Mirror of Daedalus, Evento straordinario | Horus

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view post Posted on 7/11/2023, 17:26
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– DaedalusIII
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Se potessi riderei e rimarrei a guardare l’ustione che si propaga sul braccio di quel mostro del cazzo. Il calore dell’incendio mi accarezza la pelle mentre scarto, le orecchie deliziate dalle urla di Celsius. Vorrei potermene beare, poter dire che ho vinto e poterlo finire lasciandolo a crepare tra le fiamme, ma so perfettamente che non posso. Soprattutto, mi aspetto già che tutto questo casino mi si ritorcerà contro.
Balzo di lato, ma barcollo quando tocco la sabbia e una voce sprezzante si sostituisce al piacere delle urla. Abbasso lo sguardo sul mio piede: se prima sono sfuggito alla presa della mano fatta d’ombra, ora un banale Incarceramus mi arpiona a terra.
« Merda. » Impreco, rivoltandomi come una vipera contro il mio carceriere. Il volto di Sahid mi accoglie beffardo e la mia faccia si accartoccia in una smorfia di disgusto.
Ho ancora la bacchetta e mentre la stringo e la punto contro di lui, i miei occhi si spalancano per la sorpresa e l’ennesimo insulto avvelena la mia bocca.
« Tu… brutto figlio di puttana. » Stavolta sono io a pronunciare quest’offesa che, solo pochi secondi fa, Celsius aveva riservato a me. Ringhio furioso.
Marco non me l’aspettavo, non qui, non adesso. Mi maledico pensando all’occasione che avevo per ammazzarlo e che ho sprecato per… cosa? Per quella stupida ragazzina della sorella. Vaffanculo a me e alla mia pietà.
Sono in trappola e non faccio in tempo a pensarlo che un brivido, l’ennesimo, mi perfora le vertebre come tanti, sottili spilli; sono come una di quelle farfalle sul quadro di un cinico collezionista. Il rumore delle catene si sostituisce alla mia esclamazione di sorpresa quando in un battito di ciglia sento Marco dietro di me. Le sue mani di ghiaccio mi cingono le spalle e la sua forza, che mai avrei immaginato in un corpo così fragile –almeno a cose normali– mi spingono a cadere in ginocchio. Mi divincolo più forte che posso ma questo gelo, quest’algida sensazione mi atterriscono abbastanza da assistere sconvolto all’arrivo dell’uomo dai capelli grigi.
L’odio che provo si fortifica, divampa come il falò che poco fa è esploso e a cui nessuno sembra badare. Evidentemente Celsius era una vittima sacrificabile, ma, soprattutto, l’Ankh è al sicuro o questi servi avrebbero trotterellato di gran carriera per estinguerlo. Ce l’ha lui, penso, mentre lo guardo; l’acciaio che compone le mie iridi riflette puro astio. Mi sporgo in avanti trattenendo a stento il tremore del corpo che Marco mi evoca e che non voglio, ad ogni costo, mostrare a questi stronzi.
Il mio disprezzo arriccia il mio viso in un’espressione così bestiale da deformarmi i tratti. La voglia sul mio occhio brucia al punto che una goccia di sudore freddo mi scivola tra le scapole. Mi sembra di essere in preda alle febbri, quando lo sputo del Mangiamorte mi sfiora.
Però capisco qualcosa: il modo con cui mi ha definito, il figlio di Osiris è tinto di una sfumatura che solo il malcontento può generare. Mi immobilizzo per un momento, una vena pulsa sul mio collo mentre penso veloce. Scorro con lo sguardo l’intero corpo dell’uomo, ignorando totalmente Sahid e Marco, stupidi elementi di contorno di una tragedia dove solo io e lui siamo i protagonisti, gli attori principali.
Loro non sono soddisfatti. Loro non sono contenti del lavoro di mio padre.
Forse lui non è un alleato come immaginavo. Magari è… innocente?
“Vuoi vedere la maschera di tuo padre?”
Chiudo gli occhi: non ho altra scelta se non chiamarti.
Non posso fare altro, non è così? Tre contro uno e uno di questi tre non è nemmeno umano, ma qualcosa di cui non comprendo l’origine. So solo che è sorprendentemente pericoloso, forse più di Celsius. In fondo, però… nemmeno io lo sono più del tutto, no?
Anche io sono, in un certo senso, un ibrido.
Non sono più solo un uomo; sono un falco, ma sono anche un… sarcofago.
Per te, Hagalaz.
Sei qui, dentro di me, t’aggrappi come un’edera al mio cuore palpitante e che mi fa dolere persino i polmoni.
Sei una malattia che si irradia nei miei organi, infesta la mia anima.
Sei qui, mentre guardo questi uomini con un odio che mi lacera più di te, mentre il desiderio di farli a pezzi mi fa tremare le mani molto più dell’inquietante potere di Marco.
Sei qui sulla cicatrice del taglio che mi ha squarciato in due per mezzo della tua mano, quando mi tenevo disperato i lembi di carne per cercare di trattenere il sangue che mi sgorgava dalla ferita e dalla bocca come l’acqua fugge da un assetato nel deserto. Lo sento anche adesso il sapore vellutato del ferro, ma non è mio.
È frutto del vuoto in cui vegeta nel dolore provocato da mio padre; mi blocca il respiro in gola mentre trattengo il fiato, adesso.
Ti sento muovere come un cobra, attraversi ogni vena, ogni arteria, ogni singolo neurone.
Percepisco il coagularti intorno a me, distenderti come una placida marea, come il momento che precede uno tsunami, quando la riva si scopre, la risacca promette una calma che non arriverà.
Chino il capo in avanti: sono prigioniero e mi assicuro di tenere il braccio armato verso il basso in una resa.
… O così, loro credono.
Quando riapro gli occhi, nascosti da un battito delle mie ciglia, il mio sguardo è tutto per il Mangiamorte.
Ciò che è accaduto sulla terrazza è ancora così vivido che mi spingo ancora più avanti, quanto più posso verso di lui, allungo il collo affinché mi veda ancora meglio, illuminato dal riverbero del fuoco.
Ti cerco, maledetto bastardo, cerco il tuo respiro fetido, è la tua Vita che pretendo.
Ti sfido.

« V-a-f-f-a-n-c-u-l-o. » Scandisco con scherno arricciando un labbro; i denti si snudano, feroci.
Sono un animale che non ha più nulla da perdere e si schianta contro le sbarre.
Così con un impeto di tutta la forza che sono in grado di generare, il mio braccio si muove proprio come l’onda con cui voglio piegarvi, traccia un semicerchio in tutta la sua possibile ampiezza.
Inginocchiatevi voi, a me.
Hagalaz, nella mia mente, fende l’aria da destra a sinistra, in un moto orizzontale che vi aggancia, vi porta via, un pezzo alla volta. Le mie dita tese sono fatte della stessa pietra del golem, mio assassino, e il ricordo di coloro che subirono la furia di Hagalaz, in quel bosco, mi accende gli occhi d’un bagliore folle, sadico.
La lama che genero è raccolta nella pressione di ogni singola particella d'aria, compressa nel vuoto che riempie l’Universo; è il fiato degli Dei che agiscono per me, è la furia di Sekhmet, mia Signora, che mi possiede.
Passati al filo della sua spada, verrete macellati come pezzi di carne di fronte un lauto banchetto.
Dovete crepare, dal primo all’ultimo, e se ciò non mi riesce, giuro dinanzi gli Dei che vi prendo uno ad uno e vi sgozzo.
Ma tu, tu per primo: ti reclamo, reclamo il tuo sangue in onore della Divoratrice.
Per Ra, per Sitra.
Per me.
Proprio come quel capretto nel giorno della festa di Hator, quando mio padre strinse la mia mano attorno all’elsa del pugnale il cui filo premeva sulla gola dell’animale. Allora mi guidò e tirò insieme a me la lama in una linea netta che decretò il giudizio finale.
E il sangue schizzò sui piedi di Sekhmet.


– Tell me would you kill to prove you're right –

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore]
▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura]
All'interno:
– Generi di viaggio.
– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
– Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici.
– Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest]
– Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2]

▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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Evoco Hagalaz in forma di lama orizzontale.

EDIT: modifica permessa col benestare del Master.


Edited by Horus Sekhmeth - 7/11/2023, 19:37
 
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Il Fato

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nzL5qO7

«Fi-figlio di puttana...» Celsius piagnucola, si lamenta, ma non è importante. Appoggiato con la schiena alla palma, sussulta. Si regge quel braccio talmente scuro che inizia a sgretolarglisi tra le dita, come sabbia colta da una duna. Ma nessuno gli dà bado, nessuno è così concentrato, neppure Sahid che ha occhi solo per te. Feroci ma curiosi.
Eppure tu non guardi lui, non guardi Marco che - ferale - ti stringe le spalle. Tu sei concentrato sul Mangiamorte, colui che osa sputare sul nome di tuo padre, e su quella che è la sua eredità in carne ed ossa: tu.

Ed ecco che non hai altra scelta, vero figlio mio? Non puoi restare in ginocchio, non sei nato per piegarti e non sei nato per arrenderti.

H A G A L A Z
FENDE L'ARIA

[-20PS; -20PC; -20PM]

E tutto tace. In un primo e dolce attimo la sua forza ti pervade, ti porta in una bolla di sopravvivenza. Respiri il suo stesso potere, lo senti scorrere come se fosse ciò che trasportano le tue arterie fino al cuore.
E' frenetico e silenzioso, e blocca il fiato a chiunque sia ora accanto a te. Non osa volare un respiro in questi sciocchi e tremendi secondi.
Un battito di palpebre e l'immagine davanti ai tuoi occhi muta drasticamente. A raggiungerti è sempre prima la vista. Se un secondo fa Sheiva, il Mangiamorte, davanti a te sputava alla memoria di Osiris, due secondi dopo la sua immagine è di un rosso cupo. Un fiotto di sangue ti macchia le vesti, il volto, il collo. E' tiepido e viscoso, lo senti scivolare lungo il petto, macchiare le mani ed infine gocciolare sulla sabbia.
L'odore è nauseabondo, stilla conati in gola. Sheiva gorgoglia parole incomprensibili, farnetica nell'inaspettato incontro con la morte. Con te.
Il suo corpo si accascia a terra, segato in due da poco sopra le ginocchia.

5mtQebG
Il silenzio è lugubre ora, l'aria è carica del tuo affaticamento. I respiri ti riescono a fatica, ma subito una catena si stringe alla caviglia ed un'altra stretta ti blocca entrambi i polsi, la bacchetta cade a pochi centimetri da te. E' il ringhio di Sahid che ti risponde, più per lo sgomento che per la frustrazione, alza ancora la bacchetta, minaccioso.

