Nessuno, oltre i diretti interessati, aveva piena coscienza di quanto duro fosse il ruolo da Prefetto. Per Draven quella spilla aveva significato una grande soddisfazione personale e lo era ancora, ma all’inizio del nuovo anno scolastico si era reso conto di quanto pressante la percepisse. Vuoi per la stanchezza e la mancanza di sonno, o forse per la sua insofferenza nei confronti di altri esseri umani; in ogni caso, quando due o più fattori problematici si coalizzavano contro di lui nella stessa giornata, non andava mai a finire bene. La notte precedente era stato di ronda, quella mattina aveva avuto un turno in negozio e nel pomeriggio gli era stato appioppato un gruppetto di ragazzini per rifornimenti vari ed eventuali tra i negozi di Diagon Alley. Come se non bastasse, qualcosa tra gli ultimi arrivi che aveva dovuto inventariare quella mattina da Magie Sinister gli aveva fatto allergia. Aveva la gola graffiata e dolorante, il naso gli pizzicava e da allora non aveva più smesso di starnutire a minuti alterni. Con un pacco di fazzoletti in una tasca e qualche galeone nell’altra, aveva atteso la mandria fuori il portone principale del castello. In silenzio, aveva lasciato passare il solito “quarto d’ora accademico” per dare modo agli eventuali e fastidiosi ritardatari di raggiungere il punto d’incontro, poi si era incamminato con loro verso l’area delle passaporte.
Una volta giunti a destinazione, si volse a guardarli in viso, uno ad uno. Non ne avrebbe ricordato nessuno, lo sapeva già, ma voleva farglielo credere; più nel caso in cui qualcuno avesse fatto qualcosa che non avrebbe dovuto, piuttosto che per assicurarsi di non lasciarne indietro un paio.
Restate in gruppo. Non allontanatevi oltre la strada principale e non fate stronzate. Ci rivediamo qui tra due ore, non un minuto di più o vi lascio indietro senza troppe cerimonie. – esordì, glaciale. Le mani nelle tasche dei jeans scuri, il cappuccio della felpa tirato su come anche le maniche sugli avambracci. La posa era quella di uno a cui non poteva fregare di meno cosa sarebbe potuto succedere a quel gruppo di creature più o meno senzienti. Era annoiato, stanco e lo sforzo di trattenere gli starnuti per non dare a vedere che non si sentisse granché in forma gli aveva messo mal di testa.
Andate. – li congedò poi, aspettando di vederli sparire tra i negozi, prima di allontanarsi lui stesso e dirigersi, senza indugio, verso l’unico luogo nel villaggio in cui sapeva per certo che avrebbe trovato silenzio e tranquillità: Nocturn Alley.
Era bizzarro il modo in cui per lui, quel quartiere, fosse ormai divenuto un porto sicuro. Straripava di delinquenza e follia ed era una delle zone con la peggior fama nel'intero mondo magico; era rasserenante. Passava inosservato e non c’erano colori o bambini urlanti. Tutto era grigio e spento, come avvolto da un cielo perennemente plumbeo per via della conformazione degli edifici, così a punta e appiccicati l’uno all’altro che il sole non trovava mai il modo di filtrarvi i suoi raggi. I frequentatori più assidui lo riconoscevano come il garzone di Sinister e non gli attaccavano grane, il più delle volte. Era il posto perfetto in cui passare del tempo. Lo scorso anno, seguendo la strega delle unghie, aveva anche trovato il passaggio segreto in una delle bettole locali; non aveva ancora mai avuto modo di entrarci, ma forse quello era il giorno più adatto per affogare l’ipocondria in un bicchiere sudicio di whisky incendiario.
Con uno starnuto si abbassò ulteriormente il cappuccio della felpa a coprire il viso e, a testa china, intraprese la via verso la salvezza. O così credeva, almeno.
Ebbe modo di raggiungere la bettola e nessuno gli chiese conferma della maggiore età. Nessuno gli rivolse proprio parola: era il paradiso. Inoltre, il bicchiere che gli venne passato dal barista – un elfo domenico con cespugli di peli bianchi nelle orecchie e un lercio grembiule grigio topo addosso, che una volta doveva essere stato bianco – lo trovò, sorprendentemente, ben più pulito di quelli che aveva visto girare tra le tavolate del Testa di Porco. Lo afferrò nella sinistra e ne mandò giù l’intero contenuto in un solo sorso. L’ennesimo starnuto della giornata quasi rischiò di farglielo risputare.
Chiese un altro giro. Poi un altro ancora. Al quarto si fermò. Era passata a malapena mezz’ora da quando aveva lasciato i mocciosi in giro per il villaggio ed era già brillo. Se avesse continuato con quel ritmo non sarebbe mai riuscito a tornare sui suoi piedi al punto d’incontro. Fermò l’elfo, pronto a versargli altro whisky, con un cenno della mano e si alzò dallo sgabello ondeggiando su se stesso.
Perlomeno, il mal di gola era passato.
Pagò il barista e uscì da quel postaccio che era appena diventato il suo bar preferito in tutto il mondo magico e non. La gente lì dentro era talmente strafatta di fumi alcolici e sostanze sconosciute ai più che a nessuno era importato della sua presenza, nessuno aveva provato a socializzare. Stupendo.
