“Breedenbergh, questo è un vero e proprio atto di fede!”Te l’ho detto una manciata di minuti fa, con lo sguardo perplesso di chi non sa cosa aspettarsi e il ghigno di chi ha consapevolmente ceduto al fascino dei guai. Ora non sono più tanto convinta della cosa. Ho lo stomaco sottosopra, la testa che vortica e un sensazione di smarrimento generale che ha fiaccato (solo in minima parte, invero) lo spirito avventuriero con il quale sono partita. Non ricordo nemmeno quante volte ci siamo smaterializzati, prima che il supplizio finisse e il terreno mi restituisse una parvenza di stabilità. Mentre ti guardo andare via e smollarmi come un pacco postale, confermo di essermi cacciata in una situazione dalla quale non so come cavarmi fuori. È una presa per il culo? Una forma di bullismo pianificata per non aver colto immediatamente il tuo salvataggio al ballo? E dire che, tra i due, avrei più motivazioni io di portare rancore, visto che mi hai ridotta a un cetriolo sott’aceto con quel Petrificus Totalus.
«Te la farò pagare se mi stai prendendo per il culo» dico al tuo fantasma. Di te, non c’è più l’ombra.
«E mo’ che faccio?» Non so a chi lo sto chiedendo, se ai miei amici immaginari d’infanzia — ne conservo memoria, ma in effetti è tanto che non parlo con loro — o alla casa che mi sta di fronte. Arriverà qualcuno ad accogliermi? Ho come la sensazione di non potermi aggrappare a questa illusione. Mi toccherà fare tutto da sola.
Sospiro, stretta nel mantello scuro con una trama sottilissima di gigli percepibile solo alla luce del sole o della luna. Appartiene al corredo di Roth: è l’abbraccio che non possiamo più scambiarci. Oltrepasso un cancello socchiuso e inarco le sopracciglia. O mi stai pesantemente trollando o mi aspetti dentro.
Certo, e ha preferito lasciarti fuori per il solo gusto di confonderti.
L’Abisso è bravo a sottolineare la fallacia dei miei ragionamenti, ma stavolta non riesce a convincermi. Forse perché io ho intuito quanto folle tu sia, Breedenbergh. Forse perché rispetto a un Petrificus Totalus questa situazione sembra quasi normale, a suo modo.
Avanzo, divertita nonostante tutto. Sono stata io ad accettare il tuo invito e sempre io a prendere la mano che mi hai offerto per seguire un piano del quale non mi è mai stato rivelato nulla. Mi diverte perché la tua energia ha questo modo di rimanerti attaccata addosso, come un’influenza bastarda che sta in agguato aspettando il momento giusto per farti stramazzare a terra. Mi diverte perché le premesse sono indecifrabili e a me piacciono le sorprese, specie quelle un po’ sopra le righe.
Alzo il braccio quando arrivo in prossimità dell’ingresso. Questo, a differenza del cancello, rimane serrato al mio cospetto. Busso due volte, non tre:
due. Nella mia personalissima interpretazione delle regole sociali, un solo tocco trasmette indecisione e tre insistenza. Perciò, opto sempre per la via di mezzo e mi convinco di comunicare sicurezza ed educazione. Isabella, quantomeno, non si è mai lamentata.
Non sono di certo preparata alla visione che mi accoglie quando l’uscio si schiude e mi mostra cosa — o meglio chi — c’è all’interno. Sono sicura di aver schiuso la bocca in un’espressione istupidita, che non è proprio la migliore delle presentazioni. Ma, d’altronde, mi trovo di fronte a un elfo domestico che di domestico ha poco o nulla. È più alto di me, muscoloso e ha un’espressione sicura che vuole dire “mettimi alla prova”. In confronto al temperamento di Tilly, mi rendo conto di essere capitata davanti a un mistero che il mondo magico non mi aveva ancora svelato. Ha anche dei tatuaggi, capitemi.
«Ah, tu sei la biondina!»Mi accoglie così e io non saprei dire se la sua voce sia cordiale o se sia semplicemente una statuizione che non richiede una particolare intonazione. Il suono della sua voce è la scintilla che riaccende il mio animo e, soprattutto, che mi ricorda di congiungere le labbra.
«Io non c’entro nulla. Qualunque cosa sia successa o stia per succedere, è colpa di Breedenbergh.»Dove cazzo mi hai mollata, Bree?
i knew you were trouble when you walked in