Povero Luciano, hai perduto la consegnaaa~, "What ever happened to Baby Jane?"

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Edmund A. Knight
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«Sei un idiota! Sei, un, idiota! Già siamo messi male, ci mancava solo ti facessi togliere altri 5 punti! Lo sai che la McLinder non sopporta i ritardatari!»

«Te l'ho detto mi dispiace, non l'ho fatto apposta, vuoi andare avanti a rinfacciarmelo fino a stasera? Sì, mi sono perso...»

«No no, ma almeno dì la verità! Cosa serve che racconti balle, cosa vuoi esserti perso che è tre anni che sei qui!»

«E invece ti dico che mi sono perso, mi sono trovato in questo lunghissimo corridoio che non avevo mai visto, era lungo lungo, pieno di tende con la gente sopra, che parlava e si muoveva... Camminavo pure veloce perché era imbarazzante stare lì! Faccio una corsa assurda e invece di arrivare in aula, mi sono trovato nei sotterranei! Ho dovuto risalire su fino al terzo piano, sempre di corsa, ti rendi conto!»

«Cosa, cosa? Aspetta, cosa stai dicendo? Ma stai parlando del corridoio degli arazzi? Quello al primo piano? È al primo piano, non al terzo! È bellissimo quel posto, per me il corridoio più bello di tutta Hogwarts!»

«Sì, boh, forse, credo di sì... Sarà quello, ma che ne so! Ero al terzo piano comunque non al primo, cercavo l'aula di incantesimi e mi son trovato lì... Comunque a me faceva paura quel posto...»

«Strano... a me risulta sia al primo, vicino al viottolo d'ingresso del primo piano. Non so come ci sei finito. Ma comunque ci credo che sei arrivato ai sotterranei, da lì c’è una scorciatoia e si scende giù fin là, non lo sapevi? La uso sempre per andare a lezione di pozioni. Mi piace moltissimo quel posto, è pieno di magia! E tu sei proprio fuori di testa!»

«No, non lo sapevo, se lo sapevo secondo te lo prendevo?»

«Sei decisamente un idiota! Perso nel corridoio degli arazzi, Mah! Assurdo!»

In sala grande, sotto il cielo incantato e le sue candide nubi, e sotto il sole alto allo zenit nell'ora di mezzogiorno, due Corvonero del terzo anno erano impegnati in questa interessantissima discussione. Edmund non aveva moltissima fame quel giorno, era preoccupato per quel tema di storia fermo alla trecentocinquantasettesima riga; avrebbe dovuto consegnarlo l'indomani ma era giunto a un punto morto e non riusciva a proseguire.

*Maledizione!*

Stava quindi squartando senza remore, con un cucchiaio usato come un'accetta, del pudding che difficilmente sarebbe riuscito a essere condotto al palato nella forma consueta. Lo sguardo era basso, posato sul piatto che aveva di fronte, e la sua mente, in cerca di distrazioni che gli consentissero di non pensare assiduamente a quell'impellente problematica scolastica, elaborava input sensoriali degni di nota su cui convogliare le attenzioni del padroncino. La mano sinistra sorreggeva il viso del ragazzo, con pollice sotto il mento e l'indice steso in verticale, mentre la destra lavorava alacremente, le gambe invece oscillavano ritmicamente e alternativamente su e giù sui piedi saldamente ancorati sotto la panca; il cucchiaio infine pugnalava la pietanza, sottolineando col suono i segni di interpunzione dei discorsi di quei compagni di casa.

In un primo momento Edmund non concesse troppa attenzione ai discorsi di quei due adolescenti, erano infatti soliti passare interminabili minuti a beccarsi come un duo comico, lì come in sala comune. Tuttavia in quell'occasione, poco a poco, il loro dialogo iniziò a incuriosirlo. Non fu tanto il fatto che uno dei due si fosse perso il fatto curioso, né il fatto che non era ancora riuscito a capire cosa avesse visto il Cappello Parlante per collocarlo nella casa di Priscilla Corvonero. Fu piuttosto la descrizione della sala, di quella sala:

Il corridoio degli arazzi



Ovviamente non credeva a una sola parola del perdigiorno, credeva piuttosto alla descrizione del suo amico, quello che lo aveva definito il corridoio più bello di tutta Hogwarts; quando sentì descrivere quel corridoio come un luogo bellissimo, con arazzi abitati da personaggi mitici, sir Cayley, Madame Ashley, la dama iridata, la chimera cieca e molti molti altri… quando lo sentì etichettare come un luogo pieno di magia, dove si poteva andare per passare il tempo curiosando qua e là, scoprendo ogni volta qualcosa di nuovo, quando infine sentì dire che era una zona del castello decisamente da esplorare, decise all'istante che il massacro del pudding poteva anche terminare essendoci una missione importante da portare a termine.
In men che non si dica infilò la tracolla, balzò in piedi e si diresse a passo spedito verso l'uscita della sala grande: destinazione corridoio degli arazzi.

Giunto quasi alla fine del lungo corridoio centrale tra i tavoli delle case, vide Helena Whisperwind, una Tassorosso del primo anno, l'unica con cui avesse vagamente un rapporto di amicizia. Non dovette pensarci troppo per fiondarsi su di lei con l'intenzione di proporle quella missione esplorativa, di sicuro le sarebbe piaciuto andare a esplorare il corridoio degli arazzi.
Quando si trovò alle spalle della ragazzina che, a differenza sua, sembrava gradire il pudding delle cucine scolastiche, con due dito le bussò sulla spalla e attese si voltasse.
La ragazzina lo salutò col suo consueto tono solare, un misto a curiosità e stupore per quella visita inattesa. Si voltò e, appoggiando una gamba sulla panca per avere maggior stabilità, circondata dalle mani che avevano mollato le posate, salutò il coetaneo.

«Ciao Edmund, come va? Che ci fai qui?»

Il ragazzino rovesciò una valanga di parole sulla Tassorosso, l'entusiasmo e il desiderio di mettersi all'opera per quella missione sembravano aver il potere di accelerare il parlato.

«Ciao! Hai finito di mangiare? Devi venire, devi assolutamente venire, ho scoperto di un posto stupendo!»

La parlata era veloce ma il volume sempre basso, poco più di un sussurro, si guardò quindi intorno attento che nessuno ascoltasse.

«Il corridoio degli arazzi, hanno detto che è bellissimo, il posto più bello di tutta Hogwarts! Dai andiamo!»

«Ma Ed sto finendo di mangiare, non possiamo andare più tardi?»

«Mmmmh meglio di no, sarebbe meglio andare subito perché poi ci passa gente e non possiamo fare le esplorazioni con calma! Dai finisci quel coso, ti mancheranno meno di quattro minuti ti aspetto.»

Helena capì quanto fosse difficile far desistere il testardo Corvonero e decise infine di accogliere quella singolare proposta.

«Va bene, però lasciami almeno finire di mangiare. E poi mi aiuti con i compiti di difesa!»


Dopo circa 15/20 minuti i due si trovavano sulle scale che portavano al primo piano, Edmund si guardava sempre attorno cercando di ricordare i dettagli sentiti nella conversazione in sala grande.

«Dunque hanno detto che è vicino al viottolo d'ingresso, il leone, il gargoyle, sì ci siamo, però non vedo...»

«Ma sei sicuro che sia qua? Ci siamo passati un sacco di volte, non ho mai visto questo posto!»

«Sì sì, quello un po' ritardato continuava a dire che era al terzo piano ma l'altro, quello sveglio, ha detto che è qui.»

«Ehi! Aspetta! Quello cos'è?»

Disse Helena indicando la statua di un animale magico senza testa.

«Grande! Allora ci siamo, quello è Bill senza testa! Dicevano che forse è un Augurey ma a me non sembra molto! Comunque di qua, ci siamo!»

In men che non si dica i due si trovarono all'imbocco del corridoio degli arazzi.