Di nuovo nella sua posa apatica, con le mani nelle tasche dei jeans e la schiena un po’ ricurva, riprese a camminare seguendo l’andamento delle pietre sul terreno per assicurarsi di andare dritto. Avrebbe cercato un posto in cui appisolarsi per la seguente ora per farsi passare l’ebrezza, poi sarebbe tornato a Diagon Alley per recuperare i mocciosi.
Doveva resistere alla noia e alla stanchezza ancora un altro po’. Una volta tornato al castello, avrebbe passato il resto della giornata e della serata insieme a Megan e gli sarebbe tornata la voglia di vivere.
Un sorrisino ebete gli illuminò il viso al pensiero della sua ragazza, ma durò poco.
I suoi piani di assoluta pigrizia e svogliatezza vennero interrotti da un siparietto tra due maghi dall’aspetto losco e una ragazzina che rispetto a loro sembrava una mosca. Non colse nulla della conversazione, seppur fosse facilmente ipotizzabile dalla postura molesta dei due; normalmente, se ne sarebbe disinteressato, ma la sua attenzione venne catturata dai dettagli gialloneri nella sciarpa di lei. Una studentessa Tassorosso. Presumibilmente parte del gruppo di primini che aveva accompagnato lì.
I piedi si mossero con l’intenzione di avanzare e avvicinarsi ai tre, prima ancora che la testa – piacevolmente rallentata dagli effetti del whisky incendario – potesse suggergli che intervenire per sedare la cosa e riportare la bambina nelle strade sicure di Diagon fosse la cosa migliore da fare per non avere rotture di coglioni ben più grosse di questa poi di ritorno a Hogwarts.
Schiuse le labbra e inspirò quell’aria che sapeva di chiuso pur stando all’aperto. Forse l’istinto gli aveva comandato di dire qualcosa, ma gli si mozzò in gola nell’assistere alla reazione della ragazzina. Un paio di coraggiosi passi in avanti, un gran sorriso da stramboide stampato sulle labbra, la testa inclinata di lato in un modo che Annabelle poteva solo sognarselo e qualsiasi pensiero avesse avuto voglia di esprimere Draven svanì.
Puff. Surclassato da quella che interpretò come una vaga forma di preoccupazione.
Se in qualsiasi altro luogo del pianeta quella reazione avrebbe suscitato in lui ammirazione, ipoteticamente parlando, in quel posto dimenticato dalla decenza non faceva altro che attirare attenzione. Il meno pazzo lì avrebbe potuto ingaggiare un duello solo perché infastidito dalle grida.
I due ceffi di fronte a lei, rimasti basiti per un istante, scoppiarono a ridere in risposta al suo grido seguente e nei loro occhi il Serpeverde non vide altro che curiosità.
Tre lunghi passi, fatti più o meno in linea retta, e la manica della felpa che aveva alzato sull’avambraccio sinistro tornò fino all’altezza del polso, che spinse nella bocca spalancata della ragazzina a fungere da sordina.
Fuori dalle palle. Sparite. – esordì, fissando lo sguardo sui due. La schiena improvvisamente eretta e la sua altezza a fare da deterrente contro la loro stazza ben più ridotta. L’istinto lo aveva portato a zittire la ragazzina col braccio sinistro, quindi si trovava temporaneamente impossibilitato a estrarre la bacchetta…
Forse per via del whisky ingerito non riuscì a mostrarsi minaccioso come avrebbe voluto e le risate dei due si fecero più fragorose.
Vuoi per orgoglio ferito o per presa di posizione, a costo di rimetterci un braccio se la mocciosa avesse disgraziatamente pensato di morderlo o a costo di ritrovarsi nella condizione di dover schiantare i due, rimase impassibile, ma se la ragazzina non si fosse mossa da quella posa l’avrebbe spronata a indietreggiare, quantomeno a farsi scudo dietro di lui.
Solo quando, dopo qualche istante, i due fecero dietrofront, continuando a ridere divertiti ma senza più interesse, Draven si concesse di far vagare lo sguardo tutt’intorno: ogni occhio nella strada principale era puntato su di loro.
Così se ne andavano a fanculo i suoi sforzi di passare inosservato...
Che diavolo credevi di fare? Hai idea di dove ti trovi? – le bisbigliò a denti stretti, senza voltarsi per poterla guardare. Nel momento in cui si fosse concesso di dare le spalle a quella massa di avvoltoi avrebbero rischiato di ritrovarsi in guai ben più grossi della loro portata.
Cammina. Entra nel vicolo cieco alla tua destra. In silenzio, cazzo. Non respirare nemmeno. – aggiunse subito dopo, prima di darle la possibilità di rispondere alle precedenti domande che, a quel punto, riteneva retoriche; perché era chiaro che non sapesse dove fosse finita. Se gli avesse dato retta, e sperava per entrambi di sì, l’avrebbe condotta nella stradina di Magie Sinister, dove il flusso di gente era ben più ridotto per via del fatto che fosse una strada senza uscita. Magari avrebbe aspettato lì qualche minuto che la fauna di Nocturn Alley dimenticasse l’accaduto; per quanto, quando posò finalmente lo sguardo sulla ragazzina, si rese conto che fosse la quintessenza materiale del concetto di “attirare attenzione”.