respectless , Quest di BG | Niahndra Alistine

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view post Posted on 20/3/2024, 20:20
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Il Fato

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→ tempo imprecisato, luogo imprecisato
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«Mia signora» la voce graffiata di un elfo domestico investe il silenzio del cortile. Le rose hanno invaso gran parte del porticato, mangiandosi un piccolo gazebo in marmo e con lui anche un fronte intero di questa villa.
L'incespicare dell'elfo si ferma nei pressi di una schiena avvolta da un drappo di velluto nero. Gli occhi scuri della donna sono stretti in fessure, la postura è rigida. Fissa una finestra della villa, al suo interno la figura di un uomo è rimandata dalla sua sagoma.
La donna respira, i polmoni incamerano aria, ne rilasciano poca, controllata. Immobile, in piedi, rigira piano la rosa che stringe tra le mani, il pollice preme a fondo contro una spina, piegandola in avanti prima che questa possa pungere.
«Mi-mia signora?»
«Ti ho sentito anche la prima volta: parla.» L'elfo si sfrega le mani, la redingote in cui è stretto gli soffoca le parole in gola. «L'abbiamo trovato» La donna non si scompone, gli occhi fissi sulla figura illuminata, le tende in quella stanza si muovono docilmente. «Bene» Stringe le labbra in un ghigno.


respectless
→ Atelier delle Modernerie di Camillo, orario di chiusura





Ah, la primavera di Londra: bella, silenziosa, troppo breve. Tocca godersela prima che le piogge preannuncino un'estate prematura. Ora che il globo terrestre è entrato nella sua personale menopausa, beh, ogni giorno fresco come questo è oro che cola. Piccoli semi vengono sventagliati via dalle cime degli alberi che riempiono i parchi di Londra, alcuni finiscono per viaggiare più del dovuto e, beh, non trovano terreno così fertile.
Uno di questi sfortunati è costretto ad una virata d'emergenza dentro un negozio - quello in cui stai lavorando tu stasera, e da sola per giunta - dopo che la porta è stata spalancata da un frenetico ragazzino. Giureresti, Niah, quando ti accorgi di lui, di averlo pescato qualche volta per i corridoi di Hogwarts.
Il povero semino fuori contesto finisce per posarsi proprio ai suoi piedi e, infine, venire brutalmente calpestato.
Il ragazzo, incurante di madre natura o, in buona sostanza, di tutto quello che lo circonda, si muove come un bisonte tra gli scaffali, eccitato e stanco da ciò che vede. Mastica una gomma alla fragola da così tante ore che l'aspetto di quella si avvicina tanto al cemento a presa rapida.

«UOOOOO MA CHE CAZZO MI STAI DICENDO! E QUESTI?» il suo tono è impossibile da evitare. L'esaltazione causata da un paio di bussolacci lo rende paonazzo e, di nuovo, sta parlando da solo.
Sbraita, afferra un paio di scarpe colorate e se le palleggia in mano e trai piedi, incurante del buon senso e probabilmente anche dell'educazione.
Si chiama Charles "masticagomma" Tennet è al terzo anno, Tassorosso. Con poca cura, prende il paio della sua misura e te li sbatte sul bancone.
Si profonde in un sorriso falso con alzata di sopracciglio eloquente appena ti riconosce dietro il bancone.
«E' vero quello che 'se dice?» ti parla, piacione, girandosi i lacci tra le dita. Sbatte i bussolacci di nuovo tra loro. «Che me fai o sconto perché so de casa?» si spreca in un occhiolino, convinto della vostra sola esistenza in negozio. «Dai, 'sta roba non vale tanto, è fatta un po' de merda, no?»

Ma voi due non siete soli.

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Da mezz'ora un altro cliente sta girovagando per il negozio, intento a studiarsi tutto come se fosse di rilevante importanza anche il primo granello di polvere. Che sia un'ispettore sanitario?
E' grande, ad occhio è croce forse più del tuo collega biondissimo, dal giacchino in pelle si intravedono braccia interamente tatuate, una delle quali con un blocco nero da cui esce un fiore soffocato dall'inchiostro, in fuga. I capelli sono di un nero corvino, raggiungono quasi le spalle, ed è alto circa un metro e ottanta, ha le gambe lunghe e strette in jeans neri strappati. Gli occhi sono di un profondo azzurro, per niente cristallino e la pelle è piuttosto chiara. Porta due orecchini per ogni lobo: una croce ed una sfera nera. Tende irrimediabilmente orecchio quando Charles alza la voce.
Gira il collo piano, gli occhi fissi sul ragazzino, ci sta attento ora, per forza. Lo sta detestando.



Bene, Niah.
Benvenuta nella tua quest di BG. Come accennavo, hai libertà di descrizione e riassunto di quanto sta accadendo al negozio e di fare il punto della situazione per Niahndra.

Fai di Charles quello che più ritieni opportuno, Bon appétit

Come sempre, posta statistiche ed inventario coerenti, in caso di necessità.
Sai dove trovarmi per qualsiasi cosa.


 
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view post Posted on 21/3/2024, 01:17
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«Puoi imbastire un laboratorio di pozioni clandestino nell'atrio, per quel che mi frega» era stata la risposta di Breendbergh quando l'aveva vista arrivare col ricettario di Pozioni in Atelier. «Basta che apri e chiudi in orario; e non fai resti sbagliati. E se qualcuno si lamenta dei fumi, di' che aspettino che Lex tiri fuori il bong. O io candeggina e acetone». E così aveva chiuso la questione. Che non si dicesse che Camillo Breendbergh non tenesse all'educazione dei giovani.
Niahndra l'aveva preso in parola. D'altronde il turno pomeridiano in negozio sembrava fatto proprio apposta per lasciare il calderone sul fuoco a bollire quelle 6 ore richieste dalla Pozione Corroborante, a maggior ragione adesso che era rimasta sola e che non c'erano colleghi fastidiosi —ogni riferimento ad Alexander Hydra era puramente voluto— a minacciare di correggerle inavvertitamente l'intruglio.
Un timer incantato era stato posato sul bancone, sommerso tra i vari fascicoli di pergamena su cui Niahndra stava schematizzando alcuni concetti di trasfigurazione. A meno di dodici settimane dall'esame G.U.F.O. il delirio da studio matto e disperatissimo aveva colpito anche lei ed il suo temperamento già borderline nevrotico ne stava accusando il colpo. Quando il burino aveva fatto il suo rumoroso ingresso in negozio, Niahndra si era morsa la lingua e gli aveva rivolto un cenno di saluto per pura cortesia; quando l'altro aveva iniziato a urlare, Niahndra aveva stretto la piuma tra le dita e aveva tratto un profondo respiro pur di non distogliere l'attenzione dalle trasfigurazioni elementali. Sottopelle, vibrava.
Al palleggio, si era detta che occorreva tracciare un limite. E che quel limite era stato ampiamente superato.
«Yo». Richiamò la sua attenzione, incapace di riuscire a piazzare un nome a quel volto da schiaffi che doveva per forza aver già incrociato a scuola. «Se lo rompi, lo compri. Politica aziendale».
In un altro momento si sarebbe detestata per il tono da maestrina che le toccava assumere quand'era evidente che il ragazzotto soffrisse di un grave caso di prendimiasberlite acuta, ma ci teneva a comportarsi bene sul luogo di lavoro perché questo si rifletteva su Camillo. Un po' però le mancava il timore reverenziale che era riuscita a guadagnarsi negli anni da prefetto e che aveva evidentemente perso.
Il tonfo delle scarpe sul bancone minacciò di farle saltare anche l'ultimo nervo rimasto miracolosamente saldo. Annuì tra sé lentamente, come a soppesare la questione e valutare che tutto sommato essere licenziata per aver preso a cazzotti un cliente non fosse cosi male come prospettiva; fece scattare una o due volte la mascella per sciogliere la tensione che si era accumulata e poggiò la piuma con cui stava scrivendo. Solo a quel punto sollevò lenta lo sguardo per inchiodarlo su quello del ragazzo, ingannevolmente pigra. Tra uno sbatter di palpebre e l'altro immaginò di legargli le scarpe al collo e lasciarlo agonizzante sul pavimento. Stava già pensando a che scusa propinare a Breendbergh quando un'altra idea che le avrebbe permesso di salvare la faccia (forse) si fece strada nella sua testa.
«Devi essere mal informato perché accettiamo solo due forme di pagamento», cominciò come se stesse snocciolando gli ingredienti necessari alla preparazione della Pozione Corroborante. «Quella in contanti per intero o, beh, Cain». La voce venne abbassata leggermente e arricchita di sottintesi mentre Niahndra scoccava un'occhiata significativa e calcolata oltre le spalle del ragazzo, in direzione dell'unico altro cliente in negozio: allampanato, tatuato, vagamente minaccioso. *Guarda tu stesso*, parve dire. Sperò che con un po' di suggestione —fornita provvidenzialmente dall'anello che lei indossava al pollice— lo scambiasse per un ex galeotto assunto come security.
«Personalmente preferisco la prima opzione, ma solo perché le pulizie toccano a me e il sangue è difficile da grattare via».