5mtQebG
Marco, tuttavia, ti stringe a sé, ti porta contro il suo petto, quasi alzandoti come fossi un fuscello, incastra le mani sotto le tue braccia per bloccarti e prepararti alla cura che avrà Sahid per te. «Che cazzo hai fatto» ti ammonisce, severo, un indice si allunga d'ombra dalla sua mano, ti sfiora le labbra ed incide. Incide lasciando che il fuoco bruci sulla carne aperta, e quello che senti è un dolore intollerabile, come se stesse versando sale ghiacciato su una ferita aperta: le tue labbra si spaccano, si sgretolano al suo passare. E' durata due secondi, ma ha fatto un male atroce. [-10PC] «Adesso dobbiamo proprio farti il culo».

Ora le vedi, Horus: due leonesse ed una poiana, patronus che circondano la cupola in cui sei racchiuso. Non sei solo, mai. Resisti.



HORUS
PS 405/437 | PC 333/363 | PM 410/430
Caviglia sinistra legata da una catena di ferro, così come entrambi i polsi, il capo è in mano a Sahid.
Ferita aperta a metà labbra.
Bloccato dalle braccia di Marco.

celsius
PS 190/220 | PC 170/200 | PM 260
Avambraccio destro carbonizzato
sheiva
PS 390 | PC 390 | PM 400
DECEDUTO

sahid
PS 305/310 | PC 295/300 | PM 310
...
MARCO
PS 220 | PC 200 | PM 260
...




 
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PS 405/437 PC 333/363 PM 410/430 EXP 101,5
Un buco nero non ha pietà di ciò che gravita intorno ad esso.
Nemmeno la luce, Regina suprema dell’esistenza di ogni cosa, sopravvive al suo interno.
È così che Hagalaz prende possesso di me, prende tutto ciò che ho e lo ingurgita affamata; è una bestia che, una volta liberata, si sazia delle mie carni e del mio sangue senza mai esserne soddisfatta. Il parallelismo con la Dea Sterminatrice è inevitabile.
Spalanco la bocca ansimando, piego il capo all’indietro inneggiando al cielo, cercando l’aria che da me è fluita condensandosi in un’arma in cui ogni singola particella si è coagulata come il mio sangue in questo esatto momento. Chiudo gli occhi e sento il Suo potere propagarsi, diramandosi dalle mie dita che fendono lo spazio che separa me dal mio nemico. Sento gli angoli delle labbra incurvarsi verso l’alto, mi attraversa una sensazione che non provavo da troppo tempo, un’estasi che inebria, come il più dolce dei vini, la più bella delle amanti.
So cosa sta succedendo, lo comprendo ancora prima che la lama impatti sul corpo. Scopro i denti ancora di più quando il sangue schizza sul mio volto e apro finalmente gli occhi, annaspando in quest’oceano putrescente. Arriccio il naso e guardo crudele il frutto della Runa che vive dentro di me.
Lentamente, teatralmente, vedo scivolare la prima metà di quest’uomo e godo dell’espressione sconvolta sul suo viso.
Te l’ho detto che dovevi andare a farti fottere.
Ma il prezzo da pagare è oneroso anche per me, anche se… beh, non quanto è costato a te, brutto stronzo.
Mi piego in avanti e, veloce com’è sopraggiunta, l’eccitazione della morte scivola via in rivoli di sudore febbrile che mi scendono sulla schiena. Riemergo dalla superficie vitrea sotto cui sono andato, nel vuoto di una galassia oscura di cui sono servo ai piedi della mia Regina, Hagalaz. Respiro e annaspo, il petto s’alza e s’abbassa velocemente mentre riprendo fiato e il controllo delle mie membra. Hagalaz si quieta e s’acciambella dietro le sbarre formate dalle mie coste, dietro cui rimarrà finché non sarò io a comandargli di svegliarsi. Ho imparato come si addomestica questa bestia e ho pagato pegni esorbitanti.
La vista mi si annebbia mentre cerco di prendere più aria che posso. Per un momento non mi avvedo delle catene che si attorcigliano ai miei polsi; sento solo la bacchetta abbandonare le mie dita sporche; il deserto ne attutisce la caduta.
Sento il sangue coprire ogni centimetro della mia pelle, dipingere sul mio viso sinistri arabeschi, ma non me ne curo. Quando metto a fuoco Sahid, le sue iridi vacillanti e il suono gutturale che gli esce dalla gola, mi provoca un sadico divertimento.
Freno il riso con un singulto quando la voce di Marco giunge in un sussurro che mi paralizza. Non ho le forze, però, per ribellarmi alla sua stretta e le sue mani sotto le mie braccia sono l’ennesima pugnalata. Tuttavia il dolore che si dirama dalla mia bocca è inaspettato, giunge sulle ali di un’ombra sottile che mi squarcia. Gemo ma mi affretto a digrignare i denti, voltando la testa di lato per cercare di sfuggirgli. Il sangue che sgorga dalla profonda spaccatura sul labbro cola sul mio mento, si mescola a quello scuro del Mangiamorte che ho appena fatto a pezzi.
Il buio che si è impossessato della mia carne brucia e questi secondi sono eterni; combatto con tutto me stesso per non lasciare uscire dalla mia gola nemmeno un grido; è un bene che Hagalaz mi abbia tolto il respiro perché altrimenti non ne sarei mai stato in grado e avrei urlato.
Provo a muovere le mani, ma il tintinnio delle catene mi ricorda la mia prigionia.
Il mio sguardo si sofferma sul corpo del Mangiamorte: il rumore delle ossa di Ra, con il loro inquietante scricchiolio, viene sostituito a quello viscido della carne che scivola su se stessa, sul tonfo grottesco e nauseabondo che è seguito.
Fisso gli occhi vacui dell’uomo che mi giace davanti: sono ancora spalancati, i suoi capelli grigi un sipario calato sulla Maschera che ha ormai terminato il suo atto.
Che peccato. Era pure un bell’uomo, così delicato nei lineamenti, come quelli di una donna. In un certo senso, mi ricorda me, da piccolo.
Il labbro fa così male che non mi stupirei me lo avesse tranciato. Invece non posso fare a meno di tirarlo in una smorfia dolorosa che, a cose normali, dovrebbe essere un sorriso.
« Ops. » Rispondo a Marco. Non ho grande possibilità di movimento perché questa merda partorita dagli Inferi mi tiene fermo, alla mercé del suo compare.
Sputo a terra un grumo di sangue; proprio dove il Mangiamorte aveva insultato la mia discendenza.
Sono uno sbruffone, lo so.
Ma mi rifiuto di mostrare anche solo un briciolo della paura che in realtà mi attanaglia. Chi cazzo è che non avrebbe paura in questo momento? Non ho la più pallida idea di come uscire da questa situazione di merda; Hagalaz mi ha risucchiato totalmente le forze anche se ne è valsa la pena. Avevo giurato davanti Ra e Sitra che l’avrei fatto a pezzi e così è stato.
È ora che sento Sekhmet carezzarmi il capo, sfiorarmi con la sua spada: sono io la tua arma, ora.
È la vendetta a muovermi, perché il sangue che prima era sulle mie mani —quello di Sitra— è stato lavato via da quello del suo aggressore, da colui che ha giocato con lei e con me come marionette.
È un battesimo, questo, innanzi gli Dei.
Non provo rimorso, ma sono consapevole dell’eccitazione che questo sangue mi provoca.
È lo stesso che provai in quel bosco sperduto.
È quello di Dulwich.
Mi lecco una goccia di sangue fresco all’ angolo della bocca, reprimendo un sussulto quando la lingua tocca la carne viva.
Loro sono carne viva.
Anzi.
Sono carne da macello” come mi disse una volta Camille.

Mi nutro di quest’ebrezza, faccio leva su questo per riprendermi e rimanere stabile. Capisco il desiderio di voler affondare le lame ancora di più in quei corpi che minacciano la mia esistenza.
Dubito basterà della birra tinta con ocra rossa a fermarmi.
Se potessi, vi tirerei giù uno dopo l’altro prendendovi per i piedi per fracassarvi il cranio dinanzi l’altare della Sterminatrice. La vostra testa giacerebbe fra le vostre gambe per la conta, come capi di bestiame abbattuti per la grande festa di Hator.
Chissà se mia nonna penserebbe ancora che io non sia davvero erede di Sekhmet.
Eppure non posso crogiolarmi in tutto questo perché la mia vita non ha smesso di essere in pericolo.
Gli attimi sospesi che sono appena giunti sono finiti ed io un modo per salvarmi devo trovarlo ad ogni costo.
So che Ra è ancora su quella palma dove Celsius, probabilmente, sta lagnandosi e dimenandosi. Guardo verso di lui, come attirato dalle sue urla e noto, con un salto del cuore, le figure perlacee di tre Patronus che avanzano.
Non posso credere alla benevolenza di Amon e la stilla di una speranza s’accende. Non vedo bene e non voglio soffermarmici così distolgo in fretta lo sguardo.
Poi scoppio a ridere per dirottare su di me l’attenzione: non voglio che si accorgano di loro, voglio che guardino me.
Sono io l’ospite illustre no?
Fischio, o almeno ci provo. Non importa come viene fuori, è breve, conciso, abbastanza affinché Lui capisca. È un rischio quello a cui lo sottopongo, ma è solo per guadagnare tempo prima che i Patronus e i loro padroni giungano.
Ti prego, Ra, sii furbo, imploro nella mia mente come se potessi parlargli realmente. 
Cavagli gli occhi, vorrei gridargli.
« Fate del vostro meglio. » Ghigno stillando sempre più sangue dalla ferita dal labbro; piego il collo all’indietro, verso il petto di Marco.
Il tremore trapassa ogni osso del mio corpo, è come sdraiarsi su un letto di chiodi, un suicidio.
Ma ho già detto che sono uno sbruffone, no?


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Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore]
▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura]
All'interno:
– Generi di viaggio.
– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
– Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici.
– Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest]
– Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2]

▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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Sheiva è morto, e le leonesse sono pronte a banchettare con i suoi resti. Mentre la poiana volteggia verso il campo di luce al limitare della cupola protettiva, i felini si aggirano introno a voi, feroci.
Ancora Sahid non li vede, la sua concentrazione è solo su di te. Sul tuo modo di immolarti, su come tu riesca adesso ad essere sicuro di ciò che hai fatto, quasi fiero, no?
Oh che tu lo sia o meno, ciò che vede l'uomo in cappa scura è piacevole, gli si dipinge un ghigno sadico in volto. Guardalo bene, Horus, ora che la mano d'ombra di Marco ti spinge il volto in sua direzione. Guarda come l'altro Mangiamorte gongola di fronte al tuo reato.
Sicuro che sia solo una questione di vendetta? Sicuro che tu sia il loro pasto, oppure è ciò che celi dentro l'anima, a fargli gola?

