iridescence, ➝ opalescence

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view post Posted on 7/2/2024, 20:49
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Contare i giorni sul calendario, tracciare una x di fuoco sulla carta a colpi di bacchetta, raccogliere quante più nozioni sull'argomento... tutto questo, con un incremento d'insonnia e di tensione, ha rappresentato la mia routine dell'ultima settimana. Non è qualcosa di nuovo, per me. Il senso di attesa, di aspettativa, di adrenalina, tutto mi appartiene e mi richiama all'appello. Ho avuto l'impressione di aver dormito, di aver sognato ad occhi aperti; più volte ho dovuto pizzicare un braccio come conferma del presente. Ha un ché di snervante, questa situazione. Mi rimanda alle sensazioni che invadono cuore e mente prima degli esami, prima degli incontri più importanti. Mi riporta, direttamente, al cambiamento — al valore intrinseco che racchiude qualcosa di grande. Credo di non essere mai stato tanto suscettibile come in questo periodo, ben più del solito perfino per me. Io, che ho sognato questo momento fin da bambino, mi trovo in un labirinto che attanaglia l'animo fin nel profondo.
Ho avuto... paura. E poi gioia. E poi di nuovo paura di perdere tutto. E di nuovo gioia di essere ad un passo dal traguardo che da anni, oramai, ho tracciato soltanto sul taccuino. Ho tappezzato la memoria d'ogni visione migliore — il mare, l'oceano, le onde; e il riverbero arcobaleno di occhi di madreperla, di squame e di pinna degli Ippocampi. Ho ritrovato — in dormiveglia, e non solo — i cuccioli che una settimana prima (sembra trascorsa una vita intera) ho incontrato dal vivo al London Acquarium. Ho sentito la voce del Dottor Bellamy, una, due, tre, infinite volte. Ho ripercorso la promessa di cui mi ha fatto tesoro, la consapevolezza di poter accostarmi al sentiero dell'altro: liberare gli Ippocampi in prigionia dell'acquario, condurre tutti loro in un luogo sicuro.
Dr. Bellamy mi ha detto di poter essere con lui, a liberare gli Ippocampi in un mondo privo d'ogni confine. E io... io ho ancora la pelle d'oca, ho ancora l'irrefrenabile agitazione di chi si ritrovi d'un passo da un sogno cui ha creduto con tutto il cuore.
Ho bisogno di essere presente. In ogni modo, fin dall'inizio. Ho bisogno di sentire il tempo sulla pelle, di viverne ogni estensione in prima persona. Ho bisogno di portare a termine una sorta di giuramento che ho fatto anche a me, al tempo in cui la vita mi appariva più brillante. Voglio... voglio essere di nuovo chi io sia stato, tornare ad emozionarmi. Così, non mi sorprende di non aver chiuso occhio stanotte. Ho strappato al buio lo stretto necessario, in ore, per non cadere vittima della stanchezza; in effetti... sento d'essere perfettamente vigile, di essere concentrato e, soprattutto, preparato. Il mio potrebbe essere il ruolo di uno spettatore — ammirato, sorpreso, e tuttavia nulla di più. Ma... ma non è il mio obiettivo, non lo desidero. Voglio essere parte dell'evento, in modo attivo. Ho uno zaino, con me, con pochi artefatti; viaggio leggero, una tappa dopo l'altra finché tento d'arrivare a destinazione. Conosco l'Isola di Skye da lungo andare, oramai. Mi piace pensare che vi sia una simbologia in atto, in questo luogo. Per me è una connessione tra cielo e acqua, io che vi sono già stato con un Cavallo Alato, io che vi torno per gli Ippocampi. Sono in largo, larghissimo anticipo; e attendo lo scoccare del tempo — le quattro in punto del pomeriggio, in precisione — come un viandante all'approdo. Cerco la bandiera scozzese alle Waterstein Head, è il mio punto di riferimento fino alla fine. Il mare, l'aria salmastra, il sale sulla pelle e sulla bocca, ogni cosa è un promemoria di una storia che mi è vicina e in cui credo con tutto il cuore. Volgo l'attenzione all'oceano. Oltre le scogliere, oltre le onde — il mio respiro è un canto marino, una sillaba, una voce d'altri confini. Ti chiamo, Ippocampo. E ti invoco, qui. Ora.
 
