Cat-astrophe, Privata

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alexander "lexy" hydra

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Ambrogio deve proprio dire la sua. Prima ancora che tu possa entrare dal vialetto, è già li ad accoglierti. Insomma... più o meno.
Impostato fermo al sole, con le zampe tutte unite e gli occhietti giallissimi socchiusi per il troppo sole di primavera, miagola i suoi borbottii da vecchio brontolone. La pelliccetta beige è screziata da tante striature chiare, tra il grigio ed il bianco, perché il tuo ragazzone qui ha una certa età e, nonostante tutto, è un capobranco migliore di te. — Buongiorno anche a te. Gli sorridi, ti pieghi sulle ginocchia per portare il dorso della mano all'altezza di quel suo bel musino, ed attendere la tua sorte.
Chiudi un occhio, l'altro ben aperto vene investito dal sole che scalda Ambrogio. Tuttavia ormai lo sai, il responso è sempre lo stesso, il micione porta indietro le orecchie, per prenderti in giro, poi spinge il naso per un grattino nel punto esatto del suo centro d'amore.
Le fusa partono di default appena ti concentri a dargli ciò che desidera, e tu gli sorridi. Sei effettivamente uno spilungone in mezzo ad un vicolo orribile di Londra che sgrattugia il muso ad un gattone tutto morbido: cosa potrebbe andare storto.
Ecco magari il tempo di resistenza di Ambrogio, che è poco, perché ti mostra già i denti quando decide che sei pure troppo affettuoso. Tu ritiri piano la mano e torni in piedi, gli dai modo di passare fuseggiando tra le tue gambe ed aprirli la via verso la catapecchia di Abchanchu.

Ecco, come tu l'abbia conosciuto diciamo che è bene resti un segreto tra voi. Ma il vecchio gattaro è un tipetto mica da niente. Non ti viene il sospetto che sia uno sciamano dell'oltretomba in qualche modo avvicinato dai gatti perché affini al demonio. No. No tu pensi che sia semplicemente un brav'uomo con una vita sfortunata, che ha trovato il suo equilibrio in questo posto diroccato e pericolante - ma sempre ben pulito, va detto - in cui accoglie colonie di felini.

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— Ehi, ehm bello... Richiami il vecchio appena sposti la tenda che separa l'ingresso rattoppato di tappeti e vestiti, e la cucina/salone/spazio non così angusto pieno di gatti/altro.
Non è che lo noti subito ciò che sta facendo, perché vieni distratto dal musino dell'ennesimo cucciolo nato da una gatta che ha scelto un paio di stivali sfondati come sala parto. — Ti ricordi che ti parlavo dei Cat Caffè? parli sì, ma ancora con la bocca impastata dal sonno. Hai portato la colazione - ignoriamo pure il modo in cui l'hai raccattata - ed un botto di crocchette per gatti. Sono mesi che, tra una cosa e l'altra, ti rifugi qui per un po' di terapia felina a zero costo, e perché Abby ti pare il tipo che può raccontare storie assurde. E tu le vuoi collezionare tutte.

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view post Posted on 21/3/2024, 15:54
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min haru