Aveva un'idea, sì, ma nessuno aveva mai detto che fosse buona.
then what's the point
Il parlato di Camillo è concordato con il player.
Niah intende utilizzare l'anello Nosferatu su Charles perché honestly, why not. Insaporisce.
PS 354 • PC 259 • PM 263 • EXP 80
■ Natura banshee
■ Vocazione occlumante apprendista
■ Incantesimi iniziali [click]
■ Appresi: I, II, III, IV classe (proibiti esclusi)
■ fattoriam, colossum, repsi genitum, flagrate, salus dono, nebula demitto, expecto patronum, stupeficium, heolo benedici, cave inimicum, deprimo, plutonis
■ Bacchetta magica (appesa ai pantaloni)
■ Amuleto greco (al collo)
■ Anello Nosferatu (pollice sinistro)
■ Pantaloni chiari
■ Cintura di Skuld
■ Sacchetta medievale che contiene:
■ Portamonete
■ Avversaspecchio

■ Libri scolastici (sul tavolo)
■ Calderone + utensili (in retrobottega)
Dettaglio oggetti
Cintura di Skuld: Capace di mutare nel colore e nell'elasticità, permette di essere usata come una corda per scalare pareti o legare oggetti/persone.

Sacchetta medievale: Comoda sacca in cuoio e pelle conciata, presenta robuste cuciture e due piccole cinghie sul davanti che assicurano la chiusura. Agganciabile alla cinta tramite due passanti posti sul retro. All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile (max 5 oggetti di medie dimensioni).

Avversaspecchio: Uno dei primi prototipi che nacquero a Londra nel periodo in cui Jack Lo Squartatore seminava il terrore. Piccino e compatto, sta in una mano: in ottone laccato o intarsiato, per uomini e donne, lo specchio rifletterà delle ombre che si faranno sempre più distinte man a mano che eventuali pericoli e/o nemici si avvicinano al proprietario dello specchio. Decorazione Floreale. [+3PS]

Clessidra incantata: Riporta la situazione al turno precedente, usabile una sola volta in quest.

Anello Nosferatu: Induce paura in uno o più pg o png. Usabile 1 volta per Quest. Utile per incanti e pozioni oscure.

Pantaloni chiari: proteggono dal fuoco non magico e dal calore. Sono comodi ed elastici. Blu scuro.
 
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view post Posted on 21/3/2024, 10:46
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→ Atelier delle Modernerie di Camillo, orario di chiusura

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Neanche a dirlo che - grazie al provvidenziale e fastidioso ingresso di Charles - alcuni dei tuoi fogli sono planati dolcemente a terra, ignari della tua frustrazione. Fortuna vuole che il ragazzetto non abbia avuto anche l'ardire di calpestare i tuoi appunti.
E ti guarda, spavaldo e tronfio, con una frase confezionata a puntino per te sulla punta della lingua. Glielo leggi in viso che cosa sta per dire ed è piuttosto chiaro che tutti i tuoi segnali di avvertimento non siano stati notati. In fondo, uno come lui, potrebbe davvero notare qualcosa oltre se stesso?

A notarli, tuttavia, è stato qualcun altro, che si è dipinto un bel ghigno in muso, avvicinandosi senza far altro che alimentare una sorta di "accerchiamento della preda". Tuttavia, chi cerca trova.

L'espressione di Charles muta non appena gli parli. Quando la sottile minaccia serpeggia nella tua voce, lui è già così raggelato da non avere il coraggio di guardarsi alle spalle. [Anello Nosferatu]. Non ha ancora visto il "Cain" a cui fa riferimento, ma tu puoi leggere la sua paura nelle gocce di sudore che gli imperlano la fronte, così come nella fretta con cui tira fuori più galeoni del dovuto, lasciando che un po' gli cadano dalle tasche.
Le pupille gli si dilatano, quasi inglobando le iridi verde erbaccia ed il cuore palpita al punto che gli vedi la maglia stringersi in petto, puoi contare quanti respiri al minuto sta facendo: troppi.
«Ah-m-m-m-a... i-i-i-io...» balbetta arretrando, colpisce uno scaffale di minichini facendo crollare gran parte della merce a terra. Il rumore lo spaventa due volte tanto e così ti volta le spalle, i Bussolacci ancora sul bancone, neanche li ha presi.
Fa per scattare verso la porta con la coda strettissima tra le gambe, quando una mano lo afferra al volo. Tu l'hai visto scattare, Niah. E' stato veloce, ma si era anche portato al posto giusto, al momento giusto. Casualità?


Per la prima volta, senti "Cain" parlare. Il suo accento non è inglese, rimanda una sensazione americana con una strana inflessione europea, forse francese? Beh sicuramente però non è di Londra, né di quelle province del Regno Unito a te note. Il tono della sua voce è un graffiato basso, somiglia al ringhio di un cane in gabbia.
«Ah-ah, non così in fretta» Sibila a denti stretti, credibile da far spavento. Stringe il bavero riacciuffando al volo con una prontezza di riflessi encomiabile, Charles. Si porta il viso del ragazzo pericolosamente vicino, come se quello non se la stesse già facendo nei pantaloni. Scalpita per andare via, ma Cain non ha finito con lui. «Che cazzo devi dire adesso?» Cain accenna al bancone, ma senza guardarti, Charles deglutisce ogni grumo d'ansia e, con questo, perfino la gomma cementificata che scivola fastidiosamente in gola.
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«Me- me dispiace...» ansima Charles per lo sforzo neuronale acuto a cui è appena stato sottoposto. «E?»«E non me verrà da fallo di nuovo. Ma-mai più»
Charles chiude gli occhi, ma l'altro lo lascia andare, indicando con un cenno del capo l'uscita. «Togliti dal cazzo, dai» ma è un ordine che non deve insistere per veder eseguito, poiché di Charles ora non resta che il sudore da panico che gli è preso e tutto ciò che ha calpestato prima di fare il suo plateale ingresso. D'altronde, complice l'anello che porti al dito, sai di tuo che Charles se ne sarebbe andato di corsa anche senza alcun ulteriore intervento.
Cain compie qualche altro passo, ora che puoi vederlo meglio, il suo volto è piuttosto lineare, squadrato e la sua espressione è borderline tra divertimento e giramento di palle. Sicuramente compatisce lo smidollato di Charles, a modo suo. Si piega a raccogliere uno dei tuoi fogli.



L'anello ha fatto il suo dovere egregiamente, puoi mandarlo in pensione per il resto della quest. Barralo pure nel tuo equipaggiamento.



