Now we are here, Concorso a Tema: [Marzo 2024]

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view post Posted on 30/3/2024, 18:42
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Slytherins are known for their ambitionAddobbi, festoni, candele fluttuanti e fuochi fatui. Al mio arrivo in sala comune sembra sia stato trasportato in una realtà alternativa. Credo di non aver mai visto così tanta luce qua sotto e addirittura si fatica a riconoscere la flora del Lago Nero oltre le alte finestre, poiché i riflessi distorcono ciò che il vetro nella penombra consente di vedere di solito. Strizzo gli occhi d’istinto, osservando questa distopia con un’inevitabile smorfia sul viso.
Avanzo di qualche passo, ma resto in cima alle scale d’ingresso per avere una più ampia visuale della stanza.
Non ci sono molti studenti, al massimo saranno una trentina, ma sono tutti ammucchiati in gruppetti da cinque o sei verso l’area delle scrivanie a sistemare chissà cosa. Mi danno le spalle e non si accorgono di me.

«Che cazzo succede qua dentro?» - la mia voce tuona nel lieve brusio e mi do fastidio da solo. Alcuni di loro sobbalzano alla sprovvista e si voltano di scatto verso di me; altri restano come paralizzati, inermi, nemmeno gli avessi lanciato contro un Petrificus Totalus.
Con sguardo accigliato, mi assicuro di incontrare gli occhi di coloro che hanno avuto l’impulso di voltarsi a guardarmi, ma nessuno parla.

«Allora?» - incalzo, iniziando a scendere i gradini per avvicinarmi al marasma. Ad ogni mio passo in avanti, la maggior parte di loro indietreggia. Sono pienamente consapevole di non essere il massimo della simpatia e mi rendo conto di non avere lo charme da Caposcuola che i miei predecessori avevano, però terrorizzarsi in questo modo mi sembra eccessivo. Soprattutto perché non sono ancora nervoso, solo un po’ infastidito, e più si comportano così, più peggiorano la loro condizione e le mie reazioni. Anche se un po' mi diverte vederli tremare come foglie per un nonnulla.

«È una mia idea. Loro non c’entrano niente, hanno solo accettato di darmi una mano.»

Uno dei ragazzi di lato si decide a parlare, con voce incerta. Addirittura, avanza di un passo verso di me con fare esitante, timoroso quasi come se potessi azzannarlo al collo al minimo movimento sbagliato. Tutto questo è ridicolo e non ho alcuna voglia di dargli retta più del necessario.
Mentre mi avvicino, riesco finalmente a mettere a fuoco ciò che si nasconde dietro le varie figure e capisco il perché di tanta agitazione: le scrivanie sono state sistemate a mo di buffet. C’è di tutto: torte salate, torte dolci, sformati di vario tipo, patatine di ogni genere e forma, muffin e cupcake, bottiglie di burrobirra analcolica in un quantitativo notevole.
Realizzo a scoppio ritardato ciò che gli addobbi avrebbero dovuto suggerirmi sin dal principio.

«Una festa?! Chi vi ha autorizzato?»

«No, nessuno, nessuno! Era solo un’idea per… insomma… per celebrare i nuovi Caposcuola e Prefetto.»

D’improvviso smetto di respirare e mi ritrovo a fissare il ragazzino ad occhi sgranati.
Come cazzo gli è venuta in mente un’idea del genere?
Sbuffo una risata sardonica e scuoto la testa. Non esiste che mi metta a fare festa. Cazzo, odio le feste.
Ma qualcosa mi impedisce di ordinargli di pulire questo casino e mandarli in punizione uno ad uno a lavorare nelle cucine per tutto il prossimo mese per scusarsi con gli elfi del tempo speso inutilmente a dargli retta.
È come un improvviso moto di coscienza. Mi si rivoltano le budella al solo pensiero di soprassedere e lasciar correre, ma…

«Solo per Lyvie.» - acconsento, con un’espressione mortalmente seria e convincente. Spero intuiscano il sottotesto del “che nessuno venga a rompermi le palle”, ma non ci fanno nemmeno caso. Intuiscono il consenso, seppur parziale, e si scatenano in un boato di giubilo e applausi gioiosi che mi costringono ad allontanarmi indietreggiando.

