muretto della balaustra e vi poso i palmi, per tenermi in piedi, perché mia nonna ha usato bene le sue armi e il taglio che la sua spada ha provocato sanguina in me come in te.
Vederti contro un muro mi fa venire la nausea perché, anche se ora non letteralmente, ti ci ho spinta io. Così ti mostro nuovamente il mio profilo e guardo fisso il tavolo che hai apparecchiato. Con un magone insopportabile mi chiedo se avessi previsto che ci fossi anche io, se attendessi che io fossi lì con te, a cena, per parlare del più del meno, per farti raccontare com’è “il mondo lì fuori”, ignorando i livelli a cui saremmo arrivati. Quando io ancora pensavo che tu non volessi tutto questo.
Strizzo gli occhi e arriccio il naso: ogni parte di me mostra una frustrazione e una rabbia indescrivibile. Me la prendo con mia nonna, almeno sulla superficie della mia collera; mi dico che è stata lei a prenderci, muoverci come marionette, intrappolarci nei nostri stessi fili. Toglierci… togliermi la libertà.
« No… » Quando ti rispondo si incastra di nuovo nella gola, una falena che si brucia sulla candela, la mia voce.
Perché è la tua che mi rimbomba nella testa. Con quanta fierezza hai alzato il mento quando hai pronunciato questa stessa sillaba. Io, invece, non sto mostrando il tuo stesso orgoglio, la tua stessa forza. Io non ho il coraggio di guardarti e mi esce, invece, solo un mormorio a mezza bocca. Mi porto la mano sul viso e alzo la testa verso l’alto. Rimango così, sperando che il vento freddo che viene dal deserto notturno. possa aiutarmi a schiarire i pensieri, raffreddare le dita bollenti premute su un volto esangue.
« Lei… io… »
No, non mi aiuta.
Le mie parole incespicano ed io prendo aria, la trattengo nella gola come un nettare prezioso, poi sospiro e la mano mi ricade giù, ancora su questo muretto cui mi sostengo con tutte le mie forze. I miei occhi cercano tra le stelle qualcosa da dirti e socchiudendoli mi sembra quasi di vedere delle onde formarsi fra le costellazioni. Vorrei vedere Orione, ma è dall’altra parte del mondo, come mi sento io.
« Non ci sono riuscito… lei… lei ha saputo dove colpirmi. »
Mi volto piano verso di te, tentando di sostenere i tuoi occhi. Mi costringo a guardarti, perché te lo devo, vigliacco che non sono altro.
Sei bella, Sitra. Sei bella con questa luna che ti fa sembrare scolpita dalle stesse stelle, ti sfiora la pelle dorata del viso, si posa sulle tue ciglia riflettendosi nelle tue iridi lucide come fa con l’acqua del Nilo. Ti ho sempre trovata bella, al di là di quelle notti che mi hanno permesso di vederti davvero.
Corrugo la fronte e batto le palpebre: un dubbio mi attraversa come un brivido.
Guardo in basso qualche istante, con perplessità, mentre ricordo quanto mi hai detto.
"È successo dopo.
La più devota di tutte.
Alzo il capo di scatto, trovo di nuovo il tuo volto e lo risalgo lentamente fino ad incastrare i miei occhi nei tuoi, ancora. La prescelta, la leonessa figlia della Dea, è questo il modo con cui tutti ti chiamano, nel tempio, persino a casa mia.
« Perché hai disobbedito ai voleri di Sekhmet? Proprio tu, Sitra? » Taccio, soffermandomi su questo pensiero che d’improvviso mi martella nella testa.
« Perché proprio con me? » Trattengo il respiro.


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– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
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– Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest]
– Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2]

▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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Edited by Horus Sekhmeth - 20/8/2023, 00:58
 
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Il Fato

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La tua testardaggine è piuttosto nota, tant'è che certo lei non sperava di cavarsela tanto facilmente. Ma che tu potessi convincere Meresankh, ecco in quello credeva fermamente.
Tanto che quando confermi le armi in mano a tua nonna, lei sospira, rassegnata. Ma nonostante tutto una fiammella agitata si muove veloce nelle sue iridi calde.
Non si scosta, anche se il tuo avvicinarti le ha dato i brividi. Non si allontana, si volta solo per non sentire il peso di qualcosa contro la schiena. Quindi adesso ti è speculare, affiancata ma con il volto verso il Nilo, e gli avambracci appoggiati al muretto. Riallunga la dita per portarsi vicino il bicchiere di vino. La sua è un'imprecazione silenziosa, un dove riordinare pensieri per ragionare su un nuovo piano, qualcosa che porti davvero tua nonna a cambiare idea, o almeno a darvi tempo. Questo, più che altro. Il suo accorciarsi vertiginosamente l'ha spaventata.