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Edited by Edmund Knight - 29/8/2022, 22:53
 
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Quello che si presentò dinanzi ai loro occhi sarebbe benissimo potuto essere un corridoio del Louvre, degli Uffizi, o della National Gallery di Londra.
Arazzi di ogni forma, dimensione e colore, e persino qualche quadro, adornavano in modo inconsueto le alte pareti di pietra. Tende e cornici di legni dorati e intarsiati impreziosivano alcune delle tele, arricchendo di dettagli, a volte anche in modo eccessivo, immagini già molto cariche e piene. Qualche scultura si intravedeva in lontananza, in una commistione di stili, materiali e generi, che tutto sommato nell’insieme avevano la capacità di creare un universo artistico insolito ma in qualche assurdo modo, armonioso.
Helena non capì a primo impatto se quel posto le piacesse o meno, ma ad ogni passo che faceva in quel luogo così magico e bizzarro, il caos aumentava e, in modo direttamente proporzionale, anche la sensazione che fosse sempre più accogliente e piacevole.
Edmund, dal suo canto, poté finalmente capire a cosa si riferivano i due studenti quando avevano affermato che il corridoio incutesse timore a l’uno e che fosse uno dei più belli della scuola per l’altro.
Uno dei segni distintivi di Hogwarts, persino in quel luogo museale (a parte il caos, pareti e pavimenti di pietra), era ovviamente l’illuminazione. Che, come al solito alla scuola di magia e stregoneria britannica, era inspiegabilmente lesinata. Tempi duri per i fabbricanti di candele? Costi troppo alti della cera o penuria di fibre tessili per gli stoppini? Difficile a dirsi.
«Non capisco il senso di tenere tutte queste opere al buio! È un vero peccato!»
«Già. Se ci fosse un po’ più di luce verrei volentieri qui a leggere, sicuramente si sta meglio che in biblioteca visto non che c’è tutta quella confusione che c’è là! »
«Ma tu pensi sempre a studiare?»
«Non sempre».
Il Corvonero arrossì e come diversivo si accostò ad un piccolo arazzo in cui erano raffigurate una bambina seduta su una poltrona così grossa che pareva volerla inghiottire da un momento all’altro, un cagnolino straordinariamente longilineo e una bambola, straordinariamente inquietante.
«Hel, guarda questo! Non sembra magico, ma allo stesso tempo sembra che ci osservi» disse mentre con quel suo modo di fare talvolta bizzarro provava a muovere le dita avanti e indietro davanti agli occhi di quelle figure per vedere se seguissero il movimento della sua mano, in una sorta di improvvisato test neurologico.
«Con tutto il rispetto per l’artista, ma…» anche Helena si avvicinò ancora per osservare da vicino le figure «questa bambola è un po’... raccapricciante, direi.»
Si allontanò di qualche passo, finché non venne bloccata dalla domanda dell’amico.
«Hai sentito l'ultima?»
«No, che è successo?»
«Ma come? Non hai saputo? Il professor Cravenmoore ha costruito una bambola per la sua fidanzata (?) e mentre andava a portargliela gli è caduta, è andata in pezzi e…» soffocò una risata «Pix come al solito è arrivato nel momento sbagliato al posto sbagliato e ora i pezzi sono andati perduti! Pensa, il prof ha pure chiesto l’aiuto degli studenti per trovarli!»
«Oh…»
Hel sgranò gli occhi, riflettendo sul fatto che addirittura un mago adulto e così abile potesse domandare aiuto a dei maghetti in erba.
«Ma aspetta… il prof Cravenmoore ha una fidanzata? Ma chi è? Ah, quando lo scoprirà Sam! Penso che potrebbe rinchiudersi in stanza a piangere per una settimana intera!»
Probabilmente questa notizia avrebbe spezzato il cuore a parecchie studentesse, oltre che alla concasata del sesto anno. La fama da professore intrigante e piacente lo precedeva da sempre.
Il corvetto aggrottò le sopracciglia e scosse il capo. Non aveva la minima idea di chi fosse Sam né, in realtà, poteva interessargli di meno.
«Ma che ne so io chi è la sua fidanzata… ma poi, ma ti sembra regalarle una bambola? Cosa crede, che giochi ancora con le bambole come le bambine?!»
«Che ne sai, magari lei le colleziona! Pensa che tristezza però averla persa così, tanto sforzo per plasmarla e poi… puff!»
Lui ci rifletté un attimo, mentre lei sospirò immaginando quanto potesse essere triste il francese per aver perso un oggetto che aveva costruito con tanto amore.
«Sì, forse… ma quindi… ma se ti regalassero una bambola, a te piacerebbe?»
«Beh, insomma.» Gli angoli delle sue labbra si alzarono portando in alto le guance lentigginose. «Però sicuramente è triste perdere un qualcosa a cui tieni, a prescindere da cosa sia»
Aggiunse, con una nota di malinconia.
«Già, peccato per lui! Vabbè la troverà…»
«Io penso che dovremmo aiutarlo!»
«Noi? Perché proprio noi?»
«Perché ha chiesto aiuto e noi possiamo dargli una mano a cercarla…»
«Ma va, secondo me è un trabocchetto! Come vuoi che facciamo a trovare i pezzi di quella bambola qui ad Hogwarts? Ti rendi conto che questo posto è enorme? E’ grande almeno tre volte il Ministero della Magia! Secondo me vuole vedere chi è così stupido da mettersi a cercarla! Quello basta che muova la sua bacchetta e dica “accio bambola rotta” e ha risolto, i pezzi gli piovono addosso, noi come vuoi che facciamo? Gli incantesimi di appello si fanno al terzo anno e tu sei solo al primo!»
«Beh anche tu sei al primo se è per questo! E comunque secondo me sei tu che sei paranoico! Se ha chiesto aiuto significa che facendo “accio bambola rotta” come dici tu non ha funzionato e ha bisogno di qualcuno che cerchi qua e là per lui, magari Pix ha incastrato i pezzi da qualche parte e questi non partono quando li chiama!»
«Mah, forse… ma solo perché non è abbastanza potente! Mio padre dice che una volta Silente…»
«Sì sì lo so Ed, me l’hai già detto, che ha richiamato il suo sacchetto di caramelle che si era dimenticato in America»
Edmund tacque, ritornando come sempre nei meandri dei suoi pensieri; Helena quindi provò a incoraggiarlo nuovamente per vedere se fosse riuscita a superare le resistenze del Corvonero.
«Eddai, da qualche parte questa bambola dovrà pur essere! E perché non qui, da queste parti… magari dietro qualche cornice!»
Si accostò al muro di pietra davanti a sé e tastò con entrambe le mani i bordi del telaio di un grosso arazzo raffigurante una sorta di corsa campestre. Un contadino sullo sfondo brandì il suo forcone a quattro rebbi con fare minaccioso e la tassina si spostò con una smorfia di disappunto.

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Edmund A. Knight
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Agli occhi di Edmund il tempo che avrebbero speso a cercare i rimasugli della bambola avrebbe potuto essere impiegato molto più saggiamente nell'apprendimento degli incantesimi di appello: in quel modo avrebbero non soltanto risolto il problema della bambola del professore, ma anche appreso un argomento fondamentale nella loro futura educazione, e con esso risolto molti problemi futuri.
Eppure, anche quella estemporanea ricerca poteva avere un risvolto positivo. Di certo non avrebbero mai potuto trovare alcunché come credeva Helena ma, se Edmund avesse acconsentito ad aggregarsi alla ricerca della bambola, perlomeno sarebbero rimasti per un bel po' ad esplorare quel meraviglioso corridoio! E in quel momento non desiderava altro che scandagliare ogni pollice quadrato di quella splendida galleria stipata di quadri, arazzi e sculture.

Da quando era entrato in quel lungo corridoio, mentre ragguagliava Helena sulla storia della bambola, come pure mentre ipotizzava le scarse capacità in materia di incantesimo "Accio" del professor Cravenmoore, Edmund non aveva mai smesso di guardarsi attorno, estasiato da quel fitto via vai di mantelli e vestiti, volti di uomini e creature. Helena gli sembrò guardarsi intorno un po’ perplessa, forse non apprezzava moltissimo l’estetica di quell’ambiente, ma lui dovette convenire col suo compagno Corvonero: era semplicemente favoloso!

«Ahaha vedi a mettere il naso negli affari dei contadini cosa succede!»

disse ironico quando vide la Tassorosso indietreggiare davanti a un contadino che le brandiva contro un forcone.

«Eh va bene dai, cerchiamo questi pezzi, chissà... Magari scoviamo il nascondiglio segreto di Pix!»

La Tassorosso prese molto sul serio quel compito: spostava tende, sollevava cornici, scuoteva arazzi, il tutto alla ricerca dei cocci di baby Jane nascosti da Pix; Edmund, da parte sua, pareva voler imitare i gesti dell'amica, ma sembrava più che altro interessato alle figure sugli arazzi rispetto a quello che nascondevano dietro di essi, nella maggior parte dei casi ragnatele, insetti e polvere!