5mtQebG
Ma il mormorio silente di Sahid non è la prima cosa che ti raggiunge, quando lui già si fa strada verso il tuo corpo bloccato. E' il tono caldo e lugubre di Marco che sussurra all'altezza del tuo orecchio. «Ah, l'hai fatto incazzare» ridacchia, il fondo musicale di una iena, ma la mano con cui ti ha inciso, ti toglie il fiato. Un affondo degli arti d'ombra nel petto, dritto a stringere il cuore. «L'hai voluto tu» sussurra quando la sua stretta artiglia il tuo cuore. [-30PS, -20 PC] La sensazione è un gelo che accelera i battiti, un annegare lento in un lago oscuro, ma certo non è solo questo, è un tremendo antipasto per Sahid.

Il suo ringhio viene intervallato dal fischio acuto con cui Ra - preoccupato - ti risponde. Il tuo falco si prepara alla picchiata e lo sventolio di Sahid fa uscire un raggio verde pronto a colpire. Disattento poiché comunque guarda te, non vede come la poiana, più concreta, impatti con la cupola in quell'esatto momento. La barriera s'infrange.

5mtQebG
Sahid però non si ferma, con la bacchetta puntata contro di te, la sua smorfia è un acuto di fastidio. Scansa con il piede il corpo di Sheiva, e - ignorando i lapilli di luce della protezione distrutta. «Crucio» esala.

Oh, Horus, il tuo mondo.
Il tuo mondo va a pezzi. La crudeltà ti contorce le budella ed il gelo al cuore cessa, ma solo per qualcosa più dolorosa del dolore stesso. Ti contrai, gli arti sembrano spezzarsi ripetutamente, senza freni, in continuo. Ma non hai mai assuefazione, non è neanche un dolore sopportabile. Non ti impedisce di gridare in ringhi soffocati tutto ciò che senti. La rabbia sul volto di Sahid è la trasfigurazione del suo sadismo radicato.
A lui non importa che tu abbia ucciso un compagno, che tu abbia ucciso Sheiva. A lui importa solo che tu soffra, che il tuo dolore solletichi ogni lembo della sua pelle tiepida, e lo esalti. Vuole sentirlo scendere tra le viscere, e di quello - poi - vuole goderne.
E' una corruzione profonda, che non si risolve con pietismo e piagnistei. Sahid è inarrestabile, e tu lo stai scoprendo adesso.

Oh, Horus, il tuo mondo.
E' fatto di aghi che ti perforano ogni poro nello stesso esatto momento, e l'inventiva del tuo carceriere non ha fine, vieni perforato, reciso, inciso in ogni punto di te.
Subisci la stessa sofferenza gorgogliante che ha passato Sheiva, il tuo corpo si taglia a metà ma la lama è lenta, si porta via ogni parte di te come fossi un piatto di cui Sahid vuole cibarsi.
Lui si nutre del tuo dolore e per questo non vorrà mai che abbia fine.

Eppure la senti, s'intona più forte la voce di Osiris.
"Mio figlio? MIO FIGLIO NON FARÀ NIENTE PER TE!"



HORUS
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Sotto Crucio.
Ferita aperta a metà labbra.

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DECEDUTO

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...
MARCO
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...




 
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Lo so già che mi sarei pentito e che non sarei sfuggito a tutto ciò che mi sarebbe aspettato.
Sono in trappola, disarmato, prosciugato dalla Runa, ma con la coda dell’occhio scorgo le leonesse che si aggirano silenziose attorno a noi e prego affinché né Sahid, né Marco si accorgano di loro, troppo occupati da me.
Sarà un miracolo che, dopo tutto, non mi ammazzino, ma cazzo troverò il modo di portarli con me, a costo di rifiutare la benevolenza degli Dei e ridurmi un fantasma.
Chiudo gli occhi, il viso arricciato in una maschera di rabbia che non ho intenzione di togliermi.
Nemmeno quando sento il buio penetrarmi nel petto e prendere possesso del mio cuore. Stringo forte le palpebre con un gemito tra i denti quando il ghiaccio si sostituisce al calore della linfa vitale delle mie arterie. Ib batte così forte che non mi stupirei esplodesse e per un terribile momento questa paura mi attanaglia. Sento la carne dentro di me scuotersi, tremare così tanto da sentirmi come una foglia nel vento e quando le dita di tenebra mi abbandonano, non fermo la mia corsa. Ansimo, annaspo e la familiare sensazione che mi aveva abbracciato con la stretta di Hagalaz non è nulla in confronto; un fiotto di sangue esce dalla mia gola. Non so più dove inizia il mio e quello del Mangiamorte, però non cedo, non voglio.
Sento il fischio di Ra e trovo a malapena la forza di tentare di ribellarmi alle catene: il loro tintinnio è l’eco della risata che ho lasciato disperdere pochi secondi fa che, ora, viene imitata dal freddo ferro. Ci provo ancora, disperatamente, quando vedo il braccio di Sahid alzarsi e spalanco gli occhi, folle. Non riesco a vederti, fratello, perché gli artigli di Marco mi costringono col viso contro il mio carceriere. Non sento più i muscoli del volto, tirati dal sangue del Mangiamorte ormai secco. Ma faccio in tempo a sputare ai piedi suoi e di Sahid un grumo scarlatto pregno del mio disgusto e disprezzo. Tuttavia non sono uno sciocco: lo vedo nei suoi occhi, ciò che si sta abbattendo su di me, ma questa volta non chiudo i miei.
Non ti darò la soddisfazione di vedere che ho paura, qualsiasi cosa mi aspetta.

La odi come una sentenza, quella Maledizione cui sei sempre sfuggito.

Svanisci nell’oscurità di un dolore senza fine. È ammirevole come tenti di stringere ancora i denti, come ti laceri ulteriormente il labbro, pur di non farti uscire un gemito. Il punto è che per quanto tu sia orgoglioso, per quanto tenti disperatamente di contrastarlo, tu non puoi evitare che Ammit ti divori. Dura quanto più possibile, il tuo tentativo, ma soccombi allo strazio della tortura.
Spalanchi la bocca in un urlo lancinante che spezza l’aria, frammenta l’etere come il tuo corpo. Puoi udirlo, Sahid, godere di questo grido, così come tu hai fatto quando il povero Celsius ha visto sgretolarsi il braccio nella furia del fuoco, quando l’uomo che hai odiato si è spaccato in due come un uovo.
Il punto è che tu non puoi udire nient’altro.
La carne che si lacera, il sangue che cola sulla sabbia, le ossa che si spezzano, una ad una, come un castello di carte che cade al minimo tocco.
Quel vento che tu ami, sulle cui correnti le tue ali vibrano, non è più nel tuo cuore. È crudele, è feroce, sei la sua preda. Ti contorci tra le braccia di Marco, gridi, l’aria ti sfugge dai polmoni strizzati come uno straccio.
Non hai mai provato un dolore così, nemmeno quando il Golem di Aster ha lacerato a metà il tuo corpo, quando a malapena le tue viscere rimanevano all’interno del ventre che tenevi con le mani luride di sangue. Almeno lì avevi avuto il privilegio di svenire. Qui non puoi permetterti questo lusso, perché in realtà tu sei molto più resistente e, sfortunatamente per te, questo significa che la tua mente vive ogni secondo, ogni respiro strozzato.
Sei stato un Umanoide, una volta: ora le tue lamiere vengono strappate dalla pelle cui erano fissate, incollate, scoprendo ciò che vi è sotto: organi pulsanti in preda al più terribile dei mali.

Non hai mai provato un dolore così nemmeno quando hai scoperto che Osiris era ancora a Londra quando per te e tua madre era sparito, quando hai appreso dei suoi patti con i servi del Signore Oscuro, quando la tua anima, il tuo centro, si è deformata ed è cambiata per sempre.

È il tuo sole in fiamme, brucia ogni parte di te, se qualcosa del resto è rimasta.
Potessi vederti, Horus, vedresti solo frammenti, cenere che si disperde nella gelida atmosfera di questa splendida notte piena di stelle.

Chissà se le tue leonesse, se il tuo falco –tuo fratello–, riescono a sopportarle, queste tue urla strazianti .
Chissà se tuo padre le sente le tue grida che squarciano il tempo e lo spazio, si perdono nelle galassie più lontane, come una pulsar morta da tempo immemore raggiunge comunque noi minuscoli esseri sulla Terra.
Tu non puoi: le tue orecchie gocciolano sangue, la tua bocca è in preda a spasmi incontrollati. Butti indietro la testa, il sudore freddo ti fa tremare molto più di quanto ha fatto il cupo potere di Marco.

L’Ankh che hai al collo, impiastrata del tuo sangue, ha perso il suo fulgore, proprio come quello che è svanito dai tuoi occhi vacui. Eppure significa ancora Vita, anche sotto la patina rossastra.
Hai detto a Nieve, quel giorno lontano secoli or sono, che tu vuoi vivere.
Sei stato disposto a lasciare Emily pur di avere il controllo della tua esistenza.
Eppure, adesso che il dolore si appropria di ogni cellula, tu vuoi morire.
Lo urli dentro di te, perché questa è l’unica cosa che trattieni e non vuoi che la odano.
Ma tu la senti la tua voce disperata implorare gli Dei.
Per la prima volta nella tua vita, Horus, tu vuoi morire.
E lo ripeti, lo ripeti come una nenia, chiedi ad Osiride che possa risparmiarti, non hai un cuore, non più, ti è stato strappato dal torace e così non hai niente da offrire alla bilancia. Ma offri te stesso, offri quel che resta di te nella promessa dell’oblio.
La tua disperazione è tale che implori i tuoi Dei affinché ti facciano salire sulla barca di Ra per non tornare mai più, in questa Vita terrena.

Ma non puoi, non puoi, ti dici, perché gli Dei sanno essere crudeli, anche con un loro figlio, con un erede.
Tu sei il sole, ti ha detto Sitra e vorresti disperatamente aggrapparti anche a lei, alla sua voce, essere stretto dalle sue braccia –non quelle di Emily, no, non ce la faresti, ne moriresti, ma Dio, se vorresti sentire il calore di qualcuno che ti ama.
In questo angolo dove ogni arto viene strappato dalle mascelle delle iene che si nutrono delle ossa che senti scricchiolare e che spezzano in frammenti, si nutrono della loro polpa: qui non esiste salvezza.
Tu eri il sole: sei condannato ad implodere, come lui. Quel giorno è arrivato, è sulle ali membranose della malvagità dell’essere umano, in grado di concepire per te la più deliziosa delle torture per farti divorare dal Caos.
Che musica dev’essere, per coloro che ti odiano, la tua voce straziata.
Che orrore dev’essere, per coloro che ti amano, il tuo corpo spezzato.