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«Non ho mai voluto una vita diversa da quella in cui mi hanno cresciuta» è solo l'inizio di un sospiro che volte alle stelle, prima di riabbassare il capo. Sta ragionando - puoi notarlo anche tu - sulle parole giuste da usare. Ma non perché voglia trovare un modo per raggirarti, solo perché lei stessa ha la necessità di metterle in ordine. Di capirci qualcosa.
«Nonostante questo, non merito le accuse di nessuno. Neanche le tue.» Una stilettata che rivolge senza rabbia, più che altro è il suo modo di portarti una lama bollente alla gola. Lo fa guardandoti, prima di riportare gli occhi al fiume. Non crede che ti serva sapere perché quelle due notti si è lasciata andare, ma se proprio vuoi questo giro di giostra, eccolo qui.
Arriva in un sorso di vino, un sussurro appena masticato trai denti, prima che diventi solo reale. Tanto lo sa, con te può parlare, in fin dei conti se vi costringeranno, dovrete parlarvi comunque più di quanto vorreste.
«Perché sono umana, Horus. E realizzarlo non è stato semplice. E quando tu non ci sei tutto questo non ruota intorno a te. Lo fa intorno a me, come una spirale di sabbia» Una da cui rialza il muso, quasi fiera di saper combattere adesso. Di avere abbastanza armi per tentare la sua, ora che i tuoi modi con la nonna non hanno funzionato.
«Se vuoi biasimarmi, fallo pure, non ho scusanti per quello che è stato. Mi-» questa forse è la cosa peggiore, la verità più cruda, la parte che la fa sentire quasi umiliata nell'esprimersi. Lo fa tirando su mezzo sorriso di commiserazione per se stessa.
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«- insomma, sei bello anche tu. Mi è piaciuto quello che è stato, prima che diventasse qualcos'altro in me. Mi sono sentita libera di scegliere, e non è qualcosa a cui intendo rinunciare» Infine, torna a guardarti, anche se sa che non è a te che deve le sue preghiere, ma a quella Dea a cui è stata consacrata nel momento esatto in cui Neferet l'ha presentata a Meresankh.
«Quindi non ti azzardare a sposarmi a queste condizioni, né per pietà, né così sbilanciati. Affogherò questo sentimento nel Nilo, ma ho bisogno di tempo» questa invece suona come una minaccia, come un ringhio.





 
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Alzo un sopracciglio.
Questo è un gesto che faccio spesso, a volte involontariamente, altre in maniera piuttosto palese per sottolineare disappunto, dubbio, scetticismo, perplessità. È un mio tratto distintivo e, come dice Isabella, spesso sa risultare piuttosto irritante.
Nonostante la situazione in cui ci troviamo, però, non posso fare a meno di farlo perché qui, di accuse, non ci sono le mie.
In realtà è perché dopo un pugno allo stomaco, è lo schiaffo che rappresenta la tua difesa nei miei confronti a colpirmi. Non era decisamente quello che mi aspettavo, il mio era solo l’ennesimo tentativo di scovare le solite bugie cui sono abituato. Invece avrei dovuto ricordarmelo che se c’è una cosa che apprezzo in te, quella è la tua brutale onestà.
Distolgo lo sguardo e non noto l’accenno di un sorriso amaro a piegarti le labbra, il lieve ondeggiare delle trecce finemente acconciate che ti ricadono lungo il collo.
Sono io, stavolta, ad arricciare la bocca in un’espressione di commiserazione.
Sono consapevole del mio aspetto e, spesso, l’ho sfruttato a mio vantaggio ma, in questo caso, non ne sono poi così soddisfatto. Abbasso la testa, osservo la semplicità di queste assi di legno, seguendo le venature del legno come poco fa ho fatto col suo viso.
“L’essere libera di scegliere”… come potrei biasimare un concetto del genere quando sono io il primo ad essermici aggrappato fino a farlo divenire il mio mantra? Sorrido malinconico e scaccio i ricordi di quando siamo stati entrambi liberi di scegliere.
Le mie paranoie non sono altro che fumo nel vento, così sono i miei desideri, i miei sentimenti più nascosti. Sarebbe così semplice, proprio come lo sei tu, lasciare ancora una volta tutto indietro, questa volta per sempre e provare a ricambiarti, a fidarmi di ciò che provi e ad abbandonare tutto. Affogare i miei, di sentimenti, nel Nilo.
Quando torno a guardarti la polemica che mi è naturalmente salita sulla bocca col suo sapore amaro se n’è andata, spenta dalla tua fierezza. Sei la più degna erede di mia nonna, non mi stupirei se il tuo Patronus fosse la copia esatta della sua leonessa, non più cucciola, ma col tuo stesso cipiglio orgoglioso. Il sorriso che ti mostro è morbido, accennato.
« Non sono nessuno per giudicarti. Sono io il primo a peccare agli occhi di Amon-Ra. » Sussurro il nome di Dio, con reverenza, ma non mi stacco da te.
« Ma non sono così meschino da lasciarmi impietosire e sposarti per misericordia o per senso di colpa, come mia nonna ha sperato. Non ho così poca considerazione di te. Tutt’altro. » Il mercurio liquido che colora le mie iridi si fa più duro, diviene metallo e forse ora puoi intravedere il tratto che mi accomuna alla mia Dinastia. Permane su di te ancora qualche minuto, il tempo che intercorre fra noi in un silenzio che sembra millenario, come la sabbia che intrappola prima te, poi me, poi entrambi.
« Io… » Aggrotto le sopracciglia e batto le palpebre, improvvisamente consapevole di quanto sto per dire. Allora guardo il Nilo, le placide barche che navigano sulla sua superficie. Ci sono andato spesso, da piccolo, con nonno Semna e per un attimo mi lascio trascinare nelle memorie dolci che evocano quei momenti, del sorriso gentile che mi ha sempre rivolto, l’altro lato della luna. Tu sei perfetta, nella sua interezza: la durezza di Meresankh, la dolcezza di Semna: forse sei tu più loro nipote di me. Anche lui, del resto, ha provato a convincermi a sposarti. Senza rendermene conto, sto giocando con l’orecchino sul lobo sinistro. Mi schiarisco la voce in difficoltà, me lo tolgo e lo osservo sul palmo della mia mano. Minuscola per via della Magia cui l’ho sottoposte, vedo la piccola acquamarina incastonata nell’argento che quella sera di festa mi ha ricordato la neve fresca colorata dalle luci della Sala Grande.
« Anche io amo qualcuno che non riesco a lasciar andare nelle acque di Hapi. » Le mie parole suonano come un tonfo nel fiume, quando un sasso viene lanciato dalle mani di un bambino; le mie. Serro le dita attorno all’orecchino.
« E vorrei tanto farlo, ci ho provato. Solo… evidentemente non so come si fa. » Mi giro, ti scruto, studio ancora ogni lineamento.
Mi piacerebbe fossi tu, ad insegnarmelo.
Scendo con gli occhi sul tuo bicchiere.
« Posso… avere del vino? » Chiedo. Imploro.