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view post Posted on 7/3/2024, 12:45
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Isola di Skye
☞ Spiaggia


Ed eccolo qui, Oliver.
Questo giorno inatteso e insperato; questo giorno voluto e temuto.
Te lo saresti mai aspettato che questo sarebbe stato il tuo regalo di compleanno voluto dal Fato?
Perché c’è poco da negare: il Mare è nella tua anima, da quel primo momento in cui hai incontrato la piccola Khàla.
Così il profumo della salsedine non è nuovo, è un balsamo come il rimestare delle onde sono per te un canto irresistibile. Ti rendi conto che non ti abbandona mai, come se una conchiglia fosse costantemente posata su un orecchio.
Ti accoglie lo splendore di questo luogo incontaminato: istanti d'argento s'infrangono contro le scogliere, abbracciando la costa di Skye con un'energia impetuosa. Il respiro dell'oceano si unisce al canto dei gabbiani, intrecciando una sinfonia infinita che avvolge l'aria. La spiaggia si estende come un tappeto di sabbia dorata, intarsiata qua e là da ciottoli levigati dal tempo. Le onde danzano con grazia, baciando la riva con dolcezza.
Al di là del mare, il cielo si apre plumbeo, minaccia tempesta, ma fasci di luce in lontananza carezzano l’orizzonte.
Sulla spiaggia, le rocce emergono come antichi guardiani, testimoni silenziosi di epoche passate. Le loro forme scolpite dal vento e dall'acqua raccontano storie di piogge furiose e tramonti infuocati. Tra le fessure degli scogli, si intravedono tracce di vita, piccole creature che si affacciano timide alla luce del giorno.
Ed è proprio qui, tra le sabbie, che vedi ergersi fiera la bandiera di Scozia. Sventola furiosamente così come fanno i tuoi capelli e i tuoi vestiti. Incamminandoti e lasciando dietro di te orme umide, non vedrai nessuno ad accoglierti. A terra, però, c’è un’ellissi perfetta che vede la bandiera al suo centro.
Guarda meglio, Oliver, avvicinati. Noterai che il cerchio non è formato da una linea continua ma da un ripetersi di Rune. Anzi, un’unica Runa: Laguz.