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“BRO”, Haru trilla felice, mentre il buon vecchio Ambrogio le trotterella lemme lemme al fianco. La ragazza rallenta il passo affinché il bel vagabondo possa sostenere la sua andatura. “Anzi, Sir Bro”, si corregge subito. Bisogna portare rispetto ai distinti gentiluomini di una certa età, pensa solenne. Soffia un bacio verso il gattone, il quale, per tutta risposta, le si struscia sulle gambe. Che è assolutamente adorabile. E che assolutamente esula dalle capacità di equilibrio e coordinazione regalate ad una certa Min Haru dalla genetica e dagli arti incredibilmente dinoccolati che si ritrova.
La Min Haru in questione rischia di cadere, inciampando malamente sui propri piedi, in almeno sette modi differenti, tutti uno più potenzialmente catastrofico dell’altro. “Bro, ti scongiuro, non attentare mai più alla mia vita così. C’è gente a giro che non ne ha sette”. Il piccolo lord, per tutta risposta, la guarda in cagnesco. Offeso, senza dubbio, anche dalla vergognosa mancanza di onorifici accanto al suo nome. Haru, devastata dal suo stesso imperdonabile errore, si scusa per l’affronto. Silenziosamente, gli promette razione tripla di coccole.
“SIS”, saluta poi la bella Sistole, che, col suo pelvo fulvo lucidissimo al sole, arriva a reclamare le sue attenzioni. “ASS”, aggiunge quando anche Diastole le raggiunge in tutto il suo splendore tigrato. “ZIA”, sorride al siamese a forma di mappamondo che le viene incontro. Per inciso, ‘Zia’ –diminutivo di ‘Sazia’– è ENORME. Di certo, la massima “nomen omen” sembra non valere granché quando si tratta di Zia, vista la perfetta globosità del suo aspetto. Ad Haru pare impossibile che la micia in questione abbia mai avvertito il senso di sazietà in vita sua. È una palla perfetta. La adora alla follia. Mr. Chu, tra l’altro, sostiene che si tratti in realtà di un nome di origine araba. Haru non è certa che sia proprio vero, ma al tempo stesso ha una paura dannata di cos’altro la mente dell’anziano gattaro possa partorire in alternativa. Certo, l’etimologia è importante, ma la dignità della felina sferica decisamente di più. Scuote la testa, rassegnata. Ancora non può credere all’ultima proposta dell’uomo e al sorriso sdentato e irresistibile con cui l’ha accompagnata: Lee, diminutivo di Clistere. Non che la penultima fosse tanto migliore, eh. Ross, diminutivo di Blefarospasmo. Merlino ipocondriaco e germofobico intrappolato nel bagno di un autogrill di quarta categoria alle quattro di notte, impreca Haru fra sé e sé. Il medico di base di Mr. Chu la deve piantare di parlargli in medichese, perché lo scotto da pagare per i poveri felini in termini di capitale sociale è esorbitante. Il giorno in cui il gattaro scoprirà cosa sono le fistole anorettali, sarà ufficialmente finita, poco ma sicuro. Un facepalm al ricordo della questione ad Haru ora non glielo toglierebbe proprio nessuno, se non fosse che la ragazza ha le braccia letteralmente stracolme di cibo per gatti ed un cesto altrettanto traboccante di ogni tipo di torta e pasticcino che è stata in grado di sfornare nottetempo. È tempo di esami ad Hogwarts, ma il cioccolato non si nega a nessuno. O perlomeno questa è la menzogna che Haru si racconta con una convinzione fervida che rasenta il fanatismo religioso per giustificare il coping mechanism tutto suo che s’è inventata negli ultimi tempi per gestire l’ansia da prestazione legata alle performance accademiche.
“Sir Bro, dai, non te la prendere”, incalza ancora il suo amico a quattro zampe, che la segue tutto impettito e con aria innegabilmente indispettita fino all’uscio di casa di Mr. Chu. Distratta e impensierita dalla faida col suo dinosauro preferito, Haru entra in casa. Prima ancora che possa salutare il proprietario di casa, un altissimo muro tropicale all'invitante profumo di cocco le si para dinanzi, totalmente inatteso.
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Il sussulto che le sfugge dalle labbra è inevitabile, la testata pesantissima che caccia inavvertitamente al suddetto muro (stranamente morbido, per essere un muro) è epocale. Prima di cadere rovinosamente a terra all’indietro, appesantita dal carico immane che regge ancora fra le braccia, Haru ha giusto il tempo di pensare: Beh, questi… saranno boccini amari. L’impatto col suolo si prospetta a dir poco drammatico. Spero solo che i muffin al cioccolato si salvino.

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view post Posted on 22/3/2024, 12:12
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alexander "lexy" hydra

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— Oh, ehi no no nononononono... Fermo. Facciamo un passo indietro, Lex. Ricorda: come si salva una ragazzina che sta cadendo? E soprattutto, come si salva se la colpa del suo retrocedere di schiena sei proprio tu?
Pensa, ragazzone, che hai poco tempo, giusto qualche istante. Ti si appanna al volo la vista quando Ambrogio ti passa sotto i piedi. Eri così intento a cercare una risposta da Abby che non hai prestato orecchio ai giovani borbottii che venivano da fuori.
Così quando la ragazza ti inciampa addosso, quasi fossi tu un palo in mezzo alla strada, ti volti di scatto. I tuoi riflessi non sono mai stati eccellenti, sicuramente però li hai allenati in Atelier, così ti si allarmano le antenne perimetrali quando l'impatto - quasi morbido - ti spinge di mezzo millimetro in avanti.
Ora, non si può neanche pretendere che tu riesca a salvare capre e cavoli, è chiaro che o il contenuto del sacchetto o la ragazza cadranno. Tocca capire chi.
Ma sei istintivo, e quindi le braccia lunghe scattano perché lei non abbia una caduta impattante contro il pavimento chiodato. Le spingi al volissimo un cuscino sotto la testa ma un braccio le avvolge la schiena e con l'altro ti appendi al mobiletto scricchiolante della cucina.
Non è una buona mossa, Lexi. Però tu sorridi. Ehi, di nuovo. dovresti percepire che la tensione muscolare non è al massimo, quando le dita arrancano a tenersi su, e il rischio di schiacciare sia lei che la sua busta di bontà sotto forma di colazione per dodici.