«Hel Hel, corri! Guarda ci sono due maghi africani che evocano gli spiriti della foresta con delle bacchette enormi!»

E poco dopo:

«Hel Hel, vieni! Hai visto là, c'è un drago? Cosa pensi che sia? Secondo me è un Grugnocorto svedese... O forse no... Wow, guarda come sputa fuoco!»

La ragazzina si voltò per guardare il drago ma era troppo impegnata dietro un arazzo alto quasi tutta la parete.

«E che ne so io? Potresti aiutarmi con questo coso enorme?»

Edmund la raggiunse e la aiutò a sollevare l'arazzo, sbirciò dietro di esso dove Helena stava rovistando e poi tornò a osservare gli unicorni sulla parte anteriore.

«Oh ma anche tu hai incontrato un sacco di streghe senza un occhio? Guarda là, quella tribù, mi fanno un po' senso...»

I due continuarono le ricerche per circa una decina di minuti scambiandosi di tanto in tanto qualche commento.

«Wow, che bello questo posto, potremmo venire qui dopo a fare difesa, ci portiamo via un banco e ci mettiamo qua, magari portiamo anche qualche candela in più… Sai che forte…!»

«Ed, potresti almeno fare finta di cercare? Guarda che si vede che stai facendo l'inventario dei personaggi invece che cercare la bambola!»

All'amichevole rimprovero di Helena Edmund sorrise in modo un po' colpevole e subito si mise ad alzare quadri come non avesse mai smesso per dimostrare che anche lui stava facendo qualcosa.

«Guarda che io sto cercando, secondo te se non stessi cercando come avrei fatto a vedere tutte le cose che ti ho detto?!»

Probabilmente Helena si doveva essere immaginata che Edmund non stava dedicando più del 10% delle proprie facoltà mentali alla ricerca della bambola, e non si sarebbe sbagliata di molto. D'altra parte il Corvonero non poteva resistere alla tentazione di indagare sulle decine e decine di figure che abitavano quegli elaboratissimi arazzi; alla bambola ci avrebbe pensato in seguito, magari avrebbe provato a fare l'incantesimo di appello... Chissà, forse con lui avrebbe funzionato… Anzi, sicuramente con lui avrebbe funzionato!
L’operoso andirivieni degli abitanti degli arazzi si rifletteva nell'incessante trotterellare avanti e indietro del ragazzino che assecondava intuizioni e suggestioni accompagnato da una spumeggiante fiamma blu che doveva aiutarlo a vedere meglio. In quella sua ispezione incontrò moltissimi personaggi a suo dire "interessanti". Ci fu un tale che voleva vendergli sua moglie se Edmund gli avesse portato cinque barili di burrobirra dei "Tre Manici di scopa", un mago col naso adunco che gli presentò il suo Kneazle in grado di prevedere le eclissi lunari, due streghe che chiesero a Edmund di aprire un buco nella parete cosicché potessero uscire, un mago e una strega che facevano acrobazie con le bacchette, due Demiguise che passeggiavano rubando frutta qua e là... Assistette perfino a un duello con la spada, a una lotta tra una chimera e un altro animale pericolosissimo di cui non conosceva la specie, e infine nell'ultimo arazzo, alle magie più straordinarie: una strega incantava il cielo sopra di lei, rendendolo di ogni colore Edmund avesse provato a dirle, due maghi evocavano da un calderone colmo di un liquido azzurro creature magiche mai viste prima, e poi ancora giochi di luce, di colore, incantesimi esotici, pozioni cangianti... E poi c'era lei.
Tra due arazzi vi era un quadro e dietro a un gregge di Mooncalf intenti a danzare al chiaro di luna, una donna si sbracciava in modo eccessivamente vistoso.

«Monsieur la tête, monsieur, monsieur..! Attenscion la lettrisce! Là-bas, la lettrisce!»

Edmund la osservò per un intervallo di tempo imprecisato cercando di capire se si stesse rivolgendo a lui e cosa diavolo stesse blaterando. Si voltò e guardò nella direzione indicata dagli occhi della dama aspettandosi di vedere qualche altro bizzarro ritratto ma non vide nient'altro che Helena intenta a rimontare una cornice che aveva staccato.

«Monsieur, la lettrisce, la tête!»

Edmund con sguardo quantomai perplesso e titubante la fissò, spostandosi pure leggermente di lato come a voler intravedere meglio sguardi e gesti; in risposta a quel marcato accento francese il ragazzino risposte col suo solito accento londinese:

«Pàrdon m'dame?!»

Quella, incurante della calma britannica di Edmund, si sbracciò ancora più forte continuando con la sua filastrocca:

«Attenscion la tête, la tessta! Dico pour vous! La lettrisce, ah mon Dieu de la France, ma lettrisce preferita! Monsieur...»

Finalmente Edmund capì che, per qualche motivo che a lui sfuggiva, quella donna ce l'aveva con Helena, probabilmente era un'anziana che aveva perso il senno e rivedeva in Helena una qualche figlia o nipote... Senza dubbio si riferiva a lei, diceva due parole e poi di nuovo guardava proprio verso di Helena chiamandola "la lettrisce".
Edmund le indicò quindi la ragazzina, sottolineando con l'indice ogni singola parola.

«Quella? Lei... intendere... quella? Lei.. capire... mia lingua?»

Chissà cosa capì quella donna, sta di fatto che annuì contentissima.

«Oui oui quella! Io capisco bien, oui oui! Quella è mia lettrisce! Ma lettrisce preferée!»

Edmund sospirò e si incamminò verso il fondo del corridoio dove Helena stava conducendo le sue ricerche; al sentire i passi di Edmund fu lei la prima a parlare, non smettendo di guardare dietro a un arazzo.

«Novità? Cos'era tutto quel baccano?»

Edmund le picchiettò con l'indice della spalla sulla destra e attese che l'amica si voltasse. Quando Helena voltò lo sguardo, l'indice si richiuse e il pollice fuoriuscì dal palmo della mano e con esso indicò una direzione imprecisata dietro di sé.

«Meglio se vieni, c'è una svitata che si è fissata con te, dice che sei la sua lettrrrisce