Eccoci Oliver, perdona il ritardo.
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view post Posted on 14/3/2024, 19:31
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Il Mare è imprevedibile, oggi. Mi piace credere possa essere eccitato, tanto quanto lo sia io fin nel profondo: felice, contento, in estasi. Le onde si rendono caotiche, si portano avanti e indietro come ad avvinghiare sabbia, conchiglie e promesse; ha il peso di un'ambivalenza — principio e fine. Dietro lo stesso, in attesa, il cielo si fa geloso, e con egoismo stilla gocce di tempesta che potrebbe raggiungere anche me e che, invero, rendono l'intera atmosfera più viva del previsto. La spiaggia è uno scrigno, ha in sé una spiritualità travolgente: è forse il richiamo agli abissi, al canto dell'oltremondo, o forse è un anticipo del tempo in arrivo. Con tutta probabilità, è suggestione: il mio cuore capitombola all'emozione e, parimenti, all'atavica paura di essere al posto sbagliato, al momento sbagliato. C'è una parte di me, purtroppo, ch'è ancora convinta di aver sognato ad occhi aperti, e d'altronde conoscevo già dall'inizio i rischi dell'intera storia. Un tempo avrei sperato, penso. Avrei avuto fiducia, avrei saputo gestirla. Ora, curiosamente, è tutto il contrario — almeno un po'. Non ho bisogno di orologi per sapere che il tempo sia concluso, che questo — adesso — sia il luogo dell'incontro. Inizio a spostare il peso da un piede all'altro, avanzo di poco verso destra e poi di scatto verso sinistra; non voglio allontanarmi, ma voglio allo stesso modo esplorare l'intera zona. La preoccupazione di essere in errore è una fitta lancinante, che si aggiunge alla consapevolezza che tutto possa essere andato a rotoli; forse il Dr. Bellamy ha cambiato idea, forse il piano è stato del tutto trasformato; forse... forse è stato arrestato, forse i cuccioli sono stati presi d'assalto. Mi accorgo di tremare, e non solo per il vento tutto intorno. Il panico avanza come una serpe, e il profumo di salsedine mi diventa per la prima volta fastidioso. Eppure, non demordo. Non ancora, non così facilmente. Ritrovare la bandiera — quasi incastrata come macchia di colore alla coda dell'occhio — mi risolleva in maniera immediata; è come se ne fossi investito, riprendo a respirare, deglutisco un'ultima volta e corro verso la geometria azzurro-madreperla che tanto mi è familiare. Scozia, penso.
Amata, amatissima. Vorrei ridere, un po' follemente. Ridere perché so di non aver sbagliato, ora più che mai. Ridere, però, perché intimamente ho di nuovo paura — dov'è finito il coraggio di una volta? Ho paura che Dr. Bellamy non arrivi, che non si presenti più. In giro, difatti, non si scorge l'ombra. Inspiro l'aria salmastra, per calmarmi. La bandiera è circondata da un cerchio, e di primo acchito mi sfugge via — preda della frenesia del momento. Ha un ché di singolare. Seguo la linea d'ellissi, il cerchio che quasi ricama la sabbia in simbologie. Riconosco Laguz — Runa dell'Acqua — come in un incontro tra vecchie amicizie, e d'un tratto (bizzarramente, oserei dire) sento in memoria la voce di una persona cui non ho mai dato troppo rilevanza: il Professor Aide Greyback.
Ho come l'impressione di essere catapultato in passato, all'aula scolastica del corso Rune Antiche. Rivedo le prime testimonianze di una materia che mi accompagna tuttora e che mi pone alla prova, con una scarica di adrenalina che risveglia l'antico sognatore che sono stato. Lascio scivolare la bacchetta lungo la manica, come in risposta ad un istinto tutto personale: è un azzardo, penso subito dopo. O forse è così... giusto. Cerco di entrare nel cerchio, un passo leggero, come un credente alla mercé del culto segreto. Sono attento, evito di calpestare ogni runa già tracciata. Mi guardo ancora una volta intorno, quasi alla ricerca del Dr. Bellamy o chi altri. Con la bacchetta, poi, cerco di disegnare a mia volta sulla sabbia, al centro esatto dell'ellissi: è una linea, poi un'altra, poi un'altra; ricorda una lancia, una direzione in alto, due laterali. Quasi è un tridente, benché il mio intento sia di ripercorrere la forma della Runa Algiz.
Dr. Bellamy è stato nascosto per chissà quanto sotto il naso dei dipendenti del London Acquarium: un magazzino occultato, uno stanzino con un passaggio sotterraneo segreto. Se c'è qualcuno veramente in grado di stupirmi e di coniugare la stregoneria a proprio desiderio, quello è lui. Con fermezza, tento di tracciare l'ultimo punto e sollevo il capo. La lancia di Odino è sulla sabbia, confine tra mondo tangibile e celato.
*Ti prego, funziona*. Invoco Algiz, l'Attivazione.

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Anelli – tutti alla mano sinistra: Anello del Potere (blocca due turni); Anello con Acquamarina; Anello delle Sirene (dal Lago Nero, rende resistenti alle fatture)
Bracciale di Damocle – permette di lanciare un doppio incanto in un solo post, ogni sei post
Rune consacrate – in mokessino impermeabile al collo; rune divinatorie in legno di biancospino, benedette al plenilunio; l'unica runa mancante è Perthro (Viaggio)
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Isola di Skye
☞ Spiaggia


Ed Algiz risponde, Oliver.
Una Runa non mancherebbe mai agli ordini dati da un mago degno e tu si dà il caso che lo sia.
La sabbia si solleva in un nugolo di granelli sospesi nell’aria: uno dopo l’altro turbinano circondando la tua figura mentre il cerchio di Laguz si attiva con un brillio ceruleo. Vedi i glifi imprimersi nel terreno sempre più scuro, come quando si cammina sul bagnasciuga e l’acqua comincia ad emergere. Ecco, il mare stilla fra le rune, le gocce si alzano in perle che si uniscono alla danza della sabbia. Poi senti il rumore di un’onda che sale sempre di più: se ti volti, riuscirai a vederla. Sempre più grande, con la cresta spumosa si avvolge su se stessa come una mano gigantesca che infine chiude le dita su di te.
L’aria ti manca per un lungo momento in cui sopra e sotto si capovolgono finché per un folle istante non credi di esserti fissato con i piedi nel cielo, a testa in giù.
Non sei più su quella spiaggia solitaria o almeno non è più desolata. Senti la voce di alcuni uomini in lontananza, l’infrangersi dell’oceano fra gli scogli rimbombare.
Quando l’ordine si ristabilisce e tu ti ritrovi nello stesso cerchio, ma spento, comprendi che quello che hai trovato era un passaggio. Non sai dove sei, ma la costante sono sempre le nuvole ed il tuo amato mare. Giù in fondo c’è una piccola insenatura: è da lì che il vento porta le voci degli uomini.