«Grazie! Sarà divertente, vedrai! Non saresti dovuto arrivare così presto, di solito il lunedì lavori anche di pomeriggio. Avevamo calcolato tutto nei dettagli. Manca ancora qualche addobbo…»

Esordisce una ragazza nella mischia, facendomi rabbrividire. La facilità con cui gli studenti di questa scuola sono avvezzi allo stalking mi inquieta non poco.
Do loro le spalle, con in viso un’espressione di assoluto disgusto, e faccio cenno con una mano di proseguire a fare le loro cose. Meno ne so, meglio sto.
E mentre si attende l’arrivo della festeggiata che, spero, sarà più lieta di me della sorpresa, mi sposto a sedere su una delle poltrone di fianco al fuoco. Allungo le gambe sul tavolino di fronte, di solito usato per giocare a scacchi magici, e mi focalizzo sul crepitio delle fiamme nel camino per dissociarmi da ciò che mi sta accadendo intorno.

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view post Posted on 31/3/2024, 00:45
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𝑤𝑒'𝑟𝑒 𝑎𝑙𝑙 𝑚𝑎𝑑 𝘩𝑒𝑟𝑒

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Slytherins are known for their ambitionNon ho ancora capito perché questo biondino del primo anno mi gira così tanto intorno. Prima mi impedisce di tornare in sala comune per stendere le gambe e fare un pisolino, poi mi costringe a rimanere lì con lui, in biblioteca, più di quanto io riesca a sopportare. È vero, amo l’odore dei libri e l’atmosfera silenziosa tra i banchi; ma quando è troppo, è troppo.
Sbuffo, dopo essermi passata il palmo della mano sul viso in un’espressione scocciata. Ora sono Prefetto, non posso mica insultare a denti stretti i primini e le seccature che comportano: mi ci vuole uno sforzo immane per non guardarlo malissimo.
Maledico il momento in cui ho deciso di dargli una mano, qualche oretta prima.

« Senti, coso– » sì, ho già dimenticato il suo nome. « Ho finito i compiti da un pezzo, quanto ti ci vuole ancora? » e con uno sguardo rapido faccio cenno ai miei appunti che scopiazza da quando siamo arrivati qui.
Mi dice “un attimo” senza smettere di copiare le mie parole riga per riga, così sospiro mentre mi massaggio le palpebre coi polpastrelli. Devo avere pazienza: la spilla che porto ora sulla divisa scolastica dovrebbe aiutarmi a essere una persona migliore, non peggiore!
Così mi costringo a tenere un comportamento tranquillo, quando al suo “finito!” improvvisamente entusiasta sobbalzo un po’ sulla sedia.

« Porc–- » inizio solo col dire, rimangiandomi l’imprecazione. Quello è stato un improvviso scatto alquanto insolito da parte sua, come se si fosse improvvisamente ripreso e avesse capito qual è il suo scopo nella vita.
Lo guardo con occhi confusi, ma presto realizzo: possiamo tornare in sala comune. Finalmente posso alzarmi, ma di certo non lo aspetto; raccolgo le mie cose e avanzo dritta verso l’uscita della biblioteca. E proprio mentre attraverso l’ingresso me lo trovo di fianco, con un palese entusiasmo sul viso che mi provoca una sensazione di disagio non indifferente.
Ancora una volta, non capisco perché mi giri così tanto intorno, come una fastidiosa zanzara. Il suo sorriso è a tratti inquietante, non capisco proprio il motivo di tutta questa felicità improvvisa, a partire dagli ultimi istanti trascorsi con lui in biblioteca.

« Come mai tutto questo entusiasmo? » chiedo, perché ormai sono curiosa.
« Eh–? No, niente. » risponde lui, e la cosa mi puzza. Mi guardo attorno con più attenzione, come se avessi paura che da un momento all’altro dovessi aspettarmi un qualche indesiderato scherzo. Tuttavia, non insisto.
Giungiamo ai sotterranei inaspettatamente senza problemi e, davanti alla porta della sala comune, mi tranquillizzo. Entro e delle luci mi offuscano un po’ la vista, portandomi a socchiudere leggermente gli occhi. Luci? Nella sala comune? Questo sì che è strano.

