| 1 Luglio Pitlochry > Glasgow Ho ancora un groppo sulla gola, tremo e le lacrime mi solcano gli occhi, ho il viso arrossato e non riesco a credere a quello che ho appena fatto. Mi sono voltata e me ne sono andata, senza nemmeno girarmi a guardare, senza riflettere un secondo di più. Ho afferrato le ultime cose che avevo preparato e con fare brusco sono salita su un bus di linea babbano che dovrebbe condurmi in meno di due ore alla stazione centrale di Glasgow. Le parole di mia nonna mi rombano ancora nella testa, ma la consapevolezza sembra far fatica a farsi strada, come la neve che non attecchisce quando il terreno è troppo caldo. E io mi sento bruciare. Mi è stata gettata addosso una secchiata di ghiaccio, ma si sa che quando la pelle è ancora bollente, il ghiaccio non fa che bruciare ancora di più. In quei due secondi di tempo non ho avuto tempo di pensare a cosa stessi facendo, ho preso lo zaino e mi sono caricata Tobi in spalla che senza fiatare si è accoccolato nella tasca della felpa. Cerco di tranquillizzare il mio cuore ballerino che non smette di tremare da quando sono uscita di casa. Affondare nel sedile dell'autobus non è servito a farlo calmare, così come sparare a mille la musica nelle orecchie per cercare di spegnere questo grido interno. Eppure per qualche motivo, continua a riecheggiare negli angoli più bui ampliandone il suono come farebbe una cassa. Cillian. Continuo a ripetermi all'infinito, come un mantra che in qualche modo possa riuscire a donarmi chiarezza. Fino a pochi giorni prima non era che un nessuno nella mia vita, ora sembra aver rotto tutti gli specchi, in uno schiocco di dita mi sono ritrovata sul fondo del baratro, rannicchiata in un angolo. Tutto quello che pensavo di conoscere era una bugia. Le trame intricate della mia famiglia, come il filo conduttore di bambocci senza vita, hanno rivelato un finale totalmente diverso da quello che mi ero aspettata. Ho una rabbia fumante dentro, un fuocherello appiccato per sbaglio che si espande a macchia d'olio. Non capisco perché mentire, a che scopo nascondere tutte queste informazioni? Pensavano forse che questa cosiddetta minaccia potesse scomparire, insieme alla loro credibilità, ai loro segreti? Tiro un calcio al sedile di fronte per sfogare i nervi che avvolgono il mio intero corpo, per fortuna il bus è mezzo vuoto e nessuno sembra farci caso, qualche testa si solleva spaventata, ma poi ritorna a fissare il cellulare di fronte a sé. Tiro su il braccio destro e con la manica vado ad asciugare le ultime lacrime rimaste, respiri bassi e profondi seguono quel movimento, cerco di tranquillizzarmi. Devo in effetti ancora capire esattamente dov'è casa di Mary e se sarò mai capace di arrivarci senza girare come una deficiente, come mio solito. Sono pessima con le indicazioni, soprattutto in città. Afferro lo zainetto accanto a me ancora tremante, ci impiego cinque buoni minuti ad aprire la cerniera senza incepparla, non potrei comunque usare la magia ora, troppi babbani in giro. Dunque è così che ci si sente quando si scappa di casa? Devo essere finita nel videoclip di qualche rapper ribelle, anche se il mio debutto nel mondo della musica me l'ero immaginato un po' meno tragico di così. Tiro fuori una busta con dentro le lettere di Mary riposte ordinatamente e cerco come se fossi improvvisamente afflitta da miopia, l'indirizzo esatto, sparpagliandole in preda ad una febbrile mania di controllo. Lo leggerò tre volte l'indirizzo prima di riconoscerlo. Il cuore sobbalza più di una volta, teso su una corda legata ad uno strapiombo. Io con andare incerto tento di attraversare quel divario enorme che dovrebbe portarmi sulla terra ferma e assicurarmi la salvezza. Stringo le lettere a me, le parole a volte hanno un potere straordinario, le leggo e rileggo riuscendo a tratti a sentire la voce di chi le ha scritte, le espressioni del viso, il movimento delle braccia e quasi sento il conforto soffiare sulla corda traballante e rinforzarla. Andrà tutto bene, Mary saprà cosa fare. Lo sostituisco alla parola incessante di prima e cerco così di ritrovare un pochino di tranquillità. Osservo il sedile occupato dal mio zaino accanto a me, Tobi dorme sonoramente nella tasca anteriore. Questo è tutto ciò che è rimasto di me, di ciò che credevo di essere, di ciò che credevo di possedere. Per qualche motivo non mi sono mai sentita così sola al mondo, seduta in un lurido bus di provincia, con il mio biglietto sgualcito infilato nei pantaloni, i capelli arruffati e i vestiti che sanno di sale. Tiro le gambe sul sediolino infischiandomene delle buone maniere e mi prendo le ginocchia tra le braccia, i capelli rossi mi coprono come una coperta leggera e nascondono le guance ancora arrossate. Sussurro a me stessa rabbiosamente.