«Ciao, sei Oliver, vero?» Una giovane donna si palesa alle tue spalle. Quanto ti giri, ti sorride. Non fai fatica a riconoscerla: è Aurelia, la guida dell’Acquario e… figlia di Bellamy. Ti porge amichevole la mano.
«Sono Aurelia Bellamy. Grazie per aver aiutato papà.» Stringe le dita attorno alle tue, poi ti fa cenno di seguirla.
«Gli ippocampi non sono ancora stati messi in acqua.» Si gira verso di te mentre cammina. «Non avendo mai nuotato in mare sono piuttosto timorosi. E visto che oggi è molto mosso, è un bel casino. Sono agitati e papà e gli altri lo sono altrettanto. Spiccia, Aurelia parla ad alta voce sovrastando il fischio del vento. Quando arrivate nell’insenatura scura, vedete una palla d’acqua in cui sono immersi i cuccioli di ippocampo. Quattro uomini hanno le bacchette puntate per tenerla a mezz’aria. Tra loro, mentre urla disposizioni, riconosci il dottor Bellamy.
 
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Per un attimo torno a peccare di codardia, un po' come capita lungo il sentiero di sogni più grandi. Le domande si rincorrono, un arco temporale così sottile da togliere il fiato: e se fosse soltanto un ghirigoro sulla sabbia, e se fosse un luogo sbagliato, e se Dr. Bellamy avesse mentito, e se, e se, e ancora se. Chiudo gli occhi, quasi come un bambino. Mi ripeto che di qui a breve tutto possa cambiare, che finalmente tutto possa prendere la giusta direzione. Ho pagine di raffigurazioni, articoli e racconti infiniti sugli Ippocampi, la mia è un'autentica saggistica che farebbe invidia ad ogni libreria del paese.
Eppure, è nulla. Nulla, mi dico, se oggi non riesco ad arrivare ai cuccioli che ho già incontrato. Potrei tornare indietro, cercare altre via. Non è di certo la fine del mondo, se non dovesse andare in porto. Ma... per me, forse ingenuamente, lo è eccome. Diventa un punto fisso, lo sento incastrarsi in visione. Questo è il mio tempo: né futuro né attesa. Quando Algiz muta in compimento, il mulinello di sabbia mi circonda in modo energico. Catturo il battito pulsante dell'antica stregoneria, le Rune Antiche sfidano il presente. Intaccano il piano della realtà, favorite dai sortilegi che qualcuno più abile di me è stato in grado di tessere magistralmente. Non mi sorprende, è una firma che riconosco. Allora, mi accuso, perché ho avuto paura? Quasi in atto di coraggio, di rivolta vera e propria, spalanco le braccia. Lascio che il vento, la sabbia, e infine l'onda marina mi avvolgano, e mi travolgano. Il Mare è un boato, una riscossa totale. Non rimpiango di essermi spinto all'avventura, di non aver protetto me stesso con alcuno stregamento. Difatti, trattengo il respiro, e mi consola la fiducia che possa bastare. Quando volgo altrove, è come se cielo, mare e tempo smettessero di farsi beffa di me. Mi accolgono, io che sono stato a lungo Viandante. E io inspiro, profondamente, affinché l'impronta salmastra si imprima sulla pelle, sul cuore.
«Aurelia, è un piacere ritrovarti.» Mi permetto di essere più diretto, benché sempre cortese. Ho perduto il senso dell'etichetta estrema, ora che il sogno si fa tangibile. Per di più, Aurelia è giovanissima. E rivederla, per me, è una sorpresa piacevole. Mi lascio guidare da lei, una stretta di mano veloce e sentita, e poche informazioni snocciolate.
«Tutto chiaro, sono pronto. Volevo ringraziarti di cuore per l'aiuto all'acquario, è stato... è stato il miglior regalo di compleanno.» Sorrido, un po' dolcemente. Le sono grato, perché senza di lei non avrei scoperto suo padre, e di certo non potrei essere qui oggi. Individuo la bolla d'acqua e d'incanto, e mi fermo quasi come se vinto da un colpo di fulmine. Ne sono... innamorato, ancora una volta. Riconosco il profilo dei cuccioli di Ippocampi, e benché non vi sia così vicino, sento di esserne già attratto come la prima volta. Non è vetro, ma l'acqua è come se fosse uno specchio iridescente. Cerco di seguire Aurelia e di portarmi il più possibile verso il resto dei presenti. Poi alzo la voce, un po' più forte: oltre il distacco, oltre il gorgoglio dei flutti.
«Dottor Bellamy» chiamo, un cenno di saluto veloce. Voglio che capisca che sia arrivato, che abbia mantenuto la mia parola. E come avrei potuto fare altrimenti?
Mi rivolgo di nuovo ad Aurelia, vorrei dirle tante altre cose.
«Come posso aiutare? Sono pronto.» Ho la bacchetta ancora stretta nella mano, e un'impazienza che diventa adrenalina pura. Mi riprometto di fare del mio meglio.