Improvvisamente la senti, lontana e distante, prova ad ergersi al di sopra del tuo stridio di falco caduto:
Tu non farai niente per loro.
Suo figlio.
Suo figlio non farà niente loro. Ed è così.
È per tuo padre che stai facendo tutto questo.
Non ti piegherai, dovessi cedere alla follia di questa sofferenza che prende il tuo cranio e lo modella come argilla. Non ti piegherai al loro dominio, non ti prostrerai ai loro piedi.
« FOTTETEVI »
Urli, lo soffi tra i denti ringhianti che hanno perso il loro candore, sporchi del tuo stesso sangue. Lo ripeti persino nella tua lingua Antica, affinché anche le divinità ne siano testimoni. 
È tutto ciò che riesci a dire, prima di tornare a torturarti le labbra.

Tu non farai niente per loro.
E, forse, non lo farai nemmeno per Lui.
Tutto questo lo fai per te, Horus.
Lo fai per vivere.
Tu vuoi vivere.
Anche in questo tormento, tu la senti la linfa vitale dentro di te attraversare le tue vene spezzate e annodate.
E nel dolore che provi, tu la vuoi vedere ad ogni costo quella scintilla innalzarsi sopra le fiamme dell’inferno.
Finirà, in un qualche modo. Finirà.
Nel sangue e nelle lacrime, giungerà anche per te il giorno del giudizio dove siederai sul trono della Vita Eterna, ai tuoi piedi Seth e Apopi giaceranno inermi.
Tu vuoi essere lì, lo sai, lo sai anche mentre ogni parte di te si liquefa tra le mani di Sahid.
Gli Dei non sono crudeli: Loro ti salveranno, sei il Loro prescelto. 

Sekhmet, nel ringhio che ora rivolgi al tuo aguzzino con ogni forza che ti è rimasta, giungerà con la sua spada; passerà a fil di lama le loro teste, danzerà con te sui loro cadaveri.
Nekhbet planerà implacabile e si nutrirà dei loro occhi vuoti incastrati in orbite decomposte dei loro resti miserabili, anche se in quegli stessi resti ora senti di esserti ridotto.

Serqet-Hetyt libererà la tua gola dal gorgoglio del sangue che ora riempie le tue vie respiratorie come vino andato a male in un’anfora crepata.
Sobek stringerà la loro colonna vertebrale, sgranerà le loro vertebre tra le acque del Nilo tinto del più splendido dei colori, sebbene ora sia il tuo stesso dorso in preda ad orride frustate che squarciano la pelle, strappano le tue ali dalle scapole.
Iside laverà il sangue dalle tue carni stanche prede delle convulsioni.
Amon-Ra giungerà a baciarti il tuo capo circondato da spine e ti condurrà a Ipet-sut, il più sacro di tutti i luoghi.
Ed infine verrai accolto dalle ali dorate di Horo, tuo Dio protettore, a cui sei stato consacrato quando eri appena un neonato, sfuggito alla morte di una maledizione che fu proprio tuo padre a chiedere a Nut.**
È la voglia sul tuo occhio, Uadjet, a ricordarti chi sei e cosa sei; è l’unica parte di te che non è stata smembrata dalla Maledizione Cruciatus.

Risorgerai, abbi fede negli Dei.

Fino ad allora grida, Horus, grida tra i denti del mostro Ammit, nelle profondità dell’abisso che ti assedia.


– Tell me would you kill to prove you're right –

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore]
▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura]
All'interno:
– Generi di viaggio.
– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
– Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici.
– Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest]
– Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2]

▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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**= "Così volle Nut" – Endurance – Frammenti

Edited by Horus Sekhmeth - 10/11/2023, 14:17
 
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view post Posted on 15/11/2023, 16:28
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Il Fato

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nzL5qO7

Sahid banchetta con il tuo dolore. Si ciba come avvoltoi su una carcassa.

Più affondi nel mare della disperazione, arrancando verso uno spazio d'aria, verso un moto di ricerca di una libertà negata, più lui gode.
Insiste rimarcando il dovere della tortura, con un passo avanti - che però è il solo ad essergli consentito - ringhia feroce il perdono che non avrai.
Vuole che tu possa piegarti al punto da supplicare, fino ad avere forse in ultima pietà di te, perché tu possa crogiolarti nel senso di totale inadeguatezza. E questo è ciò che vuole, piegarti al punto da testare le tue resistenze. Stai pur certo, Horus, che se fosse per lui non smetterebbe mai, andrebbe avanti fino a rendere delle tue resistenze una poltiglia.

Ma non è questo il giorno in cui cederai fino in fondo, non è il momento. E come è iniziato, come un dolore improvviso, tutto finisce. Uno schiocco libera la tua mente come se entrambi i timpani si infrangessero nello stesso istante. Tutto è ovattato, e per qualche minuto non riesci ad aprire gli occhi, anche se puoi riprendere fiato.
Non c'è più la morsa di Marco, né a conti fatti la sua presenza. Non lo senti dietro di te, e d'altronde quando inizi a percepirti ti accorgi di essere a terra. Intense luci illuminano la volta della barriera infranta. Voci femminili, i ruggiti delle leonesse, ti circondano, ma tutto cessa quando Sahid tace ed il mondo per te torna buio.
Ti senti respirare, Horus? Il tuo cuore sta tornando a battere come dovrebbe, ed ora puoi riaprire gli occhi. Lo spettacolo in lontananza è quello di un Sahid che - avvolto da bendaggi indissolubili - cade ai piedi di una donna che ben riconosci: Meresankh. I suoi capelli d'argento, il mento sollevato in disprezzo. Accanto a lei, Neferet, la madre di Sitra.

5mtQebG
Ma ciò che più vedi è Sheiva. Il suo corpo accartocciato, la metà superiore a coprire un avvolto in stoffa. Vedi uscire quella che è la punta dorata di un Ankh. E' incastrato sotto la sua schiena, se allungassi le dita potresti sfiorarlo, prenderlo persino.
In lontananza, ancora in dentro l'ovatta, il ringhio aggressivo di Sitra che chiama il tuo nome con rabbia. Il tono macchiato da una preoccupazione feroce, la sua ombra zoppica. "Tu sia dannato, Horus, per la Dea!"


HORUS
PS 375/437 | PC 313/363 | PM 410/430
Ferita aperta a metà labbra.
sheiva
PS 390 | PC 390 | PM 400
DECEDUTO
sahid
PS 305/310 | PC 295/300 | PM 310
CATTURATO

NEFERET
-
...
MERESANKH
-
...
SITRA
-
...




 
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view post Posted on 15/11/2023, 20:06
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Lo senti quel fischio lontano mille ere che si infiltra nelle tue orecchie?
Ti chiedi, ancora tramortito, se è il refluire del tuo sangue, le ultime gocce che abbandonano un corpo ormai prosciugato di ogni sua forza vitale.
Tu, però, non hai implorato, questo te lo concedi e te lo ricordano gli Dei benevoli che sono giunti, ora, a tenderti la mano.
Tu non hai implorato e non lo farai mai. Questo, Sahid, lo avrebbe capito anche quando la pazzia ti avrebbe distrutto, si sarebbe impossessata di te per non lasciarti mai più, avviluppandosi al tuo cervello come edera marcia.
Ma no, ti dici, aprendo la bocca per respirare ora che, d’improvviso, t’accorgi che i tuoi polmoni sono ancora lì al loro posto, nella cassa toracica. C’è ancora del sangue nel tuo corpo e scorre veloce, pompato da un cuore che adesso batte così forte che, nel qual caso tu avessi un dubbio sulla sua interezza, basterebbe il suo martellare sordo a smentirti.
Non ti rendi subito conto di ciò che accade intorno a te, perché in questo momento, Horus, tu stai tornando alla vita. Quella vita a cui ti sei, poi, aggrappato con ferocia per risalire l’abisso in cui hai urlato tutto il tuo odio.
È la freschezza della sabbia tra le dita ad accarezzarti prima di ogni cosa, prima ancora di quell’abbraccio che hai implorato quando sentivi di non poter essere più spezzato di così.
È morbida, ti solletica le mani, quelle stesse mani che sai ora essere ancora saldamente attaccate alle tue braccia; non sono state smembrate falange per falange.
Quindi percepisci finalmente il tuo corpo dolorante: sei carponi, ad occhi chiusi, ma sei consapevole di esistere ancora, di non essere più un vuoto straziato da un’implosione.
Respiri veloce, affamato d’aria, senza controllare il contrarsi spasmodico del tuo petto che si agita frenetico. È come se avessi corso chilometri e chilometri e chilometri, da qui sino al centro della galassia, così buia da lasciarti sperduto, stremato per quella che ti è sembrata una corsa senza fine.
Ansimi e stringi gli occhi, serri le dita affondando le unghie nel deserto.
I suoni che ti giungono distanti, il ruggire delle leonesse, la voce imperiosa di tua nonna, viaggiano verso di te al rallentatore e poi, d’improvviso, è come se qualcuno premesse il tasto “play” su un vecchio walkman.
E tu, finalmente, risorgi.

Le mie labbra si muovono senza produrre alcun suono; la pelle tira su una ferita profonda il cui sangue continua a sgorgare. Me le mordo con forza, come se di dolore non ne avessi abbastanza, come se non fossi consapevole ciò che la Maledizione Cruciatus mi ha costretto a vivere.
Eppure mi costringo a farlo e lo faccio per poter guardare davanti a me.
Sapevo sarebbero giunte dal momento in cui ho intravisto il bagliore perlaceo oltre la cupola; nonostante la vista appannata riconosco Neferet e Meresankh. Mia nonna, così imperiosa, con i lunghi capelli d’argento a sferzarle il viso, sembra davvero l’incarnazione della Sterminatrice. Il disprezzo sul suo volto è tale che percepisco un’aura che si dipana da lei come onde concentriche e travolge tutto ciò che vi ruota intorno.
Persino me.
Se un angolo della mia bocca s’arriccia in un sorriso, lo fa solamente per sarcasmo nei miei confronti.
Tu.
Mi dico con rabbia: tu avresti dovuto fare questo. Tu avresti dovuto stringere Sahid fra i tuoi artigli, renderlo poltiglia.
Era lì e seppure io l’abbia guardato con fierezza –perché mai avrei chinato il capo– non sono riuscito a fare altro che a chiamare Ra.
Stento, però, a trattenere un moto d’agitazione che mi sorprende nel ricordare un altro Patronus la cui origine e appartenenza, però, mi è sconosciuta. Se non fossi sicuro che quello di mio padre è un leone, avrei per un attimo –uno solo– sperato potesse essere lui, la cui voce è tuttavia servita a risvegliarmi nel limbo della sofferenza.

Invece no.
Tu non ci sei, certo.
Come sempre.


