coordinate sconosciute
Un vorticare forzato cancella il Cairo dalle tue iridi. Il calore impresso nelle palpebre muta quando ancora serri fortemente gli occhi. Al tuo fianco, la mano nella tua, c'è ancora John. L'unico ricordo del deserto e del tepore - a tratti soffocante - sono i granelli di sabbia incastrati tra le volute strette di stoffa. La pioggia dev'essere appena passata laddove tu poggi i piedi, la terra è morbida, ma il legno posato su di essa regge l'esile peso di cui sono cariche le tue ossa.
Sul tuo volto piovono lente e minuscole gocce d'acqua, filtrate dalle larghe maglie di una veranda in legno. L'umidità regna sovrana, ma non è la stessa che hai percepito sotto pelle in quella caverna, laddove la reliquia dei Gordon risiedeva in attesa.
Ora il bastone degli Dei giace placido nella borsa. Ora puoi aprire gli occhi e vedere. Sei in piedi, un velo di nausea ti investe - avete compiuto un salto considerevole - hai percepito nel trasporto lo sfondamento di una barriera magica.
Benché tu abbia studiato la giungla ed i panorami pluviale, quella che vi circonda ha un'aspetto rigoglioso e spettrale. Le foglie delle piante sono larghe, forate, scure. Il cielo è plumbeo, immobile, ed il fiume che scorre sotto questa villa costruita come una palafitta, è immoto. Reagisce come reagirebbe uno specchio alla caduta di una pioggia incessante.
Dumas non è più con voi, John non ti rivolge parola, tiene salda quella stretta che tu hai caricato, ma guarda davanti a sé.
Difatti, di fronte a voi la porta di casa è aperta. L'interno è scuro, qualche lume fluttua distratto qui e lì. Permea la magia fin nelle fondamenta, che si reggono da anni grazie ad essa. Entrando puoi vedere come la prima stanza sia un soggiorno, ampio, con due ampie finestre a coprire tutto il profilo della stanza. Accanto ad una di esse, un uomo a malapena illuminato da una fiammella fluttuante.
Ad attirare la tua attenzione - forse - una teca vuota, che percorre in lungo la larghezza della seconda finestra in salone. Sembra un terrario grande abbastanza per contenere un uomo grande come John.
«Emily» il suo tono è caldo, dolce, accorato. Quasi sollevato dall'averti finalmente vista.
«... cielo, non credevo ti avrei mai vista in carne ed ossa» ed è credibile nel suo avvicinarsi a te, docile. Il suo è un volto modesto, appartiene ad un uomo sulla quarantina di cui certo non hai memoria. Accoglie in casa - con un cenno che vi faccia avvicinare perché la porta sappia chiudersi da sola alle vostre spalle - sia te che John, ma sei tu il centro della sua totale attenzione.
Ti abbraccia,
se glielo consenti, stringendoti a te se per un respiro più lungo del dovuto.
«Perdona la segretezza, ma avrai capito che queste faccende "Gordon" sono più complicate di quanto sembrino»Agita piano la bacchetta, sul piccolo tavolo da quattro posti in salone, accanto ad una delle due finestre, compaiono alcuni muffin, e due bollitori da teiera, con corredo da tè e biscotti secchi. John ti resta vicino, ancora in piedi, sembra che abbia tutt'altro a cui pensare oltre la vostra presenza.
«Prego... sarete stanchi, immagino. Chi è il nostro altro ospite?» lo chiede a te, Coriolanus, in piedi accanto alla sua sedia.