Attenzione! Allontanarsi dalla linea gialla

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view post Posted on 11/9/2023, 13:31
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Weave, weave the sunlight in your hair...

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Haru decise di contare a mente fino a cinque.
*Uno. Duetrequattrocinque.*

Benché avesse avuto intenzione di contare con MOLTA calma per darsi tutto il tempo necessario a calarsi nella parte che le era stata tacitamente imposta per l’ennesima volta, si ritrovò invece a farlo affannosamente e tutto d’un fiato. Sospirò piano.

*Okay, allora al contrario*, pensò tra sé e sé, pregando di non soccombere nuovamente all'agitazione.
*Cinque. Quattro. Tre. Due. Uno*.

*Già meglio*.

Sorrise. Il suo volto non tradì neppure per un istante la dolorosa meccanicità del gesto.

Alla veneranda età di undici anni suonati, Min Haru era ormai divenuta – inspiegabilmente a tutti, fuorché se stessa – esperta di sorrisi di circostanza al cospetto dei suoi genitori adottivi e del loro entourage. Più che sfoggiarli come appariscenti ornamenti offensivi alla vista, la ragazzina li indossava col tipo di disinvoltura che avrebbe fatto invidia anche al politicante più incallito.

Certo, se il suo interlocutore avesse prestato reale attenzione al volto della bambina in date occasioni, forse avrebbe potuto notare come il suo sguardo sembrasse insolitamente spento. Forse, si sarebbe persino accorto di come la piccola soppesasse ognuna delle sue parole con estrema cautela. Forse, avrebbe visto come l'aria grave e misurata con cui le centellinava non si addicesse affatto alla sua giovane età. Forse, forse, forse.

Nessuno se n’era mai accorto, comunque. O, meglio, a nessuno era mai importato abbastanza da accorgersene.

Lo sguardo muto di Haru viaggiò dallo chignon color miele dell’elegante donna che la precedeva di poco alla nuca sale e pepe del distinto gentiluomo che l’affiancava con passo deciso. Lo stomaco le si strinse in una morsa d’acciaio.

Tutto –dal manico del baule improvvisamente stretto nella mano del padre al sorriso magicamente affettuoso della madre, alla chioma stessa di Haru, finemente acconciata in maniera volutamente scarmigliata– non era che una messinscena. Una pura e semplice menzogna architettata a beneficio della folla di maghi che circondava i due rinomati benefattori londinesi e la loro adorata figlioletta sulla piattaforma di King’s Cross.

Il solo pensiero le diede la nausea, l’intero corpo percorso da un formicolio insoffribile. Avvertì l’istinto irresistibile di passare una mano fra i capelli e di scompigliarli per davvero. Fremeva dal bisogno impellente di ripristinare almeno un brandello di autenticità in quella farsa. Lo represse.
*Non avrebbe portato a nulla di buono*, già lo sapeva.

Quando la madre l’attirò a sé in una stretta inaspettata, Haru dovette attivamente costringere il proprio corpo a non irrigidirsi, combattendo l’istinto di sottrarsi a quel contatto fisico indesiderato. La sensazione lasciatale dall’abbraccio fu più cocente di quella di uno schiaffo.

Col cuore nel petto che batteva all’impazzata e pesante come un macigno, Haru salutò con appropriata deferenza i propri genitori e, dopo un istante d'esitazione, diede loro le spalle.
*Uno. Due. Trequattrocinque passi.*

Solo una volta salita sul treno, il massiccio baule al seguito, Haru si consentì di esalare un profondo sospiro di sollievo. Poderoso ed ingombrante. Suo.

Si voltò verso gli altri futuri studenti di Hogwarts, alcuni dei quali si erano già entusiasticamente lanciati in lunghe digressioni sui loro progetti futuri; altri erano impegnati in accesi dibattiti sulla presunta superiorità dei felini sui volatili (e viceversa) come animali domestici per aspiranti maghi e streghe; altri ancora, invece, la stavano scrutando con occhi curiosi e accoglienti e sembravano attendere pazientemente una sua reazione.

Qualcosa si sciolse dentro di lei.

Un sorriso impacciato si fece strada sulle sue labbra. Con le guance in fiamme e lo sguardo ostinatamente fissato sulle punte delle sue scarpe, sollevò una mano a mo’ di timido saluto.
“Ciao, sono Haru!”, disse semplicemente. Avvolta in un clima di chiassosa vivacità e di calore rassicurante, Haru andò a sedersi in mezzo ad un gruppetto di quelli che, di lì a poco, sarebbero potuti divenire i suoi concasata o — addirittura — i suoi immancabili compagni nelle avventure che la attendevano al termine di quel tragitto in treno.

Inspirò.

Espirò.


*Aria, finalmente.*

Si accasciò contro l’imbottitura confortevole del suo sedile, spossata ma non più in stato di allerta.

*...era questo che significava sentirsi a casa?*
 
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view post Posted on 11/9/2023, 14:29
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