Sei un'adulta ora, Alice. Hai diciassette anni. Non hai bisogno di loro, non hai bisogno di nessuno. Puoi vivere da sola, puoi prendere le tue decisioni da sola.
La pioggia ticchetta sul finestrino, posso sempre dire di essermi bagnata, di essere finita sotto un'acquazzone per giustificare le lacrime che non sembrano voler smettere di scorrere sul viso. Posso anche rimanere su quel fottutissimo autobus per il resto della giornata e passare la nottata in qualche disgustoso bar di periferia. Tanto a nessuno importa dove sono, giusto? Fanculo, odio piangermi addosso, dovrei smettere di deprimermi così, in fondo sapevo benissimo quanto mia madre mi odiasse. Forse anche mia nonna mi odia, semplicemente la mia sola nascita è stata una maledizion---.
Hey miss Sto-versando-le-lacrime-della-mia-vita, che puoi aprire il finestrino? Si muore di caldo qui dentro.
Volto il capo e mi ritrovo davanti un ragazzo sulla ventina che mi fissa con uno sguardo pseudo divertito. Mi scosto automaticamente le lacrime dal viso come se fossi stata colta in flagrante, rimetto le gambe a terra, ma le sue parole mi fanno ribollire il sangue, quindi lo guardo in cagnesco.
No. Gettati dal bus, vedrai starai meglio subito dopo. Ah, anche simpatica. Allora non sei solo triste tutto il tempo. Questi sono cavoli tuoi esattamente perchè? Mi chiamo Ted, per gli amici Teddy. Sai la vita fa schifo per tutti, ma tu perché ne sembri così disperata? Miss---non farmi ripetere il nome di prima. Alice. Miss Alice Piantala di chiamarmi Miss. Okay Miss Alice. Merlino, dammi la forza. Fai parte di un culto satanico? No aspè sai cosa? Non rispondermi, è più figo se fingo che sia così. Si può sapere cosa minchia vuoi? Il finestrino e--posso? Mi siedo qui che a te l'aria condizionata sembra funzionare.
Scosto lo zaino dal sedile, urtando lievemente Tobi che ritorna a ronfare come se non fosse successo nulla, tiro gli occhi al cielo nel frattempo il tipo si siede con nonchalance, come se il posto fosse stato suo fin dall'inizio e spara l'aria condizionata a mille. Sento la pelle d'oca colpirmi le braccia, un brivido mi risale la schiena, gli lancio un'occhiata di sbieco, ancora visibilmente irritata da quel modo assurdo di comportarsi. Nello spiarlo noto che è piuttosto alto, deve chinarsi per riuscire a mettersi seduto, ha un ciuffo ribelle che gli ricade sugli occhi scuri e un sorrisetto davvero irritante. Troppo, positivo? Allegro, come se la vita gli sorridesse. Ci mancava solo una rottura di coglioni in più, non si può nemmeno piangere come nei videoclip dei video di mtv ora. Ma che cazzo.
Quiiindi? Chi è stato? Ragazzo...? O.... Ragazza?! Nice try. Non ho intenzione di darti il mio numero. Peccato, mi mancava un'amica con cui farmi le unghie insieme e guardare per la decima volta I passi dell'amore. Potrei vomitare Girlmore Girls? Già meglio. Ovviamente team Jess. Unico e solo.
Un sorrisetto divertito finisce per comparirmi sul volto e d'un tratto mi rendo conto di non essere più tanto arrabbiata. Forse Ted non ha tutti i torti, forse la vita è una merda per tutti ma non per questo dobbiamo buttar fuori tutti i nostri liquidi corporei attraverso le lacrime. Lo vedo che mi spia per un secondo soddisfatto della sua opera, ma quando me ne accorgo si imbarazza. Si toglie la giacca e me la appoggia sulle spalle, poi torna a guardare fisso davanti.