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Helena S. Whisperwind
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«La sua “lettrisce”? Ma certo!»
La giovane strega lasciò d’improvviso il supporto di legno dell’arazzo che teneva alzato con entrambe le mani e questo andò a sbattere sul muro con forza. I bisonti all’interno grugnirono rabbiosi e si sparpagliarono nel recinto in modo disordinato, mentre l’allevatore, ancora più iracondo, apostrofò Helena con ogni genere di epiteto che la pubblica decenza non permette di ripetere in queste righe.
Era almeno la seconda volta in cui la tassina veniva vilipesa nel giro di poche ore, ma a lei questo non importava -piuttosto poteva sentirsi in dispiacere per aver dato fastidio a qualcuno- perché era sicura che a breve avrebbe ricevuto una bella sorpresa.
E infatti.
Quando raggiunse l’area indicata dall’amico, la sua attenzione venne catturata da due braccia pallide che si agitavano dietro un gruppo di Mooncalf danzanti. Un grosso cappello piumato sormontava un’importante acconciatura e per Helena non ci fu alcun dubbio.
Era lei: la donna con cui aveva condiviso settimane di letture di ogni genere e che poi era misteriosamente sparita senza lasciare tracce ().
«Oh, ero sicura fosse lei, madame!»
Nonostante le due avessero passato insieme parecchio tempo, non si erano mai scambiate i rispettivi nomi; in ogni caso per Helena fu un vero piacere rivedere quella donna per la quale, in qualche modo, aveva iniziato a provare una sorta di affetto.
«Ed, lei è un'amica che non vedevo da tanto!»
Introdusse la donna al corvetto e questa, alla parola amica, si illuminò in viso ed esplose in un sorriso gongolante, lusingata dall'essere stata definita così da una persona in carne ed ossa «Oui, oui» confermò dondolandosi sulle punte come una bambina, sbattendo le palpebre con dolcezza e passandosi una gracile mano sul collo.
«Quanto tempo! Pensavo fosse andata via da Hogwarts! Come mai qui al primo piano?»
Dalla prima fino all'ultima volta in cui si erano incontrate, la dama non si era mai spostata dalla sua cornicetta di legno grezzo a quinto piano, per qualche ragione sconosciuta. Vederla addirittura in un piano diverso fu quindi altro motivo di stupore.
«Oh, non! Io sono qui perché al quinto piano c'era un homme, Janni... Io non so, qui le uominis sono trop esplicit!»
La Tassorosso piegò il capo di lato, in silenzio, con sguardo fisso sulla donna. Voleva assolutamente saperne di più ma le concesse i suoi tempi per spiegarsi.
«Un homme italiano, je crois, un certo Janni Casanovæ, mi offre pize, fririellis e sa saucisse»
Helena spalancò gli occhi, lanciò uno sguardo al compagno di avventure e si coprì la bocca con la mano, concentrandosi con estremo sforzo a non ridere.
«In... in che senso…?»
«Ah, ma la pizza con salsiccia e friarielli?»
«Lui vuole moi nel suo quadrrrho, vole che mangio tutte cose che cuscina. Non, jamais!»
Una sonora pernacchia diede il via ad una risata che Edmund non riuscì a trattenere. Hel si voltò di scatto e gli lanciò una finta occhiataccia che si trasformò ben presto in un espressione ridente, senza però produrre alcun suono. Quando tornò ad osservare la dama, la sua espressione era tornata ad essere quanto più neutra possibile.
«Ma lui sicuramente vuole essere gentile! Perché non assaggia qualcosa?»
Pensò alla cucina italiana, a quando aveva assaggiato quelle prelibatezze proprio a Napoli, la città della pizza. Considerando che l’entusiasmo di Edmund non le aveva nemmeno permesso di terminare il suo pranzo, quasi quasi un pezzo di pizza l’avrebbe preso lei molto volentieri. E sì, persino all’ananas.
«Jamais! Poi il vestito, non!»
«Che è successo al vestito?»
«Non entro, io scopio! Mon ventre explose! Boom!»
Hel osservò il corsetto strettissimo attorno alla vita di lei e capì che effettivamente anche un solo acino d’uva sarebbe stato assai rischioso e avrebbe potuto farlo esplodere, stretto com’era.
«Ma le problème è altro. Sono caduta dalla casserole dans le bracie!» si portò una mano alla fronte, con espressione degna di una stella del cinema espressionista degli anni venti.
«Pix! Qui gira sempre, tira ogetti, cose, pezzi, sur les têtes, alle spalle, in viso! È un typo violent, fa sempre spaventare moi!»
«Ha detto Pix?!»
«Pix, oui, le diable!»
Helena si illuminò in viso e rivolse un’occhiata eloquente al Corvonero. Era un'occhiata ottimista in stile “possiamo farcela”, piuttosto che una da “te l’avevo detto”. Erano più vicini alla bambola di quanto avevano ipotizzato all’inizio.
«So che la mia domanda potrebbe sembrarle assurda ma… per caso le è sembrato di notare che cosa fossero quei pezzi che lancia le diable
«Ad esempio, dei pezzi di una bambola…?»
La dama si immobilizzò per qualche secondo che riempì di sconcerto e preoccupazione i due primini. Panico.
All'improvviso, poi, riprese a muoversi con un "ooh" di sottofondo da parte di entrambi.
«Oui. De tout, de tout, ha lanciato qualonque chose, et maintenant tiene uno pezzo che sembra come un oreille!»
«Scusi, non ho capito…»
«Une oreille! Oriechio! Orechio?!» fece roteare le iridi chiare e indicò i lati della sua testa, quasi spazientita.
«Un orecchio?»
«Sì, un orecchio!»
«Hel, ma non pensi che…?»
Una folata di vento improvvisamente lo bloccò.

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Edmund non ebbe neppure il tempo di terminare la frase, dopo aver visto per una frazione di secondo i capelli di Helena sollevarsi inspiegabilmente in aria, sentì su di sé una spinta fortissima, perse l'equilibrio e cadde. Finì quindi col sedere a terra, scaraventato qualche piede più in là rispetto a dove si trovava.

«Ohi che male! Ma cosa è stato? Hel, tu...?»

Stava per chiedere all'amica come stesse ma si rese conto che quella insolita folata di vento sembrava aver colpito solo lui, Helena era ancora in piedi e ora pareva a stento trattenere il riso nel vedere Edmund col fondoschiena dolorante e con il maglione rigirato in su fino a sopra i capelli.

«Dai dai, tirati su! Ti sei fatto male?»

Gli porse una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi.

«Oh mon Dieu, avete visto, il diable! È arrivé il diable, c'est lui! C'est lui! Scappate, les enfants!»

Edmund che ancora stava cercando di mettere a fuoco cosa fosse successo, si scrollò la polvere di dosso, si sistemò il maglioncino, e ricacciando i ricci ribelli sopra la fronte si guardò attorno.

«No no, solo una botta! Ma cosa diavolo è stato? Ehi, guarda quella fifona, è scappata nell'altro quadro!»

«Vabbè Ed dai, lasciala stare, avrà avuto un po' di paura, povera, dopo averti visto cadere così...»

Helena cercò la donna con lo sguardo soffocando una seconda risata.

«Ma cosa pensi che sia stato?»

Non ci fu bisogno di attendere oltre per la risposta, un omino con un coloratissimo cappello che aleggiava proprio sopra la testa di Edmund divenne improvvisamente visibile, e ciò che la francese aveva cercato di dire divenne chiaro anche ai due studenti:

«Ahahahaha
Guarda guarda, la ragazzina stupidina
Che cerca la bambolina
E il suo amico Colombonero
Che è caduto come un pero!»


«Ma è Pix!»

«Sì, Pix!»

«Ahahahaha
Guarda guarda i due bambini
ora Pix gli rompe tutti i dentini!
Tante cose dovreste cercare
intanto Pix con l'amichetta del prof va a festeggiare!
Hahahah
Pix è troppo bravooooo, uuuuhhhh»


E di nuovo il maglione di Edmund tornò a sollevarsi fino a coprirgli il viso, stavolta seguito a stretto giro dai lunghi capelli di Helena che subirono la medesima sorte.

«Stai fermo, brutto!»

«Pix smettila, mi fai male!»

«Ahahaha
Che bravo Piiiiix!
Ecco coperti i visetti e gli occhietti
dei curiosi mocciosetti!»


I due ragazzini rimasero sconcertati, nessuno dei due sembrava volersi muovere per primo per paura delle reazioni incontrollate del poltergeist; Edmund era spaventato e allo stesso tempo incuriosito: ora che Pix aveva deciso di rendersi visibile era decisamente un essere curioso; tuttavia lo studiava con cautela e circospezione lanciandogli occhiate a intermittenza onde evitare che quegli si sentisse troppo osservato e scatenasse di nuovo la sua furia sulle due povere vittime. Di tanto in tanto guardava Helena per cercare di capire se l'amica avesse idea di cosa avrebbero potuto fare e guardava poi in direzione delle estremità del corridoio chiedendosi se qualcuno li avrebbe salvati.
Pix si diresse al quadro dove la dama francese era rintanata dietro a un enorme ippopotamo e iniziò a sbeffeggiarla facendo linguacce e altri versacci; Edmund però non riuscì a trattenere il principio di una risata e questo suono lo tradì, dato che Pix si stava per dirigere di nuovo su di lui.
Spontaneamente però Edmund lo precedette.

«Ehi! Ma quindi tu sei il famoso Pix? Sei il poltergeist che il custode non sopporta e il colpevole di aver rubato i pezzi della bambola del professor Cravenmoore? Sei un... un... Una peste! Un diavolo!»

Le parole di Edmund non avrebbero potuto essere fraintese più clamorosamente: il Corvonero aveva parlato con l'intenzione di intimidire la creatura magica mettendolo davanti alle proprie responsabilità, Pix invece non lesse alcun tono di rimprovero nelle parole del ragazzino, anzi pensò che il bambinetto stesse declamando le sue gesta affinché chiunque potesse sapere quanto era in gamba, quanto era sveglio e capace nel combinarne di tutti i colori. Quanto all'ultima affermazione, beh essere definito una peste era uno straordinario complimento! Pix si fiondò su Edmund, gli prese la mano e cominciò a scuoterla con incredibile veemenza su e giù. Avendo infatti immaginato Edmund volesse congratularsi con lui, anziché aspettare il Corvonero gli prendesse la mano per stringerla come si usa fare, ci pensò lui. Peccato per lui che la povera mano ogni volta era portata su trenta pollici sopra la testa e giù fino alle ginocchia e poi di nuovo su e poi di nuovo giù.

