Van(o), Privata

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view post Posted on 3/10/2023, 09:06
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alexander hydra ▸23 anni ▸ nomade
5mtQebGNeanche ti preoccupi di ondeggiare qui e lì, soddisfatto, con Camillo da poter prendere a spallate senza la paura che intenda andarsene.
Glielo hai detto che ha messo su un negozio niente male, e non gli hai neanche nascosto la tua sciocca commozione.
Un traguardo che per alcuni è da nulla, per te va celebrato anche solo con un’abbuffata tremenda che stasera ti metterà ko.
E’ che - come da bambini - non vuoi più lasciarlo andare. Hai la pungente sensazione che non ti basti ancora il tempo che oggi vi è stato concesso.
Siete due ragazzoni liberi, no? Liberi per una città dalle mille opportunità e tu puoi già dire a tuo padre che, contro ogni sua previsione, hai trovato un lavoro.
Ora hai un po’ il sospetto che Loreen ti abbia incastrato, che ti abbia dato un salvagente perché non apprezzava l’idea di vederti andar via a restare solo per il mondo.
Tu e mamma avete sempre avuto una visione diversa di come sarebbe stata la tua vita adulta in un Van. Lei insisteva che si trattasse di una vita troppo solitaria per uno come te, uno che ha bisogno del contatto fisico e mentale con “le sue persone”. Ed è vero che questa cosa ti ha un po’ spaventato.
Tuttavia non ha attecchito in te questo dubbio, perché hai sempre creduto che invece il Van sarebbe stato un oggetto tanto curioso da permetterti - nel suo movimento - di raccogliere quanti più randagi come te possibile, e portarli in salvo. O qualcosa di simile.
Insomma si, non vi siete mai trovati d’accordo su questo, ma ora che con i tuoi lunghi piedini stai portando Camillo alla casa mobile, ti batte il cuore.
Non che sia stato inerme prima, figuriamoci, un tamburo da guerriglia.
Ma adesso i battiti sembrano più intensi, più profondi.
Ti sei anche mezzo occultato decentemente, in un pacchetto isolato che però ti fa credere di essere in una mezza reggia.
E ti piace - da morire - come qualcuno facoltoso di famiglia possa ritrovarsi di punto in bianco in un vagone due per tre. Che tu neanche ci stai tutto in quel letto, ti devo rannicchiare, ed è per questo che il 90% delle volte stai sul tettuccio, a fare il ghepardo con le braccia e le gambe che pendono scomposte qui e lì.
A volte a completare il quadretto ti manca solo una spiga di grano trai denti.

Ti scosti da Camillo solo per fare qualche passo e anticiparlo, camminando così al contrario. «Ok preparati, ci ho messo il cuore nel mio gioiellino...» glielo dici con l’indice di ogni mano tra te e lui.

Ma tanto il Van parla da sé, con i suoi toni pastello intervallati da mille colori. Certo non passa super inosservato, e l’hai veramente rimesso a nuovo con un certo impegno. Ci hai lavorato per mesi in giardino dai tuoi. Apri la porta al centro del mezzo, per lasciare che si riveli il tuo gioiellino.
Ovviamente - da bravo mezzomago quale sei - non ci hai neanche pensato ad incantarla per farla sembrare più grande all’interno. Nada, nisba, nulla. La vuoi così. Vuoi che ti stringa i fianchi quando le passi dentro, che ti sussurri dietro il collo e ti lasci un brivido quando la paura o la solitudine accennano a farsi avanti.5mtQebG E, per quanto funzioni una volta si ed una no, hai anche un piccolo televisore che esce da un punto del legno sopra il letto.
Ti fai indietro perché sia Camillo a prenderci confidenza, perché ti dica che ne pensa, tanto che piano piano gli arrivi alle spalle, fin troppo curioso. «Quindi? Che dici? Brividi? Spasmi? Tremori?»

van(o)



