Trouble, Breedenbergh

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view post Posted on 30/1/2024, 20:32
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wanna have some fun?
“Breedenbergh, questo è un vero e proprio atto di fede!”
Te l’ho detto una manciata di minuti fa, con lo sguardo perplesso di chi non sa cosa aspettarsi e il ghigno di chi ha consapevolmente ceduto al fascino dei guai. Ora non sono più tanto convinta della cosa. Ho lo stomaco sottosopra, la testa che vortica e un sensazione di smarrimento generale che ha fiaccato (solo in minima parte, invero) lo spirito avventuriero con il quale sono partita. Non ricordo nemmeno quante volte ci siamo smaterializzati, prima che il supplizio finisse e il terreno mi restituisse una parvenza di stabilità. Mentre ti guardo andare via e smollarmi come un pacco postale, confermo di essermi cacciata in una situazione dalla quale non so come cavarmi fuori. È una presa per il culo? Una forma di bullismo pianificata per non aver colto immediatamente il tuo salvataggio al ballo? E dire che, tra i due, avrei più motivazioni io di portare rancore, visto che mi hai ridotta a un cetriolo sott’aceto con quel Petrificus Totalus.
«Te la farò pagare se mi stai prendendo per il culo» dico al tuo fantasma. Di te, non c’è più l’ombra. «E mo’ che faccio?»
Non so a chi lo sto chiedendo, se ai miei amici immaginari d’infanzia — ne conservo memoria, ma in effetti è tanto che non parlo con loro — o alla casa che mi sta di fronte. Arriverà qualcuno ad accogliermi? Ho come la sensazione di non potermi aggrappare a questa illusione. Mi toccherà fare tutto da sola.
Sospiro, stretta nel mantello scuro con una trama sottilissima di gigli percepibile solo alla luce del sole o della luna. Appartiene al corredo di Roth: è l’abbraccio che non possiamo più scambiarci. Oltrepasso un cancello socchiuso e inarco le sopracciglia. O mi stai pesantemente trollando o mi aspetti dentro.
Certo, e ha preferito lasciarti fuori per il solo gusto di confonderti.
L’Abisso è bravo a sottolineare la fallacia dei miei ragionamenti, ma stavolta non riesce a convincermi. Forse perché io ho intuito quanto folle tu sia, Breedenbergh. Forse perché rispetto a un Petrificus Totalus questa situazione sembra quasi normale, a suo modo.

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no apologies
Avanzo, divertita nonostante tutto. Sono stata io ad accettare il tuo invito e sempre io a prendere la mano che mi hai offerto per seguire un piano del quale non mi è mai stato rivelato nulla. Mi diverte perché la tua energia ha questo modo di rimanerti attaccata addosso, come un’influenza bastarda che sta in agguato aspettando il momento giusto per farti stramazzare a terra. Mi diverte perché le premesse sono indecifrabili e a me piacciono le sorprese, specie quelle un po’ sopra le righe.
Alzo il braccio quando arrivo in prossimità dell’ingresso. Questo, a differenza del cancello, rimane serrato al mio cospetto. Busso due volte, non tre: due. Nella mia personalissima interpretazione delle regole sociali, un solo tocco trasmette indecisione e tre insistenza. Perciò, opto sempre per la via di mezzo e mi convinco di comunicare sicurezza ed educazione. Isabella, quantomeno, non si è mai lamentata.
Non sono di certo preparata alla visione che mi accoglie quando l’uscio si schiude e mi mostra cosa — o meglio chi — c’è all’interno. Sono sicura di aver schiuso la bocca in un’espressione istupidita, che non è proprio la migliore delle presentazioni. Ma, d’altronde, mi trovo di fronte a un elfo domestico che di domestico ha poco o nulla. È più alto di me, muscoloso e ha un’espressione sicura che vuole dire “mettimi alla prova”. In confronto al temperamento di Tilly, mi rendo conto di essere capitata davanti a un mistero che il mondo magico non mi aveva ancora svelato. Ha anche dei tatuaggi, capitemi.
«Ah, tu sei la biondina!»
Mi accoglie così e io non saprei dire se la sua voce sia cordiale o se sia semplicemente una statuizione che non richiede una particolare intonazione. Il suono della sua voce è la scintilla che riaccende il mio animo e, soprattutto, che mi ricorda di congiungere le labbra.
«Io non c’entro nulla. Qualunque cosa sia successa o stia per succedere, è colpa di Breedenbergh.»
Dove cazzo mi hai mollata, Bree?
i knew you were trouble when you walked in
 