«Siiiii, sono iooo! Proprio iooo!
Ma che bravo che è Piiiiix!
Dillo stupidino, avanti mi piace sentirlo dire:
"Viva viva il grande Piiix,
Di scherzi e dispetti il re dei miiix!"
Ripetilo anche tu daiii, muovi quella boccuccia!
Viva viva...?»


Edmund stava per replicare che non era propriamente d'accordo ma la voce di Helena sorprendentemente si sovrappose a quella del poltergeist, mentre la ragazza si avvicinava ai due:

«“il grande Pix...."»

«Uuuuh brava l'amichetta del Colombonero,
dai ripeti anche tu mocciosetto.
Se ripeti la poesia,
Pix ti da una pacca sul culetto!»


Edmund lanciò uno sguardo fulminante alla Tassorosso chiedendosi in cuor suo in che razza di situazione si fossero cacciati; lei rispose facendo le spallucce con un'espressione al contempo un po' divertita, un po' disgustata, un po' sconcertata.
Deciso a dare una svolta alla situazione, Edmund si erse in tutta la sua altezza e non seppe nemmeno lui dove trovò il coraggio di parlare in quel modo:

«Forse dopo lo dico! Prima mi rispondi! È vero che sei andato via coi pezzi della bambola? Sei stato tu? Ed è vero che avevi pure un orecchio? E dove lo hai messo? Pestifero!»

«Uuuuh senti senti il colombino
Che linguetta da professorino!
Certooo che è stato Piiiiix! Vedi qualcuno in questa scuola puzzolente bravo quanto Pix a fare scherzetti divertenti
ai maghetti mai contenti?!
Quando vede qualcuno triste o imbronciato
con me è divertimento assicurato!
Il professore pulisci cacche è sempre pensieroso
almeno cerca la bambolina come un bambinetto curioso ahhahah
Dillo dillo, quanto è bravo Pix!
ahahah tanti pezzi il professore deve cercare,
Pix li ha buttati dappertuttto, chissà dove sono, questo Pix non ricordare!»


Helena si teneva una mano davanti al viso per non scoppiare a ridere, Edmund al contrario era furente, aveva la fronte aggrottata e, se avesse potuto, avrebbe preso Pix per il bavero e l'avrebbe appeso al muro. D'altra parte, se c'era qualcosa che non sopportava era che quello, anziché scusarsi, si vantava delle sue malefatte. E come ciliegina sulla torta di punto in bianco sventolò l'orecchio della bambola davanti agli occhi increduli dei due primini.

«Solo questo mi son tenuto,
per scuoterla davanti alla faccia di quel pennuto!»


Fatto ciò svolazzò via e si mise a lanciare dei sassolini a quel gruppo di streghe senza un occhio che poco prima Edmund aveva visto su un arazzo un po' più in là da loro.

Edmund sapeva benissimo che per uscire vivo da lì avrebbe dovuto far buon viso a cattivo gioco ed era lì lì per scoppiare: in quel momento avrebbe solo voluto ammazzare quel poltergeist, mentre Helena invece voleva quell’orecchio e per lei il resto pareva secondario.

«Ed, dobbiamo recuperarlo. Assolutamente! Come possiamo fare?»

«Ma sei pazza! Come vuoi fare con quello? Non vedi che non ragiona! Mamma mia come vorrei prendere qualcosa con un incantesimo e poi spaccarglielo in testa!»

«Ed, ma cosa dici? Spaccarglielo in testa?»

«Sì è vero, non penso si possa con un poltergeist.»

«Ma non dicevo per quello, lascia stare... Dai sembra che ti ascolti, prova a convincerlo, ma per la barba di Merlino, devi...»

«Sì sì lo so cosa dovrei fare, solo che non mi sembrava il caso...»

Edmund si schiarì la voce e parlò affinché il poltergeist potesse di nuovo sentirli. Cercò di trovare tutta la calma possibile per quello che si prospettava un difficile esercizio di pazienza, oltre che una divertente prova di recitazione. Doveva provare a farsi dare almeno quell’orecchio. Forse il resto della bambola era perduto per sempre ma almeno l’orecchio avrebbero potuto portarlo al proprietario come un macabro trofeo.

«Ehm ehm... Scusa Pix! Prima ero emozionato dal nostro incontro e mi sono scordato di dirti che sei davvero bravo!»

Edmund con le mani accompagnava il suono della voce mentre Helena dal lato annuiva apparentemente soddisfatta di quell'interpretazione. Edmund continuò.

«Sei davvero geniale! Nessuno in tutta Hogwarts è tanto temuto...» *e grazie tante, a te i prof non fanno niente!* «come te e i tuoi scherzi! È un peccato davvero che ci sia qualcuno come il custode che non riesce ad apprezzare questa tua arte, ma noi sì che la apprezziamo, altroché se la apprezziamo, vero Helena?»

Quello che sarebbe dovuto essere un tranquillo pomeriggio di arte e cultura si trasformò in una caotica contrattazione tra i ragazzini e il poltergeist. Però, se sul fronte complimenti non c'erano problemi, ogni volta che Edmund provava a deviare il discorso sulla questione della restituzione dell'orecchio, le cose si facevano più complesse. Pix infatti non voleva saperne di restituire quell'orecchio, disse chiaro e tondo che non lo avrebbe dato a nessuno, ragazzini compresi.

Edmund dopo l'ultimo fallito tentativo guardò Helena con aria sconfortata e le sussurrò all'orecchio:

«Hel... non so più cosa dirgli, dopo avergli offerto 15 pacchetti di cioccorane, un volo su un Vipertooth peruviano, i denti di Salazar Serpeverde non so più cosa proporgli in cambio!»

«Ma dici che dobbiamo proprio proporgli qualcosa in cambio? Non possiamo convincerlo e basta?»

«Beh, di fare un gesto carino al tuo adorato professore non gliene può importare di meno e secondo me è impossibile convincere un poltreigest senza qualcosa in cambio, il problema è, cosa diavolo può interessare a una razza di poltergeist ribelle e dispettoso come questo qui?»