Edited by Læx - 16/2/2024, 17:20
 
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camillo breendbergh ▸ 20 anni ▸ mastrobarbone
5mtQebG«Brividi, spasmi e tremori!» Quando Camillo aveva sbirciato all’interno del Van, ci aveva riconosciuto immediatamente l’impronta indelebile del suo Sandro. La teoria che i luoghi – appartamenti, case, ville e castelli – non fossero altro che una manifestazione dell’anima del proprietario, nella narrativa, lo aveva sempre colpito, e da quando aveva iniziato a farci caso, volontà dell’autore o spinta dell’inconscio, era sempre riuscito a cogliere quello schema. E sì, questo principio, per quanto buffo, si applicava anche alle case mobili – come qualche film di animazione ci ha dimostrato.
Non gli capitava spesso di vederlo nella vita reale. Casa dei suoi, a discapito di quanto bizzarra fosse la famiglia Breendbergh, era così ordinaria. E avrebbe potuto dirlo di tante altre. Si salvava forse la propria stanza, ma anche lì non vi era uno specchio di sé, almeno non del sé adulto; anche se vi fosse stato, si sarebbe ridotto ad un abbozzo sbiadito di un marmocchio ormai invecchiato. E a renderla sua ci aveva provato e riprovato, senza mai riuscirci.
Ma con Lex era diverso. Quella regola, sin da quel momento relegata alle opere di fantasia, sembrava qualcosa di possibile anche nella vita reale. Un’assurdità. Forse era anche per quello che era stato colto all’improvviso da brividi, spasmi e tremori.
«Dici che sto per fare una sincope?» Commentò, buttando sgraziatamente la testa all’indietro e rivelando a Lex, che stava alle sue spalle, un sorriso divertito. Gli occhi accesi di entusiasmo, la schiena ormai inarcata. Pareva uscito da un Horror marcio, di quelli che passavano alle due di notte sui canali a tre cifre.
Quando si ricompose scrutò meglio l’interno del Van. In quel posto sperduto sembrava una piccola oasi di vitalità nel deserto dell’insofferenza, tra il manto d’erba e le fronde verdi del parchetto desolato. Una pennellata di vernice nel bel mezzo di una natura abbandonata a se stessa.
Alexander in quel letto non ci stava steso per lungo neanche per sbaglio, ma sembrava comodo e accogliente.
«Posso sedermi?». Gli aveva domandato voltandosi, frizzolo come un’ape, mentre scrutava con occhi attenti la reazione dell’amico. Aveva individuato anche uno schermo piantato sul soffitto, il che lo aveva portato a presumere fosse un tipo da Netflix and Chill. E sì, si era domandato se le serie tv sud-americane fossero brutte e pallose come quelle nostrane – The Crown, per dirne una –, ma qualcosa lo aveva portato a pensare che presto glielo avrebbe chiesto direttamente. E poi, per regola, più era brutta e pallosa una serie, prima si finiva a scopare.
Un giorno, si disse, sarebbe entrato nel Van con del luminol per scoprire i segreti che l’occhio umano, da sé, non poteva cogliere. Ma si era detto anche che Xanderino aveva costruito il suo mondo mobile per divertirsi, vivere, ed un po’ lo ammirava per questo.
Poi, se Lex gli avesse detto di sì, si sarebbe seduto, continuando a guardarsi intorno in cerca di quei dettagli piú minuziosi che era certo l’altro avesse disseminato in quello spazio, come indizi di ciò che negli anni era diventato, che forse era sempre stato.
Quel Van gridava Alexander ed in effetti lì dentro sarebbe mancato solo lui a quel punto.
Il fu tassino avrebbe quindi allargato le braccia, spazi permettendo. Non serviva che lo invitasse ad entrare in casa sua – ci mancherebbe – ma lo stava invitando ad entrare nella sua vita e quello che gli mancava veramente era un suo abbraccio. Uno di quelli forti, che ti toglievano il respiro, e che piú che un semplice gesto d’affetto, diventavano piú una promessa. Perché lui voleva che fosse così. E non pretendeva rimanesse con lui per sempre, gli spiriti liberi non si potevano certo ingabbiare, ma che almeno restasse, fintantoché il cuore così gli diceva di fare. Nella sua vita, insieme a lui. E se mai gli fosse venuta voglia di mettere in moto l’affare e sgommare on the road, mai gli avrebbe perdonato la mancanza di un po’ di posta via condor, pellicano o qualunque altro volatile fosse autoctono dell’area che visitava.
Pena la caccia selvaggia, sarebbe andato a ripescarlo in capo al mondo, su qualunque piano astrale, solo per dirgli in faccia che era un pollo.
«Vié qua, bestia del demonio». Gli avrebbe detto, con il suo solito tono scherzoso, come a dargli il via. Ripensava agli anni di silenzio radio e la cosa gli faceva venir voglia di stritolarlo come una lattina, spremerlo come un tubetto di cheddar e accartocciarlo tipo la stagnola del kebab.