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view post Posted on 26/2/2024, 14:47
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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Codice«Se mi avessero dato un galeone per ogni volta che l’ho sentito solo questa settimana, non sarei un elfo, ma un cazzo di folletto». Rocky si era affacciato dalla porta di casa e immediatamente aveva fatto un check della biondina. Gli occhi guizzarono dall’alto verso il basso e poi all’insù, al contrario. Carina, pensò. Un po’ troppo. Gli frullò per la testa un ragionamento veloce: non sapeva granché di lei. Rinomata attaccabrighe, era lì per un motivo. Ma quel bastardo di Breendbergh non gli aveva detto altro su di lei se non l’effettiva ragione per cui gliel’aveva appioppata. Sospirò, arrendendosi all’ineluttabilità del fato, mentre spalancava la porta di casa per darle ufficialmente un benvenuto, uno di quelli che mai avrebbe pronunciato. I convenevoli gli facevano schifo. Essere così alto gli faceva schifo. Pregò perché il suo coinquilino scemo andasse in bianco, non si meritava una bella scopata dopo averlo trasfigurato in quella maniera.
«Almeno ti ha detto perché sei qui?». Le aveva chiesto un tantinello scorbutico, facendole sgraziatamente segno di entrare.
Adeline aveva riempito di candele profumate la casa e quando varcavi la soglia, venivi immediatamente investito da un profumo di vaniglia un tantinello legnosetto. Poi ti ritrovavi immerso in un salotto accogliente, con un ampio divano, lo schermo abnorme e la libreria, in cui spiccavano alcuni classici della letteratura babbana, e qualche disgrazia della narrativa dei maghi. L’elfo inquadrò per sbaglio uno dei volumi di Gilderoy e immediatamente distolse lo sguardo a causa di un forte imbarazzo di seconda mano. Se aveva tanta sete di fama, almeno poteva non bersi il cervello, si disse. Ma i libri scrausi, scritti con le lacrime degli stagisti al posto dell’inchiostro, erano l’ultimo dei suoi problemi quella mattina.
Una volta richiusa la porta alle spalle della fanciulletta, quella creatura, che per sua natura aveva ripudiato la grazia di Cristo, si voltò nuovamente.
«E ce l’hai un cambio sportivo?». Rimase immobile, a squadrarla con le braccia incrociate. Le maniche della felpa tirate su fino ai gomiti lasciavano in vista una vascolarità insolita, così come le tracce di inchiostro che lo marchiavano. Spezzacuori. Spezzabacchette. Spezzava un po’ tutto, ma poi alla fine della fiera, l’unico a spaccarsi davvero era sempre lui, per un motivo o per un altro. Forse era anche per questo che si era fatto tatuare “Fragile” a caratteri cubitali sul petto, gonfio come quello di un gallo, e non di orgoglio ma di muscoli.
Gli piaceva la mise della biondina, la sua eleganza un po’ casual. Non aveva mancato di notare i dettagli floreali quando ancora erano all’aperto, baciati dai raggi del sole, così come tante altre cose, prima tra tutte il fatto che fosse completamente inadatta per l’attività fisica.
«Mi dev’essere rimasto qualcosa di Mirella su, avete la stessa corporatura». Le avrebbe detto, con un pizzico di dolore che faceva tentennare la voce. Si erano lasciati – di nuovo – dopo l’ennesima scenata tragicomica per cui Camillo e Lex ancora lo coglionavano. E se anche l’altra bionda non lo prendeva in giro era solo perché era un pasticcino. Ma lei, Mirella, aveva distrutto un bagno durante una crisi ed era scappata dalla finestra, poi era tornata nel cuore della notte successiva e si era messa a strillare come una pazza. Ripensò a quando gli disse “Guardami negli occhi, per me sei morto” e il tonfo che fece il suo cuore quasi si rese udibile. Lui le aveva detto che non la voleva piú vedere e ancora se ne pentiva, la ferita era fresca. Poi il nulla.
«Ti faccio un caffé intanto, se non preferisci qualcosa di particolare». Brontolò, mentre si dirigeva con un passo fin troppo calmo verso la cucina. C’era un po’ di fa’ come fossi a casa tua nelle sue parole, ed un po’ di quell’insolita voglia di crepare, che la sua ormai ex gli aveva trasmesso.
Ora raggiungere le cialde non era più un problema. Spalancò la dispensa e ne acchiappò una, schiaffandola dentro la macchinetta come se avesse voluto fargliela mangiare a forza. Tirò la leva, un po’ come chi, per risolvere il dilemma morale del trolley, faceva driftare diligentemente la carrozza per far sì che tutti crepassero male ed all’unisono. Tazza, bottone ed il profumo del caffé che colava andò ad impreziosire quello di biscotti che permeava quell’angolo della casa.
«Come lo prendi?» Le avrebbe chiesto. Le sarebbe convenuto esprimere una preferenza se non avesse voluto prenderlo al volo.