— Reggiti sussurri, tenero quasi, nel riportarla su due piedi. Non ti dispiacciono gli imprevisti, anzi, a volte sei il primo a cercarli, ma ancora non ti era capitato che qualcuno di loro ti prendesse a testate i reni. Te li massaggi, guardando meglio la ragazzina. — Che hai portato di buono? Se potessi faresti le fusa, che la colazione è il pasto che preferisci e ovviamente essendo qui da Abby immagini che la condivisione sia parte di entrambi. Gardenia, la gattona bianca con gli occhi azzurro oceano, scende graziosissima dal suo trespolone al buio, prontissima ad addentare un pezzo di carta zuccherato a cui si sono attaccato i dolcetti, forte del fatto che siano tutti impegnati altrove.

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Sulla soglia, dietro di te, appena scansato dalla tenda, c'è proprio lui. Abchanchu. Il motivo del vostro introdurvi in un vicolo tanto malandato.
Vi guarda bonario, con un sorriso ad increspare le rughe dell'età. E' vero che in effetti tu non hai idea di quanti anni abbia, a volte paiono duecento, ed altre scatta con l'agilità che avevi tu a sedici anni. Sai che i gatti hanno un'innata passione per lui, e che si fa di strani fumi voodoo quando è solo e tranquillo. I gatti lo seguono come seguivano la cat-woman di Halle Berry.
Tra le sue braccia ciondolano sonnacchiose Mimì e Cocò, due sorelle di cucciolata che ti ha raccontato di aver pescato mentre navigavano come nutrie nel Tamigi. Nel vedervi, comunque, l'Immenso scoppia a ridere.

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min haru

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Beh. What a way per cominciare la domenica mattina, Signori e Signore. Merlino tostato.
I film le hanno insegnato che apparentemente, pochi istanti prima della morte, uno rivede tutta la propria vita. Ora, Haru è dichiaratamente overdramatic da morire, ma oggettivamente l’unica morte che sta sperimentando in questo momento è quella sociale. Purtroppo, aggiunge silenziosamente fra sé e sé. Quindi ecco. C’è da dire che, fisicamente morta o meno, lei vorrebbe comunque sotterrarsi, quello sì. Sei piedi nel sottosuolo non sembrano sufficienti come distanza da frapporre fra sé e quella situazione (e le persone in essa coinvolte).
Sì, perché il muro tropicale di cocco contro cui Haru si è malamente schiantata si rivela invece un essere umano altissimo e dolorante. Cosa già gravissima di per sé.
Ma, quando un paio d’occhi azzurrini la guardano con aria gentile, Haru sente il colorito delle guance farsi velocemente cremisi. Il sangue pulsa veloce e l’ondata traditrice arriva repentina alla punta delle orecchie, espandendosi fino alla radice dei capelli. Improvvisamente, Haru sembra essere diventata verosimilmente il più scemo dei Teletubbies. Il muro ha salvato sia lei che il suo prezioso carico, pensa sconcertata, con una gratitudine che rasenta lo sdegno.
Il tono tenero della voce che l’ha incoraggiata a reggersi non muta tenore nel chiederle «Che hai portato di buono?» e Haru pensa che sprofondare così giù da annegare nell’Acheronte o nello Stige non sia poi un destino così tremendo, dopotutto. Deglutisce silenziosamente.

«Mr. Chu», la voce di Haru esce un po’ strozzata. Si intima di frapporre distanza fra sé e il ragazzo-giraffa dallo sguardo dolce e di distogliere lo sguardo da lui il più rapidamente possibile. Le riesce stranamente difficile. Scuote la testa ripetutamente, nel tentativo di rinsavire e di far avvenire almeno qualcuna delle sinapsi che la stanno palesemente fallendo in quel momento. Non c’è mezzo neurone che stia facendo contatto ora, oh. «Il colesterolo come va?», chiede poi ad alta voce. «Vengo recando doni che lo metteranno a dura prova», dice alla stanza gremita di micetti. Non sta guardando né Mr. Chu, né il muro di cocco. Non pensa sia una maniera normale di rivolgersi alla gente, ma al tempo stesso incrociare lo sguardo sicuramente divertito del primo e inspiegabilmente anxiety-inducing del secondo le sembrano idee egualmente terribili.