Quindi… chi era?
Mi guardo intorno a fatica, arricciando il naso per il dolore alla testa e per lo sforzo che mi costa ogni movimento. Forse proprio per questo mi impongo di farlo, digrignando i denti nel tentativo di alzarmi. Ringhio: è un suono basso e roco che proviene dalla gola irritata e che accompagna la mia mano a terra, il mio ginocchio in avanti.
Solamente poche ore fa assumevo questa stessa posizione nel salutare la Dea, quando il mio problema più grande era cercare di mandare a monte il matrimonio combinato.
E tutto questo per…
Per lei, l’Ankh –la Vita.
I miei occhi, attirati dal bagliore, saettano oltre il corpo straziato del Mangiamorte. Non provo più soddisfazione per la mia vendetta, non più. Troppo fugace, troppo effimera, avrei dovuto godere di più della sua morte, del viso sconvolto che riesco ancora a scorgere sotto i capelli cinerei.
Scopro che, in fondo, non posso biasimare nemmeno Sahid: se solo potessi, avrei fatto lo stesso. Allora mi compiaccio; mi compiaccio perché se ho spinto qualcuno a provare tanto odio, significa che me lo sono guadagnato. E cazzo, se ne vado fiero.
Bravo, gli direi se non fosse ridotto ad un agnello imbalsamato: hai fatto del tuo meglio. Non avrei chiesto nulla di meno.
Ora, però, sento di nuovo quell’istinto predatore che mi porta a guardare i riflessi dorati di un’Ankh spezzata, proprio come lo sono stato io.
Mi sporgo in avanti, le mie dita si protendono verso di lei: è per questo che è iniziato tutto, mi chiedo in questo tempo in cui mi trovo a galleggiare.
Il disegno, la miniatura, il cubo di legno, il regalo di un padre

”Tu sia dannato, Horus, per la Dea!”
È solo la voce furiosa di Sitra a farmi tentennare per un momento, a distogliere il mio viso dal manufatto per cercare la sua figura in lontananza; si avvicina a fatica, il passo impreciso scandito da ogni respiro rarefatto che riesco a produrre. Se non fossi stravolto, riderei per averti spinta a pronunciare qualcosa del genere.
Quanto cazzo sei ostinata?
Dovevi restartene lì, nel calore di casa tua, accudita dalle ancelle.
Ma tu no, accidenti a te!
Abbasso il capo, arreso all’evidenza che tu mandi in frantumi tutti i miei pensieri, ma questa volta sorrido davvero con dell’amarezza ad imperlarmi appena le labbra sfatte. Mi raggiungerai e mi farai una sfuriata, ne sono certo. Non che tu me ne abbia mai fatta una, non ti saresti mai azzardata, una volta. Io stesso ti ho ricordato qual è il tuo posto e qual è il mio. Ora lo so che qualcosa è cambiato questa sera, molto più delle due notti che abbiamo passato un anno fa.
E forse… forse mia nonna non ti ha scelta come mia presunta sposa sulla base della semplice fede, non è così?
Distolgo l’attenzione da te, trattenendo un gemito che soffoco con orgoglio mentre mi protendo in avanti e, facendo leva con l’altra mano che preme il terreno, finalmente serro le dita attorno all’ansa dell’Ankh; il sangue che mi macchia non è altro che l'ennesima pennellata su una croce già violata da altro sangue. La strappo dalle vesti del Mangiamorte come un cavaliere afferra l’elsa della sua arma dalle spalle del nemico caduto. L’oro di questa spada riflette l’acciaio dei miei occhi di falco; gli Dei premono le loro mani sulle mie.



– Tell me would you kill to prove you're right –

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
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– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
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▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore]
▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura]
All'interno:
– Generi di viaggio.
– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
– Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici.
– Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest]
– Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2]

▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


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view post Posted on 16/11/2023, 20:08
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5mtQebG
Vorrebbe chiederti perché diamine stai sorridendo anche adesso. Quanto tu possa essere noncurante dell'infarto a cui l'hai costretta. Svegliata da Meresankh e le ancelle in piena notte, con la convinzione che fosse tuo il respiro accanto al suo.
Sapere che invece te ne eri andato con una promessa vergata in fretta, non ha fatto che alimentare il suo livore, e se tu non fossi così malridotto, e lei pure, ti prenderebbe a schiaffi. Ripetutamente.
«Hai fatto una cosa molto, molto stupida» ancora non rimette in sesto la formalità che ti è dovuta, sarai anche il primo figlio del tempio, ma lei è troppo arrabbiata per farsi rimettere al suo posto. Tu devi capire il tuo.

Ma prima che lei si chini faticosamente per tastarti e capire minuziosamente, tirando il fiato, quanto tu possa essere ferito, afferri il mezzo Ankh. Stringi la sua solidità tra le dita ed il mondo davanti a te cambia. Tutto scompare, sei in piedi, cammini lungo una lastra umida che smuove acqua quando ti sposti. All'inizio ogni direzione è buia, poi un angolo si allumina, una nube riflette immagini di luoghi sconosciuti.

Vedi una caverna, ma prima di tutto i tuoi occhi si fossilizzano su lunghi capelli vermigli. Ricadono lungo le spalle sottili di Emily Rose. Lei non ti ha notato, ma in mano stringe un bastone, una reliquia che puoi riconoscere come l'UAS. E' uno degli scettri più importanti del tuo retaggio, ed è spesso raffigurato in mano a Seth.
Emily non è sola. Accanto a lei, nella sua imponente presenza, si stanzia una figura che riconosci per bene. Non che tu l'abbia visto di recente, ma non ti serve molto a ricordare che quello è John Cavendish Junior.
Lui le sta vicino, la osserva con fin troppa concentrazione mentre lei regge l'UAS. E l'UAS risponde all'ANKH.

L'immagine cambia, gli occhi si chiudono, ma nel riaprirsi ti trovi in un baule. Davanti a te, a portata di mano ma intoccabile c'è il pezzo mancante del tuo ANKH, ma dove diavolo sei finito? Il pezzo tra le tue mani, vibra, i due si cercano senza trovarsi.

Ma ancora, di nuovo, tutto cambia. Ora per una frazione che toglie il fiato, tu ed Emily siete faccia a faccia. Lei ti guarda, tu la guardi, e tutto cambia di nuovo.

Questo turbinio è al pari di un viaggio senza controllo, un puzzle che lentamente cerca di unire i propri pezzi davanti a te, ma sta sempre a te capire come questi finiranno ad incastrarsi. Ovunque sia, Emily ha qualcosa che ti serve, lo senti all'altezza dello stomaco, poi passa lungo il cuore e ti esplode nelle tempie. L'UAS chiama l'ANKH. Tuttavia...

Torni a camminare lungo queste acque, ma in un attimo sei circondato da campi aridi, grano riarso e l'atmosfera si riempie di fumo. Il residuo di incendi che il sole ha procurato, così come l'incuria umana. E cammini, volendo oppure no tu cammini fino a che una piramide alta appena quattro metri ti si para d'innanzi.
Adesso puoi sentirlo di nuovo, tutto è così vago, ma la sua voce è un chiodo spinto a fondo nella carne.

5mtQebG
«H-» arranca, cerca fiato «Hor-us». E' Osiris, ma devi concentrarti meglio per vederlo. C'è una profonda spaccatura al centro della Piramide, e solo spingendo il viso a sfiorarla - non puoi entrarci - lo rivedi. Tuo padre.
Osiris non è come lo ricordavi. E' cresciuto, invecchiato come lentamente lo ha fatto tua madre. Qualche ruga che non ricordavi si ridisegna sul suo volto, ma non è la sola cosa che puoi notare. Il suo corpo è come sospeso, fermo in bilico nella spaccatura della piramide. Appoggiandoti puoi notare un simbolo riprodursi sullo sfondo. "DJED" nella sua lugubre imponenza.
Osiris ha ciocche bianche che screziano il rame trai suoi capelli, l'espressione sofferta - nel vederti - si indurisce. Gli occhi si spalancano, ed allora noti quella profonda cicatrice. Il suo occhi destro è di un rosso innaturale.
Lo capisci subito che non può muoversi, può solo parlarti ma lo fa senza schiudere le labbra. «Figlio mio» senti il suo tono spezzarsi d'affetto, un senso di sollievo che annaspa nel petto. «Lo so che stavolta sei tu» Stavolta?

«Quanti- quanti anni sono passati? N-non, non può averti preso, non deve!» la sua rabbia esplode facendo tremare le pareti della piramide. E' il ruggito di un leone in catena. «Ascoltami: non cercarmi» ma tuo padre è stanco, stremato, lo senti sfinito nella testa. «Non posso tornare»



HORUS
PS 375/437 | PC 313/363 | PM 410/430
Ferita aperta a metà labbra.
sheiva
PS 390 | PC 390 | PM 400
DECEDUTO
sahid
PS 305/310 | PC 295/300 | PM 310
CATTURATO

NEFERET
-
...
MERESANKH
-
...
SITRA
-
...




 
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Non sto piangendo, TU stai piangendo.

– DaedalusIII
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Faccio appena in tempo ad udire le parole di Sitra e, anche se vorrei dirle che sì, ha ragione ma non me ne pento, mi sento strappare alla realtà che finora ho conosciuto.
Non riesco a lasciarmi andare ad un sospiro di sollievo nel percepire il suo tocco su di me, perché il buio cala improvviso. Non è più quella tenebra sconosciuta in cui sono stato sospeso nella morsa del dolore; è qualcosa di… diverso. Altrettanto sconosciuto ma in un qualche assurdo modo è familiare.
Stringo la presa attorno l’ansa dorata e batto le palpebre nel ritrovarmi in questa strada senza orizzonte. Mi guardo intorno confuso, storcendo la bocca in una smorfia di fastidio per le gambe anchilosate quando decido di camminare accompagnato dallo sciabordare dell’acqua ai miei piedi. Non sono più in Egitto, questo è chiaro, ma non comprendo in alcun modo quale dimensione si sia aperta perché non mi sfiora nemmeno per un istante l’ipotesi che l’Ankh sia una Passaporta. È una chiave, un mezzo per un passaggio in un mondo che non conosco.
Risuonano i miei passi e il mio collo si piega di lato quando vado incontro alla nube che mi si para davanti. Riconosco i contorni di una grotta, il lucore bluastro di qualcosa al suo centro e improvvisamente le dita tentennano attorno il metallo quando riconosco il velo rosso a cui i miei occhi s’agganciano immediatamente.
Ly.
Pronuncio mentalmente una semplice sillaba che, tuttavia, pesa come un macigno, una di quelle stalattiti pronte a cadere sul tuo capo, come una ghigliottina.
Compio d’istinto un passo avanti e schiudo le labbra; non sento nemmeno il taglio che le attraversa perché solo l’eco del mio cuore riempie questo silenzio. Seguo ipnotizzato la sua mano –la sua mano piccola, sempre fredda,dolce– tendersi e stringere un Uas. Un gesto che mi procura una confusione nebbiosa. Ricordo, come in un flash, il simbolo che, tanti anni fa con ancora il suo sapore sulle labbra mi ha tracciato sulla sabbia, dopo la visione. Capisco, allora, ancora prima che la reliquia che tengo, me lo possa comunicare.
L’Ankh palpita, sembra risuonare come me, come la delusione che mi palpita nel petto quando, lasciando scivolare lo sguardo, inquadro una figura. Non è la presenza con lei di un uomo a turbarmi; non mi sono mai aspettato che Emily non andasse avanti dopo di me; non dopo che anche io ho fatto lo stesso, nonostante il vuoto delle mie relazioni effimere.
No, è il suo volto. Il suo maledetto volto che mi storce il viso e mi spinge a scattare in avanti per il tempo di un respiro: Cavendish. Mi è impossibile dimenticare, cancellare tutto l’odio che non ho mai smesso di provare per lui; sono troppo cieco, ora, per rendermi conto che è molto più giovane del padre colui che vedo vicino Emily. È la rabbia a dominarmi adesso e tutto quello che ho fatto al Mangiamorte mi sembra una carezza in confronto a ciò che vorrei fare adesso a lui.
Si è alleata con lui. Si è schierata.
Faccio appena in tempo a pensare, prima che io venga strappato all’incubo agghiacciante cui sono stato costretto ad assistere.
“NO!” Grido nella mia testa. No, aspetta, voglio ucciderlo devo capire, imploro gli Dei, ma loro hanno altri programmi per me.