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Erano arrivati fin lì. A dispetto di ogni genere di previsione pessimista, erano riusciti persino ad individuare un pezzo della bambola, o almeno quello che pareva essere il suo orecchio.
Sempre se Pix non avesse già rubato altri pezzi di altre bambole e quella fosse effettivamente la tanto agognata del professor Cravenmoore. Non era un dettaglio da trascurare.
Dopotutto Pix era solito creare scompiglio e non era di certo la prima volta che "sottraeva" - per così dire - oggetti e beni di altre persone.
Quanta gioia avrebbe potuto provare il professore nel sapere che un pezzo della sua bambola era stato ritrovato, per poi scoprire subito dopo che non era suo? Sicuramente più che la gioia ci sarebbe stato un rumore di vetri infranti di sottofondo. Non che il suo cuore fosse di vetro, ovvio. Anzi aveva dimostrato proprio in quell'occasione che fosse fatto di carne come quello di chiunque altro.
Questi e altri pensieri frullavano nella testolina della dodicenne.
Mentre la dama continuava ad agitarsi, farfugliare qualsiasi cosa nella sua lingua natìa e spostarsi da un quadro ad un arazzo e viceversa, Hel si sedette a terra con le spalle poggiate alla parete. Aggrottava le sopracciglia in cerca di una soluzione mentre Edmund vagava senza una meta e Pix aveva ripreso ad infastidire un po' lui, un po' i maghi africani, un po' il guardiano del recinto dei bisonti.
«Io questo non lo sopporto più! Ma perché a incantesimi, invece che spiegarci come accendere la bacchetta, non ci insegnano come pietrificare quel coso?»
«Non sarebbe male in effetti, potremmo pietrificarlo e prendergli l'orecchio...»
«Esatto ma io non so come si fa a pietrificare un poltergeist, in teoria servirebbe un serpente. Nel libro "Storia di Hogwarts" dicono che secondo una leggenda nella scuola viveva un serpente che poteva pietrificare la gente, perché ora non viene qui?»
«Secondo me perché pietrificherebbe anche te!»
La risposta di Helena venne accompagnata da un mezzo sorriso un po' perplesso riguardo alle soluzioni così estreme di Edmund.
«Tu invece cosa gli faresti?»
«Io? Non saprei...» rifletté un attimo sulle possibili azioni che avrebbero potuto dar fastidio a Pix, ma in quel momento era talmente focalizzata su come poter ottenere quel maledetto orecchio che sparò la prima cosa che le passò per la mente: «Penso che lo vorrei... colorare!»
«Colorare?»
«Sì, colorare, tipo di rosso o giallo evidenziatore, visto che a lui piace diventare invisibile magari lo si può colorare per punizione!»
«Certo che siete proprio strani voi Tassorosso!»
«Senti chi parla! Comunque no, non gli farei mai del male. Non sembra così cattivo dopotutto»
«Ma quello non si può fare male, è un poltergeist! Comunque che bello essere un poltergeist, quando non ti va più puoi diventare invisibile e sparire! Sai che bello alla sera in sala comune, arrivano quei bulletti antipatici e tu *puff*, sparisci come adesso farà Pix con l'orecchio! O anche a lezione, White ti chiede cosa c'è nella pozione singhiozzante, tu non te lo ricordi e *puff* sparita Helena! Forte, vero?»
Hel rise, ma nel farlo riflettè un attimo sulla possibilità che Edmund potesse avere dei problemi con dei bulli, addirittura appartenenti alla sua casata. Quando aprì la bocca per chiedere ulteriori spiegazioni o cercare di capire come potesse aiutarlo, si ricordò che in verità al momento avevano altro di più urgente a cui pensare, perciò rimandò la discussione ad una situazione più consona.
«Ed, appunto che potrebbe sparire da un momento all'altro, dobbiamo sbrigarci finché è lì a divertirsi coi tuoi amici bisonti! Sennò addio orecchio!»
Bisognava assolutamente trovare una soluzione prima che il pezzo della bambola andasse perso per sempre.
Dopotutto se Pix era ancora lì nei paraggi a perdere tempo, un motivo c'era. Ed era il più ovvio del mondo: si stava divertendo a prendersi gioco di loro.
*A Pix piace divertirsi, a Pix piace prendere in giro le persone, dare fastidio e ridere degli altri*
Stando a quanto detto da Edmund, Pix non avrebbe mai regalato ai due quel pezzo di bambola, senza ottenere nulla in cambio. Sicuramente vero.
Ma allora?
*A Pix piace divertirsi, a Pix piace prendere in giro le persone, dare fastidio e ridere degli altri. A Pix piace...*
Ma certo!
Helena si alzò in piedi, con fare teatrale e un tono di voce molto più sonoro e molto più grave rispetto al suo solito, prese parola.
«Ehi, Pix!»
Piccola pausa, per far salire l'hype.
Braccia conserte, sguardo serio. Il tono così sicuro sorbì l'effetto opposto nell'amico Corvonero, che anziché ostentare un atteggiamento simile, parve ancora più titubante. Sia lui che la bizzarra creatura la raggiunsero in un batter d'occhio, il primo teso come una corda di violino, il secondo fingendo totale disinteresse.
«Ti farò un'offerta che non potrai rifiutare!»
Silenzio.
«Uuuh, ragazzina stupidina
vuole dire qualcosina...
Pix ascolta, parla, svelta!»

«Facciamo un patto: tu ora ci consegni quel pezzo della bambola del professor Cravenmoore e noi, prima di lasciare Hogwarts, saremo complici delle tue malefatte per un giorno!»
«Oh no, NON! S'il vous plaît! Vous êtes folli! FOLLI! Non, s’il vous plaît!»
«Ma Hel, CHE COS...???»
Il sorriso soddisfatto e la postura fiera di Helena non diedero alcun cenno di cedimento né di fronte agli sguardi carichi di incredulità e preoccupazione di Edmund, né alle lamentele della dama. Anzi, imperturbabile e paziente la ragazzina rimase in attesa di un riscontro dallo spiritello.
«Non, non, s’il…»
«Ci stai, Pix?»

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Edmund A. Knight
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Le dinamiche delle relazioni umane sono talvolta totalmente imprevedibili e, a quanto pare, anche quelle tra esseri umani e poltergeist non sembrano discostarsi poi molto dalle prime.
Se in un primo momento il sentimento provato da Edmund per Pix era di totale antipatia e fastidio, poco a poco la curiosità verso quell'esemplare così diverso da lui in tutto e per tutto si fece largo nella mente del ragazzino instillandogli domande e dubbi che mutarono quell'essere volante da "detestabile soggetto da stritolare" al rango di "interessante creatura da analizzare".
Eppure non era solo questione di curiosità. Dialogando con Pix, in quella forzata contrattazione in cui si era addentrato, si era reso conto che non poteva esserci ad Hogwarts un essere con un modo di ragionare più diverso dal suo e distante di quello, ma a modo suo, Pix mostrava una coerenza quasi ineccepibile. Ogni suo sillogismo era assurdo nel suo genere ma perfettamente coerente. Un po' questo, un po' infine quel modo di fare sempre furbescamente esagerato, finì per fargli nutrire in fin dei conti anche una discreta dose di simpatia verso il più famoso poltergeist britannico. Pix era come quel cugino che non vorresti mai venisse a trovarti perché ti devasta la casa ma, in fondo, quando viene, anche tu ti diverti come un pazzo. Edmund abituato per formazione e indole a una compostezza fin troppo severa vedeva in quel fantasmino colorato la sua totale antitesi, ne respirava la libertà e la spensieratezza e, non poté, un minimo, non rimanerne inebriato pure lui, suo malgrado.
In un primo momento guardò con gli occhi spalancati Helena, sconcertato e allibito, e per un bel po’ di tempo non riuscì a dire nulla se non a continuare a spostare lo sguardo dall’uno all’altra, credendola del tutto impazzita per dire una cosa del genere. Fu solo dopo l’ultima domanda formulata dalla ragazzina che Edmund comprese il suo fare teatrale; comprese quindi che quello dell'amica era tutto un gioco delle parti (forse?), decise pertanto che la cosa migliore sarebbe stato assecondarla. In fondo, rotto il ghiaccio nel primo round di contrattazione, a stuzzicare quel Pix stava cominciando a prenderci gusto.
Pix stava per replicare ma Edmund gli fece cenno con la destra di attendere e si intromise nel discorso.

«Ma che idea geniale Hel! Sarebbe davvero fantastico! Sai quante belle cose potremmo combinare insieme!
Purtroppo non credo che questo nostro nuovo amico voglia lavorare con noi... Mi sembra un tipo solitario... E poi non so se ci starebbe dietro, quando ci mettiamo a fare sul serio noi, tutti i bambini si tirano sempre indietro, no?»


Pix un po' offeso, un po' indispettito, si avvicinò al viso di Edmund e spernacchiò sonoramente costringendo il Corvonero a pulirsi il viso con la manica della divisa.

«Aahhaaa ragazzino stupidino!
Pix è il migliore non si tira indietro di fronte a niente, cosa credi?
Sei tu che hai paura e non saresti mai all'altezza di passare una giornata con questo bambino speciale col cappello colorato! No no Pix non ve lo meritate mocciosetti!»


e incrociò le braccia, fintamente arrabbiato.
Edmund fece l'occhiolino ad Helena soddisfatto, e rincarò la dose, approfittando del momento di mestizia dell'interlocutore.

«Dai dai Pix, adesso non fare il permaloso! Non devi vergognarti se hai paura di giocare con noi!»

La Tassorosso colse l'occasione per rinforzare la sua tesi in quella sorta di contro convincimento.

«Sì beh Pix, non ti devi preoccupare, io e Ed ci saremmo divertiti ma se non te la senti noi ti capiamo! Peccato Ed, sai quante ne avremmo potute combinare con l'aiuto di questo qui che vola...»

«Vabbè Hel, ci procureremo delle scope, che ti posso dire...»

«Ehiiiiiii bimbetti mocciosetti???
Cosa avete le orecchie coi tappettiiii?
Ti pare che Piiiix, il grande Piiiix si vergogna di qualche avventura,
siete voi stupidini che di collaborare con me non avete la statura!»


«Come non detto Hel! Andremo noi allora a sostituire i boccini negli spogliatoi con le albicocche che hai preso giù in cucina!»

«Sì sì Ed, questo non ci è proprio di aiuto, speriamo di farcela in due a riempire di caccabombe l'ufficio di Toobl, fa sempre troppo presto quando va a fumare, dovremmo cercare un terzo... Chissà se mai troveremo qualcuno!»

«Oh sì! E poi ti ricordi che dobbiamo salire con le scope su fino al bagno dei prefetti per riempirlo di detonatori abbindolanti! Con qualcuno che vola sarebbe stato più semplice...»