« SORPRESA! » sento in coro e allora sgrano le palpebre in un’espressione incredula. Addobbi e festoni ovunque, candele fluttuanti e fuochi fatui sparsi per l’atrio principale della sala comune mi portano i brividi. Sorpresa? A me o al biondo al mio fianco? Mi sono persa qualche compleanno? Non che me ne importi più di tanto, di solito mi chiudo in dormitorio.
Dalla cima delle scale all’ingresso vedo un gruppo numeroso di serpini che applaudono, fischiano e sorridono tutti verso la mia direzione. E, presto, collego i pezzi. La zanzarina bionda ha avuto l’arduo compito di tenermi occupata, mentre gli altri studenti allestivano la sala in mio onore. Non ho chissà quante amicizie tra tutti i visi che vedo, ma in fondo in fondo apprezzo il gesto.
Con un rossore alle guance evidente, mi scompiglio i ricci dietro la testa in un’espressione abbastanza imbarazzata.

« Ehi, ragazzi, non dovevate! » mi limito a dire, sentendomi le ginocchia di burro mentre scendo le scale per unirmi alla festa.
Vengo investita da pacche sulla spalla, strette di mano e applausi, grida nelle orecchie che mi fanno venire l’orticaria. Non sono abituata a tutte queste attenzioni e dalle labbra contratte in una piccola smorfia lusingata si evince perfettamente il mio disagio. Per quanto mi faccia piacere, non so davvero cosa dire. Non ho preparato nemmeno un discorso!
Abbozzo numerosissimi grazie a destra e manca e sento gli angoli del mio sorriso tirarsi così tanto da farmi male; nemmeno il buffet abbondante di cibo mi fa sentire meglio.

« Discorso! Discorso! Discorso! » sento il coro tra la folla di studenti che mi circonda, e così il terrore mi assale inevitabilmente.
Ecco, lo sapevo.

« Ehm–, i-io... » esordisco, ormai di fuoco e fiamme in pieno viso. Bell’inizio come Prefetto balbuziente.
Ma presto mi riprendo, così mi alzo su una delle poltrone della sala comune, per poter vedere meglio la folla di gente che sembra pendere dalle mie labbra. E fanno male.

« Che dirvi, ragazzi? Grazie! Mangiate e abbuffatevi! SEMPER FIDELIS! » esclamo infine e allargo teatralmente le braccia dal basso verso l’alto, aizzando la folla quel giusto per potermela filare a gambe levate. Salto giù, quasi subito dopo aver dato il via alle danze verso il buffet. Ed è qui che - mentre la marmaglia va via via ad allargarsi - noto Draven nei pressi del camino.

« Caposcuola. » esordisco mentre mi avvicino a lui con un cenno del capo, pregno di riverenza giocosa, e un piccolo inchino, quando aggiungo: « Come sono andata? »
Un pizzico di autoironia si evince dal mio tono di voce e, ovviamente, mi riferisco al discorso di mezza frase che ho appena fatto. Non ne vado chissà quanto fiera ma, a mia discolpa, non ero affatto preparata a tutto ciò.

