Un amaro risveglio, privata - oneshot

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view post Posted on 29/12/2023, 15:03
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Un amaro risveglio

gTURDwM
Un
leggero formicolio si irradiò improvvisamente dal tallone alle dita del mio piede destro. Calciai di scatto e spalancai gli occhi. Sentii qualcuno urlare. C'era luce, troppa luce. Ero distesa. Coperta. Mossi entrambe le gambe e come la sensazione di una scossa elettrica mi fece stringere i denti e contrarre i muscoli del viso. Dolore. Come se me le avessero prese a calci. Provai a sollevarmi sulle braccia facendo un sforzo che mi parve immane ma ricaddi all'indietro con la testa sul cuscino. Intorno qualcuno parlava a voce alta e concitata ma non distinguevo le singole parole. Fissai il soffitto sopra di me, bianco con dei lampadari in ottone. Respirai e anche respirare faceva male, come se avessi lividi su tutta la cassa toracica. Alla mia sinistra su avvicendarono persone sconosciute in camice. Dov'ero?

Dopo pochi istanti arrivò una donna di tutta fretta e si fece largo tra gli altri per venire al mio capezzale. Mi voltai a guardarla e dal camice leggermente diverso capii che era una Medimago.

«Signorina Donovan, benvenuta nuovamente tra noi.»

La donna mi sorrideva con calore e - mi accorsi solo dopo, quando strinse - mi teneva le mani lungo le braccia in un gesto misto a contenimento e affetto. Non riuscii a rispondere subito. Aprii la bocca ma non ne uscì nulla. Deglutii. La Medimaga alzò la bacchetta e me la fece passare tra gli occhi. Le mie pupille seguirono il punto luce come ipnotizzate.

«Ok, è normale. La coscienza sta tornando. Non c'è fretta,» sorrise stringendomi ancora le braccia all'altezza dei gomiti. «C'è qualcuno che possiamo avvertire? Del suo risveglio intendo.»

La guardai un po' interdetta. E forse la donna colse il mio disorientamento.

«Non c'è un modo piacevole per dirlo, cara. Sei rimasta incosciente... per un po'. Ti trovi al San Mungo e forse attualmente non hai ben chiaro cos'è successo, cosa ti ha portato qui. Gli ultimi istanti, insomma. Ma è tutto normale. Del tutto normale. Non c'è alcuna fretta nel ricordare» ripeté con condiscendenza.

Io deglutii ancora. Incosciente. In ospedale. Da quanto tempo? Cos'era successo? Come? Perché? Una fitta alla testa mi fece piegare nelle spalle e infine tossire.

«No non sforzarti, è la cosa peggiore che tu possa fare al momento. Basteranno un paio di giorni e i ricordi degli ultimi momenti torneranno. Il trauma cerebrale è stato notevole quindi è incredibile già che tu ti sia risvegliata così bene.» Fece una pausa, guardandosi con gli infermieri, annuendo. «Adesso faremo dei controlli per capire se la mobilità corporea è tornata al 100% o dove presenta delle problematiche, voglio controllare soprattutto…»

«Rosalie.»

La donna si voltò verso di me con uno scatto. Aveva un sorriso enorme che le apriva il volto magro. «Ah la voce è tornata subito! Ma allora stiamo proprio bene!»

«Vorrei vedere mia sorella. E i miei genitori.»

Calò un improvviso e pesante silenzio. Poi gli infermieri si guardano tra loro bisbigliando qualcosa mentre lo sguardo della Medimaga era fisso nel mio.

«Non ricordi cos'è successo, cara?»

La guardai a lungo. Infine scossi appena la testa.

«A breve arriverà un incaricato dal dipartimento Auror che ti spiegherà tutto nel dettaglio e si prenderà cura di te» aggiunse frettolosa.

Si alzò di scatto dal mio letto e, rivolgendosi agli infermieri, comunicò con voce atona e sbrigativa tutti gli esami che avrei dovuto fare. Loro annuivano senza parlare. Infine la Medimago sparì e alcuni infermieri si avvicinano al mio capezzale.

«Signorina adesso le faremo alcuni controlli non dolorosi, non invasivi, nulla che possa crearle disturbo. Facciamo alcune valutazioni dei sintomi per vedere lo stato di salute. Lei può restare qui ferma, con gli occhi chiusi se preferisce. O se vuole possiamo mettere un po' di musica visto che ci vorrà un bel po'.»

«La musica va bene» dissi con un filo di voce.