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Le guance di Aurelia, già rosse per il vento, si fanno vermiglie quando la ringrazi ed il sorriso si fa, se possibile, ancora più smagliante.
«Sono contenta di averti aiutato. Papà non sarebbe qui e nemmeno loro se non fosse stato per te, ne sono sicura.» Ti parla schiettamente mentre raggiungete il fianco di Bellamy che saluta lei con un bacio sulla guancia e te con una mano sulla spalla. I suoi occhi brillano al di sotto delle folte sopracciglia. Così vicini, noti in effetti una rassomiglianza fra i due.
«Ben ritrovato, Oliver.» Grida al di sopra delle voci dei marinai che, a fatica, trasportano la bolla d’acqua verso una parte più aperta del golfo, dove il mare infuriato fischia e spumeggia. Si muovono cauti perché il luogo è tutt’altro che ospitale. In fondo, sulla destra, vedi un antro buio forse celante una galleria. Ti sei chiesto come siano arrivati sin lì? Beh, probabilmente da quel corridoio naturale.
«Stiamo cercando di condurre i piccoli in un punto sicuro del mare… dovrebbe arrivare qualcuno a breve, spero, per portarli al sicuro, ma…» Si volta preoccupato osservando l’orizzonte cupo. Un’ombra gli passa sul viso mentre si perde per un momento nei suoi pensieri. «Sta arrivando una tempesta, non sono sicuro che i piccoli saranno in grado di affrontarla.» Alza ancora di più la voce. «Perciò dovremo essere pronti a…» Ma non saprai a cosa dovrete essere pronti perché un urlo squarcia l’aere, un’imprecazione così sonora da far impallidire persino il peggior scaricatore di porto. Uno degli uomini è scivolato su un masso pieno d’alghe, perdendo l’equilibrio e destabilizzando gli altri. Ci sarebbe da ridere se il carico a mezz’aria non fosse così importante.
«ATTENTI, ATTENTI!!!.» Bellamy raglia isterico mentre lui e Aurelia si fondano a bacchetta sguainata verso la bolla. ma tu lo vedi, Oliver: giù in fondo alla palla d’acqua, fra i piccoli ammassati, ce n’è uno che sta scivolando. La sua coda si muove frenetica, ma nessuno sembra essersene accorto perché concentrati solo sull’insieme. È il dettaglio che, spesso, sfugge e il più delle volte, se non notato, fa grandi danni. Come quello che si farebbe il piccolo ippocampo, impattando contro gli scogli acuminati.
 