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Slytherins are known for their ambitionMi ritrovo a fissare le fiamme, immaginando strane figure generate dal loro movimento. Un po’ come quando si fissano le nuvole per troppo tempo e ci si convince di vedere un cane o qualche altra stronzata. Un passatempo come un altro.
Non che avessi di meglio da fare, a parte forse approfittare del pomeriggio libero per avvantaggiarmi qualche compito, però stare fermo così in attesa di non so nemmeno io bene di cosa un po’ mi irrita. Ciò nonostante, sento di non poter andare via.
Incrocio le braccia al petto, cerco di assumere una posizione il più comoda possibile; se devo attendere, che lo faccia perlomeno a mio agio.
E mentre tutt’intorno a me si muove e fa rumore, io mi soffermo a rimuginare.
Guardandomi indietro, non avrei mai detto che sarei potuto diventare Caposcuola. Ero un ragazzino impaurito della sua stessa ombra quando arrivai qui e se, all’epoca, mi avessero detto “hey, ma lo sai che un giorno dovrai relazionarti con tutti gli studenti di Serpeverde per gestire la casa?” avrei imprecato a denti stretti e sarei scappato a nascondermi. Il flusso di pensieri mi riporta a un ballo di qualche anno fa, in cui ebbi un terribile attacco di panico per via della folla, e quando tornai qui venni accolto dal Barone Sanguinario che mi diede una bella strigliata; mi sedetti proprio su questa stessa poltrona, a fissare le fiamme per timore di incontrare lo sguardo adirato del fantasma. Il tepore mi ricorda la prima volta con Megan, in cui lei accese un piccolo fuoco nella foresta proibita, lì dove ci ritrovammo a parlare, per poi finire a fare l’amore. I toni caldi mi ricordano il ragazzino che venne portato a casa di Lyvie dopo quasi un anno in orfanotrofio, con lei piccolissima che non sapeva nemmeno chi fossi, ma mi aiutò a sentirmi a mio agio avvolgendomi nella sua copertina davanti al camino, in casa di sua nonna Iris. Se non fossi così distaccato, forse, temo che mi piacerebbe l’idea di meritare una festa in mio onore, per tutti i traguardi raggiunti e le difficoltà superate a testa alta, ma mi basta sentirmi sinceramente felice che almeno per Lyvie possa essere motivo di soddisfazione personale e, chissà, magari anche di sincera riconoscenza.

«SORPRESA!» Sento gridare in coro, ridestandomi dal filo dei miei pensieri. Mi raddrizzo con la schiena, tolgo i piedi dal tavolino e qualcuno ci appoggia sopra qualche bottiglia di burrobirra. Ringrazio con un cenno del capo, anche se preferirei fosse alcolica. Ne prendo una e mando giù un sorso di zucchero puro, mentre rivolgo lo sguardo lì dove l’attenzione del resto dei presenti è rivolta.
Lyvie è a dir poco in imbarazzo, ma in maniera tenera e non aggressiva come lo sarei io al suo posto. È timida e riservata, ma è cresciuta molto più gentile e disponibile di quanto suo fratello potrà mai essere. La vedo issarsi su una delle poltrone e sorrido al pensiero di avere la migliore spalla che si possa mai desiderare; non perché penso possa accadere tanto presto, ma mi sento sicuro all’idea di poter lanciare lei in prima linea in qualsiasi circostanza di merito i Serpeverde dovessero ritrovarsi come, ad esempio, la coppa delle case. Tutto sommato, questa festa non è stata una cattiva idea. Una buona possibilità di rodaggio.
Il discorso-non-discorso sortisce effetti positivi. D’altronde, non mi aspettavo niente di più. Da brava Serpeverde, coglie nel segno con poche ma incisive parole.
Sorrido, perché nonostante il caos appena generato, l’atmosfera non è poi così spiacevole.

«Prefetto.» - rispondo a Lyvie quando mi si avvicina, imitando il suo cenno reverenziale chinando il capo. Mi sporgo verso il tavolino a prendere una delle burrobirre per porgergliela, poi le faccio segno di sedersi sulla poltrona di fronte alla mia.

«Alla grande. Meglio di me, sicuramente.» - rispondo, accennando un sorriso che lascia mostrare le fossette sulle guance. Provo una strana sensazione a guardarla, con quella spilletta sul petto e le gote arrossate di imbarazzo. Non è più una bambina, come non lo sono più nemmeno io. Mi sento nostalgico, di un periodo di merda tra l’altro, e mi risale in gola lo zucchero raffinato della burrobirra.

«Congratulazioni!» - aggiungo, avvicinando la bottiglia alla sua. Mando giù un altro sorso solo per convalidare il brindisi, poi poggio la bottiglia sul tavolino da cui l’ho presa e lo sguardo torna a perdersi per un istante tra le fiamme. È surreale tutto ciò, ma incredibilmente soddisfacente. Mi sento fiero di lei, di noi.