«Beh sì, ma Pix queste cose non le capisce... Dai andiamo Ed, è tardi.... Dobbiamo andare a vedere se quel nostro amico ci ha portato i due Occamy che volevamo sguinzagliare in sala grande!»

«Ma nooo! Ma non ti ricordi! Ha detto che sono due tuoni alati?»

«Oh già hai ragione! Ma non è che uno era un tuono alato e uno un drago?»

Probabilmente a un qualunque lettore ogni frase sembrerà esagerata e fuori misura, ma non per Pix che aveva seguito l'intero scambio di battute con gli occhi luccicanti come un bambino mentre gli si elencano tutti i giochi strabilianti che Babbo Natale gli avrebbe portato in dono. Attese la fine della lunga lista, e poi contentissimo si mise a saltellare su e giù, a svolazzare qua e là lanciando di quando in quando sassi e pietruzze ai personaggi di arazzi e dipinti.

«Uuuuuuhh, ma che bravi i mocciosetti!!!
Mi piace come pensate gli scherzettiiiii!
Ahahahah la tassetta spiritosetta è proprio una demonietta e il suo amico Colombonero è proprio un pestifero per davvero!
Quasi quasi Pix cambia idea!
Tutte queste avventure succulente,
hanno cambiato di Pix la mente!
Piiix è contento di aver trovato questi due furbacchiotti, Pix pensa di fargli un contrattino!
Contrattino, contrattino, contrattinooooo!
Per una settimana venite via insieme a Pix e facciamo tanti giochi assieme, se poi siete bravi bravi vi dò il vostro premio e diventiamo colleghi ahahahah mi piace questo nuovo patto-contrattino!»


Edmund e Helena faticavano a trattenere le risa, Helena riprese:

«Colleghi dici? E ci faresti una prova di una settimana? Io intendevo un po’ meno…»

Edmund parlò con tono deciso.

«Non se ne parla, un pomeriggio. E poi l'orecchio lo vogliamo subito!»

«Noooo una settimana! E colleghi dopo!»

«No no no, fifty fifty Pix, orecchio prima e contratto dopo! E prova di una giornata e non se ne parla più!»

«Pix accettaaa! Che testardo il Colombonero! Una giornata e non se ne parla più! Ahahahah fifty fifty piace pure a Piiix! Non ti do subito contrattino, ragazzino stupidino! Contrattino solo alla fine!»

E per siglare l'accordo prese la mano dell'uno con la destra e dell'altra con la sinistra e riprese a scuoterle soddisfatto.
Helena però non era ancora tranquila, ricordandosi del perché erano arrivati a quell'accordo!

«Pix, il patto però prevede l'orecchio subito. Avanti da qua!»

Ed aprì la mano

«Sì Pix, quella è la caparra, quindi subito! Metti qua sennò faccio "Accio orecchio" e addio contrattino!»

Di nuovo uno spernacchiamento inaudito con la lingua.

«Uuuuuffffiiiiii, che quasi-colleghi dispettosi che ha trovato Piiix! Io ti do l'orecchio mozzato, ma tu mi fai andare in sala grande sul tuono alato!
A Pix voi l'avete promesso con la manina,
se non mi accontentate io vi stacco la testolina ahhaah
Che bravo che è Piiix!»



Edmund prese l'orecchio della bambola dalla mano di Pix che gliela porse e si mise ad esaminarlo scrupolosamente per accertarsi che il pezzo appena ricevuto fosse effettivamente della bambola e non un sassolino qualsiasi.

«Ehi collega che ne dici? A me sembra autentico possiamo fidarci?»

Disse rivolto a Helena; lei si divincolo dalla presa di Pix e proseguì l'analisi dell'orecchio.

«Sì sì direi che per stavolta non ci ha ingannato, ma Pix, non imbrogliare perché noi siamo furbi e ti teniamo d'occhio! Adesso andiamo ma ci organizziamo eh!»

Edmund si mise in tasca l'orecchio perduto, ora ritrovato, e iniziò a risistemarsi per andare, si passò una mano tra i ricci e subito dopo salutò Pix con un sorriso soddisfatto. Accompagnando le parole con un movimento rotatorio del dito indice che voleva indicare il futuro, disse:

«Ciao Pix! Ora dobbiamo andare ma ci sentiamo eh! Ci organizziamo per quella cosa, ciao!»

E il poltergeist si allontanò tutto contento canticchiando:

«Povero Luciano,
hai perduto la consegnaaa
Pix è un bel furbetto
e così il divertimento regna
Pix finalmente ha trovato due studenti
e insieme a tutti romperanno i denti!
Sono due bei bricconcelli
Pix cuocerà i professori sui fornelli!
Il custode diventerà matto matto,
Ora che Pix coi mocciosi ha fatto il patto!»


Edmund si mise quindi ambedue le mani nei capelli:

«Per la barba di Merlino, e ora come ne usciamo?! Però è stato divertente...
Hel meglio se andiamo a riportare almeno questo a Cravenmoore prima che quell'altro cambi idea un'altra volta!»

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Come avrebbero potuto fare tutte quelle diavolerie in compagnia di Pix? Lei, che non faceva male mai nemmeno ad una mosca, che riteneva il rispetto per gli altri uno dei pilastri della sua vita, avrebbe mai potuto infastidire mezza scuola insieme ad Edmund e a quel pazzo poltergeist?
E perché la cosa era tremendamente preoccupante e divertente allo stesso tempo?
«Non so Ed, devo ancora capire cosa è appena successo» si portò una mano alla fronte e si sciolse in una risata liberatoria, seguita a ruota dall'amico «Ma dimmi, Colombonero: veramente abbiamo promesso a quel diable che l'avremmo fatto volare in sala grande su Tuono Alato?»
«Eh già! Che storia!»
Non era tantissimo, un orecchio. Ma dopotutto era un inizio e da quello che avevano saputo dalle parole di Pix il resto della bambola era stato disseminato un po’ ovunque. Per quel che ne sapeva, gli altri pezzi potevano anche già essere stati recuperati da altri, no? Ed era ciò che si augurava, perché se regalare una bambola poteva sembrare un po' curioso, regalare un orecchio rotto era decisamente creepy.
In ogni caso sperava veramente che almeno quel frammento potesse rincuorare un po' il professore. Dopotutto l'impegno profuso nella missione era stato importante, perciò tutto sommato si sentiva più che soddisfatta: aveva passato un pomeriggio divertente con Edmund e aveva incontrato nuovamente, a sorpresa, la dama che... già, la dama. Non aveva idea di dove si fosse cacciata.
«Ma che fine ha fatto la dama del quadro?» domandò all'improvviso spostando le iridi chiare da una parte all'altra del lungo corridoio, scandagliando in rapidità i vari quadri e arazzi presenti.
«Non so, ma andiamo, quella è una fifona e secondo me non è nemmeno del tutto normale… Sarà scappata via!»
«Non sarebbe al prima volta...» sorrise.
«Je suis là!»
«Mannaggia! Ci mancava solo che fosse ancora qui, che figura di m....» brontolò il Corvonero, facendo qualche passo più in là rispetto alla francese.
«Eddai Ed, era solo un po’ spaventata!»
La vocina che venne fuori da dietro l'ippopotamo di prima pareva triste e delusa. Helena deglutì, avvicinò il viso al quadro e con quanto più tatto e dolcezza possibili si rivolse a lei.
«Tutto bene?»
«Oui...»
«È sicura?»
La dama non la osservava e guardava altrove. Era chiaro che qualcosa le stesse frullando per la testa.
«Ma vraiment tu e il giovanotto fahrete Pixérie? Pensavo fossi una brava fille, anche il garçon sembrava bravo!»
Presupponendo che Pixérie fosse il suo personalissimo modo per intendere “monellerie alla Pix” o “con Pix”, sorrise e rispose con tono alto e canzonatorio, ritmando ogni parola con occhiolini rivolti alla donna.
«Oh certo che sì! Non vediamo l'ora di spaccare tutta la scuola con Pix! Vero Ed?»
«Certamente! Meglio se per la prossima volta ti cerchi un ippopotamo più grosso per nasconderti, preparati al peggio!» esclamò in lontananza, probabilmente di nuovo a giocare con uno snaso in uno degli arazzi più in là.
«Oh, je compris» la donna sembrò nuovamente illuminarsi quando comprese il tono ironico e venne fuori da dietro il suo nascondiglio.
«Promets-moi che tornerai a trovarmi!»
«Ma certo! Però visto che siamo in giornata di patti… lei deve promettermi che assaggerà la pizza con i friarielli e la salsiccia di Janni Casanova»
«Oh...»
La donna arrossì e si coprì le labbra e il naso all'insù con la mano. Era chiaro che dopotutto non era poi così tanto un dispiacere per lei, approcciarsi a quell'uomo generoso ed intraprendente. Forse era solo il pudore a frenarla, o forse aveva solo bisogno di una piccola spintarella.
«Oui, je promets»
«Ottimo!»
Batté le mani soddisfatta. Sognava già di passare dall'essere la lettrisce alla sua cupido preferita.
«Allora ci rivediamo al quinto piano! D'accord?»
Azzardò, in un francese dall'accento scozzese.
La dama, estasiata, salutò l'amica e il buffo corvonero con un fazzolettino, simulando uno struggente addio con tanto di lacrime.
«D'accord! A bientôt les enfants! State bene!»
Un ultimo sguardo a quel corridoio-museo che era stato teatro di un pazzo pomeriggio di fine primavera e poi via verso le scale.