Chiusi gli occhi e provai a rilassarmi, anche se attraverso le palpebre potevo vedere i bagliori di luce degli incanti che stavano lanciando attorno al mio corpo. Dopo qualche istante arrivò alle mie orecchie della musica classica che non riconobbi. Non era molto forte e ben presto si rese sottofondo dei miei pensieri.
Non avevo pensieri rosei in quel momento. Di certo, la glissatura su dove fosse la mia famiglia non mi era piaciuta per niente. Forse non sapevano che ero in quello stato? Forse non avevano avvisato Rosalie, mamma e papà per non farli preoccupare? Magari mi credevano ancora in missione. Una missione, già. Una missione che non ricordavo assolutamente. Ma la Medimaga aveva detto che era del tutto normale che non ricordassi nulla degli ultimi istanti. Non dovevo avere fretta. No. I ricordi sarebbero tornati spontaneamente, magari nel corso della giornata. E poi mi sentivo piuttosto bene - provai a muovere le dita e stringere i pugni, i piedi li sentivo, parlavo e ascoltavo distintamente e, dolori a parte, il mio corpo sembrava integro. Mi ritrovai a sorridere. Un accenno di labbra tirate, gli occhi ancora chiusi, il corpo rilassato. Sarebbe potuta andare peggio, no?

«Quando avete finito, sì, aspetto.»

Aprii gli occhi seguendo la voce che aveva parlato. In fondo alla camera, ancora leggermente sulla soglia della porta, c'era un uomo in abito grigio fumo, una ventiquattrore stretta nelle mani giunte sotto la cintola e il portamento composto. Ci scambiammo uno sguardo e ipotizzai dovesse essere l'incaricato mandato dal dipartimento Auror. Pensai di distogliere lo sguardo ma lui non lo fece. Ci guardammo per parecchio tempo, mentre la musica classica suonava ovattata e gli infermieri ultimavano i loro controlli. Mi sembrò un'eternità e non aiutava di certo il fatto che lui se ne stesse talmente fermo e impalato da sembrare una statua.

«Finito, per me è tutto okay» parlò un infermiere mentre una piuma prendeva da sola appunti su una cartelletta sospesa a mezz'aria accanto a lui. Detto ciò, anche il resto del personale si fermò, mettendo a posto le bacchette. «Ad un primo sguardo i valori ci sembrano stabili e nella norma ma ci riserviamo di tenerla in degenza ancora qualche giorno. Sentiamo anche il parere della dottoressa Flow e ci riaggiorniamo» aggiunse con un sorriso. «Adesso la lascio in compagnia del suo collega» disse poi, accennando con il mento all'uomo-statua che era stato lì ad aspettare tutto il tempo.

Annuii appena, sforzandomi di sorridere a mia volta più per gentilezza che per altro. Il personale medico lasciò la stanza in blocco e anche la musica cessò. Provai di nuovo a sollevare la schiena, facendo leva sulle mani per averne la forza. L'uomo in grigio si affrettò ad avvicinarsi. Mi passò una mano dietro i reni per aiutarmi a compiere quel gesto - per me - difficilissimo perciò lo ringraziai a mezza voce. Così seduta avevo una percezione diversa della stanza. Prevalentamente bianca, con altri letti ma vuoti, poco mobilio ma tanta luce dalle grandi finestre.

«Come si sente, Donovan?» parlò finalmente. Una voca molto calma e piatta ma cortese.

«Ho visto giorni migliori» sorrisi per sdrammatizzare, «ma tutto sommato poteva andare peggio, no?» cercai di sondare il terreno per farlo arrivare subito al dunque, per farmi aggiornare su quello che al momento mi sfuggiva completamente.

Lui non sorrise. Per nulla. Se prima qualche accenno l'aveva mostrato, in quel frangente, dopo le mie parole, aveva assunto un'espressione cupa. E quindi anche il mio sorriso svanì.

«Donovan, sono Brown e sono qui in qualità di rappresentante del Dipartimento Auror. Non è facile per me comunicarle quanto sto per dirle. Ma lei sa che i rischi legati ad un lavoro così pericoloso come il nostro non sono certo pochi. E lei è uscita indenne da una missione molto, molto pericolosa» cominciò e io non deglutii nemmeno per non perdermi nessuna sua parola. «Ebbene, mentre mi recavo qui la dottoressa Flow mi ha comunicato che apparentemente lei non ricorda assolutamente nulla della missione... e delle sue conseguenze. Mi conferma?»

Annuii solamente, fissa nei suoi occhi.

«Cosa ricorda esattamente? Cioè - mi perdoni - fin dove arriva la sua memoria?» aggiunse cauto.

Ci pensai su un attimo. «In realtà ho dei ricordi confusi. Mi ricordo di aver ricevuto un incarico top secret molto delicato ma non ricordo l'obiettivo o altro, mi dispiace» abbassai un attimo lo sguardo sulle mie mani giunte. Poi lo rialzai. «E poi sento come dei vuoti... non saprei come altro definirli. Intendo buchi di memoria qui e lì, anche precedenti alla missione. Mi sembra che mi manchino dei pezzi insomma» chiarii accennando un sorriso tirato.

Accanto al letto c'era una sedia così la mano un po' tremante del signor Brown l'afferrò e la portò sotto il suo sedere, accomodandosi rapidamente. Deglutì almeno qualche volta prima di parlare.

«Ebbene, in questi ultimi 3 anni...»