van(o)

 
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alexander hydra ▸ 23 anni ▸ nomade
5mtQebGE’ come quando tua madre tornava a casa con una tela interamente dipinta, la metteva in soggiorno e lasciava a te ed a Theo l’arduo compito di recensirla. Non sapeva cosa aspettarsi da voi, come tu non sai cosa aspettarti da Camillo. Certo una parte di te prega - come a Natale - che gli piaccia. Non sai perché stai dando una fondamentalmente importanza a tutto questo. Magari è perché speri che, piacendogli, ci voglia passare del tempo dentro con te, come se vi servisse di nuovo un covo in cui rifugiarvi. Non per paura, ma per diletto, per avere un posto inaccessibile ad altri, riservato alle stronzate che solo la vostra mente può partorire.
Per questo trattieni il fiato, ciondoli come il fenicottero che sei, su un piede solo mentre il tuo amico esplora. Si prende i suoi spazi, con un sorriso che ti si allarga in muso.
Neanche stessi vendendo un super attico in centro a Londra. E non è nemmeno così precisa, le cose dentro sono un po’ alla rinfusa: ma cazzo se ti piace, ti fa compagnia, ti stringe quando resti solo.
Ora speri che Camillo lo senta.
Che Camillo lo veda, quel cuore stupido che hai sempre in bilico tra arte e sregolatezza. In fondo, vi è mancata una parte di crescita insieme, hai fatto un salto nel vuoto e mica lo sai se ad accoglierti ci sarà un ponte di vetro o una trappola di spine.
«E' il giusto modo di affrontare la meraviglia» avere una sincope, sussurri, stupido accompagnando i movimenti del tuo olandese. Ci aggiungi quel pizzico di magia, neanche fossi un mercante di strada, un venditore di emozioni senza controllo.
Sì, come se non fosse il tuo il cuore che pulsa tra la piccola alcova ed il cucinino stretto.
E vedesse la doccia, in quella ti accartocci perché proprio lo spazio non esiste lì dentro, e tu non vuoi esista. Hai bisogno di un soffocante abbraccio.
Neanche a dirlo, Camillo è con te anche in questo.
Ed ovviamente lui può sedersi, anzi, deve. «Solo a tuo rischio e pericolo» affermi, docile come una pianta carnivora.
Hai fame, Lexy. Hai fame di riempire gli spazi, la fame che colma i vuoti, che spingi ad intrecciare le gambe fino a sentire i muscoli indolenzirsi.
E pensare che sei stato vegetariano così a lungo…
Ma vederlo, il tuo amico da sempre, a braccia larghe sul tuo letto, ti fa mancare più di un battito. La sincope l’avrai tu, se continua così. E dio, lui deve continuare così. Tanto che se fossi un cane scodinzoleresti, ma da umano che sei, pieghi il sorriso in un ghigno.
La porta del Van è ancora aperta, ma chissenefrega, Lex! Lui ti invita e tu carichi.
Ti bastano due falcate di corsa per raggiungerlo e gettarti su di lui con il rischio di spaccare il cranio ad entrambi: il tuo rimarrebbe vuoto lo stesso.
In realtà ti calibri per non frantumarti le ossa, né piegare le sue. Perché sei pratico di casa tua, e sai come si abbraccia qualcuno.
A Camillo, però, riservi solo quella piccola delicatezza, che la craniata al massimo - piegandoti - te la prendi al posto suo.
Nell’abbraccio, stringi. Gli morsichi il collo per gioco, perché sai giocare solo come i cani, come i randagi che l’affetto non se lo tengono mai per loro.
E’ un morso veloce, prima di tirarlo giù su quel materasso a sabbie mobili.
Respiri come non facevi da un po’, sei fottutamente felice, figlio di un cane!
«Mi sei mancato per davvero, figlio della merda» che è il tuo modo di dire che ti dispiace di aver lasciato correre quegli anni senza sentirlo.
E che sei così vigliacco da averlo capito di più ora che l’hai visto, e ce l’hai qui tra le grinfie.
Ti prometto che mi faccio perdonare, sembri dirgli anche solo restando lì, accoccolato come quando eravate ragazzini stupidi.
Oddio, non che tu sia meno ragazzino adesso: forse sei più adolescente ora di quando avevi 15 anni.
«Se vuoi prendermi a pugni, questo è il momento, sono innocuo e indifeso» ti mostri innocuo, ma non sai davvero nessuna delle due cose.
Solo che, rispetto all’ultima volta che ti ha visto, oggi profumi di fresco. I tuoi occhi sono piccoli pozzi maledetti, brillano del colore dell'acqua dei Caraibi, ed è tutta colpa sua. «Fai del tuo peggio» Alzi un sopracciglio, lo sfidi sul serio.
Tanto stavolta non ti sgrida nessuno se torni a casa infangato fino ai capelli.