 
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Stava esagerando? La considerazione attraversò fugace la sua mente, più per prassi che per effettivo rimorso, subito acquietata da una consapevolezza più profonda: probabilmente non aveva esagerato abbastanza. La verità era che da quando aveva cominciato a lavoricchiare al Paiolo Magico era strano che il suo molliccio non avesse preso la forma del lavoro al pubblico perché merlinoladro quante grane aveva dovuto sorbire. Della gente come lo sborone di turno ammirava genuinamente l'audacia, perché neanche in un milione di anni Niahndra si sarebbe mai sognata quel tipo di arroganza ed egotismo.
L'appagamento che derivò dal veder mutare in tempo reale l'espressione sul volto dell'altro soddisfò un prurito molto specifico nella sua testa e tinse i suoi lineamenti di qualcosa che somigliava pericolosamente alla gratificazione.
«Tu cosa?», incalzò con maggiore interesse del necessario.
Il timore di aver sottostimato l'effetto dell'anello e di star provocando al malcapitato un attacco di cuore la impensierì per poco più di un secondo; ne fece nota mentale continuando a tenere sotto controllo l'iperventilazione dell'altro senza lasciarsi distrarre dal tintinnio delle monete. Non erano tanto quelle a interessarle, era più una questione di principio.
Si irrigidì —ancora perfettamente immobile fatta eccezione per gli occhi puntati— nel vedere il ragazzo tirare giù metà della merce esposta e pregò che non avesse fatto danni, ma un primo accenno di vera tensione comparve solo nel momento in cui fu l'altro cliente a intervenire. Cain, come lo aveva battezzato nella sua testa; la variabile incontrollata del suo piano. Charles era una scocciatura, ma i tipi come lui erano fatti con lo stampino e c'era un che di rassicurante in tutto ciò. Non poteva dire lo stesso dell'altro.
Ne aveva seguito i movimenti predatori un po' stupita, perché di solito le persone tendevano a farsi i fatti loro e perché il suo piano non era stato elaborato abbastanza da comprendere un corso d'azione anche per l'altro cliente. Si chiedeva, adesso, se non fosse stato un errore dal momento che la balla dell'ex galeotto riconvertito in agente della sicurezza con la bacchetta facile sembrava sempre più credibile anche senza l'ausilio dell'anello incantato. Se fosse stato il personaggio di un libro, Niahndra avrebbe anche potuto invaghirsene e giustificarne la lista chilometrica di crimini con un sentito "vabbè okay è un assassino seriale, ma è femminista. Okay l'omicidio, ma vuole bene a sua mamma e le donne le rispetta, capisci cosa intendo?". Ma quello non era uno dei romanzi dalla dubbia morale che circolavano adesso sul mercato e Niahndra era distintamente consapevole di essere comunque da sola in negozio al termine della giornata. Per cui continuò ad osservare attentamente la scena con il peso del corpo leggermente spostato in avanti, le mani libere, il respiro controllato. Era in attesa di un passo falso, qualcosa che l'avrebbe indotta ad intervenire, ma non avvenne.
I muscoli erano rimasti tesi anche dopo che il burino se l'era svignata mentre Niahndra si concedeva adesso di concentrare tutte le sue attenzioni sulla patata bollente che le era rimasta per le mani. La sfumatura di divertimento che le sembrò di cogliere non era necessariamente foriera di buone notizie, ma la indusse quantomeno a sperare che ci fosse un barlume di lucidità lì dentro. L'incertezza non le piaceva per cui fece quello che le riusciva meglio —stuzzicare in cerca di una reazione. Se era il caso di avere paura preferiva saperlo in fretta.
«Che posso dire», commentò neutra. «Scenografico».
Il sopracciglio si inarcò contro il suo controllo, ma non importava. Niahndra ruppe la stasi per spostare il peso da una gamba all'altra e ne approfittò per scostarsi leggermente dal bancone.
Al vederlo chinarsi per terra scosse la testa. «Non preoccuparti, sistemo tutto io tra poco. Volevi comprare qualcosa? Perché stiamo per chiudere».
L'unico motivo per cui non si era ancora mossa a recuperare gli appunti o i manichini rovesciati era che non voleva togliersi da dietro il bancone. Preferiva averlo come barriera tra sé e l'altro.
Sapere di avere la porta del retrobottega alle sue spalle la tranquillizzava.

Si sarebbe mai liberata di quel suo maledetto ragionare da preda?
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«Questa non te la può perdonare» L'uomo alla finestra è nel suo studio. I mobili decadono, alcuni per vecchiaia, altri per la pesantezza dei fascicoli che li riempiono. E' solo.
Eppure, noncurante, egli resta seduto sopra la scrivania, piegato affinché una gamba penda nel vuoto prima del pavimento. Tra le mani una bacchetta spezzata in due metà perfette. E' in legno di ciliegio, incisa con rose e rampicanti sull'elsa. Una pietra d'opale è levigata sull'impugnatura, alla base, attraverso il lucido si notano venature rosse. E' Era raffinata ma solida, lunga ma inflessibile. L'uomo la stringe, fino a che qualche scheggia di legno non si incastra nel palmo. Qualche goccia di sangue cade a macchiare il pavimento. «Non fare cazzate» prega.


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Di certo questo è un giorno che Charles Tennet ricorderà parecchio a lungo. Lui che non ha mai provato un terrore tanto viscerale da scavare nelle sue prossime notti insonni.
Forse aggiungere il carico da novanta dell'anello, all'innata capacità che hai di perforare con ogni fibra di te potrebbe essere stato un pizzico troppo. Ma va detto che chi gli ha dato il calcio di grazia non si preoccupa di niente di tutto questo. Ce l'ha l'aspetto di chi legge una regola fino in fondo ma poi se ne sbatte e vive per la sua sola morale.
Non appena Charles si defila, anche "Cain" sembra alimentato dal tuo stesso sentimento. Un punto di soddisfazione gli colora lo sguardo. Pare quasi fiero di sé, ritto lungo una spina dorsale su cui può contare da quando è nato. Non è come quei clienti a cui sei abituata, quelli che si fanno gli affari loro per non finire nei casini.
Lui ha tutto l'aspetto di chi i casini li ha tatuati sottopelle, così da essere sicuro che ci siano sempre ovunque vada. La gomma degli scarponi scuri che indossa ai piedi, stride contro il pavimento quando Cain ferma le loro punte ad un soffio dai tuoi appunti. E sì, non gli importa molto che tu abbia detto che ti arrangi, a piegarsi si è piegato lo stesso.
Fissa la tua calligrafia incurante di sfondare un muro di privacy ben eretto. In cuor suo ha bisogno di far suo il modo che hai di chiudere le "o" e di incidere sulle "n". «Cain, ah? Che posso dire...» ti guarda «Biblico»
E lo puoi notare come quel suo "Biblico" suoni come il tuo "Scenografico" e lui se lo faccia scorrere sulle labbra con una certa fierezza. Incassa il complimento ritenuto perfettamente tale.
Lascia andare il foglio solo dopo aver dato ancora meglio un'occhiata a quello che stai combinando. Girovaga con lo sguardo fino alla porta sul retro, trattiene un ghigno, e no non ti ha ancora risposto.

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«Mh, no» Non sembra il tipo che si affanna a mentire, e - difatti - non lo fa. Si volta appena verso la pila di minichini caduti, ammassati in un'orgia scomposta che divertirebbe sicuro Alexander. Ma nel suo movimento può caderti l'occhio sul porta bacchetta che indossa come un bustino al fianco sinistro. E' un accessorio che rende l'estrazione molto più veloce, lo conosci, l'hai già visto. Eppure è vuoto. Niente bacchetta.
«Aspettavo proprio che tu chiudessi» mormora trai denti, tornando a guardarti. E stavolta sì che i suoi occhi si tuffano nei tuoi. Sicuro, solido, forse un po' preoccupante? Può allarmare ogni campanella nella tua mente, oppure non farlo.
Tamburella con le dita sul bancone, docile ma il suo tono viene appena appesantito.
«Ti sto cercando» aggiunge, solenne, ma nel farlo - circospetto - torna a guardare la porta sul retro, quasi volesse accertarsi che ciò che contiene non esploda da un momento all'altro.





Edited by MasterHogwarts - 21/3/2024, 17:02
 
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Don't corner me
Niahndra aveva decisamente commesso un errore di giudizio. Giunse a quella conclusione con la serenità di chi risolve un'equazione e, arrivato alla fine, si accorge che non esiste soluzione per X e non può che accettare di aver fatto un lavoro a vuoto con una scrollata di spalle.
Fatto stava che si era focalizzata sulla seccatura sbagliata perché —se il cliente di prima era un pallone gonfiato che ancora non aveva bisogno di radersi— adesso a Niahndra sembrava più di avere a che fare con uno squalo che nuota con la sicurezza di essere la peggior minaccia a infestare le acque in cui si muove. E la cosa la infastidiva parecchio dal momento che quello era terreno suo.
Si schiarì rumorosamente la gola mentre l'altro si prendeva il suo tempo per esaminare per filo e per segno gli schemi di trasfigurazione neanche fosse suo compito assegnarle una votazione. Quando poi si vide rigirare completamente il commento sarcastico, Niahndra non poté fare a meno di serrare la mascella e alzare il mento testarda. La lingua venne premuta a forza contro il profilo dei denti di tutta l'arcata superiore. Gli occhi non si preoccuparono di censurare quel "chi cazzo ti credi di essere" scritto a caratteri cubitali.
Lo squadrò dalla punta degli scarponcini con la suola di gomma alla sommità del capo corvino in cerca di informazioni ed appigli. *Chiama le cose con il loro nome, bimba —minacce.*
Trovò quello che cercava all'altezza del fianco e, in qualche modo, riconoscere un porta bacchetta —di un modello che aveva visto indossare solo da auror e antimago— vuoto non le dette il conforto che cercava perché il dubbio che potesse tenerla da qualche altra parte continuò ad avvelenarla come un tarlo. E poi, si disse, aveva girato con Breendbergh abbastanza a lungo da sapere che non sempre una bacchetta era l'arma più pericolosa che potevi avere addosso.
Quando infine riportò lo sguardo in su, Niahndra trovò lo sconosciuto già intento a scrutarla. Non le piaceva. Non le piaceva lui, non le piaceva il modo in cui stava occupando ancora più spazio tamburellando adesso sul bancone, non le piaceva l'occhiata indecifrabile al retrobottega (stava controllando le vie di fuga di Niah?), di certo non le piaceva quello che stava sentendo. Sentì i peli del collo rizzarsi. Aveva voglia di azzannare.
«Se non sei qui per comprare devo chiederti di uscire». Nonostante il modo in cui era stata formulata la frase, non si trattava di un invito negoziabile. «Adesso, prima che io allerti la sicurezza per davvero».
L'orario di chiusura era passato, lei era sola e, come se non bastasse, aveva una stramaledetta Pozione Corroborante sul fuoco. Non si trovava esattamente nella posizione di poter stare al gioco dello fenomeno di turno.