«Allora, com'è? Come ti senti?» - chiedo, riportando gli occhi nei suoi.

«Io avevo una cazzo di paura la prima volta che ho raggiunto la Sala Grande con la spilla al petto. Non credo di avere il carattere da leader, ma si fa quel che si può.» - confesso, sporgendomi verso di lei. Gli avambracci sulle cosce e le mani che si sfregano tra di loro, come se non riuscissi a stare fermo. Mi sento un po' nervoso, per le aspettative e le responsabilità; la cosa strana è che lo sono per entrambi. Le parole escono spontanee, quasi volessi rassicurarla nel farle sapere che, qualsiasi emozione provi, è tutto nella norma.

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view post Posted on 31/3/2024, 01:06
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𝑤𝑒'𝑟𝑒 𝑎𝑙𝑙 𝑚𝑎𝑑 𝘩𝑒𝑟𝑒

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Slytherins are known for their ambitionCi siamo ritrovati ad Hogwarts ed è proprio tra queste mura che siamo cresciuti insieme. È a questo che penso mentre lancio uno sguardo alle vive fiamme del camino, che da sole rendono l’atmosfera della stanza estremamente piacevole. Un attimo prima ero presa dal panico e dall’imbarazzo ed ora, con Draven vicino, percepisco solo una sensazione di leggerezza.
Sensazione che si accentua alle sue parole, perché tutto quello che volevo era solo un suo assenso, per farmi capire che mi sono destreggiata bene in quelle acque sconosciute, in cui lui è già ben navigato. Sbuffo una piccola risata per il suo commento, prendo la burrobirra analcolica che mi porge e mi siedo proprio davanti a lui, sulla comodissima poltrona nera in cui sprofondo.

« Congratulazioni anche a te! » e in un ampio sorriso assecondo quel bridisi, seguito da un lieve tintinnio di bottiglie che suggella perfettamente il momento, mentre la festa prosegue di sottofondo.
Prendo un breve sorso e mando giù il sapore dolce della burrobirra, quando la vista e l’udito si perdono nel calore scoppiettante del camino. Rimango sporta verso la sua direzione, con i gomiti poggiati sulle ginocchia, la bottiglia penzolante nella mano e un sorriso flebile sul viso. Sono certa che Draven stia pensando proprio a quello che sto pensando io. La nomina a Caposcuola per lui e Prefetto per me sono un traguardo da non sottovalutare. È un momento unico, un momento che avremmo ricordato per tutta la vita con fierezza e soddisfazione.
Siamo cresciuti e piano piano il nostro rapporto si è consolidato, permettendo di lasciarmi andare in sua presenza. Lui conosce il mio segreto: mi sono confidata a cuore aperto e non mi sono pentita neanche una volta di averlo fatto. Ed è anche per questo che, alle sue seguenti parole, mi sento di rispondere con altrettanta sincerità, come non accade davvero con nessuno. La mia mente fin troppo calcolatrice me lo impedisce con chiunque.

« Scherzi? » chiedo ironica, perché non mi trovo affatto in accordo.
Il fatto che abbia avuto paura - come la percepisco io - mi fa tenerezza e mi provoca un certo senso di stupore, perché non ho mai notato il minimo tentennamento o dubbio da parte sua. Ma riesco comunque a mettermi nei suoi panni, rendendomi conto di quanto siamo simili, sotto certi punti di vista.

« Beh, non si vedeva. » commento a quel punto in un sorrisino fugace, ma mi affretto ad aggiungere con un tono più serio, dettato da tutta la sincerità che ho in corpo: « Non vedo persona più adatta di te a essere Caposcuola, Draven. Davvero, è quello che noi meritiamo. » e accompagno la frase con uno sguardo veloce agli altri serpini lì presenti, assorti nei festeggiamenti.