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Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore]
▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura]
All'interno:
– Generi di viaggio.
– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
– Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici.
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▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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L'imbarazzo è una colata gelida lungo la schiena di Sitra. Un cubetto di ghiaccio che si muove tra le scapole, ripercorre la colonna e le lascia un brivido. Ammettere che ciò che ha fatto è stato uno sbaglio, è umiliante. Lo è perché in parte non sa ritenerlo tale, immagina solo che si debba dire, soprattutto perché tu non hai le sue stesse vedute. E si, ecco, apparire patetica è qualcosa che le hanno strettamente vietato sin da bambina. Per questo ti ascolta, perché sa farlo e perché vorrebbe che tu dicessi qualunque cosa pur di non rimarcare su un concetto svilente.
Non c'è bisogno di dire quanto sposarsi sia una cosa profondamente ingiusta adesso. Sitra detesta questa imposizione proprio ora che ti ama, proprio ora che dovrebbe caldeggiare per averla, per possedere un filo che ti tenga stretto a lei.
Ha solo capito che con te non si fa così. Tu non sei di proprietà di nessuno, né puoi farti andar bene un'appartenenza di facciata. Mai accetterebbe di essere un manichino segnaposto uno per l'altra.
Per questo ti rispetta, non solo perché sei come il figlio di un Dio, e neanche perché di lignaggio ti è dovuto: ti rispetta perché sei un essere umano, come umana si è scoperta lei.

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«Ti ringrazio» onesta, limpida. Ti ringrazia davvero per quello che hai detto, per aver affermato che non intendi mancarle di rispetto sposandola in quel modo. Cioè non significa aver automaticamente corretto le intenzioni di Meresankh, ma significa avere un alleato.
Per questo ti sorride anche Sitra, in un'espressione che suona come una stretta di mano antica, che copre tutto l'avambraccio. Avete un nemico in comune, ed non è il cuore di questa ragazza, ma è la colonna portante del vostro Tempio.
«Sto cercando di ritardare la mia purificazione, posso-.. beh posso provare a farci guadagnare qualche giorno, forse al massimo una settimana, ma dopo noi dov-» e si pianificherebbe qualcosa, ma tu non hai finito di parlare. Quindi lei torna zitta. Respira l'aria fresca che smuove le tende colorate.
Guarda il tuo profilo e non stacca gli occhi da te neanche per un secondo, indugiando tra il collo e l'attaccatura dei capelli.

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Anche tu ami qualcuno che non sai come dimenticare. E questo - nel momento in cui la guardi - si trasforma in un sorriso amaro ma complice. Quasi colpevole di non aver capito prima perché a te quelle notti non avessero fatto alcun effetto.
E Sitra dovrebbe odiarti molto di più, soprattutto con il sospetto di averla usata per dimenticare, un lusso che lei non può permettersi.
«In questo caso io-» dovrebbe davvero mandarti via, e invece non sa farlo, non vuole. Si siede sul muretto issandosi con le braccia tese e, solo dopo, estrae la bacchetta in legno di Samwa per richiamare vino e calici sul muretto.
«- consiglio davvero molto vino, e magari così funzionerà per entrambi e saremo tutti e due liberi» Soppesa questa parola, questa libertà che non vi è concessa. E lo fa con gli occhi lucidi, riempiendo per voi due calici.
Questa non è qualcosa da cui vuole essere liberata, Horus. Lo si legge nella tristezza che ammanta il suo sguardo, prima di un sorso che faccia scendere spezie ed alcool fino allo stomaco. Là dove tutto può andare in fiamme adesso.
«E' la... londinese bionda?» te lo chiede, limpida, come se questo non la ferissime minimamente, o illudendosi di saperla reggere una conversazione. Per quello la aiuterà il vino. Ha bisogno di leggerezza.




 
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– Daedalus –
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Quello che era stato un anello –di una promessa destinata a non venire mai infranta– ora pesa nel mio palmo come un masso: ha lo stesso impatto di un meteorite. Più che esser io ad affogarlo nel Nilo, è lui che mi trascina a fondo come un’ancora che non vedendo alcun appiglio continua a scendere nelle profondità di un fiume fattosi mare e poi oceano.
Mi tiene prigioniero, mi lega polsi e gambe impedendomi di nuotare in superficie. Finora, mi acciglio, mi sono lasciato portare in quegli abissi cui ho rinunciato anni fa per raggiungere il cielo, per volare vicino il sole col rischio di bruciare le mie ali.
Non sono mai stato come Icaro.
« Liberi… »
La parola sulla mia bocca ha un sapore agrodolce. Non c’è niente, nessuna donna, neppure Emily, che amo più di questo. Ho imparato a conoscere la libertà in qualsiasi forma, persino sulla terra, addirittura come un Babbano. Ora, però, mi sembra un miraggio, una Fata Morgana in pieno Sahara.
Incurvo il labbro in un veloce sorriso sardonico che tuttavia ha i tratti malinconici della tristezza.
« Sarebbe bello esserlo davvero, più di una notte o due. »
Il riferimento diretto cui faccio mi piomba sulle spalle e non ho il coraggio di guardarti. I teli sopra di noi frusciano come foglie di quercia: incredibile come qualcosa che vedo quasi tutti i giorni, dando per scontata, qui sia considerata merce preziosa.
Anche tu lo sei? Sei una quercia nel deserto?
Finalmente trovo la forza di girarmi e in un gesto inconscio, infilo l’orecchino nella tasca dei pantaloni per poi afferrare il bicchiere che mi porgi; le nostre mani si sfiorano e mi viene l’istinto di allontanarla in fretta. Non perché sei tu a farmi del male, ma perché siamo come fuoco e paglia, ferro contro bronzo. Vorrei non aver visto i tuoi occhi umidi, ma il respiro che mi si mozza non può mentire. Abbasso lo sguardo sul vino il cui profumo, però, mi risulta quasi nauseante.
Dio, come odio tutto questo.
Bevo in un unico sorso, buttando indietro il capo come se non avessi mai toccato acqua da mesi. Quella che ora voglio spingere sotto l’orlo delle acque è solo la mia testa e maledico il falco che mi ha portato qui con te.