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Edmund A. Knight
Corvonero • 11 anni • 1° anno • outfit
I due, un po' soddisfatti, un po' preoccupati e davvero molto, molto divertiti, una volta raccolte le proprie cose e salutata la dama del quadro, iniziarono a dirigersi verso il fondo del corridoio per raggiungere la capanna del guardiacaccia e professore di Cura delle Creature Magiche, Lucien Cravenmoore. Ripensare all'accordo fatto con Pix metteva in completo stato di agitazione entrambi, si sarebbero potuti dire preoccupati, ma la preoccupazione era solo una delle mille sfaccettature del loro stato emotivo; sembravano infatti troppo inebriati dal divertimento per l'accaduto perché la preoccupazione potesse davvero prendere il sopravvento.
Helena saltellava contenta di aver trovato l'orecchio ed Edmund la seguiva a passo rapidissimo, alternando questa sorta di maratona a dei piccoli scatti per non rimanere indietro, a tratti camminando all'indietro per conversare meglio con l'amica.

«Ma non ho capito bene, cos'è che le hai fatto promettere? Che deve mangiare qualcosa?»

«Sì, la pizza con i friarielli e la salsiccia di Janni Casanova!»

«Bleah!»

«Guarda che è buona Ed!»

«Sì ma Janni Casanova è un pittore, non fa le pizze!»

«Ma va, non è un pittore dai...»

«Mmmmh forse no, forse quello è Giovanni in effetti, boh…»

«Janni sarà il cugino pizzaiolo, no? Ma poi non è per il fatto di mangiare...»

«E per cosa?»

«Beh magari poi... Niente, lascia stare!»

Le risate dei due riecheggiavano per tutta l'ampia scalinata che dal grande corridoio attiguo al viottolo d'ingresso scendeva al piano terra, mentre si apprestavano a portare a compimento quella (seppur parziale) missione; man mano che si avvicinavano al portone d'ingresso la realtà poco a poco iniziava a farsi nuovamente largo nelle loro giovani menti ancora tutte prese dall'incontro col poltergeist e con i più improbabili commenti sull'accaduto. I ragazzini iniziavano così a intravedere i contorni della successiva sfida che poco dopo avrebbero dovuto superare: la consegna del frammento di bambola a Cravenmoore.
Helena era abbastanza soddisfatta, e iniziò a prospettare la suddivisione dei ruoli:

«Allora facciamo così: tu gli dici "Buongiorno professore" poi io mi faccio avanti e gli dico "Professore le abbiamo portato un pezzo della sua bambola!” e poi tu gliela dai…»

Edmund però non sembrava dello stesso avviso

«Perché scusa dovrei darglielo io quel pezzo rotto?»

«Beh, perché ce l'hai tu! E poi cosa ti cambia?»

«Quello secondo me si infuria come un drago quando vede che abbiamo solo un'orecchia tutta sbeccata! Questa gliela dai tu! Guarda facciamo così: tu dici "Buongiorno professore" poi io gli dico "Buongiorno professore", gli dai questo pezzo e ce ne andiamo di corsa prima che ci molli qualche fiammagranchio dietro!»

Disse allungando il coccio di porcellana all’amica.

«Ecco fatto ora non ce l’ho più io!»

«Ma dai Ed, non essere sciocco, secondo me sarà contento anche solo così, non possiamo scappare via! Magari ci chiede se abbiamo idea di dove sia il resto... Potremmo dirgli...»

«Dirgli cosa? Che Pix ci ha detto che ha buttato i pezzi in giro per tutta Hogwarts e non li ritroverà mai più? Bella idea! Così sì che sarà ancora più contento…
Beh, comunque potrei dirgli che si dovrebbe esercitare con l'incantesimo di appello, forse con quello facendo "Accio pezzi della bambola rotta", i pezzi...»


«Oh ma la vuoi piantare con questa storia dell' "accio bambola rotta"?! Secondo me quella è l’unica cosa che lo farebbe infuriare, sentire un primino dirgli cosa deve fare! Per me invece sarà contento anche di quello che siamo riusciti a trovare, meglio che niente! Magari nel frattempo qualcun altro ha trovato altri pezzi in giro quindi non ha solo questo orecchio terrificante! Non essere sempre così pessimista, vedrai secondo me è contento! Allora ripassiamo il piano, arriviamo... Io gli dico...»

I due continuarono a discutere sulla suddivisione dei ruoli mentre continuavano a camminare; percorrevano il lungo sentiero che portava alla fumante capanna del guardiacaccia. Una folata di vento fece svolazzare la gonna di Helena e il mantello primaverile di Edmund.

«Per la barba di Merlino, non sarà mica ancora Pix?!»

La folata si calmò e con un sospiro di sollievo ebbero la conferma che quello fosse solo vento.

«A proposito, cosa facciamo con questo Pix? Sai vero che i patti vanno rispettati? Non è da gentiluomini non rispettare la parola data...»

«Non saprei, ci penseremo... Comunque io ho detto "prima di lasciare Hogwarts", non ho specificato se prima di questa estate...o prima dei M.A.G.O.!»

«Geniale!»

Hel fece un occhiolino al corvetto e improvvisamente rialzò lo sguardo, come se le si fosse accesa una lampadina.

«E se chiedessimo al professore? In fondo lo abbiamo fatto per lui!»

Edmund si bloccò suo posto e la guardò con occhi spalancati.

«Cos'è che gli vuoi chiedere?»

«Possiamo chiedergli se sa come ci possiamo comportare... Insomma gli diciamo che per avere l'orecchio abbiamo fatto un certo accordo... Lui saprà sicuramente cosa dirci, ha a che fare con tante creature...»

Edmund scosse la testa ripensando a quante ne avevano sparate, stavolta non convenendo propriamente sulla genialità dell’idea…

«Dunque vuoi cominciare dal chiedergli come sostituire i boccini con le albicocche o come riempire il bagno dei prefetti di detonatori abbindolanti? Ah no, giusto è il prof di Cura delle creature magiche, forse è meglio chiedergli come si porta un drago dentro la sala grande!»

«Ma secondo te non ha qualche soluzione?»

«A parte l’espulsione di entrambi intendi?»

«E va bene, meglio se non diciamo nulla…»

«Meglio…»

Finalmente i due arrivarono alla capanna del guardiacaccia e, come convenuto, sarebbe dovuto essere Edmund il primo a parlare; il ragazzino osservò l'area adiacente all'uscio alla ricerca di qualcosa che non riusciva a trovare. Guardò a destra e a sinistra della porta, ma non vide nulla di simile ad un campanello da suonare, perciò si decise infine a bussare facendo schioccare con forza le nocche della mano sul legno della solida porta della capanna.
Helena nel frattempo si preparò un sorriso a trentadue denti, con l’orecchio tra le mani tenendolo come fosse una preziosissima reliquia.
Un colpo secco seguito da due colpetti più veloci, e infine tre colpi ugualmente ritmati.
Un sorriso si stagliò sulle labbra di Edmund, in attesa che il professore si facesse vivo.
La sua dannata testa non smetteva di canticchiare quell’odioso motivetto della canzoncina di Pix:

*Povero Lucianoooo…*

Povero Luciano,
hai perduto la consegnaaa~

____

What ever happened
to Baby Jane?

Sy8tB9i

SvMBVzu
1pcr70d

Code © Helena Whisper
Azioni e dialoghi concordati


Edited by Edmund Knight - 31/8/2022, 22:51
 
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