« Forse le doti da leader non le senti, ma secondo me ce l’hai nel sangue. » annuisco decisa, soprattutto perché credo fermamente nelle mie parole.
Provo innanzitutto rispetto ed estrema fiducia in lui come, sono convinta, tutti gli altri adepti di Salazar. Vorrei che si convincesse di ciò, perché io ci credo.
In quella frazione di secondo - mentre mi perdo ancora un po’ tra gli sbuffi del camino -, non posso che pensare a mio fratello Kyros che, per fortuna, non è nei paraggi. Mi sento un po’ in colpa, perché mi ritrovo ad associare a lui la figura di un estraneo, mentre gli sguardi affettuosi e fraterni sono tutti rivolti a Draven. È da tempo che lui è diventato, per me, come l’abbraccio di un focolare in inverno. Nonostante di abbracci, tra noi, non ce ne siano mai stati. Eppure è così.
Con la coda dell’occhio, vedo la spilla da Prefetto riflettere la luce delle fiamme e scintillare per un attimo. Così, decido di rispondere alla sua domanda.

« Diciamo che, per me, è tutto nuovo. Certo–... » e mi porto le dita a coprirmi un lato della bocca, come se volessi dirgli un segreto. « Avere tra i piedi le matricole è una rogna e, poi, tutti questi occhi addosso mi fanno venire la voglia di sotterrarmi. » e poi continuo in un sorriso - tutto sommato - sereno. « Però sono felice. »

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Slytherins are known for their ambitionA seguito delle rispettive nomine è stato tutto talmente caotico da non darci tempo, o modo, di razionalizzare l’evento. Parlarne a quattr’occhi. Fermarci un attimo a riflettere sul valore delle responsabilità che abbiamo deciso di accogliere accettando di diventare figure di riferimento per la casa. È un traguardo soddisfacente, quanto terrificante.
Ricordo perfettamente il momento in cui ho dovuto suggellare un patto con me stesso pur di impormi a tollerare la presenza di altri esseri umani intorno a me, che per certi versi dipendevano dal ruolo che avevo accettato di assumere. Non sono ancora bravo a farlo e, adesso, in quanto Caposcuola, è anche peggio. Fin dal principio di questa ascesa di carriera non ho fatto altro che ripetermi di poter essere all’altezza del compito, ma… Cazzo, se avevo paura. Ancora ne ho. In qualche modo che non so spiegarmi, però, avere Lyvie al mio fianco come Prefetto ha un che di rassicurante. Al contempo, mi sento come se, a seguito della sua nomina, avessi anche le sue emozioni di cui preoccuparmi. Forse ha ragione, però. Forse, ho doti da leader che non riesco a riconoscere. O, forse, sono solo abbastanza ambizioso da saper fingere di essere migliore di quanto non sia. Qualsiasi sia la realtà delle cose, spero solo di non smettere di sentirmene orgoglioso.

«In ogni caso: fa bene al curriculum.» - dichiaro, sollevando le spalle con noncuranza.
La festa non è che un brusio sconnesso e distante da qui e mi ritrovo a pensare, amaramente, che per tutti quegli studenti la nomina di Lyvie non sia stata altro che un espediente per avere il permesso di cazzeggiare. Nobile l’intento, ma non molto la resa. O, forse, è solo colpa della mia asociale presenza. Sapevo che l’avrei attirata in disparte, che piuttosto che festeggiare con un gruppo di quasi sconosciuti si sarebbe estraniata per fare compagnia a me. È riservata e selettiva, questo sì, ma non intendo privarla di esperienze spingendola a ricalcare i miei pessimi modi di fare. Credo che, sotto sotto, le piaccia davvero essere circondata da persone che la rispettano e la vedono come un punto di riferimento.
Distendo le labbra in un altro sorriso, le fossette tornano a mostrarsi sulle guance addolcendo il mio sguardo.

«E aspetta di doverle cercare in giro per Hogsmeade che si perdono e sbucciano le ginocchia inciampando tra i mille rovi nei viottoli del villaggio.» - commento, senza riuscire a celare quel po’ di divertimento che mi genera la scena; nonostante, nel viverla, abbia perso pazienza e compostezza più di una volta. Perlopiù capita quando di mezzo ci sono i Tassorosso, ma questa è un’altra storia…
Appoggio le mani sui braccioli della poltrona e faccio leva sulle braccia per rimettermi in piedi. Mi sento molto più tranquillo a saperla a suo agio nel ruolo e, soprattutto, felice. Chissà, magari mi sto preoccupando per nulla.