Il bicchiere torna a riempirsi —qualche astuto incantesimo rabboccante immagino— e prendo un altro generoso sorso. Le spezie pizzicano sul palato, ma scivola giù nello stomaco con incredibile velocità.
Mi sforzo di guardarti, di impormi questa punizione. Perché ogni tuo brillio, ogni riflesso di una lacrima trattenuta tra le tue lunghe ciglia mi annienta, nei tuoi occhi di ossidiana vedo il dolore che ho inflitto più di una volta. Conscientemente. Non siamo sulla stessa barca, io e te.
Carezzo il bordo del calice, in silenzio: forse dovrei andarmene, mi dico nuovamente, eppure non riesco a lasciarti qui. Non da sola.
In passato non ho mai avuto problemi a farlo, anche quando ti ho lasciata addormentare nel mio letto e io me ne sono andato in veranda pur di rimanere a distanza di sicurezza. Ero così convinto che tu detestassi tutto questo, convinto che la ragione per cui i nostri corpi erano stati tanto vicini era una ribellione per te, un astuto calcolo per me per portare a mio vantaggio un tuo peccato.
Sospiro, schiacciato dal senso di colpa, dalla commiserazione che non provo per te, ma per me.
La mano destra, appoggiato al muretto ha un fremito, le dita uno spasmo vicino le tue. Ti sto ancora guardando, il profilo del tuo viso bagnato dalle placide acque della luna.
È questa l’intensità del sentimento che provi per me Sitra? Tu… mi ami davvero?
Mi sono detto che non puoi farlo, che non devi, ma tu sei qui con l’orgoglio a trattenerti sul baratro.
Corrugo le sopracciglia e il medesimo movimento che anima la mia mano si ripercuote nel mio cuore. Abbasso gli occhi sul tuo calice improvvisamente consapevole di cosa questo significhi e deglutisco piano, sentendo il nodo di un cappio che sto stringendo attorno al mio collo da anni allentarsi di un centimetro.
Mi rendo conto che è tanto… tanto che non mi sento amato. Ho ricercato così disperatamente l’odio, mi ci sono arrampicato con una tenacia malata, che ora tutto questo mi sconvolge e adesso mi spiego perché scoprire cosa provi mi ha devastato tanto.
Non so più cosa significhi, penso sconvolto, scattando col capo di lato, sfuggendoti in questa mia presa di coscienza devastante.
Questo pensiero mi rimbomba nella testa, stordisce, è il colpo finale che mi impartisci, un dardo che attraversa la morbida carne del petto, si insinua fra le ossa, arriva dall’altra parte della schiena.
Non metabolizzo ciò che mi dici, non subito.
« No… » Rispondo distrattamente. Poi comprendo l’entità della tua domanda.
Mi volto così di scatto da sentire i tendini del collo infiammarsi e mi porto la mano –la mano che era vicina alla tua– alla nuca. La mia consapevolezza passa improvvisamente in secondo piano; torno a trattenermi sul bordo ruvido della balaustra.
« ... No cosa... come diavolo fai a sapere di Amber? » Boccheggio, la presa sul calice si fa così forte da mettere a dura prova la terracotta. I miei occhi sono spalancati, attraversati dal cataclisma generato dalle tue timide parole.
Cazzo, Sitra, cazzo. Anche questo? È la tua vendetta per la mia crudeltà, spingermi al di là del precipizio, fra le fiamme dei miei peccati?
Mi manca l’aria ed il cuore, già ferito, spurga solo sangue che mi invade i polmoni. Ferite rimarginate e ora squarciate mi invadono la gola gorgogliante, ed io lotto. Lotto disperatamente per respirare, per non cadere. La mano sinistra improvvisamente cede per la tensione, il bicchiere rischia di cadere e lo fa, s’infrange a terra e si frantuma, quando il viso di Amber torna ad infestare la mia mente.


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Edited by Horus Sekhmeth - 27/8/2023, 11:50
 
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Quel preciso riferimento, alle notti nel deserto, non la fa sorridere. Le blocca il vino in gola, tanto che quando anche Sitra vuota il bicchiere, il suo riempirsi di nuovo sembra salvifico. Beve, ancora, stavolta sorseggiando più piano, che la testa ci mette poco a volare.
Molti dei rituali prevedono il vino, pertanto lei è stata educata, ha una dovuta resistenza... tuttavia non ha cenato, ed a stomaco vuoto la variante ai datteri dei Nebesh picchia duro. E quando tu non la guardi, lei anche ti nega gli occhi.
Eppure questo non basta, il riferimento ad Amber arriva come una stilettata tra le scapole, come se d'improvviso l'aria fresca della notte si fosse trasformata in aria calda, soffocante. Però guardala, Horus: è tutto nella tua testa. Non c'è un modo di incolparti nella voce di questa ragazza, non c'è accusa né sotterfugio. Gli occhi si aprono, limpidi e scuri nei tuoi.

Vivere in difesa è questo, vero? Vivere sempre con una corazza che non aspetta altro che scattare non appena si sente sfiorata.