van(o)

 
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view post Posted on 16/2/2024, 19:53
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camillo breendbergh ▸ 20 anni ▸ mastrobarbone
5mtQebGE uno. E due. E uno e due e tre. Due falcate piú il balzo. Lex gli si era tuffato addosso come un atleta olimpionico che pareva voler sfidare il record di salto in lungo. E si era detto che, alto com’era, probabilmente aveva qualche possibilità di battere quello attuale. Gli era bastato poco per atterrarlo ed ora lui si trovava nel suo letto, steso per lungo come chi ci aveva lasciato le penne. Camillo ci aveva provato ad attutire la carica, spostandosi indietro al momento propizio, ma gli parve comunque di esser mandato KO da Tyson ai picchi della sua gloria – dopo essere uscito di galera, per intenderci. Forse dargli quel vantaggio non era stata una buona idea, così si era detto, ma anche da morto era felice che finalmente potesse riabbracciare il suo amico.
Lo strinse con le braccia come si faceva con i peluche, quelli antistress che quando li strizzavi per bene da una parte, si gonfiavano da un’altra. L’immagine degli occhioni che spuntavano dalle orbite, carichi per la pressione, gli strappò una risata genuina.
«Ci siamo appena ritrovati e già vuoi mandarmi al Creatore?». Camillo gliel’aveva chiesto chiaro e tondo, un ammonimento che per il tono con cui era stato pronunciato non riusciva ad essere nemmeno un po’ minaccioso. Dopo pranzo era abituato a farsi una pennichella, se si stendeva, non ad essere travolto con quella forza.
Ma Lex gli era mancato e così anche quegli abbracci, quei giochi e quelle prove di forza che tanto gli ricordavano i momenti piú leggeri della loro infanzia.
Ad essere del tutto onesti, il morso sul collo che venne a seguire gli risultò un tantinello sospetto, ma non riuscì a metabolizzarlo immediatamente. A conti fatti, accettava di buon grado il contatto fisico con lui e, se ripensava al fatto che solo pochi mesi prima sentisse la pelle venirgli strappata dalla carne nonappena veniva sfiorato, lo considerava un buon traguardo. Ma gli rimase un pensiero in sospeso.
Ci bisticciò un po’, lo mosse qua e là, cullandolo nella stretta in cui lui stesso l’aveva invitato. Ascoltava le sue parole e rifletteva sul fatto che, se le avesse pronunciate il ragazzetto che ancora viveva nei suoi ricordi, le avrebbe prese davvero come una sfida innocente. Ma Lex era cresciuto, così come era cresciuto anche lui, del resto, ed ora sapeva bene che nel bizzarro modo di comunicare che avevano gli adulti, ogni frase poteva celare segreti, sottintesi non espressi. Interpretazioni cariche di malizia o completamente prive. E si domandava se dovesse appellarsi al ricordo del fanciullo che fu, per dare un senso a ciò che gli stava dicendo, o dovesse riconoscere che il tempo aveva cambiato tante cose nel loro rapporto, così come loro nella loro individualità.