Con tempismo invidiabile, il timer cominciò a trillare. Giustappunto.
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Anello Nosferatu (pollice sinistro)
■ Pantaloni chiari
■ Cintura di Skuld
■ Sacchetta medievale che contiene:
■ Portamonete
■ Avversaspecchio

■ Libri scolastici (sul tavolo)
■ Calderone + utensili (in retrobottega)
Dettaglio oggetti
Cintura di Skuld: Capace di mutare nel colore e nell'elasticità, permette di essere usata come una corda per scalare pareti o legare oggetti/persone.

Sacchetta medievale: Comoda sacca in cuoio e pelle conciata, presenta robuste cuciture e due piccole cinghie sul davanti che assicurano la chiusura. Agganciabile alla cinta tramite due passanti posti sul retro. All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile (max 5 oggetti di medie dimensioni).

Avversaspecchio: Uno dei primi prototipi che nacquero a Londra nel periodo in cui Jack Lo Squartatore seminava il terrore. Piccino e compatto, sta in una mano: in ottone laccato o intarsiato, per uomini e donne, lo specchio rifletterà delle ombre che si faranno sempre più distinte man a mano che eventuali pericoli e/o nemici si avvicinano al proprietario dello specchio. Decorazione Floreale. [+3PS]

Clessidra incantata: Riporta la situazione al turno precedente, usabile una sola volta in quest.

Anello Nosferatu: Induce paura in uno o più pg o png. Usabile 1 volta per Quest. Utile per incanti e pozioni oscure. Utilizzato

Pantaloni chiari: proteggono dal fuoco non magico e dal calore. Sono comodi ed elastici. Blu scuro.
 
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view post Posted on 23/3/2024, 21:59
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«Mhf» Sbuffa, ironico. Il modo che hai di squadrarlo non passa inosservato. Lo lusinga e non ha intenzione di sottrarsi alla tua ispezione, dopo che la sua si è prolungata mezz'ora.
Oltre ciò che di lui credi di aver già visto, gli occhi possono caderti su una croce che porta al collo, è di stampo cristiano, non sembra un accessorio mediocre. Dopo gli anni passati al Wizard Store, puoi capirne la composizione: la catenina è in vero argento, la croce è in oro bianco.
E, là dove la scollatura della maglia lascia intravedere altra pelle, nuovi tatuaggi si arrampicano, tra cui un capo nativo americano lungo tutto il lato sinistro del collo.
Le sue dita tamburellano poco, ma si fermano - così come si fa statico lui - quando la tua voce torna a spezzare il silenzio. Serio, non ti dà alcun segnale di ricezione della tua minaccia. Il suo respiro è regolare, le vene in vista sul collo non pompano più sangue di prima. La mascella non stringe nessuna morsa ed i suoi movimenti restano lenti, forse impercettibili. Il blu dei suoi occhi è un pozzo senza fondo, non si contano i metri che un gelone percorrerebbe prima di tuffarsi in quelle acque scure.

Vuoi chiamare la sicurezza, e lui non mette in dubbio che lo faresti, lo sente come il tempo l'abbia ridotto lui stesso all'osso spingendoti così in fretta all'angolo. O convincendosi di averlo fatto.
Solleva la mano dal bancone, il movimento è atto solo a compiere mezzo passo indietro, in rispetto del tuo territorio. Sul volto si dipinge l'accenno di un sorriso.
Questa danza la conoscete entrambi, e non c'è niente ora che smentisca le tue sensazioni. Devi azzannare, devi ringhiare, rizza la schiena, Niah!

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«Ti ho tenuta tra le braccia quando sei nata, Niahndra, non chiamerai nessuna cazzo di sicurezza» soppesa le parole, il tono scava come un ringhio. Sei stata brava - ti sta dicendo - ma ora, zitta e ascoltami.
Il tuo nome gli scivola sulle labbra, pronunciato alla perfezione. E lui non si perde un secondo dell'effetto che le sue parole potrebbero farti, gode della loro esposizione masticandole una alla volta. Il suo è un accorato messaggio di speranza, un aggancio che gli espone il collo per invitarti a spingere un affondo, ad azzannare, perché - forse per la prima volta dopo tantissimo tempo - troveresti pane per i tuoi denti.
«Adesso io non ho dubbi ch-» e scatta il timer. Perfetto, funzionale, ti ricorda gli ultimi passaggi della pozione corroborante che, con tutto l'appoggio del capoccia dell'Atelier stai testando nel retrobottega. «Fallo smettere, io e te dobbiamo parlare» Te lo sta ordinando.



 
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view post Posted on 25/3/2024, 00:28
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Did you expect us to sit back
No, Niahndra non stava bluffando. Proprio per niente. Quel gioco di trincea e negoziazione dei confini stava rapidamente erodendo la sua pazienza ed era certa che non sarebbe riuscita a mantenere i toni (almeno apparentemente) civili ancora a lungo. Mal sopportava gli imprevisti, le invasioni e chi pensava di poter avere libero accesso a lei, per cui era facile intuire come quella situazione la stesse provando.
Snervata dalla prolungata fissità di cui lo sconosciuto aveva fatto mostra, accolse con diffidenza quel mezzo passo —più simbolico che altro— all'indietro. L'accenno di sorriso le confermò qualcosa che aveva già dato per scontato, ovvero che quel teatrino fosse stato intenzionale e deliberatamente volto a innervosirla. Detestava essere messa alla prova. Non aveva nulla da dimostrargli. E allora perché le nocche prudevano per il bisogno di ricombinargli i lineamenti? Non era più neanche una questione di sentirsi in pericolo, c'era solo l'urgenza viscerale di rimetterlo al suo posto.

«Ti ho tenuta tra le braccia quando sei nata, Niahndra, non chiamerai nessuna cazzo di sicurezza».
Fu il suo nome a farla trasalire; perfettamente distinguibile e familiare nonostante la cadenza estranea e irriconoscibile che deformava le altre parole. Che cosa ci faceva tra le sue labbra? Non gli apparteneva.
Poi, a scoppio ritardato, giunse anche il resto. Era il passato che tornava a minacciarla. Suor Prudenza nella cassa. Sam in un letto di ospedale.
Afferrò i bordi del bancone con veemenza tale da sbiancarsi le nocche, pentendosi di averlo volontariamente frapposto come ostacolo tra sé e lo sconosciuto. Se non ci fosse stato, non aveva dubbi che si sarebbe avventata su di lui alla cieca.
«Wow». Dalla gola le uscì infine una risata incredula e priva di qualsiasi traccia di calore. Lo sguardo trovò di nuovo quello dell'altro e mostrava esattamente cosa pensasse di lui. «Devi proprio avere una faccia come il culo per venire qua così».
Dire che stava vedendo rosso sarebbe stato un eufemismo. Se il ragazzino spocchioso di prima le aveva fatto girare le palle, l'assoluta sfacciataggine di quella situazione minacciava adesso di farle perdere il lume della ragione.
Il suono del timer calò come scure, ricordandole all'improvviso dell'esistenza di un resto oltre a loro e alle scintille che stavano sfrigolando nello spazio che li separava.
Il tono rabbioso che seguì le era familiare, possedeva la sagoma inconfondibile della stessa museruola che suor Prudenza aveva provato ad imporle. Avrebbe dovuto sputare sulla sua tomba; si sarebbe accontenta di farlo adesso, sulla sua memoria.
Niahndra si sporse in avanti, incurante di star scoprendo i canini. «Vaffanculo», scandì con cura sopra il trillo del timer che aveva recuperato con la mano destra. Lo tenne alto per mostrarglielo —ancora in funzione— e poi glielo lanciò con uno scatto del polso.
«Hai aspettato diciotto anni. Puoi aspettare altri cinque minuti».
A quel punto si sarebbe voltata per sparire nel retrobottega. Aveva un rischio incendio da gestire.
Forse, almeno quello, sarebbe riuscita a prevenirlo.
And take your insolent, brazen display?
Sono tante azioni e non ho (sempre) usato il condizionale, ma va da sé che è tutto a discrezione tua, master :fru:
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view post Posted on 25/3/2024, 09:28
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→ circa 18 anni fa, luogo imprecisato
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«Sei carina» è la voce di un bimbo, solo, lungo un corridoio tanto scuro. Dietro di lui, la porta chiusa della stanza dei genitori, lì dove imperversa una lite che non può sentire. In questo momento nemmeno la concepisce, perché non c'è nulla che riesca a distrarlo dalla bimba che dorme. È un fagottino tra le sue braccia, l'ha conosciuta qualche giorno prima, e da allora pare che abbia già imparato a tenerla ed un pochino anche a cullarla. Da dieci minuti non faceva che piangere, poi l'ha presa lui e lei ha smesso. Gli occhioni azzurri sono rimasti aperti giusto qualche secondo, e poi quando il bambino le ha sorriso, lei ha ripreso a dormire.«Però devi dormire, la mamma non ti tiene qui se piangi così tanto» La voce del bimbo si abbassa piano piano.