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Mi prendo un momento, solo uno, per vivere pienamente il presente. Non credo di aver ancora assimilato per bene la cornice che mi circonda, e con tutta probabilità ci sarà una parte di me — sottilissima, come venatura — che continuerà a non farlo. Ho atteso questo traguardo con tutto me stesso e ne sono sempre più consapevole, nella ripetizione di pensieri, sensazioni e parole che solleticano l'animo. Mi accorgo di aspetti nuovi, di dettagli che sfuggono alla frenesia del cuore, giacché finalmente s'acquieta la paura di essere in un'illusione. Sono qui, ora. Forse è il sorriso di Aurora, forse è la mano di Dr. Bellamy sulla spalla, forse è il respiro salmastro del mare iridescente: forse sono io, semplicemente, che acquisto concretezza, un rapporto stretto e vivido oltre la sabbia e il gorgoglio dei flutti. Annuisco più di una volta, a riprova di aver afferrato ogni singola informazione da parte di Dr. Bellamy. Sono pronto, dico ancora a me stesso. Ho bisogno di agire, di muovermi, di fare del mio meglio — è una necessità che s'insinua sottopelle. L'antro, il mare, la spiaggia, tutto è un dipinto che instaura un legame con me, istante dopo istante. Parimenti, è un dipinto che offre l'intenzione di cambiare repentinamente. D'altronde, basta scorgere l'orizzonte, e neanche troppo in lontananza: il banco di nubi e temporale, la promessa di pioggia e burrasca, il moto caotico delle onde del mare... il tempo ci è nemico, e ci mette fretta. Chi più di me potrebbe afferrarne il pericolo? Eppure, so bene di essere — fondamentalmente — un ospite, almeno all'apparenza. C'è una parte di me, infantile, che m'invita ad ubbidire, ad essere paziente. Una parte che non vuole contraddire in nessun modo Dr. Bellamy, un po' alla stregua dell'etichetta che mi è stata inculcata a dovere.
Eppure, sono più maturo del solito. Vorrei gridare di sbrigarsi — ai marinai, al gruppo intero. Resto incantato, invece, dall'intricata stregoneria che invoca la bolla d'acqua: è una sfera adamantina, spicchio di mare e di cielo, e già di per sé — perfino senza i cuccioli di Ippocampo all'interno — sarebbe affascinante. Mi chiedo quali e quanti sortilegi siano stati adoperati, in che modo la bolla sia stata intessuta di magia.
C'è qualcosa di sorprendente, un'armonia magistrale. La bolla cattura tutto, di me: il mio interesse, il mio avvicinamento, il mio timore. Sento il corpo tendersi all'inverosimile, un fascio di nervi, tensione e tragedia che mi spezza il respiro. Rabbrividisco, da capo a piedi, un refolo gelido che mi rende vigile più di quanto non sia mai stato oggi.
Perché lo vedo, immediatamente. Vedo il pericolo, vedo — egoisticamente — l'epilogo perfino del mio idillio: uno dei cuccioli di Ippocampo comincia a scivolare, sfugge involontariamente alla rete d'incanto posta a protezione. Non ho bisogno di pensare, di riflettere, di accorgermi perfino delle rocce di basso. Che sia lungo la sabbia, la scogliera o il mare stesso, la creatura s'avvicinerebbe a circostanze critiche. Il mio è un istinto, un tempo che si fossilizza e si piega al comando; sento l'Occhio in rivolta, un tremito che coinvolge entrambe le palpebre. Impongo la fine, invoco l'antitesi di ogni mia identità: io, che ho un passo verso il futuro, verso il tempo in movimento, pretendo ora il suo arresto. Fermati, immobilizzati. Io, che muto in presenza granitica: ho la mente libera, collegata singolarmente all'Ippocampo e alla scena che mi si svolge di fronte. Accade in pochi secondi, ancor prima che possa avanzare d'un solo passo. Il braccio destro taglia l'aria, portando la bacchetta verso il cucciolo d'Ippocampo: è una scheggia, una ferita salmastra. Ho bisogno che il tempo si fermi, e che mi ascolti: subito.
«Arresto Momentum» è la formula, priva d'ogni flessione o accento: né variante non verbale, né esitazione alcuna: lacera l'aria, una reazione di cuore e di spirito.
«Non si può più aspettare.» Il mio è un sussurro, mentre il petto implode pietà.