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«Il tuo deserto non è silenzioso come credi» ancora una volta ti parla con calma, appoggiando il suo bicchiere. Non si piega a raccogliere i cocci del tuo, né agita ancora la bacchetta per sistemare. Quel bicchiere rotto deve restare tale, come il vino che le bagna le caviglie adesso. E' difficile per lei muovere questo passo, ma il mento resta alto e adesso si, ora snuda i denti a sua volta, pronta a dirti che non puoi dubitare di ogni cosa che dice. Né pensare sempre che ci sia una trappola nascosta nei gesti più semplici.
«Horus, sei fisicamente l’erede di Sekmeth, credi di avere privacy nel suo deserto?» Il deserto di tua nonna, il deserto di Meresankh.
Allarga le braccia, non scende dal muretto, sorseggia ancora un po' di vino, conscia di come la tua mente stia ancora elaborando queste informazioni.
«Non-.. non vi ho seguiti se è quello che ti chiedi. Ho dell’amor proprio nella mia vita. L’informazione mi è solo arrivata, non richiesta»
Soprattutto questo, Horus. Soprattutto quel respiro che - infastidito - Sitra si lascia scivolare contro per non trattenere niente di ciò che sente.
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«Non so come faccia, ma è sempre un passo avanti a te, avanti a noi. Non so come siamo riusciti a non-» a non farvi scoprire, anche se adesso, calcolando nella sua mente, sembra improbabile che Meresankh non sappia di voi. «Merda» squittisce, rifugiandosi dietro un altro sorso, chiudendo gli occhi per non volerci davvero pensare. «Lo sa di sicuro»




 
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È fastidioso perché percepibile.
Il veleno che entra nelle vene brucia e incendia i corridoi della mia testa, è un’ombra che ha gli occhi verdi di Amber; sussurra nelle mie orecchie con la sua voce, è la sua sagoma nei corridoi, sono i ricordi di Hogwarts che scendono come una cascata tintinnante, trascinando una moltitudine di altre memorie.
Io lo so: so che dovrei parlarle, ma la verità è che con lei sono un vigliacco. Forse non solo con lei, mi correggo.
Poi mi dico che è chiaro, non ho costretto nessuno, a partire da Amber. Se c’è una cosa che posso riconoscermi è l’onestà. La stessa che ti ho mostrato, Sitra. Non ho mai costretto nessuna, men che meno ad amarmi o a sentirsi amata da me.
Ho costretto solo Emily ad odiarmi, contro ogni suo desiderio.
Digrigno i denti, arriccio il naso e ringhio come un leone pronto alla lotta.
A volte vorrei non essere erede di nessun Dio.
Il pensiero sfugge al mio controllo, giunge quasi alle labbra, attraversa gli occhi fissi sui cocci del bicchiere. Ma, stridendo i denti, lo trattengo come una falena sulla ragnatela: non bestemmierò.
Non oserei mai dire nulla del genere, non sotto questo firmamento, non sotto lo sguardo di Nut.
Eppure, a volte, vorrei solo per un giorno… dimenticare. Dimenticare tutto questo, dimenticare mio padre, dimenticare questa folle ricerca e tutto ciò che ha trascinato con sé.
« È chiaro, ormai, che lo sappia. » Mormoro rabbioso, l’ira trattenuta a stento; non posso tranquillizzarti, nemmeno se lo volessi. Sarebbe una bugia e forse una parte di me già lo sapeva. Di Amber però, no. Quello non posso sopportarlo, questo è un confine valicato senza alcun rispetto, diabolico.
Le unghie si conficcano nella pietra porosa della balaustra ed il mio corpo, in tensione, è contratto in avanti. Guardo il Nilo, guardo le barche, guardo i lontani riflessi bianchi.
Fino a che punto, mi dico, fino a che punto si può arrivare per perseguire i propri scopi?
Nonostante mia nonna sappia cosa abbiamo fatto, nonostante conosca i sentimenti di Sitra per me ancora continua ad esercitare il suo controllo su di noi. Mi sento impotente, incapace di sfuggire ad una morsa che si sta chiudendo su di noi. Che razza di promessa ti ho fatto, senza rendermi conto dell’entità di questo incubo?
Nel deserto, nel suo deserto mi sono sentito al sicuro, non solo quella volta.
Quante volte sono andato lì, sulla piana di Giza, accarezzato dallo sguardo millenario di Cheope dormiente, avvolto dal profumo della notte e coccolato dalle spire delle dune.
Lontano da tutto, vicino agli Dei; quante volte ho sentito l’amorevole mano di Iside su di me, quante volte ho visto sorgere Amon-Ra, al termine del viaggio sulla sua barca?
Mi sento violato nel profondo dello spirito e, ora, anche nel corpo. Piego il capo in basso, stringendo gli occhi. Regola il respiro, mi dico, controllalo perché, in fondo, Sitra non ha alcuna colpa. È solo una vittima.
Allora raccolgo tutto ciò che mi resta di questi organi distrutti, tento disperatamente di rimetterli al loro posto. È come cercare di ricomporre questo vino a terra aiutandosi solo con le mani. Incapace di far nulla, me le porto al volto, premendomi i palmi sulla bocca per impedirmi di ruggire di frustrazione.
Sono stanco.
Rimango in silenzio e le dita scivolano alle tempie, le massaggiano e arranco alla ricerca di una stabilità, chiamando in soccorso l’ottundimento provocato da tutto il vino che ho bevuto da quando sono arrivato. Ma è labile, fragile, perché in fondo non è ancora abbastanza, lo reggo troppo bene, ora. Continuo a pensare ad Amber, a Sitra…
E poi penso a Nieve, a come mi chiama, a come mi ha definito.
Umanoide.
Dio, se solo sapesse quanto cazzo si sbaglia.
Non lo sono più, non come vorrei, cazzo.
E se lei ha inceppato l’ingranaggio, Sitra tu hai divelto l’intera corazza di metallo e l’hai frantumata tra le tue mani gentili, l’hai liquefatta con la tua voce dolce, ridotta in cenere dai tuoi occhi di stelle, dal tuo bruciante orgoglio. Poi, hai esposto il mio corpo a Meresankh e lei mi ha squarciato, infilando le mani inanellate tra i bordi slabbrati della cicatrice che mi divide in due.
Così ora sono qui, completamente nudo, e tutto mi scorre davanti, tutto ciò che mi aspetta, il buco nero che mi attrae con la sua schiacciante gravità. Sono ormai sul suo confine, ondeggio e so che tra poco, quando mi verrà concesso –anzi, quanto tu mi concederai– il poco tempo che ci rimane, ci salterò dentro senza sapere cosa ci sarà dall’altra parte. Il buio di cui è fatta la sua materia o la luce che ha divorato?
In ogni caso, ci sarò solo io.