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Quante bugie si possono raccontare ad un bambino? Qual è il limite che nel devia la crescita? Oh, Cain non se l'è mai chiesto, perché tutto è diventato rabbia e la rabbia beh, non ha mai uno sfogo razionale. Infatti adesso che ti sta davanti e che la vede dipingersi sul tuo volto, solleva il suo. Si mantiene in una posizione dominante, perché così gli è stato insegnato e così ha imparato in tutti quegli anni dietro... lontano da casa. Non si stupisce nel vederti tirar fuori le zanne, mentre mostri con candore dove e quando i limiti vanno rispettati, i tuoi soprattutto e quelli che imponi con paletti incassati nel terreno. «Ma non è la mia sola arma» la sua faccia da culo, con cui continua a guardarti, stavolta il ringhio basso se lo stringe ben saldo in gola. I denti stridono in silenzio gli uni sugli altri, la mandibola schiocca in un disappunto che è perfetto. Tu lo sei ai suoi occhi. Lo eri diciotto anni fa.

Sei pronta ad attaccare e lui lo sente, per questo ti parla. Per questo usa qualche parola che serva ad infilarsi nei tuoi ingranaggi e farli andare più veloci, in un surriscaldamento che può spezzarli, quasi spegnerli. Si chiede in quali altre cose tu sia come lui, se anche tu hai bisogno di andare a mille prima di sentire il vuoto di un meccanismo che si inceppa.
Il timer lo prende al volto, come quel "vaffanculo" a cui non risponde, se non con uno sguardo eloquente dal "vacci piano, ragazzina" che resta palese. Come palese è quello che pensi tu di lui.

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Il timer lo sgretola tra le dita, questo senza smettere di guardarti. Pare non respiri, se ti concentri, prima di voltargli le spalle puoi vedere come il suo volto si scurisca appena. Avete giocato, si, ma adesso si fa sul serio. E lui non stava mentendo prima. «Credi che non lo sappia quanti anni sono passati? Ho-ho contato ogni fottuto giorno.» Come i carcerati, sbarrandoli a cinque a cinque sui muri di casa.
Oh ma puoi andare verso il retrobottega, ma non da sola, con un gesto secco della mano la porta dell'Atelier viene sigillata, e così lui, rapido, oltrepassa il bancone.
«Voltarmi le spalle è una mossa del cazzo» duro, è già pronto a seguirti, non ha nessuna intenzione di perderti di vista. Forse non sei ancora abbastanza con le spalle al muro.
«Hogwarts non ti ha insegnato niente?» lo sai cosa sta facendo, forse puoi capire perfino cosa vuole da te.



 
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I am the shape you made me:
Suor Prudenzia l'aveva visto subito che quella non avrebbe portato altro che guai, sin da quando non era che una neonata troppo vorace che sottraeva latte agli altri poppanti; d'altronde, Niahndra non aveva fatto altro che scrutare silenziosamente i dintorni da quando era arrivata in fasce in orfanotrofio. Non una parola, non un gorgheggio, neppure uno strillo o un piagnisteo. Pareva quasi che volesse tenersi tutto ben stretto, senza il rischio di cedere anche solo la minima parte di sé.
Violent act

L'orfanotrofio non era mai stato un posto sicuro in cui esprimere le proprie emozioni liberamente; Niahndra l'aveva dovuto apprendere nel modo crudele in cui apprende chi è abbandonato a sé stesso: a tentativi, quando la posta in gioco era la vita. Non ricordava un prima, non consciamente almeno, ma c'erano giorni in cui sospettava di non essersi sentita al sicuro nemmeno nell'utero materno. Poi smetteva di pensarci perché faceva troppo male.
Faceva male, adesso, anche guardarsi allo specchio in quegli occhi indecifrabili che promettevano solo una caduta senza fine. Era un riflesso distorto, deformato; ancora troppo, terribilmente riconoscibile per non metterla a disagio. Le ricordava quello che già avvertiva: come negli anni fosse diventata sempre meno ragazza e sempre più lepre, gatto, cane rabbioso.
Nemmeno quello in negozio era uno spazio sicuro in cui esprimere le sue emozioni. Persino nella sua furia, Niahndra sapeva di star giocando col fuoco; se ne rendeva conto da come avvertiva il calore lambirle il volto. Un passo falso suo, un capriccio dell'altro, e le fiamme avrebbero lasciato la loro impronta sulla pelle. Non aveva dubbi che sarebbe accaduto, i segnali c'erano tutti; era solo che non riusciva a interessarsene: per quanto male avrebbe potuto fare ustionarsi, chinare la testa e rotolarsi a terra —docile e remissiva— in quel momento sarebbe stato cento volte peggiore.
Non avrebbe chiesto scusa per questo. Nemmeno dopo aver sentito l'inciampo nella voce dell'altro. Non aveva idea di dove collocare quel primissimo, misero indizio di umanità nel grande schema delle cose e comunque gli ingranaggi ormai erano in moto: Niahndra aveva reagito alla spinta —la caduta che ne sarebbe seguita non era che frutto di inerzia, a quel punto. Inevitabile quanto la forza di gravità.

Batté con stizza sulla porta sigillata, un primo colpo funzionale e l'altro di puro sfogo nel rendersi conto che le pareti le si stavano stringendo intorno. Braccata, come un animale. L'insulto le infiammò le vene.
«Voltarmi le spalle è una mossa del cazzo».
Finalmente concordavano su qualcosa. E a dispetto di tutto, una parte di Niahndra non poté fare a meno di chiedersi se a indisporlo fosse stata "soltanto" la stupidità della mossa in quelle circostanze o, anche, la mancanza di rispetto che implicava; quel "non sei la cosa più urgente per me adesso" sottinteso. Qualcosa di molto piccolo e infantile dentro di lei sperò che fosse la seconda. Aveva bisogno di sapere, mentre si voltava di scatto, di non essere l'unica a subire i contraccolpi emotivi di quel confronto. Aveva bisogno di sapere, mentre chiudeva paradossalmente la distanza, di non essere l'unica a doversi piegare ad un istinto che ripudiava. Aveva bisogno di sapere, mentre una mano estraeva la bacchetta per puntargliela alla gola e l'altra afferrava un lembo della giacca di pelle, di non essere l'unica a sentire l'ineluttabilità delle circostanze.
«Mi hai dove volevi. Adesso?». La voce uscì come un sibilo, a mascella serrata. Detestava essere stata costretta, né più né meno come una cavia sperimentale alla mercé del ricercatore. Conosceva quel gioco perché era lei a condurlo di solito.
Con la vicinanza, giungeva anche la vulnerabilità —una domanda inespressa. Il corpo rimase rigido, in attesa del colpo che si aspettava di ricevere. Non c'erano spazi sicuri per esprimere le proprie emozioni; l'ennesima cicatrice le sarebbe servita come monito. Aveva imparato a proprie spese di essere destinata a rimanere chiusa come un pugno, o sventrata come un pesce con le interiora sul tavolo. Non c'erano vie di mezzo quando avevi il cuore al posto sbagliato.

Perché, che cazzo ci faceva ingabbiato tra i denti?
Filth teaches filth
Stesso discorso sul condizionale, neanche a dirlo.
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«Ah...» lui ti aspetta, Niah. Si aspetta ogni mossa adesso, così da sterminare il resto dei tuoi nervi, uno ad uno. Infatti è lì dove serve che sia quando tu ti volti. Distante abbastanza per non trovarvi subito muso a muso, ma vicino a sufficienza perché tu riesca ad afferrarlo. In fondo non ha alcun'intenzione di scappare. Alza il mento per fare quasi spazio alla tua bacchetta.
Non è una resa quella di Cain. Non alza le mani, non le muove a dir il vero, le sue braccia restano lungo il busto, così come i piedi sono ben piantati a terra, riesci a malapena a minacciarlo. Ma non ti fa la grazia di ridere di te, anzi. Tu sei seria, lui è serio. Non sembra essere venuto fin qui per deriderti.
«Molto meglio» commenta, però. Nei suoi occhi - che ora vedi drasticamente più vicini di prima - si agita un mare in tempesta.
Non l'hai colto alla sprovvista con i tuoi modi, no... ma la vicinanza, è quella che lo apre in due. Schiude le labbra solo per serrarle di più, per respirare, perché adesso ha tutta la tua attenzione. Stringe i pugni.