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☞ Spiaggia


Solo poco più di due metri: è quanto sarebbe bastato per infrangere i tuoi sogni e, con esso, la vita di una creatura indifesa e la coscienza di coloro che tanto si sono impegnati corpo e anima in questa impresa.
Ma il tuo incantesimo giunge tempestivo e la scivolata dell’ippocampo si interrompe.
«Grazie al cielo!» Bellamy sospira di sollievo –e con lui tutti gli altri– mentre l’uomo caduto riesce ad alzarsi. Aurelia si stringe il polso con la mano senza bacchetta, a sostegno di uno sforzo che le è costato e le sta costando fatica.
«Papà! Oliver, vieni, bisogna chiudere la falla!»
Già, Oliver, perché qualcuno deve pur intervenire, ma se uno di loro lascia la fune magica che trattiene le bestie, è la fine.
«Finché c’è l’ “Arresto Momentum” non possiamo farlo. Non c’è tempo, non possiamo aspettare i Maridi, vanno messi in acqua ora!»

Ed ecco qui: Maridi. È questa parola a far scattare qualcosa che ti stringe il cuore in una morsa familiare. Senti sopraggiungere la Vista, pronta a squarciarti la fronte e il petto con un flusso di ricordi pari ad una corrente d’acqua: la piccola Khàla, il suo Avvincino, quella sera nelle acque del lago quando qualcosa di meraviglioso e complesso si è dispiegato dinanzi ai tuoi occhi.
Quegli stessi occhi che ora si appannano, svaniscono come te in mezzo al mare.

Li vedi discutere al di sotto di una città d’acqua: sono due Maridi, maschio e femmina. Lui, imponente, indossa una collana di lumache di mare, tiene legata alla cintola, sotto cui il busto antropomorfo sfuma nella coda di pesce, un pugnale voluminoso. La femmina, invece, ha i capelli legati in una crocca svolazzante, le labbra carnose scoprono dei denti appuntiti. Anche se non capisci cosa si stanno dicendo, stanno litigando, lo vedi dalla concitazione e da come lei dia una spinta a lui con forza.
“Sfortuna”: è l’unica parola che riconosci.

Un turbinio di bolle e li vedi, gli Ippocampi, nuotare via un po’ malfermi nella tempesta che si abbatte su di loro. Di fianco ad ognuno, c’è un Maride. Sul fronte, i due che hai visto pochi secondi prima. Non si guardano, ma gli altri carezzano le groppe delle creature pronti a scortarli al sicuro, di questo sei certo.

Eppure ti senti sopraffare da un’improvvisa angoscia quando un’orrida scena ti si para davanti subito dopo: lui, l’ippocampo più piccolo, quello con la pinna atrofizzata e che tanto fieramente ti ha osservato la prima volta dalla vasca, è mutilato e il sangue blu scuro si distoglie nell’acqua salata. Quel Maride maschio tiene in mano il pugnale, nell’altra… la pinna.


Ricadi sulla spiaggia come se la tua anima avesse abbandonato il corpo che, in realtà, è sempre stato lì, in piedi. Ti vortica la testa, ma in fondo ormai sei avvezzo a tutto questo no?
Lo stordimento scivola via, sostituito dalle grida di Bellamy e Aurelia che ti chiamano.
Chiudi la falla, Oliver.
 