Prese una decisione ed il cuore mancò di un battito, mentre sollevava lievemente la testa dal cuscino per osservare la testolina bionda di Alexander.
«Lex!» Lo richiamò, gentile, mentre le mani risalivano lungo la sua schiena ed andavano ad accogliere le sue guance, sollevando il capo, così che potesse guardarlo in viso, e scrutare in quei due occhi azzurri e rivelatori, limpidi come le acque dei caraibi. Voleva vedere cosa ci fosse sul fondale, sotto quella superficie cristallina data dal ricordo della sua innocenza.
Non l’avrebbe preso a pugni, non lo avrebbe massacrato, come lui voleva. Forse soltanto un po’. Si aggrappò alle sue spalle e lo ribaltò sul letto, così che fosse lo spilungone a star sotto questa volta. Risalì con il corpo, mentre le mani facevano pressione per ancorarlo alla superficie morbida su cui ora era imprigionato. Avvicinò piano il viso a quello di lui e lo guardò serio.
«Io ti piaccio?» Domandò, con la stessa serietà che traspariva dai suoi occhi nocciola e con un sorriso tagliente ad incurvargli le labbra. Voleva saperlo prima che fosse troppo tardi, capire cosa gli frullasse per la testa, anche se un pensiero sfrecciato nella sua scatola cranica gli aveva già dato una mezza risposta.
Ora le braccia di Camillo erano distese, il volto lontano da quello dell’amico, ma perfettamente al di sopra del suo. Sui lineamenti di Breendbergh si era formata un’espressione maligna, indagatrice, mentre lo sguardo saettava qua e là in cerca di segnali rivelatori. Verità o menzogna, due cose che solo il suo atteggiamento gli avrebbe potuto rivelare, a discapito delle parole, con cui avrebbe potuto raccontargli qualunque cosa avesse voluto.
Glielo avrebbe domandato una volta ed una soltanto, perché si era ripromesso di non trasformare quella dolce riunione in un interrogatorio, ma si era anche detto che era diritto di entrambi sapere cosa provassero l’uno per l’altro. Perché Camillo non riusciva a lasciarsi andare facilmente. Perché il suo animo curioso aveva bisogno di certezze per mettere in armonia il cuore e la testa. Perché se tutto questo fosse venuto a mancare, non sarebbe piú riuscito a star bene in compagnia del ragazzo che aveva incastrato sotto di sé. E non voleva perderlo così, dopo tutto il tempo che li aveva tenuti lontani. Voleva che rimanesse ed esisteva solo un modo per far sì che il suo desiderio non andasse in frantumi.