Sono secondi che si dilatano in interi minuti, battiti di ciglia e ore di viaggio in treno. Tutta la vita che avete vissuto separati, gli passa davanti agli occhi. Eppure non muove un muscolo, cerca solo di capire come parlarti ora che la parte più divertente l'avete già superata, e non puoi scappargli - sebbene le redini le stringa tu al momento.

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«Adesso-» rimarca lui, mostrandoti i denti a sua volta. Il corpo rigido, la gola spinta contro la punta della tua bacchetta. Non si sottrae per nulla. Sta qui, pronto a rivedere tutta la rabbia e tutto quello che hai dovuto tenerti addosso per anni. Il vuoto, l'assenza, quello stupido abbandono marchiato nelle ossa. O così pensa sia successo: quando ti hanno portata via da lui aveva a malapena la capacità di capire che cosa stesse succedendo. Gli hanno sempre - però - promesso che sarebbero tornati a riprenderti.
Un'altra bugia che ha scavato in lui fino a spingere il suo cuore tanto in basso in una cava inesplorata. E' lì che raggrinzisce ogni giorno, soltanto adesso sente come sia tornato a battere. Lo senti anche tu, contro le nocche con cui ti appoggi per stringergli la giacca.
E ti guarda negli occhi, fisso, cementificato ma con il respiro tanto profondo da discordare con i suoi stessi nervi tesi. «- adesso ascolti quello che tuo fratello è venuto a dirti» perde lentamente mordente nel parlare, il ringhio si trasforma in un sibilo, in un battito di troppo che gli viene portato via. Le pupille si restringono appena. E' il controllo quello che cerca. «E sono disarmato» sottolinea con un ghigno, alludendo alla bacchetta. Ma non fa niente perché tu possa staccarti da lui, o smetterla di stringerlo.

«Canetta» sbuffa, docile. E' un nomignolo che atavicamente riconosci, tuo.





Edited by MasterHogwarts - 26/3/2024, 16:58
 
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Childhood is a knife stuck in your throat:
Nel corso della sua giovane vita, Niahndra si era ritrovata dalla parte sbagliata di una bacchetta numerose volte —che fosse su una pedana regolamentata oppure no— e, benché ogni fibra del suo corpo detestasse sentirsi sotto tiro, puntare a propria volta la bacchetta contro qualcuno per un motivo che esulasse dal contingente bisogno di proteggersi richiedeva un tipo di coraggio tutto diverso. Non poteva fare a meno di percepirlo come qualcosa di estremamente personale. Sospettava che fosse una delle conseguenze del tenersi il cuore tra i denti: se volevi mordere abbastanza in profondità, dovevi correre il rischio che un pezzo rimanesse incastrato —proprio lì, nell'impronta dei canini.
Forse era per quello che, nonostante l'apparente posizione di vantaggio di cui godeva, Niahndra non poteva fare a meno di sentirsi insopportabilmente scoperta e vulnerabile, in attesa di un colpo che tardava ad arrivare. Di fronte, una statua indifferente che non poteva scalfire.
A meno che...
All'ultimo, ecco l'accenno di movimento, una crepa nel marmo così sottile che in un primo momento pensò di essersela immaginata. Niahndra si sporse contro ogni buon senso, incantata dalle increspature —negli occhi, nella bocca, nei pugni. Famelica e impaziente, temeva di vedersi chiudere lo spiraglio davanti. Era la cosa più vicina ad un fantasma del passato su cui avesse messo le mani da così tanto tempo e, nonostante le riserve, la tentazione di far presa e tirare pur di trovare una risposta ai suoi interrogativi era semplicemente irresistibile.
Abbassò lo sguardo all'altezza del petto di lui, attirata dal tamburellare del battito; un mezzo respiro di incertezza e la mano abbandonò il bavero della giacca per girarsi delicatamente la croce argentata tra le dita. Era un gioiello appariscente da indossare, considerò assorta ricollegandolo al legame tra Pandora e l'orfanotrofio. Quel pensiero punse nel profondo. Perché diamine la stessa donna che l'aveva abbandonata le avesse anche impedito di rifarsi una famiglia, era qualcosa che ancora Niahndra non riusciva a spiegarsi.
«Adesso–».
Incoraggiata dall'esitazione che aveva colto, Niahndra si lasciò distrarre dalle linee di inchiostro che si inerpicavano dalle clavicole al collo di lui. Avvertì l'impulso violento di tenerlo fermo per tutto il tempo che le fosse servito ad esplorare i tatuaggi, uno a uno finché non fosse stata soddisfatta delle informazioni raccolte. Si chiedeva se le avrebbero rivelato qualcosa di personale o se lui si tatuasse sulla pelle la storia di qualcun altro, esattamente come faceva lei: date, immagini, parole che non sempre le appartenevano e di cui non conosceva il significato.
«– adesso ascolti quello che tuo fratello è venuto a dirti».
Il tono enfatico ed il dissiparsi del ringhio sarebbero stati abbastanza per costringerla a sostenere di nuovo il contatto visivo, ma fu il resto a troncarle il respiro in gola.
Apnea, cortocircuito. Alla fine, il colpo era arrivato.
Niahndra aveva abbaiato una risata. «Continui a viziarmi».
«Per forza», era stata la risposta pronta di Sam. «Rientra tra i compiti da fratello maggiore. Subito dopo prenderti in giro come se non ci fosse un domani».

Il ricordo di Sam la colpì a tradimento, accusatorio, e Niahndra divenne d'un tratto dolorosamente consapevole di sé e delle circostanze: indipendentemente delle reminiscenze dell'altro, lei a distanza di braccio si trovava uno sconosciuto.
A meno che...
L'appellativo le strappò uno sfarfallio di palpebre; sul suo volto si alternarono rapidi sorpresa, riconoscimento, confusione. Da ultimo, improvvisa diffidenza. Eccola di nuovo, quella dissonanza cognitiva che suonò come un allarme nella sua testa.
Si ritrasse senza preavviso, il braccio armato che tornava lungo il fianco. Cain era forse l'unica persona che avesse mai incontrato a diventare più pericolosa quando aveva una bacchetta puntata contro. L'apparente vantaggio l'aveva portata a sentirsi più sicura, a sottovalutarlo. Se ne vergognò.
«L'unico fratello che riconosco è quello che mi ha cresciuta».
Un monito.

A beneficio di chi, tra i due, non avrebbe saputo dirlo.
It cannot be easily removed
Lo diamo per scontato, va bene? Q_Q
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Sacchetta medievale: Comoda sacca in cuoio e pelle conciata, presenta robuste cuciture e due piccole cinghie sul davanti che assicurano la chiusura. Agganciabile alla cinta tramite due passanti posti sul retro. All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile (max 5 oggetti di medie dimensioni).

Avversaspecchio: Uno dei primi prototipi che nacquero a Londra nel periodo in cui Jack Lo Squartatore seminava il terrore. Piccino e compatto, sta in una mano: in ottone laccato o intarsiato, per uomini e donne, lo specchio rifletterà delle ombre che si faranno sempre più distinte man a mano che eventuali pericoli e/o nemici si avvicinano al proprietario dello specchio. Decorazione Floreale. [+3PS]

Clessidra incantata: Riporta la situazione al turno precedente, usabile una sola volta in quest.

Anello Nosferatu: Induce paura in uno o più pg o png. Usabile 1 volta per Quest. Utile per incanti e pozioni oscure. Utilizzato

Pantaloni chiari: proteggono dal fuoco non magico e dal calore. Sono comodi ed elastici. Blu scuro.
 
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Il Fato

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«Posso tenerla, papà?» Il bambino tira il tessuto dei pantaloni di suo padre. L'uomo si china sulle ginocchia, sorridendo - con gli occhi spenti. Sono in corridoio, è passato un mese da quando le grida di una nuova bimba hanno invaso la tetra villa. Un mese di silenzi, di litigi soppressi all'arrivo del bambino, curioso, che sembra non voler stare lontano dalla sorellina. Ha chiesto più volte che la culla venga messa nella sua cameretta, ma è inascoltato.
Papà è un uomo alto, brizzolato, con gli occhi di un blu oltremare. «Ehi, ehm si, si fai piano» nell'accucciarsi lascia delicatamente la bimba tra le braccia del figlio. «Si lo so» bofonchia, assorto a farsi mordicchiare un dito dalla neonata. «Canetta, grrrr» ridacchia, e la bimba gli afferra il dito con le mani tozze e le unghie affilate, graffiandolo, entusiasta.
«Hai il caratteraccio che hai tu» sbuffa papà, con affetto, rialzandosi. «Te la lascio un po', poi la ridai a Kim per portarla alla mamma» «Mh mh»