Stringo gli occhi, spinto da una gravità ignota che capisco provenire dall’Ankh. In un lampo mi trovo in un luogo chiuso, senza riuscire a capire; mi sento catapultato in avanti verso un frammento, rendendomi conto che non è ciò che io conservo.
Non è il mio baule, questo. Lei è spezzata.
Come me.

E tu, ora sei qui nell’ennesimo vortice, in questa danza nauesante. Sei qui davanti ai miei occhi e se fino a poco fa volevo correre da te, ora rimango immobile; vorrei quasi fuggire.
Sei pallida e così vicina da non ricordare più l’ultima volta in cui lo siamo stati.
Riverberiamo, come i manufatti che stringiamo tra le mani; ti ripercuoti nelle mie iridi indurite, sfiori la mia pelle macchiata dal sangue. Mi sembra quasi di percepire ancora il tuo bacio, sopra lo sfregio delle mie labbra.
Vibro, senza rendermi conto della devastazione che provo, quando al tuo volto accosto quello di Cavendish.
E tu, tu riesci a vederla la furia che si cela sul mio viso? Riesci a tradurre, dietro gli schizzi scarlatti che mi dipingono, ogni lineamento contratto per te? Riesci a vedere l’ombra di un sorriso all’angolo della bocca? Riesci a leggere nella mia mente la mia stessa autocommiserazione?
“Ci sei riuscito, Horus.” Dice, con voce di miele.
Ora sì, che mi odi, non è vero?
Questa volta, però, non allungo la mano per afferrarti, è troppo veloce tutto questo. È troppo forte la gravità che ci respinge e io, forse, gliene sono grato.
Tu esisti solo per quest’attimo che tuttavia ho vissuto con l’intensità di mille vite, mille notti, mille giorni, mille anni.
Eppure so, con una certezza spaventosa, che dovrò cercarti. Me lo dicono gli Dei stretti nella mia mano che l’Uas deve ritrovare l’Ankh.
Che compito ingrato mi hai affidato Amon, inquinato dalla vendetta che si delinea come una bussola nella strada che vedo dinanzi a noi.

Mi costringo a chiudere gli occhi mentre tutto vortica ancora. Li serro con forza perché ho paura di vederti di nuovo. Non ora, mi rendo conto: non sono in grado di reggere. Tutto questo è peggiore di qualsiasi maledizione. Di qualsiasi dolore inflitto.

Che ingenuo che sono.
Lo capirò solo tra poco, quando i miei piedi toccheranno la terra riarsa dagli incendi e l’odore del grano e della cenere invaderà le mie narici.
Mi guardo intorno agitato, timoroso di vedere Emily comparire vicino all’uomo che detesto e disprezzo. Eppure non c’è, lo sento. Quindi avanzo, sfioro con lo sguardo l’Ankh chiedendo, silenziosamente, dove mi stia portando. La risposta è davanti a me, nella piramide sconosciuta che si staglia in questo luogo sperduto, campi elisi di un mondo deviato.


Così accade.
Lo percepisco.
Per un attimo l’aria manca i miei polmoni, li evita come fossero un ostacolo. Arranco in avanti, barcollo, perché questa voce, questa voce non la sentivo da diciotto anni.
Mi rendo conto che questa volta non sono più solo le mie mani a tremare, ma è il mio intero corpo.
Sono i miei occhi che scandagliano le pareti di mattone crudo.
Il terrore si impossessa di me, quando mi avvicino ancora e la spaccatura si apre; la mia anima fa lo stesso.
Deglutisco piano, ma ho un groppo in gola. È un ragno che risale il mio collo.

È la tua voce che urla il mio nome. Non è altro che un sussurro, per te, ma per me è il grido che mi impedisco di liberare. È il ruggito del leone che sei stato per me, è la carezza che ho amato, è la sofferenza che mi hai inflitto.
Lo capisco che non sei una visione. Lo capisco, che sei tu
« … I—It-y*… »


It-y.
È involontario il riflesso in cui si muovono le tue labbra ferite. Mormorano un soprannome che non hai pronunciato per così tanti da averne quasi dimenticato il significato.
Per quanto tempo hai atteso questo momento? Quante volte lo hai vissuto in mille e mille scenari?
Quanti sentimenti hanno accompagnato quest’incontro? La gioia, la speranza, l’affetto. Poi è arrivata una maschera d’argento a cambiare le carte, a farti invertire la rotta.
Hai cominciato ad allontanare il pensiero di quest’incontro perché non riuscivi ad accettare che, sotto l’odio che sentivi di provare, c’era ancora amore. E speranza.
Ma non puoi negare e non puoi cancellare il tempo che hai passato ad addormentarti con l’immagine di tuo padre dietro la soglia del sonno. È rimasta sospesa nella tua memoria finché, a poco a poco e inesorabilmente, è svanita.
Le foto non sono più bastate a tenere in vita il ricordo perché, ad un certo punto, tua madre ha cominciato a nasconderle in una scatola. Era troppo doloroso, per lei. In fondo, era suo marito, l’amore della sua vita. Per te è stato impossibile non notare la sofferenza nei suoi begli occhi blu quando qualcosa, anche piccola, riportava la sua mente a Lui.
Quanto può avere peso una singola persona? Un unico essere umano rappresentare parte del mondo di altre due, sole e luna per l’uno e per l’altra, sotto un’ unica volta celeste: quella della tua Dea Nut.
Eppure, nonostante questo, tu hai salvato una sola foto che, però, non guardi quasi mai e tieni in una cornice rotta senza avere il coraggio di aggiustarla. È una reliquia che serve come monito a ricordarti come qualcosa si sia rotto, in te, quel giorno di diciotto anni fa.
E ora li ripercorri seguendo un filo d’Arianna che in un labirinto di sogni ed incubi ti ha condotto fin qui, ai piedi di una piramide sconosciuta, dinanzi al giudizio degli Dei, dinanzi a Lui. Puoi quasi vederla attorno al suo corpo sospeso, un’aura di peccati.
Tu però, in fondo, sei sempre e solo stato un bambino che rivoleva il suo papà. Non importava a che costo.
Perché lo hai amato, Horus, immensamente. Tuo padre non era solo luna e stelle, per te, era l’intero universo. Amavi la sua voce calma e profonda, amavi i suoi capelli fulvi come la criniera di un leone ora screziati da un bianco che ti turba, ti spaventa amavi il suo profumo di cui, tuttora, la tua amortentia è intrisa.
Eravate una cosa sola, voi due, tu il suo sangue e lui il tuo.
Ha vissuto in te sempre, anche dopo tutti questi anni dove ha infestato la tua anima come uno spettro ostinatamente attaccato alla vita.
Non ti sei accorto di aver mosso un passo in avanti, poi un altro, perché i tuoi occhi sono fissi sulla sua figura. Sei sconvolto da colui che vedi, dal suo occhio innaturale, dalla cicatrice che l’attraversa, dalla precarietà della sua esistenza dentro questa prigione che puoi osservare solo da una misera fenditura. Vorresti afferrarne i bordi, aprirla come le sbarre di un carcere. Ma questo spazio è tutto quello che ti è concesso, Horus. Questo scorcio è tutto ciò che hai adesso di tuo padre.
Ti avvicini col cuore pulsante e la testa che gira, non senti altro se non questo sordo scandire del tempo. Ricordano i tamburi rituali che hanno seguito la vostra marcia durante il sacrificio ad Hator.
“Sei vero? Sei davvero qui?”
Te lo chiedi inevitabilmente, ma è la voce del bambino che sei stato a domandarselo. Il tuo corpo si ferma, non esiste più. Le orme che lasci dietro di te sono la vita che hai percorso finora: un cammino atto solo per raggiungerLo.
Eccolo, il suo viso, Horus: è come lo ricordavi? Certo che no: è passato tanto tempo e le rughe che si sono andate a disegnare sui suoi bei lineamenti tu non le hai mai potute vedere insorgere.
Tuttavia, Lui è ancora lì; lo rivedi nella forma del naso e delle labbra e degli occhi, sfregiati. Lo rivedi nel tuo stesso riflesso allo specchio, ogni giorno.
Allunghi una mano fremente, sei in preda ad un’agitazione che non riesci ad impedirti. L’abbassi in fretta, ti aggrappi alla camicia lurida perché questa volta sì che il tuo cuore minaccia di esplodere.
Lui è lì.
Tuo padre è proprio lì, davanti a te.


« Sei tornato, It-y! » Saltelli tutto contento giù dai gradini delle scale. Tuo padre è davanti alla porta e spalanca le braccia con un gran sorriso, pronto ad accoglierti. Tu, però, non noti gli occhi tristi che spengono il suo sguardo. Sei troppo occupato a lanciarti dall’ultimo gradino –con un gemito di Ainsel– e gettarti tra le sue braccia. Gli cingi il collo e nascondi il viso nell’incavo della spalla mentre senti le sue mani stringerti forte. Sei sempre stato il suo tesoro più prezioso. Ti lascia un bacio sui capelli e d’un tratto l’assenza che hai patito per un mese intero è sfumata come acquerello. Senti tua madre avvicinarsi, ti accarezza la schiena con dolcezza.
Tu, allora, scoppi a piangere e ti lasci andare ai singhiozzi: ogni volta è sempre più difficile lasciarlo andare. Sei un bambino troppo fragile.
« Ma no Horus, non piangere! Papà è qui! » Ti tranquillizza lei, ma tuo padre ti tira su e ride, dondolandoti piano. Chiunque abbia conosciuto Osiris Sekhmeth ad Hogwarts rimarrebbe sconvolto nel vedere il freddo cobra di Serpeverde tanto affettuoso.
« Gli sei mancato tanto, Riri. » Sospira Ainsel con un sorriso accondiscendente. Anche a lei lui è mancato tanto, ma questo Osiris lo sa già perché non ha fatto altro che contare i giorni che lo separavano da voi.
« Lo so. » Se con una mano ti tiene, con l’altra ti asciuga una grossa lacrima che ti ruzzola giù sulle guance arrossate. « Scusa piccolo se ci ho messo un po’. Ma… ho una sorpresa per te. »
Improvvisamente dimentichi il pianto, perché, si sa, le sorprese sono irresistibili anche nei momenti di maggiore tristezza. Lo guardi incuriosito e lui ti sorride.
Osiris si gira insieme a te e tu senti un morbido, adorabile pigolio.
Su una gabbia posata sul mobile dell’ingresso, c’è un pulcino di falco sacro.