van(o)



Edited by Camomillo - 23/4/2024, 16:19
 
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alexander hydra ▸ 23 anni ▸ nomade
5mtQebGNon ti passa mai per la testa di esagerare, a volte sono gli altri a dovertelo far notare.
Ma, ora come ora, ti lasci andare ai brividi che scatena l'averlo accanto, o peggio, l'averlo tra le braccia a stringere come un diavolo.
Che sia felice di vederti non ne hai il minimo dubbio e magari questo ti fa andare a fuoco il petto, il ritmo forsennato del tuo cuore è lo stesso di quello di un cavallo lanciato al galoppo in riva al mare. Magari arranca un po' quando trova tanta sabbia da smuovere, ma cazzo se ci da dentro nella corsa.
Non ti chiedi il perché, sul momento non ti chiedi mai un cazzo, accetti quello che viene e lo fai con la fame che puoi avere solo tu.
Ti godi la stretta come se non stessi soffocando, anche se imiti gli squittii di quei pupazzetti per cani, che più vengono stretti e più si lamentano.
Certo che per te, però, le strette non sono un problema, anzi. Tanto che il cuore in gola ti muore quando le risate scemano naturalmente e Camillo ti chiama per nome.
Diciamo che quando "Lex" prende il posto di "Sandro", trattieni il fiato. Pieghi piano il muso, interdetto come un gufo che viene colto a riempirsi il becco di sementi.
I tuoi occhi si spalancano piano piano, quasi dolcemente quando senti la mano di Camillo risalirti la schiena, e per quello che sembra un tempo eterno, ti scatta un brivido. E' un'onda d'urto che ti percorre lungo tutto il tragitto delle sue dita.
Cazzo.
Ma le mani non si fermano. Ti sfiora le guance e deglutire diventa un'impresa titanica.
Non gli neghi il tuo sguardo, anzi, quasi affoghi nel suo.
D-dio, aspetta...
Entri in una sorta di stallo in cui puoi sentirti respirare in un rimbombo di echi. Senti solo come tutto sia più intenso, e forse è perché non siete più due bambini. E magari sai bene dove si finisce quando si comincia così.
Lo sai dalla stretta alle spalle che manda sottosopra il tuo mondo. La spinta sulla spalle è quel che basta a far scendere i brividi molto più in basso. La pelle si sfa d'oca nei pressi dell'ombelico, e quel rivolo gelido e bollente scende appena sotto la cintola. Lì dove tu gli imponi di fermarsi per un briciolo di decenza. E perché il cuore ti sta esplodendo.
Ma è forse la serietà con cui ti guarda che ti fa sentire inchiodato sul posto. Quella ti manda in estasi ed in crisi al tempo stesso, tutto in una fusione nucleare. Ne raggiungi il limite quando avvicina il suo viso al tuo e gli puoi sentire il respiro sfiorarti, come quando sei a due passi da un drago e lui sbuffa, allora sai bene che verrai divorato.
Nel tuo caso è la metafora migliore, perché appena ti parla, a passarti davanti è sul serio tutta la vita.
La tua, quella passata a giocare da piccoli, quella passata distanti da adolescenti, e quella che potrebbe smuoversi adesso che vi siete ritrovati.
La domanda è semplice, e tu non menti mai. Non potresti, non a lui.
L'acqua nel tuo sguardo si agita appena, ci provi a tirar su un ghigno che mostri i denti pallidi, anche quando alla serietà dovresti rispondere con tutta la serietà che possiedi.
«Me lo chiedi così» sorridi, invece, incapace di fingere.
Peccato ti esca con un filo di voce, prima che davvero la colpevolezza ti si legga in muso.
Non senti mai il bisogno di ammettere qualcosa, e ti mancava l'avere a che fare con qualcuno di tanto diretto.
«Mi sa di sì, Cam» ora però il tuo è un tono che rasenta la serietà del suo, non muovi un muscolo e speri che nessuno muscolo, di rimando, si muova fuori dal tuo controllo.
Il sorriso resta in piedi, in bilico tra l'ironia più veritiera che possiedi e l'ansia che sale a stringerti il petto.
Non sei arrendevole, ma ti arrenderesti se te lo chiedesse impegnandosi a stringerti anche i polsi, che se questo è il suo sprint, cazzo se lo vuoi.
Ma ora - perché a Camillo tieni come terresti ad un arto, lui è importantissimo a prescindere da qualunque reazione - sei cauto, come lo sarebbe una gazzella a due passi dal leone.
Gli scenari nella tua testa si affollano ma, finché spinge sulle tue spalle, sei sicuro di reggere il peso di tutti loro. Continui a guardarlo.

van(o)