Ma che- Se poi ti prendi un malanno e inizi a piangere ti avrò sulla coscienza. E nel momento in cui leggerò del tuo cadavere ritrovato sul giornale, mi toccherà identificarti e poi- ah una ragazzina così giovane.. che dispiacere. Non sono una ragazzina! Ho diciassette anni, sono adulta ormai- AHHAHA AHM sì scusa eh scusa. Mi scusi Miss Alice.
A quanto pare il tizio può parlare per tre ore di seguito senza mai smettere e degli argomenti più assurdi. Passiamo da stupide serie tivù a quanto i ghiacciai si stiano riducendo all'importanza e assoluta venerazione dei pasticcini da tè. Il tempo passa veloce e mi rendo conto che manca poco, siamo praticamente quasi arrivati. Lo stomaco torna ad attorcigliarsi su di sé, ritorno nel baratro per qualche istante.
Quindi dove stai andando? Mi trasferisco. Con uno zaino e basta? Dove vai a vivere sotto i ponti? Simpatico. Vado a vivere da mia sorella. Il che mi ricorda che devo ancora capire come minchia fare per raggiungere l'indirizzo. Glasgow? Io vivo lì vicino sicuramente posso aiutarti, fa' veder----EHY MA E' DIETRO CASA MIA! Uooot? Slay girl. ......Too much? Decisamente. Comunque sai se posso arrivarci con questo bus? Certo, devi solo proseguire fino al capolinea e non fermarti alla stazione. Poi da lì è tipo dieci minuti a piedi. Mh. Mi romperai i coglioni fino a lì vero? Prometto di non sbirciare.
Quando scendiamo alla fermata del bus sono ancora frastornata mi gira la testa e sento di aver pianto decisamente troppo. Cammino seguendo Ted, totalmente alla cieca, ho perso il senso dell'orientamento già dieci minuti fa, esattamente quando siamo scesi dall'autobus. Finalmente dopo qualche istante mi dice che la casa si trova appena più in avanti, lui si ferma lì sul portone d'ingresso di un modesto cottage. Mi tolgo la giacca e faccio per ridargliela ma mi ferma.
Me la vengo a riprendere qualche volta. Mi devi del tè coi pasticcini ricordi?
Sollevo un sopracciglio ancora dubbiosa se dargli credito per ciò che dice o constatare quanto effettivamente sia poco serio su tutto. Non ho tempo di soffermarmici troppo, lo ringrazio, più o meno, con fare brusco ma sincero e mi avvio verso il vialetto di quella che tra poco diventerà casa mia. Nel farlo mi sovrastano mille pensieri. Cosa dirò a Mary? Non riesco a mentirle e poi capirà dalla mia faccia che qualcosa non va, oltre che dal fatto che I look like crap. Senza contare il fatto che io sia uscita con praticamente un solo zaino e abbia deciso di presentarmi in un giorno e orario totalmente a caso. Probabilmente le verrà un infarto. Finalmente mi trovo di fronte alla villetta, il cancello di fronte è aperto ma la vista mi lascia per qualche istante senza parole. E'....perfetta. E' così bella che nell'ammirarla mi viene da piangere di nuovo, però poi mi rendo conto di averlo fatto decisamente troppo e che forse per la gioia dovrei provare a sorridere, piuttosto che piangere ancora. I miei occhi chiari cercano di catturare quanti più dettagli possibili, il verde, le foglie rampicanti che si aggrappano ai mattoni, l'arcobaleno, il bellissimo arcobaleno che spunta dal tetto. Passi incerti varcano la soglia, so che sto entrando in un luogo sicuro, ne avverto l'energia positiva è come se mi investisse con la forza di un uragano. Il suono dei miei passi si sussegue lieve finchè non vedo la figura della maga intenta a piantare un qualcosa in giardino. E' china con le guance lievemente arrossate dal caldo, i capelli raccolti. Indossa dei vestiti orribili adatti al giardino forse? E un grembiule verde. C'è qualcosa in quella figura che sa di casa, che radia calore. Le corro incontro nel momento stesso in cui i nostri sguardi si incrociano, le mie braccia la avvolgono e forse crolliamo sul pavimento. Forse piango, forse urlo, forse la stringo troppo forte.
Non è vero che non ho bisogno di nessuno. Ho bisogno di te Mary. Ho bisogno di te.
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