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view post Posted on 25/4/2024, 18:16
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iridescence
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Se non fosse per la fitta al costato, potrei credere di essere morto. Sento il peso del tempo — letteralmente — trascinarmi alla deriva, imbottigliare ogni respiro e gettarmi in pasto alle tenebre. Mi costringo, con uno sprazzo di lucidità, a riprendere il controllo dell'intera situazione. Sono presente, e l'Ippocampo è vivo. La bolla è instabile, i maghi svettano sotto le intemperie del luogo: le voci di Dr. Bellamy e di sua figlia, difatti, mi arrivano come eco lontana, in dissolvenza. Ho avuto paura, forse più di quanto possa ammetterlo anche a me stesso: paura di veder infrangersi ogni traguardo, paura di aver fallito in partenza. Paura, viscerale, di aver perduto il cucciolo, e aver lasciato al futuro una vittima in più per conto mio.
Il sortilegio è in arresto, trabocca di un'energia che si riavvolge in disperazione e necessità. Vorrei credere di essere felice, di essere già al sicuro — io, l'Ippocampo, l'intero gruppo. Invero, l'Occhio è bastardo: s'infila, ex anima, con una pretesa che non ha eguali. E mi consola e condanna di pari modo, all'unisono, nell'ambivalenza di cui da sempre si distingue. Carezza, in visione, l'idillio di un mondo che mi è vicino e prezioso, l'intreccio di creature che ammiro profondamente. Il loro nome — Maridi — zampilla dalla voce dei presenti a me, spalancando un orizzonte che è prossimo. Oppure, mi dico, che è eterno. Dovrei essere in disarmo, temere per l'incolumità e la verità che mi trascino dietro: io, che sono tuttora ospite di un disegno più grande di me, mi allontano in tempi che non scalfiscono nessun altro. Il mio è un sentiero infido, che mi porta ad assaporare gioia e dolore: la coppia di Maridi, in antitesi all'ordine del giorno, è di una bellezza invidiabile. Dovrei temere i dettagli pericolosi, il pugnale dell'uno, i denti aguzzi dell'altra. Dovrei temere il tono stridente delle loro lingue, l'impressione di un litigio e l'allarme dell'unica parola — sfortuna — che pulsa in me. In verità... sono affascinato, e sento il cuore farsi pieno di un'emozione familiare. La collana di lumache di mare, il riverbero futuro, tutto mi toglie il fiato quando mi addentro lontano, sempre di più. Oltre, oltre il momento — è un mare in orizzonte, un dipinto di Maridi e Ippocampi. E di sangue, di ferita, di visione infranta. Catturo la pressione del corpo, la reazione di un tremito che mi devasta del tutto; e tremo, di nuovo inerme, finché l'istinto mi grida di scappare, di correre, di nascondermi. Torno alle rive, sulla spiaggia. Dovrei... dovrei tirarmi via. Non posso più vivere alla mercé della morte, non più. Il sangue è un vessillo, origina e sveglia demoni che ben conosco. Quant'è differente, dico, il prezzo da pagare oggi?
Mi invade il ricordo di Dr. Bellamy, alla vasca celata all'interno dell'aquario londinese. Mi invade la sua voce, rivolta al cucciolo di Ippocampo con la pinna ferita: l'idea che la creatura fosse destinata alla fine, che qualcuno volesse addirittura ucciderla. Non è...
«Entriamo in acqua, io...» Io voglio dirvi tutto, voglio mettervi al corrente. Non posso accertarmi delle condizioni in cui verso, con tutta probabilità ho l'incarnato pallido, occhiaie più accentuate e il respiro violento, come chi ha concluso una corsa. Sento il grido dei dannati che mi porto dietro, in memoria. E sento le voci di disprezzo di chi, per anni, mi ha accusato, e ferito, e creduto pazzo. Dirvi di essere chi io sia, dirvi di poter anticipare il tempo... è questo che vorrei fare, mi ferma però il brutto tiro che mi è stato giocato fino ad oggi. Non è facile, non per tutti. Non è sicuro.
«Io parlo Maridese, Dr. Bellamy. Conosco i Maridi, mi lasci entrare per primo in acqua. Posso guidare gli Ippocampi, accertarmi che stiano bene.» Accertarmi che non vengano uccisi. Insisterò, se necessario. Non possiamo aspettare, non più. Il mio sguardo è rivolto al cucciolo più minuto, alla sua pinna, al suo pericolo. Non lo perdo, non una volta. La bacchetta è in alto, il corpo è in tensione.

salute 474/474 • corpo 409/409 • mana 484/484 • exp 95.5
inventario
Bacchetta magica
Anelli – tutti alla mano sinistra: Anello del Potere (blocca due turni); Anello con Acquamarina; Anello delle Sirene (dal Lago Nero, rende resistenti alle fatture)
Bracciale di Damocle – permette di lanciare un doppio incanto in un solo post, ogni sei post
Rune consacrate – in mokessino impermeabile al collo; rune divinatorie in legno di biancospino, benedette al plenilunio; l'unica runa mancante è Perthro (Viaggio)
conoscenze
I, II, III, IV, V Classe completa
VI Classe • Perstringo
Chiari • Stupeficium, Atlantis Cage, Repello, Rituale Perfetto
Runici • Invocazione istantanea, Rune Elementali, Rituali Minori e della Pioggia

Abilità & Vocazioni
Divinatore Esperto, Maridese
Materializzazione
 
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