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Non sei solo tu ad essere dove ti voleva lui. Lui è dove voleva stare, e te ne puoi accorgere quando non distoglie lo sguardo da te. Non ti stacca gli occhi di dosso, e la tua ispezione la accoglie come se fosse davanti ad una bestia affamata. Lui con gli altri è molto peggio di così, e l'hai visto quando non ha esitato a stringere Charles per il bavero.
Ti lascia fare, ma sta attento. Ti lascia mollare la presa sulla giacca, solo per percepire, con un respiro trattenuto, il tuo muoverti in cerca della croce. E' il pendente più evidente, ma nel farlo attraversi un pezzo di storia, Niahndra. I tatuaggi che puoi vedere sono linee di inchiostro principalmente nere, ogni tanto c'è qualche sbuffo di rosso, e solo uno di quelli - che ancora non vedi - ha venature di giallo. Puoi vedere due "D" incastrarsi lungo il pettorale sinistro, l'accenno di qualcosa che sembra un paio d'ali di corvo occupare probabilmente lo sterno - non puoi vederlo per intero. Due versetti di un sonetto trascritti, che scivolano sotto la giacca e si mostrano più a destra. Sono indecifrabili, il tatuaggio è vecchio e fatto male, il tatuatore ha lasciato esplodere l'inchiostro sotto pelle e molte lettere si sono espanse, incollandosi. Sul collo, opposto al capo indiano, c'è un Dobermann con la maschera di Batman. Il cane ha un orecchio mozzato, rovinato dagli anni. Lungo la carotide, in orizzontale, la scritta "Abstemious", forse ad indicare la fine di un percorso di recupero. Accanto, una croce simile a quella che tu stringi tra le dita.
Poi, l'ultimo che vedi è un cuore formato da piccole croci, c'è un numero dentro, un "26".

"Cain" lo conosce l'effetto delle sue parole, eppure ti usa solo la grazia di esprimerle in dolcezza. Perché non ti vuole attaccare, non trae alcun piacere dal sentirti tanto tesa nei suoi confronti. Non tu che ti scioglievi ogni volta che ti lasciava mordicchiare una falange o due, ti ci saresti fatta i denti sulle sue dita, e lui avrebbe portato quelle cicatrici con fierezza.

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Ma quella che proprio non si aspetta, è la tua risposta. Lo senti stringere i denti, sfregano tra loro come fauci richiuse a forza da un laccio stretto. Le mani stringono jeans e pelle fino a intorpidirsi. Il suo sguardo vacilla, velato per un istante tra la rabbia e quel senso d'odio viscerale che scava una voragine in petto. E' indeciso, come le tue emozioni si sono palesate in una carrellata di lampadine malamente accese, le sue si infiammano fino a spegnersi, in un tonfo sordo.
«Diciamo che questa cosa tu non l'hai appena detta, ed io non l'ho sentita» incassa, malissimo. E' ferito, anche se il graffio non si nota, da qualche parte sta sanguinando, lasciando tracce lungo il pavimento, a marchiarne i passi. «Credi-» fa un passo avanti, non è minaccioso, è solo arrabbiato. E' solo ferito. «- che ti avrei lasciata da sola se avessi saputo che eri viva?» Avrebbe preferito spiegarti le cose con più calma, ma ha appena mandato a fanculo il suo stesso piano. «Ti cerco da sempre» sibila, greve.



 
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view post Posted on 2/4/2024, 13:49
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Sometimes I can feel my bones straining under the weight of all the lives I'm not living.

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The dog that weeps after it kills
Niahndra vide il rogo divampare, rapido e accecante, e una parte di lei non poté che bearsi di quel calore ai limiti del sopportabile. Non si sarebbe ritratta se una di quelle lingue le avesse ustionato la pelle, giudicandola una punizione equa per aver consapevolmente gettato benzina sul fuoco.
Per dio, qualcosa in lei ci sperava. Occhio per occhio. Divina retribuzione.
Eppure sapeva per esperienza che niente poteva ricacciare giù il fiotto di bile che le avvelenava il palato. Confessarsi aveva funzionato per un po', quando ancora era convinta che il senso di colpa potesse farla tornare pura, intera; ma c'era un numero limitato di volte in cui potevi ripetertelo senza che perdesse significato, e lei aveva rinunciato dopo qualche dozzina.

È buio all'interno del confessionale.
Le prime volte Niahndra ha cercato di scrutare attraverso la griglia per dare forma al sussurro profondo che sciorina formule ormai familiari. È stata la prima, tra i bambini dell'orfanotrofio, a ricevere il sacramento della confessione —o
conversione, come piace chiamarlo a Suor Prudenzia.
A lungo andare, Niahndra ha dimenticato che al di là della griglia è seduto qualcuno. È rimasta solo una voce incorporea. L'unica, a detta di Suor Prudenzia, che vada ascoltata.

«Il Signore ha perdonato i tuoi peccati. Va' in pace».
Le ginocchia dolgono quando Niahndra si rimette in piedi, ma le sue spalle sono più rilassate adesso. Sorride, rincuorata.

È di nuovo immacolata.

— Locked

E poi, poteva davvero dirsi pentimento il suo? Se si fermava dopo ogni carneficina solo per il tempo necessario a commiserarsi, prima di riprendere in mano il bisturi unicamente per la curiosità scientifica di capire come funzionasse l'anatomia della sofferenza —dove risiedesse?
Avrebbe saputo rispondere adesso: nelle fauci sfregate, nelle dita avvinghiate ai jeans, nella vampa d'odio dietro agli occhi.
D'improvviso però non rimase che cenere, e Niahndra vacillò sotto quell'inaspettata assenza. Sapere di meritare il castigo —desiderarlo ed attenderlo come Isacco sul Moriah, neanche fosse ingranato nelle sue ossa— e non riceverlo fu forse la mortificazione più grande. Rimaneva come uno squilibrio nell'universo, un debito da saldare. L'orgoglio le avrebbe impedito di capitolare, tuttavia c'era ancora sufficiente decenza in lei da farle distogliere lo sguardo poco dopo, bruciante di vergogna. Non guardò a terra, era troppo testarda per quello, ma altrove sì.
Niahndra sapeva tutto riguardo la domesticazione o almeno sapeva abbastanza da aver riconosciuto il tintinnare metallico di un catenaccio strattonato al ritmo di un dacci un taglio, o finisci abbattuto.
*No*, si corresse; non c'era un padrone in quello scenario. Era, piuttosto, il travestimento disturbante di un lupo che si forzava pecora e reggeva la parte a malapena per il tempo necessario. Quante volte ci aveva provato lei?

«Suor Prudenzia dice che ai grandi non piacciono le bambine che non si sanno comportare da bambine».
«Che vuol dire?» Chiede con le lacrime agli occhi Niahndra, dopo l'ennesima adozione fallita.
Non si è resa conto che
essere una bambina non è abbastanza e che ci sono regole specifiche da seguire su come comportarsi. Regole che tutti conoscono, apparentemente, tranne lei.
È come essere invitati ad una partita di
nascondino senza che le regole le vengano spiegate; poi tutti partono a giocare aspettandosi che lei si arrangi imparando man mano. Allora lei si impegna, in preda all'ansia osserva gli altri muoversi e ne studia le azioni; il suo cervello si sforza di elaborare informazioni, ma per quanto possa essere rapida —e lo è— gli altri hanno un vantaggio incolmabile su di lei.

Quando, molto tempo più tardi, i signori Morton arrivano all'orfanotrofio, Niahndra fa di tutto per piacere a loro. Indossa l'abito bello della domenica, lo stesso che solitamente rifiuta di mettersi per come le gratta sulla pelle; spazzola i capelli con cura fino a far sparire i nodi; risponde con garbo alle loro domande, si sforza di parlare; tende le labbra in un sorriso, perché è così che le bambine per bene dimostrano felicità e garbo. Soprattutto, non fa ricorso alla magia né, tantomeno, nomina le voci.

Alla fine non è comunque abbastanza per essere adottata.