Sospiro, ma la testa vortica quando rialzo gli occhi davanti a me. Mi sforzo di allontanarmi dal muretto con una spinta delle braccia ed estraggo la bacchetta. Tra noi c’è il silenzio che pesa come una ghigliottina la cui lama oscilla sopra le nostre teste.
*Reparo*
I frammenti di coccio si ricompongono: vorrei poter fare lo stesso con me e con te, penso mentre riporto lo sguardo in tua direzione. Il vino ha tinto le tue caviglie e una goccia scende lenta sulla pelle dorata; te ne stai appollaiata come una gatta, il viso perso chissà dove, logorata dai ricordi, tormentata dalle parole crudeli di mia nonna.
Mi chino a raccogliere il bicchiere e, insieme alla bacchetta, lo poso sul bordo del muro. Con un passo mi porto davanti a te ti guardo o forse dovrei dire che ti trafiggo con i miei occhi.
Non meriti nessun giudizio, non quando penso a quanto dolore ti abbia inflitto Meresankh.
Non ti sei pentita di niente, quello che è stato ti è piaciuto perché della tua libertà vai fiera, di aver infranto le regole… eppure anche tu sei solo una pedina. Una pedina che ha cercato di scappare dalla scacchiera in cui è stata costretta dalla Regina.
Se io sono l’erede di Sekhmet, tu cosa sei?
« Siamo solo umani, Sitra. Solo questo. » Bisbiglio e il mio sguardo si ammorbidisce. Come nel suq, non riesco a riservarti la freddezza che dovrei, soprattutto ora, e mantenere la dignità di questo lignaggio che ancora ci separa e forse lo farà per sempre, che tu sia mia moglie o no.

Sono stanco.

Mi avvicino ancora e allungo la mano: prendo la tua, la tengo fra le mie per un lungo momento, poi la conduco alla mia fronte, vi sosto, poi al mio cuore. Chiudo gli occhi e piego il capo, raccolgo le tue dita come fiori che crescono ostinati tra le sabbie.
È un gesto, questo, che nella nostra cultura rappresenta una comunicazione di sentimenti che a parole spesso non si possono esprime.
Ib, il cuore, è la fonte di qualsiasi emozione, qualsiasi impulso, qualsiasi desiderio: nella morte, in attesa del Risveglio, viene protetto accuratamente con amuleti per impedire alle forze maligne di Seth di inquinarlo, per preservarlo fino alla Pesatura, perché è lì che si cela la nostra anima.
Questo gesto è riservato alle persone care, alla propria famiglia. È un gesto che rappresenta un ponte fra due persone il cui legame si è spezzato per un motivo. È un gesto che i figli fanno con i propri genitori quando combinano qualche dispetto; è un gesto che fa un fratello con una sorella dopo un litigio; è un gesto che fanno due amanti quando si feriscono a vicenda.
« Perdonami, Sitra. »
Non sono le mie scuse che vuoi, lo so. Eppure non posso fermare tutto questo, non posso impedirmi di sentirmi devastato, ustionato dai miei stessi, letali raggi.
Tutto questo perché la mia natura di Umanoide, faticosamente messa insieme pezzo dopo pezzo, è finita schiacciata da i rottami delle mie stesse lamiere.
« Io non voglio ––non posso… » Mi correggo « Non posso avere legami. » Serro forte la presa sulla tua mano, sento gli anelli che decorano le tue dita conficcarsi nella pelle. Stringo di più gli occhi, stanco, stravolto da tutti gli eventi di questa giornata e anche di più.
« Non so fare altrimenti. So che non vuoi sentirlo, ma… perdonami. »
Per ciò che non posso darti, per come, per l’ennesima volta, sto uccidendo me stesso negandomi l’amore di qualcuno. Mi aggrappo alla tua mano sul mio cuore, solo per ora, solo finché non la sfilerai via, chiudendo quest’intimo rituale.
Tu non sai, non sai come vorrei abbandonarmi tra le tue braccia e rimanere anche solo così, cullato dal tuo canto. Fingere che tutto vada bene, che non ci sia niente là fuori pronto a divorarmi, nessun fantasma, nessun viso ad infestarmi la mente e il cuore.
Fingere che io stia bene.
Invece sono qui, a scappare ancora una volta.
Solo che…
« È che… sono stanco di combattere l’oscurità. » Sussurro.
Dopo un'infinità, nel buio delle mie palpebre e fra le spire di Apopi, mi spezzo.


– Tell me would you kill to prove you're right –

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore]
▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura]
All'interno:
– Generi di viaggio.
– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
– Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici.
– Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest]
– Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2]

▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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view post Posted on 28/8/2023, 16:12
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Il Fato

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E' tuo il rituale, Horus. E' tua la colpa e l'esigenza. Come tue sono le dita che spostano la mano di Sitra. E lei le conosce, le ha sentite vibrare lungo il corpo, due volte di seguito. Ma sa non illudersi di alcuna complicanza adesso. Sa che cosa le stai dicendo, e se prima abbassa il capo, contrita, poi ti lascia agire. Che tu senta il bisogno di chiederle scusa è sacrosanto adesso. Ora che avete capito quando lunghi siano i tentacoli di Meresankh e quanto la donna sia un'abilissima manipolatrice.
Magari era anche da questo che fuggiva tuo padre. Ti sei mai chiesto come dev'essere stato per lui? O se tua nonna sia tanto dura con te solo perché sei l'ultima speranza che le rimane?
E Sitra è docile adesso, chiude gli occhi per respirare le tue preghiere, per contenere le dita morbide che tornerebbero a cercarti, pur sapendo di non potere. Pur non volendo sentire ancora mille altre volte quanto tu "non possa" donarti a nessuno. E quale sia il meccanismo che scatta in te, se lo chiede da una vita.