Lo ascolti parlare, non hai il coraggio di rispondere anche se, lo sai, la verità è che la voce sembra essersi perduta nei meandri di questo labirinto consacrato allo Djed il cui significato ti terrorizza. Tuttavia vedi solo Lui, non esiste altro che Lui.
Il tuo viso è un quadro di tormento ed i tuoi occhi si offuscano gradualmente, come una finestra chiusa su un giorno di sole: il sole che tu sei, il sole che era Lui.
Le tue labbra si allineano, tese, cerchi di mantenere una compostezza che non possiedi più questa notte e riflettono, così, l’ombra crescente di quest’emozione che non sei mai riuscito a cancellare davvero. La pelle del tuo viso, sotto il sangue, impallidisce, si dipinge dei solchi di dolore celato in una tela dipinta con i colori mutevoli della tua vulnerabilità.
Ma non cadono lacrime dai tuoi occhi, non ora.

Così arriva, prorompe rompendo qualsiasi argine. La sua vista dopo diciotto anni di cecità: è questo a fluire nel tuo petto, spazzando via qualsiasi titubanza; è acqua che trascina la diga con sé, travolge tutto.
Carichi il braccio e colpisci con tutta la tua forza la parete di fianco il suo volto. Lo spostamento d’aria potrebbe quasi sfiorarlo, se solo fosse palpabile.
Colpisci ancora e la forza del tuo pugno si riverbera sulla tua faccia, ora trasfigurata, ora incredibilmente vicino alla Sua.
« Diciotto fottuti anni. »
Sibili con una furia che mai hai provato in vita tua; perché la furia generata dall’amore è devastante e tu non l’hai mai davvero provata.
Emily non esiste più.
Cavendish non esiste più.
Il Male non esiste più.
Lui era tutto e così è ancora adesso. Lo sai e lo hai sempre saputo.
« DICIOTTO FOTTUTI ANNI CHE TI CERCO. »
Questa volta lo gridi, la tua voce rotta screziata da tutto ciò che hai provato in tutto questo tempo.
« E “non cercarmi è tutto ciò che hai da dirmi dopo tutto questo tempo, It-y? »
Non te ne rendi conto di averlo chiamato ancora con quel soprannome.
Non puoi farlo perché quest’onda non ha ragione di esistere senza Chaos.
Abbassi il capo, ma questa volta lo fai tremando nuovamente. Vorresti solo appoggiare la tua fronte alla sua. Il non poterlo fare ti fa respirare così velocemente da incespicare, digrigni i denti per riuscire a trattenere l’ossigeno.
Nell’incapacità della stasi, rialzi il viso, il pugno si apre, il palmo si appoggia alla pietra: ti sostieni, perché non sei sicuro che queste tue gambe riescano a farlo.
« Che cazzo significa che non puoi tornare? Dove sei? Che vuol dire stavolta Come ti tiro fuori da qui?»
Cerchi i Suoi occhi, ma un brivido t’inquieta in questa pioggia di domande che ti inonda. C'è troppo che vuoi dire, in fondo come biasimarti? Ci sono diciotto anni di silenzi a infrangersi su di voi: devi dire tutto.
Hai paura, Horus.
Hai paura di perderlo ancora, ora che lo hai trovato.
Hai paura di quelle ciocche bianche, di quell’occhio innaturale che non conosci, di quella cicatrice.
« Ti prego, papà… » Lo guardi e questa volta, lo sai, che quella maschera scivola via dal tuo volto e tutta la tua pena, tutto il tuo amore per Lui si riflette nei tuoi occhi.
« … Ti prego rispondimi. »
Conficchi le unghie nella pietra. Ti aggrappi disperatamente.
« Mi sei mancato così tanto… così tanto… » Sussurri in un soffio.


– Tell me would you kill to prove you're right –

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore]
▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura]
All'interno:
– Generi di viaggio.
– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
– Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici.
– Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest]
– Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2]

▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


Code © HorusDON'T copy



*= "It" in egiziano antico è "padre"; "It-y" è quindi un vezzeggiativo con cui Horus chiama suo padre da quando è piccolo.
 
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view post Posted on 21/11/2023, 19:15
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Il Fato

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nzL5qO7

Sono passati diciotto anni, Horus.

Diciotto dall'ultima volta che gli hai sentito dire che sarebbe tornato. Da quando ti aveva promesso che per il tuo compleanno sarebbe stato lì, con te. Che ti avrebbe portato l'ennesimo bellissimo dono di rientro dai suoi viaggi, in quella che terra che presto sarebbe diventata casa tua. Lui ed i suoi progetti, il volere intenso di farti crescere come leone coraggioso che già sei. Il desiderio tremendo di averti al suo fianco come se non ci fosse nulla di meglio al mondo che combattere i dettami di Meresankh con te. Lui che aveva giurato che ti avrebbe protetto, che vi avrebbe protetti, da qualunque dogma non potesse cucirsi bene su di voi, ma che ti avrebbe comunque condotto sulla via della vostra Dea.
E' che dovevate farlo assieme, quando la sua mano lentamente avrebbe lasciato la daga perché fossi tu ad abbatterla per il sacrificio. Assieme, perché ti avrebbe mandato le sue lettere piene di misteri ed enigmi e giochi, per tutti i tuoi anni ad Hogwarts. Avrebbe fatto il possibile per salutarti alla partenza ed al ritorno, anche se - beh - il suo lavoro è sempre stato la sua vita tanto quanto te ed Ainsel. Sarebbe stato fiero.

Ora puoi ricordare il suo volto, che non è riuscito a sbiadire rispetto invece ad una voce che tocca adesso, di nuovo, le corde del tuo cuore.

E non importa ciò che ha fatto Emily, vero? Non è questo il momento di pensare a come e quanto a fondo sia nato un tradimento tra le mura del Castello. Quello sfiorarsi adesso non esiste, non se ti reggi a palmo aperto alla roccia. Sei tu, da solo, capace come sei sempre stato, di arrivare fin qui. Sei dove nessuno per diciotto anni è mai stato, Horus.

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Lo leggi negli occhi lucidi di Osiris, che neanche lui si aspettava fosse passato così tanto. Deve essergli precluso capire come si agiti il tempo lì fuori. Fuori dalla sua prigione scura. Gli senti il ringhio spezzato farsi avanti, come il ruggito stanco di un leone che torna finalmente a casa. Riri, il marito di tua madre, ma prima di tutto tuo padre, è spezzato quanto te, ma fiero anche con l'età che gli avanza sul volto. «Se solo potessi-» Se solo potesse abbracciarti, Horus oh non sai quanto lo farebbe, e non ti lascerebbe andare mai più.
Se solo potesse, It-y se ne andrebbe da lì per tornare davvero da te, ovunque tu sia, ed ovunque egli sia, che la memoria erosa lo fa sussultare.
La gabbia di luce vibra, lui ringhia ancora, adesso più di prima, ed i suoi occhi sono fissi nei tuoi. Il suo corpo si muove con una fatica disumana, e con tutta la forza che ha, ti viene vicino, perché a separarvi esista solo un sottile strato di gabbia impossibile da superare. Perché lui possa anche solo darti la sensazione di una carezza che torna a sfiorarti.
«Ho commesso un errore, tanti... troppi anni fa» chiude gli occhi per ricordare, per la stanchezza, ma lo senti, Horus. «Perdonami»
Senti tutta la voglia che ha di combattere, come quella che ha di guardarti riaprendo gli occhi, segnandosi di te ogni cosa, ora che può farlo perché sei cresciuto, oh sei così cresciuto, piccolino.
«Credevo di avere solo questo, per proteggervi, Horus» ed il tono con cui chiama il tuo nome, è la come quella carezza che non può fisicamente raggiungerti. «Voldemort non deve avere né te, né tua madre» con durezza, ringhia anche questo a denti stretti, ora quasi gliela vedi la bocca muoversi, ma dio che fatica!
«Riunisci tutte le reliquie» ti prega, in un sussurro a bassa voce, come se qualcuno in questo vasto vuoto potesse sentirvi. «Ma se mai avrai scelta, non scegliermi. Salvati» ti prega anche di questo, ti prega di stare attento, di non commettere il suo stesso errore, di non cedere così duramente per amore. Benché lui non lo rimpianga mai.
Tu senti il mondo pronto a strapparti via da lui. E lui, con tutto l'amore che ha, non può che sospirare ora, prendersi di te ancora l'immagine più accurata. Appoggia la fronte alla tua, o almeno ci prova, non può esserci alcun contatto, ma un gesto così lo simula, così che ti sembra di nuovo di sentire il suo profumo. «Annie aveva ragione» mormora, stanco.

«Somigli molto di più a me» ti sembra quasi di sentirlo ridere, amaramente, e come può. Sai dirti che anche lei deve mancargli da morire.
Lui sa prima di te che adesso devi tornare alla realtà. Si fa carico - ci prova - di questo, ma solo perché tu non ne senta il peso schiacciarti il petto. Ché quando riaprirai gli occhi, di scatto, sarai ancora in quell'accampamento, lontano da lui. Lui che ti ama più di prima.


HORUS
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SITRA
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Horus, le mie congratulazioni!
Siamo ufficialmente giunti alla conclusione di questo importante capitolo della tua storia.

Voglio farti i miei complimenti per essere arrivato fin qui con così tanta coerenza e costanza a discapito dei molti anni che abbiamo impiegato.
A fronte di questo impegno, e delle tappe affrontate;

Prometheus
Lazarus
Icarus
Daedalus
Mirror of Daedalus


Ho deciso di conferirti:

15 punti per ogni statistica
5 punti esperienza

In aggiunta sei in possesso di una metà della reliquia "ANKH" la cui funzione - fintanto che è spezzata - ti è ignota.

Per tutto ciò che concerne le derivanze di questa quest per te e chi è coinvolto, ci sentiremo nell'apposita sede.

Ancora grazie, per lo straordinario role.

Ti è richiesto un post di chiusura.
 