 
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view post Posted on 2/3/2024, 20:48
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wanna have some fun?
«Certo che no. Mi ha smollata davanti al cancello e se l’è filata come se dovesse consegnare una vaschetta di Fortebraccio e temesse di veder sciogliere il gelato.»
Rispondo senza tentennamenti alla domanda — forse retorica — dell’elfo. E, in effetti, torno a chiedermelo per la centesima volta. Che ci faccio qui? Perché sei andato via? E come mai l’elfo sapeva del mio arrivo?
Varco la soglia di casa e due pensieri mi colgono immantinente: uno, non dico che vivi in una dimora ottocentesca, ma cazzo se devono andare bene gli affari del tuo negozio; due, si sente che la Walker è stata qui. L’ambiente profuma di buono; ha una nota dolce che ricorda il suo sorriso e la voglia di torte e pasticcini che lascia al suo passaggio. Mi domando se sia qui — e rifletto con un ghigno che sarebbe interessante, visti i pensieri che ho fatto (e faccio) su di lei —, ma l’elfo torna a parlare e la mia espressione si fa perplessa. Anzi, direi che è più appropriato usare il termine “basita”.
«Un cambio..? No» ribatto e il mio tono di voce comunica la mia confusione quasi più del piglio dubbioso. «Perché dovrei… Mirella?»
Okay, Bree. L’hai fatta più grossa del giorno in cui hai deciso di portarmi sotto l’ascella come un’asse di legno a un cantiere. Il tuo elfo mi sta sobbarcando di informazioni che il mio cervello non riesce a mettere insieme. Nell’ipotizzare quale potesse essere la ragione del nostro appuntamento, ho elaborato tutta una serie di scenari che non combaciano affatto con quel che sta succedendo. Il mio preferito era andare a recuperare alcuni manufatti folli di quelli che tieni al negozio. A proposito, amo il tuo Skyteboard.
«Senti, ma che sta succedendo qui?» chiedo e non sono sicura di aspettarmi davvero una risposta. Il mio interlocutore è spiccio, non va per il sottile. Gli piace mettere le cose in chiaro… anche se non sono sicura che sia l’espressione corretta da utilizzare. In fondo, per quanto vagamente (molto vagamente) ciarliero sia, io non ci ho capito un cazzo. «Ma sì. Dammi ‘sto caffè. Tanto, è palese che sono nella merda.»

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Lo seguo e prendo posto su uno degli sgabelli della penisola. Certo che non hai proprio badato a spese, commento tra me e me. Si può davvero diventare tanto ricchi fuori da scuola? Non che io possa definirmi indigente. L’eredità che mi ha lasciato Roth è cospicua abbastanza da poterci campare una vita, gestendo le finanze con scrupolo. Sto, piuttosto, riflettendo sul fare un lavoro che sia remunerativo. Bree ha trovato la sua strada. Io non so nemmeno come acconciarmi i capelli per evitare che mi diano troppo fastidio a Erbologia.
«Tu sai perché sono qui, vero?» La risposta è scontata. È già pronto a rifilarmi un completo sportivo per fare chissà cosa. Solo adesso noto che indossa un pantalone della tuta e che, quanto a muscoli, problemi non ne ha. Ma che c’entro io in tutta questa storia?! «Sono qui per giocare a quidditch? Per due chiacchiere a cuore aperto? Per una specie di missione?»
In verità, non credo nella seconda delle tre ipotesi. Io e te, Bree, non ci conosciamo abbastanza da lanciarci in un tetê-a-tetê tra amiconi. Non ti ci vedo nemmeno a calarti nei panni del saggio. Inoltre, non torna con la storia del cambio sportivo: vuole che mi metta comoda in casa tua o gli fa schifo come sono vestita? Forse, puzzo.
Accetto la tazza che mi viene allungata e do un’annusata al contenuto. Non è che vada proprio pazza per la bevanda — preferisco di gran lunga il tè —, ma più che offrirmela l’elfo me l’ha schiaffata. E non me la sento di rifiutare con quei tricipiti che si ritrova.
«Due zollette andranno bene. Forse tre. Grazie!» dico, allungando la tazza verso di lui per facilitarlo.

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Edited by ~ Nieve Rigos - 9/3/2024, 16:56
 
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