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«No» dolce, solida, non lascia la mano dalla presa in cui l'hai stretta. Può reggere la pressione delle tue dita contro le sue. Puoi reggere il suo dover essere un appiglio adesso. E - nonostante ciò - non può invece tollerare una tua resa. Ne va di ogni punta di orgoglio e di quel senso di determinante appartenenza che sente gemerle in petto.
«Oh non ci pensare nemmeno» ribadisce, snudando i denti in un ringhio candido. I suoi occhi puntati nei tuoi come fare, richiamano una determinazione ferrea. E' dura, anche quando l'alcol le rende più difficile orientarsi. Almeno finché la reggerai non cadrà.
E non importa, se quello che pensa tu voglia sia la comprensione. Ora non c'è spazio per questo, perché ciò che hai detto non può esistere.
«Questo non esiste, Horus. Tu non ti arrendi a nessuna tenebra e nessuna ombra. E non perché tu debba essere il Sole, ma perché lo sei.» Alza il mento, ti cerca ad un palmo dal tuo respiro, sfila la mano solo per aprirtela in petto. Laddove sotto la maglia si può sentire il solco di quella cicatrice.
E lei è fiera, e forte, una leonessa quando ti parla. Più di quanto sia stata tua nonna nel suo "ufficio" poco fa.
«Adesso non importa se tu ci creda o meno, lui è qui. TU sei qui»
Ricerca nelle tue iridi una conferma, ricerca quella forza che vuole trasmetterti anche solo guardandoti. I suoi occhi non vacillano ed il loro inumidirsi per rabbia passa in secondo piano.
«Solo TU puoi farlo, Ra. Non esiste alcuna resa, tu vincerai» Lei lo sa.

AMICO! QUI!


Poi, un fischio. Il trillo di Ra che grida sopra la tua testa, volteggia. E non è un bel richiamo, Horus. No, Ra soffre. Sbatte le alì e poi smette di muoversi, precipitando veloce verso la terrazza di Sitra.




 
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view post Posted on 29/8/2023, 18:56
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“No” è proprio l’ultima risposta che mi aspetto di sentire.
Rialzo il capo solo per trovare i tuoi occhi nei miei: in te non c’è più traccia di tristezza ma un orgoglio che non smette di stupirmi, che cresce continuamente, fiorisce laddove non pensavo fosse possibile. Una sottile ruga si delinea fra le mie sopracciglia quando ti guardo corrucciato.
Porto indietro la testa in uno spasmo perché non è solo il “no” ciò che non mi aspetto, ma anche tutto questo. Il primo istinto è di allontanarmi, polemizzare e dirti che sbagli, hai frainteso.
Non è mia intenzione arrendermi, vorrei sussurrarti, perché non è ciò che intendevo, ma taccio, trattengo le parole perché in realtà tu mi zittisci. E non sono in tanti a riuscirci.
Deglutisco, a disagio perché capisco dove vuoi andare, dove mi stai conducendo; le mie iridi vacillano e tremano, inghiottite dalle tue. Ecco, forse possono somigliare ad un buco nero, ma non è così. Come ho fatto a non notarlo prima, nonostante io ti abbia avuta molto più vicina di ora? Non credo, mi dico, di averti mai vista davvero.
Vedo tutti gli astri nel cielo, osservo una galassia che riverbera luce: non è forte come quella di una supernova, ma è continua, perpetua. È un moto che ruota e mi avvolge, mi trasporta lontano, sulle onde delle tue parole, del tuo coraggio. Dell’incredibile fiducia che nutri… del sole che vedi in me. E non quello che vedo io, distruttivo come Sekhmet, lo percepisco sul tuo respiro che mi sfiora il viso. Tu mi vedi davvero come un prescelto, credi davvero io sia figlio della Divoratrice, protetto da Horo. Mi rendo conto che da quando sono uscito dal tempio con la testa in fiamme e il dolore di essere stato abbandonato dagli Dei, sono stato cieco.
Gli Dei c’erano, ma io non li vedevo… non li vedo. Proprio come prima non ho visto te.
Mi sento avvolgere dal calore che mi risale dallo stomaco, s’aggrappa come edera alle mie costole e dove tu posi il palmo, qualcosa accade al mio cuore.
Lo sento mancare un battito, poi due, infine tre. È una scarica elettrica, un fulmine che si dipana dalle tue dita gentili che mi attraversa le membra, risalda quegli organi che giacciono distrutti dentro alla gabbia toracica.
Gli occhi mi scivolano sulle tue labbra che pronunciano parole che non credevo avrei mai sentito dire a nessun altro.
Ra.
Non mi rendo conto di non capire a chi ti riferisci con lui.
Sento solo l’eco di questo nome che da anni non mi riempiva la testa. Avrei ringhiato, sarei scappato, mi sarei incazzato con chiunque altro lo avesse pronunciato. Era qualcosa che apparteneva solo a Lei.
Eppure… se lo dici tu, perché non provo tutto questo?
La mia mano, senza che io ne abbia coscienza, risale al tuo viso, ti sfiora la guancia come se non credessi davvero che tu fossi qui, come se dovessi assicurarmi che tu sia presente, a dirmi cose che nessuno mi ha mai detto, a ricordarmi che la luce non può morire nel buio.
Le dita che ti hanno toccato con tanta licenziosa lussuria ora sono gentili e ti scruto sconvolto, le labbra schiuse ma incapaci di articolare alcun suono.
Sono stanco, questo non è cambiato, ma…
Ti accarezzo la pelle morbida con il pollice; prima di venire a vivere qui, ero bianco come il latte e la nostra carnagione era netta, quasi oscena. Ora, la doratura della mia abbronzatura –che riporta a galla i geni della mia origine– è perfettamente in sintonia con la tua, perfetta come uno di quei bracciali che porti al polso. Ti scruto, lascio vagare i miei occhi su tutto il tuo viso, memorizzando l’espressione decisa che ti si è dipinta in volto. 
Forse, mi dico mentre ti guardo e non penso a nulla se non alla tua voce, forse dovrei provare a… andare avanti? Forse davvero, tu, puoi affogare quei sentimenti che mi ossessionano nel Nilo?
Posso davvero permettermi il lusso di andare oltre la superficialità del sesso?

