«Ehi, nanetta a chi?» è l’unico commento, falsamente indignato e nascosto da un mezzo sorriso, con cui la rimprovero. Non lascio spazio ad altro dopo, solo al cuore che si scalda e diventa leggero quando Alice si avvicina. L’accolgo traendola con gentilezza a me, il volto che affonda nell’incavo tra il collo e la spalla di lei.
È un rifugio sicuro.
Mi è mancata, terribilmente.
La stringo forte, glielo faccio capire così, nel modo più genuino che conosco.
«Un programma fitto eh?» appena sciogliamo l’abbraccio le parlo con tono interrogativo, degno dello stile del classico terzo grado degli sbirri
«Devo preoccuparmi?» un sopracciglio scatta scherzoso e, con nonchalance, do un primo morso al cupcake che mi porge. Osservo intanto con attenzione le sue mosse, per provare ad intuire i suoi
“progetti segreti”. Scopro che in realtà il primo punto della lunga lista – precedentemente annunciata – non sembra così complicato, anzi. Mi accorgo di star indossando un ghigno malandrino che, come di consueto, fa da specchio al suo. Una complicità che sono felice di rivivere dopo il troppo tempo trascorso senza vederci, è la ventata d’aria fresca condita con la giusta dose di spensieratezza di cui necessito adesso.
Accetto volentieri il bicchiere e le faccio eco con il brindisi
«Alla nostra!» lo sollevo in alto, allungandolo poi di poco verso di lei
«Altri cento di questi pazzi giorni, socia!» le labbra ne sfiorano infine il bordo, butto giù il liquido limpido al suo interno tutto d’un fiato, senza gustarlo minimante come mi è stato suggerito.
Pessima mossa.
La tequila scorre lungo la gola, una sottile lingua di fuoco che brucia l’esofago e allo stesso tempo carezza e seduce. Brucia al punto da farmi tossire goffamente quando tocca la bocca dello stomaco, allora mi rendo immediatamente conto di quanto io sia una principiante in ambito
“grandi bevute” e me ne vergogno. Sento gli occhi pizzicare e inumidirsi agli angoli, ma ingoio le lacrime e pongo rimedio con un secondo boccone di quel delizioso dolcetto che ancora tengo nella mancina. Il sollievo come sperato arriva, ma ho ancora molto da imparare. A quanto pare, però, sono fortunata, il mio Guru personale ce l’ho davanti ed è pronto a mostrarmi la strada. Un Guro che non esita ad imbastire la sua prossima lezione, una materia di cui sono digiuna ovviamente.
«Un tatuaggio!?» per un attimo rischio di strozzarmi nuovamente, senza nemmeno riuscire a nasconderlo oltretutto. Temo di avere lo sguardo vacuo fisso su Alice, un po’ per la tequila che ho ingerito e un po’ per la sorpresa. Batto un paio di colpi leggeri sul petto per ritrovare la lucidità che mi ha già abbandonata, ma soprattutto per costringermi a cancellare l’espressione idiota sulla mia faccia. Immagino istintivamente come possa apparire la mia pelle segnata da linee d’inchiostro, se mi piacerà o meno. Sono palesemente perplessa in principio, ma piano piano la nebbia dei dubbi si dissipa e arrivo a fare chiarezza e pace con me stessa sull’argomento. Mi dico di essere impulsiva, nonostante sia consapevole di averci riflettuto un secondo oltre il dovuto. Ma poco m’importa, l’altra non si sconvolgerà per ciò che dirò
«D’accordo…» la risposta definitiva esce spontaneamente, di getto
«…probabilmente è l’alcool che parla per me, ma ci sto!» se la maggior preoccupazione di mio di cugino era una sbronza, ho l’impressione che dovrò prepararlo psicologicamente a una malefatta ben peggiore poveretto.
«Hai già qualcosa in mente?» lo chiedo con naturalezza, ormai mi sto già abituando all’idea e comincio a rilassarmi
«Niente d’imbarazzante e di cui dovremmo pentirci, mi auguro.» porto le mani sui fianchi, cercando invano di darmi un aspetto rigido e severo. Alla fine dei giochi, infatti, risulto tutt’altro che una giovane responsabile
«Tipo un “scemo chi legge” in chissà quale lingua incomprensibile, non so se mi spiego.» non riesco a trattenere una sonora risata divertita. La verità è una sola e piuttosto semplice da intuire: anche si rivelasse una sciocchezza, la seguirei a prescindere nella bolgia di follie da compiere nel centro della caotica Londra. Oggi non è solo il mio giorno, ma
il nostro. Dubito che riuscirebbero a dissuaderci, ci meritiamo un po’ di libertà dopo mesi di rigide regole scolastiche – che noi stesse, in qualità di Prefette, facciamo di norma rispettare – o familiari che siano.
Camille Donovan | Hufllepuff Prefect |
16 y.o |
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