 
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view post Posted on 23/4/2024, 15:24
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camillo breendbergh ▸ 20 anni ▸ mastrobarbone
5mtQebG«Anche tu mi piaci, sai». Non esisteva un modo giusto per fare quella domanda, né per rispondervi. L’unica cosa che si poteva fare era essere diretti e sinceri quando arrivava l’ora di maneggiare certi sentimenti. Erano delicati, bastava poco per frantumarli. Una parola sbagliata, una bugia, una piccola omissione e tutto andava in pezzi. E così, il legame che univa due persone, quasi per proprietà transitiva, ne risentiva, emulava quella rottura. Non era una cosa che si poteva riparare e chi pensava che le crepe potessero essere aggiustate con l’oro, per impreziosire con dettagli raffinati la forma di qualcosa ormai distrutto, era un folle. Almeno nella sua assurda visione delle cose.
Era stato anche per quello che, colti i primi segnali, aveva voluto fare chiarezza. Una piccola incrinatura era gestibile, ma i cocci sparsi spesso si rivelavano taglienti.
Il tono di Camillo era allegro, anche se non riuscì a celare un velo di tristezza nel suo sguardo. Lex aveva bisogno di qualcosa che lui non poteva dargli ed in un certo senso, questo lo faceva sentire in difetto nei suoi confronti. Ammorbidì la presa e reggendo il proprio peso sulle ginocchia, ancorate al materasso, ancora una volta andò ad accogliere il viso dell’amico tra le sue mani.
«Ma non nel modo in cui vorresti, mi dispiace». Non gli aveva staccato gli occhi di dosso, nemmeno le mani. Restava sempre in quello stato d’animo conflittuale, tra la piú sincera curiosità ed il desiderio di esprimere affetto. Cazzo, se gli era mancato. Era anche arrabbiato e geloso per via di tutto quel tempo che avrebbero potuto passare insieme e che invece aveva condiviso con qualcun altro. Alla fine si arrese e lasciandosi cadere morbidamente, finì per stampargli un bacio sulla fronte, prima di raccoglierlo a sé in un abbraccio, se lui glielo avesse permesso. La testolina bionda di lui contro il proprio petto ad ascoltare il battito di un cuore che stava correndo, come se avesse dovuto battere ogni record nella sua aritmica follia.
«Sei importante per me, voglio che tu lo sappia, e non voglio perderti ancora». Confessò poi in un sussurro sincero.
Ripensò a quanto era stato male negli anni passati, alla fatica fatta per liberarsi dal peso che si portava dentro. Se si ricordava del sé di pochi mesi prima, quello che si sentiva sotto l’effetto di un Crucio al piú misero contatto fisico con un altro essere umano, il sé che scappava dalle manifestazioni d’affetto perché era convinto di non meritarsele, tutta quella situazione gli faceva uno strano effetto. Ora era lì, in uno spazio angusto, con un altro essere umano, a condividere un vuoto inesistente con la sua controparte. E nonostante il peso di quelle dichiarazioni che si erano scambiati reciprocamente, stava bene. O almeno, non sentiva il desiderio di morire tuffandosi in un rogo chimico.
«Fammi spazio». Gli avrebbe chiesto poi, con una gentilezza fin troppo cauta, se l’altro fosse stato in vena di avere ancora Camillo Breendbergh lì, nella sua casa mobile. Si sarebbe sistemato per sdraiarsi vicino a lui e avrebbe condiviso volentieri la comodità di quel Van.
«Ho un sacco di progetti in ballo in questo momento, ma ci sono anche un sacco di posti che voglio mostrarti, persone che voglio farti conoscere». Non parlava di amicizie, o meglio, gli sarebbe piaciuto renderlo a tutti gli effetti parte della sua cricca di sventurati. Ripensò ad una frase che un’amica gli aveva detto una volta: “Londra si sveglia di notte”. Quella dei Maghi, oltre che quella dei babbani. Era sicuro che, al netto di quanto emerso, qualche distrazione lo avrebbe aiutato a sentirsi piú a suo agio con quella città, con Camillo. In effetti, c’era un certo posto che gli era venuto subito in mente. Non ci tornava da un po’, ma ora che era Adulto e piú maturo, ma soprattutto in buona compagnia, gli sembrava la meta perfetta per introdurre l’amico ad uno stile di vita piú frizzantino. Anche se i loro interessi potevano essere del tutto differenti. A lui piaceva la musica ed il gioco. Quelli di Lex ancora non li conosceva bene, ma una mezza idea già se l’era fatta. Sì, era il posto perfetto per lui, almeno così pensò.
«Devo rimediare due biglietti per un certo locale notturno, è un tantinello esclusivo e discreto, ma amano fare le cose in grande. Che dici, è il tuo genere di serata in città?» Domandò poi, con un’espressione furba sul viso, una di quelle che promettevano un divertimento privo di inibizioni. Del resto, le premesse lasciavano intendere che certi segretucci imposti conferissero un fascino misterioso all’esperienza che gli stava proponendo. Nonostante le mille variabili, pensò, finché era con lui potevano stare tranquilli entrambi. Camillo conosceva le regole della casa e, sebbene non ci fossero santi, la compagnia non era affatto male. Forse addirittura migliore.

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