« Io… »
Io cosa? Non ho il coraggio di avvicinarmi ancora di più, lascio che uno spazio rimanga tra noi e l’unica libertà che mi prendo –senza ragionarci, per una buona volta– è la mia mano che ti circonda la guancia, sfiora le trecce nere. Magari non sei poi così solo come pensavi, mi dice una voce nel petto.

Ma non la finisco la frase.
Alzo la testa, il braccio ti abbandona mentre con un gran sorriso riconosco quella voce.
Mi scosto da te con un passo indietro pronto a stendere il braccio per accogliere –finalmente– mio fratello quando il mio istinto mi fa venire la pelle d’oca.
Non è felice, non è un richiamo che ho mai sentito uscire dal suo becco e quando lo vedo immobilizzarsi, spalanco la bocca e gli occhi, sento ogni parte di me fermarsi, bloccarsi nel tempo.
« No! No, no no no, no! » Gemo, voltandomi in reazione a ciò che la mia anima di fiera ha già capito prima che la mente umana lo registrasse.
Non penso, mi getto di scatto dove lo vedo cadere, senza che il vino abbia minimamente messo in discussione il mio equilibrio. Corro, macino quei pochi metri e mi lancio verso il pavimento con gli occhi puntati su Ra, le mani tese.
Mi butto senza pensare facendo leva sulle gambe e quando atterro sbatto la schiena a terra mentre le mie braccia afferrano il falco, lo stringono a me per proteggerlo.
« Ra! »
Urlo, mentre la mano si insinua fra le morbide piume del petto per sentire il battito; il mio sguardo sconvolto scatta su di te, Sitra, prima di tornare su colui che amo al di sopra di chiunque.
Mi manca il respiro.
Ti prego, Dio, ti prego, non questo. Non Ra.
Prego, mentre me lo stringo al cuore: il mio è fermo.
Fa’ che non lo sia il suo.


– Tell me would you kill to prove you're right –

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore]
▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura]
All'interno:
– Generi di viaggio.
– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
– Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici.
– Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest]
– Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2]

▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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view post Posted on 30/8/2023, 09:33
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Il Fato

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Lei è davvero un fiore nel deserto, Horus. Quell'insensato ramoscello verde che spunta anche tra le rocce. E' il coraggio di andare oltre ogni barriera, di credere che niente sia impossibile. E non è solo un ottimismo sfrenato, non è la felicità che deve esistere per forza, no, Sitra è la fierezza di una forza disumana. Divina, forse. Se tu potessi vederla, capiresti come la sua aura sia di un intenso oro, radiosa e forte.
Lei è quel falò nel gelo artico dei tuoi occhi, è il punto di calore di cui prima o poi avrai bisogno: lei è l'accettazione di un cammino che puoi percorrere da solo e di un aiuto che nel chiedere ti sarà affiancato. Mai un punto che possa abbassarti. In fondo il vero amore non è questo? Non è spingere in luce ciò che si ama, per poi affiancarsi sullo stesso gradino?
Per lei è solo così che può accadere, solo così che si può esistere in due senza sacrificare se stessi. E lo vedi, Horus, nulla di Sitra vuole più essere sacrificato.

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Ma quando tu perdi quei battiti, non sai stare fermo. Non sai restare sulle tue, e la tua mano finisce per sfiorarla. Sitra è il fuoco, brucia, scoppietta immobile. Vittima di un po' troppo vino che ravviva il colore sulle guance. Ti fissa, Horus. Con gli occhi grandi e caldi, ti guarda, non sa realizzare il senso del tuo gesto. Non sa muoversi contro il tuo corpo adesso, incapace di capire cosa ti abbia fatto agire così.
Ma vibra dolcemente, le corde del suo cuore si tendono, quasi pronte a spezzarsi. Non smette così di credere in ciò che ha detto ma mantiene una totale attenzione su di te. Aspetta che dalle tue labbra esca un proseguo a quel "io" tanto atteso. Se ne sta in religioso silenzio.

Ma il trillo di Ra lo sente, ammira come il tuo sorriso per lui sia tanto onesto e sincero ed accetta il respiro che le torna in petto dal momento in cui ti allontani.
Però è chiaro che le cose non vadano come crede. Ra precipita e tu riesci a prenderlo tra le braccia prima che l'impatto con il suolo sia fatale.
Nel farlo finisci trai cuscini che Sitra - rapidamente - chiama sotto le tue ginocchia. Lei che di scatto ha agito estraendo la bacchetta per impedirti di aggravare qualunque situazione.
Lei che si avvicina a te a passi grevi, mentre Ra pigola, stanco. [7] I suoi occhi sono chiusi, ma il cuoricino batte. Ha un'ala spezzata a metà di netto, un'operazione fatta a mano con cruda freddezza.

«L'hanno spezzata, prendo le bende e l'acqua consacrata» ti parla sapendo che non lasceresti toccare Ra a nessun altro. E' tuo fratello, uno dei tuo affetti, ti appartiene. Il suo cuore batte quando batte il tuo.


1d12: 7
Inviato il 4/5/2023, 22:16 Horus Sekhmeth


Procedi come meglio credi nella cura di Ra.

Puoi chiedere supporto a Sitra, conosce tutti gli incantesimi fino al 6° Classe ed i curativi di 7° Classe.

Avrai a disposizione una sua azione che non verrà contata come tua in accumulo.






 
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