«Bene. Va a goderti la tua festa, allora. Li affido a te, Prefetto.» - pronuncio, incontrando ancora il suo sguardo. Il sorrisetto sulle labbra tradisce la solennità delle mie parole, ma non me ne curo. È Lyvie. Mi conosce bene, ormai. Indipendentemente dal nostro volere, continuiamo a condividere momenti salienti l'uno della vita dell'altro. E non mi dispiace affatto; anzi... Mentre mi lascio alle spalle il baccano, mi chiedo cos'altro ci riserverà il futuro.

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Slytherins are known for their ambitionNon posso che annuire alle sue parole, ritrovandomi a sorridere al notare che, da vero Serpeverde, Draven ha la mentalità di chi vede i vantaggi delle cose a lungo termine. Ora che ci penso, non abbiamo mai avuto modo di parlarne. Il fatto che sia passato del tempo ci ha fatto prendere ancora più consapevolezza delle responsabilità e dell'importanza delle rispettive nomine. La festa, il calore del focolare, quel discorso; tutto sembra perfetto, come se quel momento sia sempre stato destinato ad accadere. Almeno, nel mio ruolo da Prefetto avrò sempre l'appoggio di Draven, per cui non ho niente di cui preoccuparmi. Prendo un secondo sorso di burrobirra, consapevole del fatto che non la finirò mai.

« Sicuro. Per ora mi sento una strafiga, e va bene così. » ammetto in un'espressione un po' sorniona, di chi si poteva permettere il momento di gloria.
Ed è vero. Tuttavia, spero al tempo stesso di non ricevere eccessive attenzioni. Per quanto possa farmi piacere, non voglio ritrovarmi in altre situazioni imbarazzanti come quella di oggi. Mi ha fatto piacere la festa a sorpresa, certo, e il fatto che tutti quegli studenti mi vedano come un punto di riferimento - quasi al pari di Draven - mi riempie di orgoglio. Ma la mia ansia sociale mi impedisce di godere appieno di quella situazione, perché non so proprio come comportarmi.
Da un lato, spero che lui non se ne vada. Altrimenti, come avrei fatto?! Ma di certo non posso impedirgli di andare via, a fare le sue cose com'è giusto che sia.
È per le sue parole che percepisco un brivido di terrore salirmi lungo la schiena, al pensiero di fare - praticamente - da babysitter. Sospiro teatralmente, passando una mano sulla fronte sotto i ricci in un'espressione un po' esasperata.

« Cosa mi toccherà sopportare? » domando più a me stessa che a lui, lasciando poi stendere le labbra in un sorriso complice.
È bello stare semplicemente così, a parlottare in maniera leggera. Non ricordo l'ultima volta che è successo, con lui. Forse è perché solitamente ci incontriamo solo di primo mattino, sotto la finestra al tavolo dei serpini nella sala grande, quando nessuno dei due ha chissà quale voglia di parlare. Insomma, con le facce di chi ha bisogno solo di ritornare a dormire. O, almeno nel mio caso, di litri di caffè.
Draven si alza e, in un'ultima raccomandazione, mi rivolge un nuovo sorriso, cui rispondo con uno sguardo fugace.

« Faccio del mio meglio, Caposcuola. » il mio tono di voce sicuramente tradisce le parole, ma non me ne curo. « E grazie. » dico spontaneamente, quando con un nuovo, lungo sorso di burrobirra mentre lo osservo andare via, mi volto nuovamente verso le fiamme del focolare.
Il loro calore mi scalda il cuore e mi sento, per la prima volta, fiera di me stessa. Con uno scopo, con un motivo per alzarmi di buon umore la mattina. Ci riuscirò? Può essere. Che le cose abbiano preso la piega giusta? Questo non posso saperlo.
Mi alzo infine, per allontanarmi dalla sensazione di comfort in cui quel camino e quella conversazione mi hanno abbracciato. E così prendo coraggio, avanzando verso l'animo della festa, verso nuove esperienze; verso la versione migliore di me stessa che posso creare.

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