Inspira piano. Espira. Si fa forza. Cioè va bene tutto, va bene l'awkwardness, ma comportarsi così con chi l’ha appena aiutata è veramente da miserabili. Si costringe a rialzare gli occhi per piantarli in quelli del suo muro salvifico. Cerca (senza troppi risultati) di non soffermarsi con eccessiva attenzione sul curioso gioco di contrasti che è l’aspetto del ragazzo, su come colori freddi e tratti affilati sembrino tuttavia trasfigurati da un calore soffuso e rassicurante che invade la stanza e l’avvolge con la stessa leggerezza del suo profumo. «Chiedo scusa per il mio ingresso à la I-came-in-like-a-wrecking-ball. Sono Min Haru», snocciola veloce. «Solo Haru», si corregge. «Di solito cerco di non falciare la gente al primo incontro. È roba almeno da terza-quarta uscita, ma evidentemente a ‘sto giro ci tenevo a fare colpo sul mio pubblico». Non ha ancora finito la frase, che il rossore incandescente è già di nuovo pronto a scintillarle sulle guance. Why are you like this? Il facepalm esistenziale è d'obbligo.
Merlino pietà. L’unico colpo di cui ha bisogno adesso Haru è quello che Caronte le dovrebbe battere (possibilmente in fronte). Possibilmente con sufficiente forza da farle perdere conoscenza fino al prossimo ciclo di metempsicosi. «Qualcuno ha voglia di cioccolato?».

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alexander "lexy" hydra

Ti piace - un po' troppo? - vedere le persone arrossire. A maggior ragione se quel colorito lo scateni tu. Non che tu sia un egoriferito borioso, certo che no! Ma la dolcezza che richiama l'aver fatto breccia qui e lì, è invitante. La guardi, sornione e felice, nel riportarla in piedi. Hai un piccolo dubbio, nell'averla un po' studiata, che poi in piedi sia anche in grado di restarci. Per questo, lasciata la presa sulla pensilina di legno scricchiolante, resti con un braccio vicino alla ragazza. Così per darle l'equilibrio che in pratica le hai tolto sempre tu.
Ma, mentre i gattoni si avvicinano a qualunque cosa sia dentro le buste di carta - e tu sei certo che almeno quattro di loro siano lì per la carta, e per masticarsi quella, la ragazzina ti lascia in sospeso.

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Mr. Chu - come lo chiama lei - ridacchia, regge le sue gattone con un braccio solo e l'altro lo usa per sminuire i problemi di colesterolo. D'altronde tu sai che lui crede poco nell'industria farmaceutica, è convinto che la terra sia a forma di ellissi, che l'Australia non esista e le stelle siano incollate al cielo con la supercolla. Tu ridi se lui ride, se minimizza, sbuffa. A volte ti chiedi perché nella normalità non parli quasi mai, ma sappia poi - davanti al suo narghilè - raccontarti un mondo, vite che nessuno potrà riempire così tanto come Abchanchu ha fatto con la propria. — Naaaaah lo senti sbuffare, sornione e lo vedi allungare la mano, libera dai gattoni, proprio verso il sacchetto che la ragazzina ha portato e, nel piegarsi, le fa perfino l'occhiolino. — Vaaa bene, al caffè penso io.

E, in tutto ciò, non l'hai davvero persa di vista. — Haru ripeti, e ti profondi in un inchino da vero giullare. Chiudi gli occhi, abbassi il capo e poi ti rialzi, tanto che ti sei accorto che quasi arriva a guardarti negli occhi, è un alberello che si è lanciato molto più in alto di molti altri. — Credo che Santa Miley non avrebbe avuto niente da ridire, e... non ne ho nemmeno io continui a sorriderle, tamburelli sul mobiletto, ma ora che sembra si regga la lasci beatamente in pace, rilassi le spalle, non serve più che scatti da nessuna parte. — Io sono Lex e basta, Lex basta eccome. — Colpito, mi hai colpito ti massaggi l'ultima volta quel punto della schiena di cui si prenderà cura Rocky quando tornerai a casa, ma lo fai senza smettere di sorridere ad Haru — è solo un po’ più difficile affondarmi. Stupido, quanto sei stupido, Lexy. Tanto che una cosa te la sei dimenticata. Beh sì magari il rossore di Haru è sintomo che stia benissimo, ma ti chiedi se non l'hai stretta un filo stroppo. Che sei delicato, di solito, ma lei resta un piccolo stecco, non è che hai esagerato?
In fondo, devi aver visto qualcosa di simile nei film coreani, mi chiedo se non sia per quello che - a volte - ti muovi come in quei drama che ti spari con Rocky ad orari improbabili.

— Quindiii... allunghi l'ultima vocale, estrai la bacchetta solo per raddoppiare i caffè, ora che c'è un'ospite in più e, lentamente raccatti uno dei micini negli stivali. Ha il pelo tanto lungo da sembrare un ibrido con una puffola pigmea, ma non emette fiato quando resta appallottolato nella tua mano. Glielo porgi, sembra un piccolo Ambrogio - tanto che ti immagini sia lui il padre. — ... sei anche tu amica di Abb-Mr.Chu?

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