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È incredibile come in tutti questi anni tu abbia rimosso dalla tua memoria il calore della sua voce, delle sue mani, del suo abbraccio.
Non sei da biasimare, Horus, perché il cervello umano non è fatto per immagazzinare il dolore e tuo padre, in ogni sua forma, ti ha procurato una tale sofferenza da spingere quel meccanismo di difesa ad attivarsi.
Il legame tra voi è stato scritto dal momento in cui sei nato, ma forse non saprai mai quanto, prima che tu venissi al mondo, Osiris non volesse diventare padre.
Non sai nemmeno dei resti della statua di Iside che lui ha scagliato contro una quercia nel bosco dietro casa tua, nel Somerset. Ha bestemmiato gli Dei perché non ti voleva, Horus. Non voleva abbandonare il suo lavoro, non voleva condividere la sua vita perché tuo padre era molto diverso, prima di te. Se solo tu sapessi chi è stato, non ti stupiresti che l’uomo che ti ama così tanto possa mai esser stato amico di uno come John Cavendish. Sarebbe la risposta ad una domanda che ti sei posto per anni, da quando hai scoperto del loro rapporto.
Eppure è come se, con te, Osiris abbia completamente mutato la tua esistenza, votandola non più a se stesso, ma, oltre che a tua madre, a te solamente.
Ama la sua Annie e così farà per il resto della sua vita, anche in questa che non ha mai vissuto, ma tu, tu vieni prima di ogni altra cosa al mondo per lui.
Sei il suo sangue, la sua anima, il perdono degli Dei che ha implorato nel momento in cui ha stretto le tue mani, scoprendosi terrorizzato all’idea di perderti ancora prima di averti conosciuto.
Ed è questo amore infinito che ti giunge nonostante non possiate abbracciarvi, nonostante tu non possa tornare, anche solo per un minuto, il bambino che eri quando è sparito dalla tua vita, quando ti ha promesso che, per il tuo compleanno, sarebbe tornato.

« Riri, è ora di metterlo a letto. »
« Sì, ora vado. »
Quando tua madre chiude la porta, tu alzi il visetto dal collo di tuo padre e ridi; lui sghignazza.
Sa che non dovrebbe tenerti sveglio oltre l’orario di cena, ma sa anche che tu adori sentirlo raccontare. Così spesso vi mettete davanti al camino, lui sprofonda sulla poltrona e tu ti sdrai sul tappeto –ancora non hai sviluppato la fobia che ti accompagnerà per il resto della tua vita– poi, stancandoti, ti arrampichi su per le sue gambe e ti accoccoli al suo petto. A volte non serve nemmeno dir niente. Tu dormi o giochi con i suoi capelli, lui, concentrato, legge un diario di viaggio o un libro troppo complicato per te.
« It-y? » Chiedi assonnato.
« Horus? » Risponde lui con un certo cipiglio divertito che ti sfugge.
« Torni per il mio compleanno? »
Lo senti trattenere il respiro, ma ti accarezza il capo e ti scosta una ciocca dalla fronte. Non risponde e tu, anche se sei piccolo, percepisci un cambiamento nei suoi occhi che si fanno torbidi.
Poi si piega su di te, appoggia la fronte sulla tua e tu senti il suo profumo rassicurante; ti sfiora il naso con il suo —è il vostro saluto— e tu ridi.
« Sì, Nedes-yt*, torno. »


Torno.
E tu ti sei aggrappato a questa promessa con così tanta ostinazione che, quando hai sentito scivolare via gli appigli della tua convinzione, sei caduto in un vuoto che, solo ora, cominci a risalire. E senti che anche per Lui è così: lo vedi avanzare lottando contro una stanchezza che ti fa male al cuore, odi il suo ringhio che risuona nelle pareti di questa gabbia, di una tomba da cui vuoi tirarlo fuori, come la Vita Eterna promessa a voi dagli Dei.
Ti lasci inchiodare dal suo sguardo e per quanto ti terrorizzino quell’iride malsana e quella cicatrice, ti fai abbracciare da Lui anche solo con i suoi occhi.
Tendi le labbra, perché non riesci a trattenerne il tremito. Vederlo così spezzato ti devasta perché riflette te, ancora una volta. E ancora una volta voi due siete uguali.
Premi con forza il palmo sul muro e le nocche sbucciate sbiancano.
Non hai il coraggio di parlare, ascolti ogni sua parola registrando nella mente la sua voce e sai che, questa volta, non la dimenticherai mai più perché non farai mai passare altri diciotto anni.
Vorresti dirgli che lo hai perdonato nel momento esatto in cui lo hai visto, nonostante la rabbia e la paura che lentamente è defluita via da te, come il fango che scorre via da un torrente d’acqua finalmente limpida. Lo hai perdonato dal momento in cui lo hai visto soffrire.
Dal momento in cui è giunta, in un soffio, la carezza che non hai potuto sentire sulla pelle, ma nell’anima. Se solo potesse. Se solo potessi…
Dal momento in cui il tuo nome, pronunciato da Lui, ti ha aperto l’armatura dentro cui hai nascosto il tuo cuore.
Perciò quando comprendi che non puoi salvarlo ora alzi di scatto la testa e lo guardi smarrito.
« Come sarebbe a dire? » Parli con voce roca, spalancando gli occhi.
Il nome di Voldemort non ti sconvolge perché già sai che la sua ombra si è abbattuta su di voi. Ti sconvolgi, invece, di come ora ti sembra che Lui parli con grande, troppa fatica. Allora le sopracciglia ti si contraggono per la determinazione che gli prometti guardandolo.
Le raccoglierai quelle reliquie: è questo che dicono i tuoi occhi di fuoco, è il tuo volerti ergere a comandante di una guerra che vincerai perché lo senti che Lui sarà con te, in un qualche modo.
Ora che sai che è vivo e che vi ama, quella daga che hai stretto da bambino ora riluce, mortale.
« No. » Ti senti rispondere alla sua richiesta accorata, alla sua supplica di lasciarlo andare, se mai ti troverai davanti una scelta.
Ti chini in avanti e la sua fronte segue finalmente la tua; è quel gesto che vi siete sempre scambiati come i due leoni che siete –come il leone che ora sei tu. È così, Horus: non sei più un cucciolo.
Anche se non lo senti davvero, percepisci tuo padre e il viso ti si deforma ancora di più in un dolore che a stento riesci a sopraffare.
« Tu sei la mia scelta, It-y. » Mormori con voce spezzata e gli occhi contratti. Ti allontani a fatica perché sai che il vostro tempo sta scadendo e ti senti morire.
Dio, come allungheresti il braccio per tirarlo fuori da lì, se solo ti fosse concesso.
« Tu sei e sarai la mia priorità, mi hai capito? » Ripeti. « Io sceglierò sempre te, fino alla fine del Tempo.. » Vorresti urlarlo, ma ti esce in un sussurro in cui racchiudi tutto, ogni sentimento che senti nuovamente divampare in te e che, in effetti, non è mai appassito.
« Sempre! »
Questo lo gridi perché deve sentirlo prima che attorno a te si raccolga il buio e Lui scompaia.
Senti la sua voce e tu sorridi per la prima volta dopo tanto tempo, fiero di assomigliare così tanto a Lui.

Riapro gli occhi sentendo le lacrime rigarmi il viso. Il profumo che sento ancora si mescola a quello d’incenso e fiori di loto ma non riesco ad alzare il volto anche se so a chi appartiene. Guardo l’Ankh dinanzi a me con smarrimento, ma non sto fissando lei. Fisso le mie nocche rovinate dal colpo che ho sferrato sulla piramide: era Lui.
« L’ho trovato. » Boccheggio incredulo, affondando le dita nella sabbia. Il respiro incespica mentre alzo il volto lentamente per ritrovare quello di Sitra. La guardo con le iridi tremanti che vagano sul suo viso preoccupato. La vedo a malapena dietro la coltre umida che mi bagna la vista.
« L’ho trovato… » Ripeto, rannicchiandomi in avanti verso di lei, con le mie stesse braccia strette attorno al corpo che trema per i singulti che sto trattenendo. Le sue si avvolgono oltre le mie spalle e mi stringono forte attirandomi a sé.
Non sa di cosa sto parlando, ma io so che non è stata un’illusione crudele, non è stato un sogno.

Ti ho ritrovato, It-y.


– Tell me would you kill to prove you're right –

Abilità
– I°, II°, III° no Fattoriam:
– IV°: Proibiti Colossum
– V°: Proibiti Stupeficium
– VI°: Proibiti Perstringo
– I° Chiara: Atlantis Cage
– Smaterializzazione;
– Abilità Runica;
– Animagus Esperto;
Equipaggiamento
▸ ANELLO DIFENSIVO: Pezzo unico. Pietre: Acquamarina. Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche dall'Avada Kedavra ma poi si spezza. [1xQuest] (usato come orecchino)
▸ PIETRA PER BACCHETTA: Una pietra sconosciuta che amplifica la potenza del mago.
▸ ANELLO DELLA GORGONE: Se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
▸ PUGNALE NORMANNO: Argento lavorato, pulizia in linee, disegno essenziale. [Tasca posteriore]
▸ SACCHETTA MEDIEVALE: All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile [x5 oggetti medi][+3 PC +1PM][Agganciata alla cintura]
All'interno:
– Generi di viaggio.
– Mantello della resistenza: Protegge dalle fiamme. [+8PC]
– Guanti Sostegno del Paladino: Guanti ignifughi, impermeabili, resistenti all'acido, alle basi, al freddo... Proteggono le mani da tutti gli elementi naturali e da colpi fisici.
– Artiglio di Fenice: Usato come ciondolo protegge parzialmente dalle ferite. [1xQuest]
– Polvere Buiopesto Peruviana: Permette, se lanciata in aria, di far calare l'oscurità a proprio piacimento. Ottimo se usata come diversivo prima di una fuga. [x2]

▸ RUNA HAGALAZ DELLA SEPARAZIONE: Utilizzabile in Quest, una volta ogni 5 turni. Rende l'utilizzatore in grado di creare uno o più proiettili di vento, che possono essere scagliati contro i nemici, e provocano gli stessi danni di un proiettile babbano di piccole dimensioni. In alternativa, può essere utilizzata per creare un "muro" invisibile e impenetrabile, della durata di un turno; in questo secondo caso, però, la runa avrà bisogno di sette turni per ricaricarsi. Ad ogni utilizzo, tuttavia, l'evocatore ha un contraccolpo al mana e alla salute pari al 2% del mana e della salute totale, che persisterà fino alla fine della quest. [incastonata in un anello, dito medio sx]


Code © HorusDON'T copy



*= "Nedes" in egiziano antico è "piccolo". Come It-y, Nedes-yt è un vezzeggiativo.

– Pubblicamente voglio ringraziarti, Master, per aver reso questa quest la migliore mai affrontata. Grazie per le emozioni che mi hai generato (lacrime comprese).
Grazie per aver fatto valere la pena ogni giorno di questi dodici anni sul forum fino al momento in cui Horus ha rivisto suo padre.

Grazie. ♡
 
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25 replies since 6/10/2023, 09:17   568 views
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