— Locked

Non finiva mai bene, non era semplicemente credibile.
Ciò nonostante, Niahndra riconosceva lo sforzo di andare contro natura, perché era anche il suo; quindi il minimo che potesse fare era obbligare le proprie gambe a non indietreggiare nonostante il sussulto violento del corpo, troncato agli esordi, appena l'altro ebbe fatto un passo in avanti.
Che denti aguzzi che hai, nonna.
Sarebbe stata una bugiarda a negare che le parole di lui non stessero facendo presa almeno sulla sé bambina, scoperchiando un cordoglio dimenticato e che tornava a pulsare dolorosamente come una vecchia slogatura mai guarita del tutto. Quanto facile sarebbe stato a quel punto smettere di tenere tutto stretto e semplicemente lasciar andare, crogiolandosi nel conforto di sapere che qualcun altro avrebbe badato a lei? Era stata la stessa sensazione che aveva provato quando Sam era tornato per tirarla fuori dall'orfanotrofio; aveva morso anche al tempo, prima di cedere al sollievo. Come un bagaglio abbandonato all'aeroporto che aspetta soltanto di essere reclamato. Era piuttosto patetico. Lei era patetica.
Non era pronta ad un cambio di paradigma così strutturale, non adesso che aveva appena finito di fare (male) i conti con la propria situazione. La sua bolla riusciva a malapena a contenere lei e Sam, le risultava impossibile metterla in discussione così come le risultava impossibile vestire i panni da sorella per qualcuno di cui aveva ignorato l'esistenza in tutti i suoi diciotto anni di vita. Poco importava cosa pensasse l'altro, che l'avesse tenuta in braccio quando era appena nata, che avesse speso ogni singolo fottuto giorno a cercarla; rincorreva una chimera, un'ideale che calzava troppo stretto. Aveva il terrore che gli sarebbe bastata un'occhiata per rendersi conto che Niahndra non era la sorella che lui si aspettava. E a quel punto quanto avrebbe impiegato a sparire?
«Non capisco cosa tu sperassi–».
Fu il suo turno di mordersi la lingua in uno scatto nervoso e stizzito. Scalpitava, come belva in gabbia; risentita e rancorosa per quel freno autoimposto. Ingoiò le parole una a una, e poi per buona misura prese anche un profondo respiro; l'aria uscì in un soffio lento e costante.
«È interessante», cominciò da capo quando fu sufficientemente certa di poterselo permettere. «Perché qualcuno si è impegnato parecchio affinché io rimanessi in un buco di orfanotrofio. È il tipo di cosa che tende a lanciare un messaggio piuttosto chiaro per una bambina».
Era ingannevolmente calma, adesso. Si era sforzata di eliminare l'accusa nel tono di voce, ma aveva ancora un intero vialetto di ghiaia da togliersi dalle scarpe. Se fosse stata a malapena più codarda avrebbe continuato a rifarsela con chi forse, dopotutto, non ne aveva la responsabilità; ma c'era un numero limitato anche per le volte in cui potevi brandire il bisturi, prima di accorgerti che eri al contempo chirurgo e paziente, e che le viscere sul tavolo operatorio erano anche le tue. Non che avesse ancora del tutto desistito.
Assottigliò lo sguardo incamerando per la prima volta i lineamenti affilati di Cain, esaminandoli sotto una diversa luce; si mosse a disagio intorno agli occhi e gli zigomi, ripensò a quel ringhio sotto i bordi delle parole, ai movimenti da predatore, a quella rabbia inesplosa.
Forse, più di tutto, Niahndra aveva il terrore di essere esattamente la sorella che lui si aspettava.
Ma non aveva il cuore adesso di sviscerarne le implicazioni. Adesso davanti a lei doveva fingere che ci fosse un puzzle, e con quelli aveva tutta l'esperienza del mondo.
Mosse pigra la mano con cui teneva la bacchetta, come a suggerire di passare oltre, e poi riagganciò il legno ai pantaloni.
«Da capo, allora. Una cosa alla volta».
is no better than the dog that doesn't
PS 354 • PC 259 • PM 263 • EXP 80
■ Natura banshee
■ Vocazione occlumante apprendista
■ Incantesimi iniziali [click]
■ Appresi: I, II, III, IV classe (proibiti esclusi)
■ fattoriam, colossum, repsi genitum, flagrate, salus dono, nebula demitto, expecto patronum, stupeficium, heolo benedici, cave inimicum, deprimo, plutonis
■ Bacchetta magica (appesa ai pantaloni)
■ Amuleto greco (al collo)
Anello Nosferatu (pollice sinistro)
■ Pantaloni chiari
■ Cintura di Skuld
■ Sacchetta medievale che contiene:
■ Portamonete
■ Avversaspecchio

■ Libri scolastici (sul tavolo)
■ Calderone + utensili (in retrobottega)
Dettaglio oggetti
Cintura di Skuld: Capace di mutare nel colore e nell'elasticità, permette di essere usata come una corda per scalare pareti o legare oggetti/persone.

Sacchetta medievale: Comoda sacca in cuoio e pelle conciata, presenta robuste cuciture e due piccole cinghie sul davanti che assicurano la chiusura. Agganciabile alla cinta tramite due passanti posti sul retro. All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile (max 5 oggetti di medie dimensioni).

Avversaspecchio: Uno dei primi prototipi che nacquero a Londra nel periodo in cui Jack Lo Squartatore seminava il terrore. Piccino e compatto, sta in una mano: in ottone laccato o intarsiato, per uomini e donne, lo specchio rifletterà delle ombre che si faranno sempre più distinte man a mano che eventuali pericoli e/o nemici si avvicinano al proprietario dello specchio. Decorazione Floreale. [+3PS]

Clessidra incantata: Riporta la situazione al turno precedente, usabile una sola volta in quest.

Anello Nosferatu: Induce paura in uno o più pg o png. Usabile 1 volta per Quest. Utile per incanti e pozioni oscure. Utilizzato

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view post Posted on 2/4/2024, 15:00
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→ circa 18 anni fa, luogo imprecisato
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«Signorino?» il corridoio è silenzioso, la villa è spenta, piove da interminabili giorni. Ma la culla non è vuota, il lettino che spettava alla bimba - in cui neanche ha potuto riposare - è adesso il regno di un fagottino di ben 8 anni. Il bambino non molla la presa dal lenzuolo che stringe in petto. Con occhi arrossati, guarda l'elfo che è entrato in stanza. «Signorino, la cena è pronta»«NO!» Grida, con forza in risposta alla gentilezza. Ringhia, strepita ad ogni passo che l'elfo compie in sua direzione. «NON HO FAME!»


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Grattano le corde vocali, ed i ricordi che si affollano dietro il suo sguardo. E tu, per quanto distante dalla verità che ti viene sbattuta in muso, puoi vedere con chiarezza i segni del tuo passaggio. Ma, rispetto ad altre vittime, ad altri morti, altri feriti, non sei la sola che ha calpestato la sua terra. Non sei la prima ad aver sferzato la frusta, o affondato i denti nella carne - una volta ben più tenera di così. Non sei la prima che si arrampica sulla sua schiena con un pugnale pronto ad incidere vertebra per vertebra, né l'unica che finora abbia voluto sezionarlo parte per parte. Qualcuno ha provato a pesargli gli organi interni, e forse quel "26" è un marchio? Eppure, oltre ciò che vedi, non si scompone. Ti avrebbe lasciato scoprire di lui ogni cosa, anche a fronte dei ringhi che vi lanciate contro a vicenda, di cui poi non restano che soffi nella bufera.
Ciò che "Cain" conserva, lo conserva da anni ormai, e per proteggerlo ha fatto quello che ha dovuto fare. Il fine giustifica, eccome, i mezzi.
Allora per lui potreste rimanere così, comete instabili ad un passo da un buco nero. Pronti a farvi inghiottire e sparire, oppure a deviare e salvarvi con tutte le perdite di detriti del caso.

E tu hai ragione, Niahndra. Qualcuno si è davvero impegnato parecchio perché tu restassi con le suore, in un orfanotrofio da cui sei uscita - forse - solo perché Sam si è voluto prendere cura di te, contro ogni tua rimostranza. Forse per quel fratello di cui Cain non vuole sapere nulla, che ti sei scelta, ed ha scelto te rispetto ai Morton che non ti hanno voluta. Quante volte ti sei chiesta perché non andassi bene per loro? Come per tutti gli altri, mh?

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«Lo immagino» parla anche lui, dopo un'infinità, dopo averti guardato in silenzio, con dolore. Dopo le tue parole che sono risuonate nella loro legittima durezza. E' qualcosa che lui odia. Odia non aver potuto fare niente per portarti via prima, per venire a prenderti. Come invece a lui era stato promesso che sarebbe successo. Certo, ma si vede. Si vede il modo in cui rilascia la presa sui tessuti quando anche tu riponi una delle tue tante armi.
Lui non finge, non pretende di sapere ciò che non sa, ma Cristo quanto brucia il non aver saputo fare nulla per aiutarti. E lo fa, quel passino indietro - giusto lo spazio di un respiro in più da lasciarti - quando la bacchetta ti torna al fianco.
Prende un respiro, accetta la tua tregua. Spinge però più a fondo ciò che prova, perché la superficie è frastagliata, logora, stanca, come è stanco lui - ma non te lo da a vedere, starebbe in piedi tre giorni ancora senza soffrirne solo per preservare l'idea di stoicità. «Una cosa alla volta» clona il tuo tono. Si porta una mano al petto, sfiora la croce che hai toccato, la stringe. « Ma prima credo ti convenga partire dal-» ma si interrompe, perché un borbottio intenso, quasi il rombo di un tuono, si agita alle tue spalle «-... che cazzo hai là dentro esattamente?» poi, il tonfo del calderone che si rompe.



Per ovvie ragioni, in questo prossimo post ti sono concesse due azioni.



 
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