«3 ANNI?!» sbottai prima di rendermene conto. Mi bruciò la gola per la ferocia con cui parlai. Sentivo di avere gli occhi sgranati, il respiro mozzato e una sensazione di nausea mi aveva artigliato la bocca dello stomaco.

Il signor Brown si alzò di scatto e lasciò la mia camera. Uscendo rapidamente lo sentii chiamare qualcuno e urlare qualcosa come già è difficile ma almeno il vostro lavoro lo dovete fare per poi tornare dopo qualche istante con la dottoressa Flow che si avvicinò a me con titubanza.

«Cara sarai sconvolta al momento, io me ne rendo conto, ma stavamo ultimando le analisi e quindi io non volevo già dirti che-»

«Ditemi tutto» li interruppi bruscamente. «Voglio sentire tutto. Dall'inizio. Per bene» dissi severamente. Poi ci pensai giusto un attimo. «Per cortesia» aggiunsi.

Il signor Brown tornò a sedere e la dottoressa Flow gli rimase in piedi accanto. Fu lei la prima a parlare.

«Vedi cara, sono passati 3 anni da quando ti abbiamo ricoverato qui al San Mungo. Sei arrivata da noi in condizioni molto critiche, con diverse ossa rotte e una grave commozione cerebrale. Ti abbiamo rimesso a nuovo completamente nel giro di qualche mese ma sei rimasta priva di coscienza per tutto questo tempo. I valori però sembrano ottimi e questo ci fa sperare-»

La interruppi sollevando appena una mano. «La mia famiglia è stata avvisata?»

«Non è segnato alcun tutore legale-»

«Mia madre, mio padre, mia sorella» ripetei scandendo le parole come se avessi di fronte dei bambini molto piccoli.

La dottoressa cotrasse il volto in un'espressione rammaricata che non mi piacque per niente. Si voltò poi a guardare il signor Brown «Io quello che dovevo dire l'ho detto, il resto non spetta a me» sussurrò ma riuscii comunque a sentirla distintamente. Mi fece un gesto del capo a mo' di saluto e lasciò nuovamente la stanza.

Non staccai nemmeno per un attimo gli occhi dell'uomo in grigio che, invece, guardava tutto al di fuori di me. Poi finalmente sembrò trovare il coraggio e mi affrontò. «Sono morti. Tutti» aggiunse come per paura di non essere stato chiaro.

Corrucciai le sopracciglia, la fronte e sbattei le palpebre confusa. «Come?»

«Durante l'ultima missione... quindi 3 anni fa» precisò. «Ma non solo la sua. Di famiglia, intendo. Hanno ucciso tutti i familiari stretti di tutti e tre gli Auror coninvolti. Oltre agli Auror stessi, è chiaro. E' stata una carneficina. Una carneficina» ripetè un po' perso nei suoi pensieri. «E la cosa più grave è che ne sappiamo pochissimo - forse ne sappiamo addirittura meno di lei» aggiunse quasi come volesse scusarsi. «Voi quattro siete partiti all'alba quel giorno» e mentre lui parlava a me sembrò di vedere un'alba nascente nei miei ricordi, «per una missione molto riservata di cui solo voi quattro conoscevate l'obiettivo. Stiamo provando a risalire a qualche informazione negli archivi ma pare che qualcuno li abbia manomessi. Non sappiamo chi era o erano gli obiettivi della vostra missione. Lo scopo del vostro sopralluogo. O il motivo. Non sappiamo nulla. Nemmeno perché siete stati brutalmente massacrati e se la sono presa pure con le vostre famiglie. Non sappiamo niente. Niente» si affrettò a ribadire.

«Non... sapete...»

«Niente. Niente» concluse lui per me concitato. «Non c'è stato alcun sopravvissuto - a parte lei, ovviamente. Ma ormai la davamo per spacciata» chiarì senza mezzi termini. «Ovviamente le indagini vanno avanti da allora. Stiamo cercando di capire perché lei, Donovan, è stata anche vittima di un potente Oblivion. Aveva sicuramente scoperto qualcosa di fondamentale. Ma comunque non importa adesso. Lei deve rimettersi in sesto quindi io la lascio riposare. Si ritenga congedata fino a che non si sentirà in grado di tornare in Ufficio. Ci faremo sentire noi. Stiamo scongelando il suo conto bancario e ci stiamo occupando anche di trovarle una sistemazione a nostre spese quando potrà lasciare l'ospedale.»

Nulla. Il vuoto. Bianco. Assenza di suoni. Buio. È così che si sviene?


- è la mia prima role dopo diversi anni quindi se ho fatto errori ditemelo che modifico ♥ per chi volesse saperne di più: sono stata via un bel po' di anni e con questa oneshot riprendo in mano il mio pg, Urania Donovan, Auror. Per giocarmela bene l'ho fatta finire in coma :gelato: così posso avere lo spunto per riprendere la narrazione con un pizzico di giallo-thriller e un mistero da svelare. A tal proposito chiunque fosse interessato ad entrare in questa storia mi faccia sapere perché questo post è solo l'inizio. Passo e chiudo! :flower:
 
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